Pino Scotto – Contro Tutto E Contro Tutti
Il 18/04/2018, di Fabio Magliano.
L’intervista a Pino Scotto non è mai qualcosa di banale. Perchè volenti o nolenti l’ex singer dei Vanadium è tutto fuorchè una persona banale, perchè ciò che dice, tra un insulto e un improperio arriva sempre diritto al centro come una pallottola, ma soprattutto perchè le sue uscite saranno condivisibili o meno, però hanno il merito di fare parlare, di fare discutere e, soprattutto, di fare riflettere. Sempre in guerra contro tutto e contro tutti, il buon Pino oggi non si limita a lanciare i suoi strali attraverso radio e televisioni, ma è tornato a riversare la sua rabbia anche in ciò che sa fare meglio: la musica, confezionando per Nadir un nuovo lavoro, ‘Eye For An Eye’, nel quale trova sfogo tutta la sua incazzatura, attorno alla quale è stata tessuta una perfetta colonna sonora che attinge a piene mani dal miglior rock d’annata. Un’occasione perfetta, questa, per intavolare una lunga chiacchierata con il singer partenopeo, un faccia a faccia che non poteva e non doveva limitarsi ad un discorso puramente musicale, visti gli svariati fronti che vedono coinvolto Pino Scotto, quindi spazio alle sette note, ma largo anche a Cristina Scabbia, Al Bano e The Voice, alla politica, ai progetti umanitari e a quei rocker che troppo presto hanno salutato questa terra…
Come ho scritto in fase di recensione, il disco fa incazzare perchè è uno di quei lavori che ti riconcilia con il caro e vecchio rock, eppure finirà per passare in secondo piano davanti alle tue sparate televisive e agli strali che lanci da sempre verso tutto e verso tutti…
“Io ci tengo al mio lato televisivo. Io non ho mai preso un euro dalle mie apparizioni televisive né da quelle radiofoniche, io lo faccio solo per passione. Poi bisogna dire che quello che si vede in televisione sono sempre io, un italiano incazzato con questo Paese di merda, che per colpa della massa ha mandato a puttane arte, dignità, onestà, politica… Quello che si vede è il Pino uomo, poi c’è il Pino musicista…”
…che rischia di uscire svilito da questo confronto perché nonostante decenni passati sui palchi di tutta Italia e in sala di incisione a registrare ottimi lavori, tutti parlano di te come quello del “datti fuoco” e del “vai a fare in culo papà di Jimme”…
“Ma quella è la massa italiana che non capisce e non capirà mai un cazzo. Non puoi farci niente, non li cambi. Come la gente che continua a credere ancora che Berlusconi possa essere un politico, come la gente che continua a votare ancora quella politica che li ha fregati per quarant’anni, come la gente che crede che Salvini sia il salvatore del popolo, specialmente in Meridione dove fino a qualche anno fa la cosa più gentile che diceva era ‘i meridionali puzzano e devono essere bruciati vivi’. Purtroppo non ce la fai a cambiare la testa della gente, ma a me di quello che pensa la gente non frega e non è mai fregato un cazzo. Io al mattino quando mi alzo ho una faccia sola da lavare, nel bene e nel male. Mi sono sempre esposto e l’ho fatto anche con i testi in questo album”.
Quindi addentriamoci e partiamo proprio da ‘Eye For An Eye’, un titolo che se non suona come una minaccia, poco ci manca…
“Qualcuno ha detto che ‘Eye For An Eye’ è un messaggio violento. Violento un cazzo, gli italiani si sono rotti i coglioni, e bisogna restituire al quadrato, al cubo a quella gente tutto quello che ci ha fatto nel corso degli anni. Basta, occhio per occhio, questo è il messaggio. In ‘Two Guns’ invece mi sono esposto in modo molto forte: se tu vieni in casa mia non invitato a rubare, sappi che io non ho una ma due pistole, quindi tu entri in piedi ma non so come esci da casa mia. Non esiste che ci siano queste leggi di merda in Italia che se tu entri in casa mia io ti devo chiedere che cosa vuoi fare… in piena notte, magari mentre ho moglie e figli nel letto che dormono. Questa gente dell’Est che ha massacrato di botte intere famiglie nelle ville della Bergamasca e del Veneto per rubare un pugno di euro… Se tu vuoi entrare in casa mia, io ho due pistole che ti aspettano. Sappilo…”
Un’altra traccia dal titolo che ben poco spazio lascia all’interpretazione è ‘One Against the Other’…
“In questo pezzo ho parlato di chi si fa sopraffare dai falsi ideali, dall’inutilità della vita. Non parlo altro che della guerra dei poveri. Ci facciamo guerra tra di noi senza capire invece che il male sta da un’altra parte.”
Con ‘Angel Of Mercy’ invece si entra nel personale. Ti metti a nudo e lo fai con un brano decisamente toccante…
“Io ho sempre fatto delle ballad nei miei dischi, sin dai tempi dei Vanadium, ma non ho mai scritto di una donna. Questa volta, invece, in ‘Angel Of Mercy’ l’ho fatto, ma l’ho fatto perchè la canzone è dedicata a mia mamma che ci ha lasciato due anni fa e non pensavo che mi sarebbe mancata così tanto. E’ mancata a 90 anni, la sua vita l’ha fatta. E’ stata una donna meravigliosa che ha avuto cura di noi cinque figli, con mio padre che è morto giovanissimo ed è stata una mamma stupenda. Mi manca, mi manca davvero tantissimo.”
Uno dei pezzi che più ho apprezzato del tuo ultimo disco è ‘Cage Of Mind’, forse uno dei brani più strani all’interno del lavoro, quello che stilisticamente si discosta maggiormente da quel rock selvaggio che caratterizza ‘Eye For An Eye’ ma che, alla luce dei fatti, funziona decisamente bene…
“‘Cage Of Mind’ parla delle gabbie in cui a volte ci chiudiamo. Io sciolti i Vanadium avrei potuto benissimo fare un disco in quello stile ma con su il mio nome, ed invece mi sono messo a cantare in italiano e mi sono dato al blues e al rock’n’roll… Io non sono come quelle band che si fossilizzano su uno stile e che vanno avanti su quel binario, con tutto quello che di buono c’è attorno. E’ assurdo fare dei dischi sempre uguali, quando hai un mondo a disposizione dal quale attingere. Questa volta ho voluto fare un disco di sano hard rock vecchio stile, con canzoni da cantare, con belle melodie, come non se ne fanno più da tempo. E neanche le band famose lo fanno più…i soldi, il successo è quello che fa male. Come quando ho cercato di contaminare un po’ il rock con rap collaborando con J-Ax, con Caparezza, con i Club Dogo… secondo me erano ottimi brani, ma in Italia guai a proporre una cosa simile, perché non devi contaminarti, non devi cambiare… cazzo, io dopo due giorni mi rompo le palle… sai perché io non leggo mai le biografie dei grandi artisti? Perché dopo tre pagine mi rendo conto che hanno fatto tutto quello che ho fatto io, uguale… stessa sofferenza, stesse gioie, stesso percorso…a parte qualcuno che si è perso in brutte cose. Ci sono caduto anche io, però fortunatamente oggi sto bene.”
Cambiando discorso e addentrandoci in un terreno minato. Negli anni ti sei sempre scagliato contro i talent musicali. Ora che la tua amica Cristina Scabbia è stata chiamata a far da giudice a The Voice, è cambiata la tua opinione riguardo questi format?
“Secondo me hanno chiamato Cristina per far diventare anche il mondo del metal un fenomeno da baraccone. Io ti dico solo questo: anni fa un talent molto grande mi aveva chiamato, ed io avrei accettato. Io ho in piedi il progetto umanitario Rainbow a favore dei bambini disagiati, e visto che in ballo c’erano cifre grosse, a cinque zeri, avevo chiesto che tre quarti del mio compenso venissero destinati a quel progetto. Poi ho chiesto di poter decidere io che giudici coinvolgere, e ho detto che non avrei voluto karaoke li dentro, con gente che veniva a scimiottare questo o quel cantante. Volevo artisti veri, con qualcosa da dire, in grado di scrivere e cantare le proprie canzoni. Mi sono sentito dire ‘Pino, se facciamo così non ci guarda nessuno’. E avevano ragione loro. Perché la gente, come nei locali, vuole le tribute band, non gli interessa la vera musica.”
Non pensi invece che un personaggio come Cristina possa fungere da “cavallo di Troia” per portare il rock e il metal attraverso un format popolare come The Voice, là dove rock e metal solitamente non sarebbero entrati, facendolo conoscere, portandolo alla ribalta e portando quindi giovamento a tutto il movimento?
“Sai cosa succederà? Succederà quello che è successo a me: la gente non parlerà di Cristina per quanto è brava (perchè lei è molto brava), ma delle cazzate che fa in televisione, come le corna che fa con Al Bano. Al Bano…se penso che qualche anno fa sono andato a suonare a Cellino San Marco e lui se ne era uscito dicendo che facevamo la musica di Satana, e ora lo vedo li che fa le corna con Cristina, mi viene voglia di mandarlo affanculo… Succederà quello, che anche i bimbi minchia che guardano The Voice, gente che non sa cosa è il metal o il rock, parleranno di Cristina come ‘quella che fa le corna con Al Bano’…è questo lo scopo di questa trovata, e diventerà un fenomeno da baraccone anche questo”.
Rimanendo in tema di quella “mercificazione del metal” che, personalmente, mi crea non poco fastidio, che idea ti sei fatto della nuova tendenza di “riesumare” cantanti defunti e riportarli in tour sotto forma di ologramma? Lo hanno fatto con Freddie Mercury, lo hanno fatto con Ronnie James Dio…e l’onda non pare volersi arrestare…
“È una cosa pietosa, il peggiore schifo del business. È un offesa alla memoria di questi cantanti. È giusto che vivano nei nostri ricordi una volta scomparsi, mentre in questo caso si sfrutta in modo schifoso la loro immagine. Io ricordo la prima volta che ho incontrato Ronnie James Dio, ad un Monsters of Rock a Reggio Emilia…TV Sorrisi e Canzoni mi aveva stampato delle cartoline promozionali e Ronnie me lo sono trovato davanti al camerino, dopo la mia esibizione, con una di quelle cartoline a chiedermi l’autografo. Io mi sono messo in ginocchio davanti a lui, altroché… una persona di una gentilezza, di un’umiltà, un rispetto per i fan immenso. Tanto basso di statura quanto grande di cuore… E poi lui aveva ancora una voce eccezionale, fino alla fine. Ci sono cantanti che non ce la fanno più, né dal vivo né su disco e se ne vanno in giro ragliando alla faccia dei fan che non capiscono nulla. Invece Ronnie se n’è andato con la stessa voce del primo giorno. Un grande”.
Rimanendo in tema artisti scomparsi, so che la morte di Lemmy è uno di quegli eventi che ti ha particolarmente colpito e che, a modo suo, ti ha cambiato la vita…
“Si, è vero. È da quando è morto Lemmy che non tocco più nulla. Prima bevevo due bottiglie di Jack al giorno, poi quando è mancato ho detto basta, ed ora sto bene. Io mi conoscevo con Lemmy sin dal 1985 quando facemmo il primo tour insieme con i Vanadium, e lui è rimasto sempre uguale. E’ uno dei pochi che è rimasto sempre coerente nei discorsi con se stesso, nelle passioni…e quando è morto mi è mancato tantissimo, come se mi fosse mancato un fratello. Noi avevamo suonato insieme l’anno prima a Milano e si stava già spegnendo. Io la bestia la conosco purtroppo bene, ho visto mio padre, mia nonna morire di quel male…era spento, eppure l’orgoglio, la passione, la voglia di non mollare fino alla fine non lo ha mai abbandonato”.
Cambiando discorso. Tu sei da sempre molto impegnato nel campo del sociale…
“Il cuore viene prima di tutto. Ci vuole passione, rispetto, anima…tutte cose che la razza umana si è dimenticata di avere. Noi ci lamentiamo di dove viviamo e dimentichiamo che c’è un Terzo Mondo dove i bambini muoiono come mosche, per strada, di malattie assurde, e il mondo, Papa compreso, se ne frega. Io vengo in un paesino in provincia di Napoli, Monte di Procida, e la sera, quando ero ragazzino, mi mettevo sulla loggia insieme a mio nonno, lui fumava la pipa e mi raccontava le storie della guerra. E quando parlava degli esseri umani mi diceva ‘ma sta gente e’merda, o’sanno ch’hanno a’murì?’. Mio nonno aveva già capito tutto e purtroppo la razza umana non lo ha smentito. Guarda cosa sta capitando con la Siria…non c’è mai limite all’orrore”.
…l’ultimo progetto che ti ha visto coinvolto è stato il Rainbow Project, un progetto di educazione, sanità e sviluppo umano nelle comunità indigene della Cambogia, Guatemala e Belize. Come sei entrato in contatto con questa realtà?
“Io sin dagli anni Settanta ho sempre fatto parte di progetti benefici…per tredici anni ho fatto parte di un altro progetto che non voglio nominare, rinunciando ai miei concerti per dedicarmi a loro, ma va beh…comunque qualche anno fa ho conosciuto la dottoressa Caterina Vetro e lei che già partecipava a missioni umanitarie un giorno è andata in Guatemala e qui ha conosciuto Padre Sergio, un sacerdote che era venuto in Italia per fare carriera ecclesiastica ma dopo due anni in Vaticano se ne era scappato disgustato. Ritornato in Guatemala ha aperto una scuola in un luogo dove c’è una grande discarica e dove i bambini lavorano per un dollaro al giorno, anche 12 ore di fila in mezzo all’immondizia e ad elevatissimo rischio di malattie. Insieme a Padre Sergio là, dove c’è la discarica, è stata costruita una clinica per dare un primo soccorso a quei bambini. Io dall’Italia ho fatto la mia, ho organizzato concerti coinvolgendo amici, da Enrico Ruggeri a Caparezza ai Modena City Ramblers e tutti hanno risposto con il cuore e con i soldi raccolti abbiamo dato una mano a Padre Sergio con la sua clinica, abbiamo aperto una scuola di musica in Belize…con poco si possono fare tante cose, ma purtroppo il mondo se ne fotte, e secondo me tutti i progetti umanitari alla fine fanno sparire il 70% delle donazioni e a chi ha realmente bisogno arrivano le briciole”.
In chiusura, sono andato a scorrere le date del tuo nuovo tour e ho visto che non ti è passata la voglia di esibirti in ogni angolo di Italia, anche nei locali più piccoli e fuori mano. Non hai mai pensato di dedicarti unicamente a date selezionate, magari in eventi mirati visto che le richieste non ti mancano?
“Non mi è mai interessato, perché quello che muove tutto è semplicemente la passione. La voglia di suonare, di cantare, va oltre le dimensioni del palco. Può essere quello del Gods Of Metal come quello di un piccolo pub, non me ne fotte un cazzo, a me basta suonare”.