Dark Avenger – Omaggio a Mario Linhares

Il 01/03/2018, di .

Dark Avenger – Omaggio a Mario Linhares

La vita è proprio strana, bizzarra, a volte cinica e diabolica. Questa intervista con Mario Linhares è stata fatta qualche mese fa, per ragioni di tempo e spazio è stata posticipata ma il fatto luttuoso che lo ha colpito ha reso la sua pubblicazione quanto meno necessaria, doverosa nei confronti di un artista che negli ultimi vent’anni ha rappresentato il Brasile nella sua Terra Madre e all’estero. Ed è proprio nella sua Terra che la notizia della sua scomparsa ha monopolizzato per qualche giorno le news del settore e le reazioni social di tanti suoi connazionali che hanno conosciuto ed apprezzato i suoi modi gentili e rispettosi del prossimo e della Vita come rarissime volte capita di incappare nel nostro quotidiano. Mario era, prima che un musicista, una persona che riusciva a creare empatia e calore umano anche in coloro che si avvicinavano a lui per la prima volta. In maniera sincera, onesta, spontanea. Ed è con vera commozione che mi sono riavvicinato alla registrazione di questa intervista, è stato alquanto faticoso ma ci è sembrato un atto di rispetto per un grande uomo e musicista come Mario Linhares.

Dark Avenger tornano sulle scene con un album nuovo di zecca intitolato ‘The Beloved Bones’ e come tutte le volte parlare di un disco è come parlare di se stessi, un viaggio dove la band ripercorre in qualche modo passati stati d’animo. Come ti trovi Mario a dover parlare di ‘The Beloved Bones’?
“Per ben ventidue anni i Dark Avenger sono stati per lo più una band che è gravitata attorno alla mia figura con tutto ciò che questo comporta di positivo quanto di negativo ma oggi posso utilizzare il plurale, il noi perché è da qualche tempo che condivido questo cammino con il nostro chitarrista e produttore Glauber Oliveira. Ebbene, fortunatamente abbiamo raggiunto quanto entrambi ci eravamo prefissati. Nel 2014 purtroppo ho dovuto lottare duramente con un cancro alla mia spina dorsale, ho cominciato mio malgrado a soffrirne lasciando la band Dark Avenger in stand by, non sapevo se avrei potuto continuare a cantare e quindi tra una cura e l’altra ho cercato di capire chi, nel caso fossi stato in grado di proseguire, sarebbe stato al mio fianco in quella che era una bella incognita. Ho trovato Glauber, un eccellente musicista che è capace in maniera incredibile a comporre le orchestrazioni, le parti corali, batteria…insomma, tutto! Ci siamo trovati in sintonia fin dalle prime battute confessandogli che la mia intenzione sarebbe stata quella di fare un album finalmente maturo dopo tanti anni di attività parlando di tematiche che fosse reali, che riguardassero l’esistenza di ognuno di noi. Non volevo parlare di cose astratte e tanto meno era mia intenzione parlare di draghi, spade e fantasy in generale, avevo e stavo ancora soffrendo e di conseguenza sentivo la necessità di parlare di cose per così dire concrete, l’astratto non faceva per me in quel preciso momento (e non lo è tutt’ora). Il periodo che ho dovuto sopportare è stato tremendo, credimi. Ci sono stati momenti in cui ho espresso il desiderio a mia moglie di lasciarmi morire tanto era il dolore e tanto grave era la situazione ma grazie a lei, ho trovato le cure giuste e sono riuscito nuovamente a camminare, a vivere. Ora continuo a credere ed immaginare che più in alto di noi ci sia Dio o comunque un’entità superiore di cui però non abbiamo prove tangibili della sua esistenza, l’unica cosa sulla quale dobbiamo tutti quanti concordare e credere sono….il volersi bene, il prendersi cura di se stessi e quale dimostrazione migliore di questa materialità se non le nostre ossa? Da qui è nato il concetto che sta alla base di ‘The Beloved Bones’.”

Immagino che il cammino che ti abbia portato a tale decisione sia stato alquanto tortuoso e non oso solo pensare alle tribolazioni ed alla forza necessaria per poterci ‘passare attraverso’. Più nel dettaglio, qual’è il concetto che hai voluto esprimere?
“Ho scritto undici capitoli che rappresentano quello che penso ogni persona viva quando si trova di fronte a qualche malattia com’è capitato al sottoscritto. Vittimismo, paura, negazione….e questi sono solo alcune caratteristiche che il cancro ti inietta e che le persone a te vicino sono costrette, loro malgrado, a vivere insieme a te. Non ho creato nessun personaggio che possa interpretare la storia, non voluto essere autobiografico ma ho cercato di mettere in musica e nei testi quanto stavo vivendo. E’ un soliloquio tra l’Io razionale ed l’Io che rappresenta il nostro subconscio, un binomio perfetto ed un colloquio che potremmo fare tra noi stessi: trovi la ragione e l’irrazionale. Quando parli con te stesso le due parti razionale ed irrazionale parlano insieme, si fondono insieme in qualche modo ed è una cosa che penso succeda a tutti.”

Tutto questo ha una visione più ampia oppure si esaurisce in un solo disco, per quanto articolato, ma solo un disco? Immagino che questa sia solo una parte della storia e che la restante possa essere contenuta in un futuro album….è giusta la mia sensazione?
“Voglio precisare che in ‘The Beloved Bones’ non vi è traccia alcuna della religione, se in qualche frangente noti la parola Inferno non è di derivazione dantesca, non ha a che fare con il concetto di inferno come ci insegna la religione cattolica, è un modo di dire che penso sia comune in tutto il mondo: quando vivi situazioni complicate si è soliti dire ‘sto vivendo un inferno’. Spero che sia quindi chiaro il concetto che ho voluto esprimere, ehe ehe! Undici capitoli, dalla sofferenza più nera alla libertà. Prendi due coni, li metti uno di seguito all’altro quasi a trovare una continuazione naturale, dal punto più basso non puoi che risalire fino ad arrivare al punto diametralmente opposto, quello che io chiamo divino togliendo tutte quelle connotazioni religiose di cui si diceva poc’anzi. Ci arriverò a parlare anche di questo aspetto, altri undici capitoli….”

Ascoltando le tue parole si capisce benissimo quanta sofferenza tu possa aver dovuto sopportare, si percepisce quanto questo abbia trasformato il tuo vivere il quotidiano, quasi come se il dolore abbia un potere taumaturgico. Ma non voglio essere romantico perché non è così, quando stai male è una cosa orribile..possibile che alcune cose possano essere maggiormente comprensibili dopo aver lotta per la propria sopravvivenza pensando che da qualche parte una essere superiore si trova da qualche parte?
“Non saprei, di certo c’è che il divino di cui parlo è qui sulla Terra…siamo noi, gli umani. Sto diventando vecchio (risate generali, ndr) e sto diventando un po’ più saggio nel senso che cerco di esprimere le mie idee liberamente, parlando in maniera sincera e onesta. Questo non vuol dire che io debba esprimere anche le più grandi sciocchezze che mi passano per la mente, sarei infantile ma a quasi cinquantanni penso che sia necessario poter parlare con il cuore, in maniera spontanea. Francamente.”

Quanto è stato difficile mettere in musica tutto ciò? Gli argomenti sono ‘intensi’ e non penso sia stato facile trovare il modo giusto per trasporre nel mondo delle sette note quanto c’era nella tua testa….
“Il primo ostacolo al quale ho dovuto far fronte è stato quello di rendere il tutto non melenso, non vittimistico puntando invece a costruire testi che potessero in qualche modo essere letti universalmente senza accenni autobiografici. Ed è per questa ragione che ho puntato decisamente a non voler creare alcun personaggio lungo la storia altrimenti sarei certamente cascato in errore raccontando la mia storia, soggettiva e priva di quegli elementi oggettivi di cui ti dicevo prima. Poi il non voler essere troppo generico e quindi superficiale, è stato difficile mantenere il giusto equilibrio tra questi due aspetti ma penso e spero di esserci riuscito ugualmente. Non è stato facilissimo spiegare agli altri ragazzi della band quello che avevo in mente, è stato però discusso tutto per filo e per segno e Glauber (Oliveira) è stato colui che più entusiasticamente ha abbracciato il concept trasformandolo con me in splendida realtà. Ti ho già accennato alle sue straordinarie capacità compositive, esecutive, come produttore ed arrangiatore ma quello che fa di lui un genio è la sua generosità, il suo essere aperto mentalmente alle idee degli altri. Per lavorare a questo progetto mi ha ascoltato con attenzione e molto amichevolmente ha capito perfettamente il mio stato d’animo, come lo volevo esprimere. Tanti sono stati i nostri incontri, tantissimi i discorsi, alcune volte gli spiegavo alcune mie idee al telefono….e lui poi ‘spariva’ per qualche giorno fino a quando non arrivava con l’idea giusta. Un vero e proprio working team, anche lui mi invitava a parlare di questa storia senza forzatamente dover presentare la mia storia, ha capito perfettamente fin da subito quello che intendevo fare. Con Glauber ci siamo spesi tantissimo affinché le lyrics potessero essere comprese da tutti come se determinate situazioni, come abbiamo detto prima, possano essere parte della vita di tutti noi. Ti faccio un esempio: qualche mese fa, a poche settimane dalla release in Brasile mi scrive un nostro fan e mi dice ‘Mario, quello che hai scritto in ‘This Loathsome Carcass’ corrisponde esattamente a quello che ho vissuto io con mio papà morto ieri a causa dell’alcolismo, mi impressiona leggere le tue parole e trovare una forte immedesimazione con la mia situazione.’ Non hai idea di quanto questa storia ed altre che ho ricevuto mi abbiano confermato che abbiamo raggiunto quello che ci eravamo prefissati. ‘The Beloved Bones’ in definitiva è un disco che parla delle tribolazioni che si hanno nella sofferenza e nella gioia che si può avere dopo che si è usciti indenni trovando una nuova vita, una nuova possibilità, una nuova libertà.”

Cosa che si riflette certamente su una fase diversa e per certi versi inaspettata anche per la band, sei d’accordo Mario?
“Assolutamente Andrea, abbiamo trovato un nuovo equilibrio dopo aver passato anni ed anni a voler essere come questa o quell’altra band oppure essere i nuovi Manowar od Helloween e così via. Diciamo che ci siamo per così dire emancipati, prima avevamo nel nostro sound tanti riferimenti a standards che adoro tutt’oggi ma che non ci appartenevano più, ora abbiamo sdoganato un nostro stile che chiaramente potrà avere qua e là caratteristiche power o progressive o thrash ma sempre e comunque marcatamente Dark Avenger. Quando cerchi di esprimere totalmente te stesso riesci ad affrancarti da determinate situazioni, fino a ieri era difficile riuscirci ma oggi penso che abbiamo fatto quel salto di qualità che invece ci permette di guardarci allo specchio e mostrarci come siamo, unici nel panorama odierno. Glauber in tutto questo è stato un dono piovuto dal cielo, l’unico che ha creduto in questo progetto infondendo fiducia in me stesso in un periodo in cui stavo piano piano rialzando la testa, lui che è riuscito a ricoprire moltissimi ruoli (produttore, ingegnere del suono, chitarrista, arrangiatore…), colui il quale abbiamo condiviso la visione di un disco che permettesse all’ascoltatore di trovarsi di fronte ad una sfida e non al classico disco dove ascoltando una parte sai già quale potrebbe essere quella successiva. Non so come avrei fatto senza di lui.”

Hai accennato al fatto che l’album in Brasile è uscito lo scorso giugno mentre con Rockshots Records in Europa e da non molto nel resto del mondo, il vostro pubblico ha già avuto modo di ascoltarlo e ‘digerirlo’…quali sono state le reazioni a questo nuovo corso?
“Speravo andasse bene ma devo ammettere che la realtà ha superato le mie aspettative, la stragrande maggioranza dei nostri fans lo ha apprezzato moltissimo pur con qualche difficoltà iniziale, bisogna riconoscerlo. Si è trattato di un processo che ha richiesto alcuni ascolti ma che mi ha confermato quanto i nostri fans siano persone con una visione d’insieme non indifferente, fans che aprono la propria mente ascoltando musica senza preconcetti. Devo ammettere che, anche se in misura minore, ci sono stati fans che non hanno per niente apprezzato ‘The Beloved Bones’ perchè secondo loro avremmo dovuto continuare a parlare di spade, draghi, battaglie contro gli infedeli del metallo e così via….beh, rispetto le idee di tutti ma sinceramente queste sono le persone che non biasimo perchè è l’esatto contrario di quello che vorremmo. Purtroppo in alcuni casi nel metal ci sono bands che continuano a proporre sempre le stesse cose, le stesse tematiche ed alla fine la gente non riesce più a distinguere la finzione dalla realtà, certe persone pensano che combattere con coraggio e la spada sia un modo di affrontare la vita di tutti i giorni. E’ un modo di dire, è un qualcosa di astratto che può farci evadere per un momento dalla realtà ma quest’ultima è diversa, speriamo che ‘The Beloved Bones’ possa essere una mappa, uno strumento che possa aiutare qualcuno nel proprio quotidiano lanciando alcuni messaggi lavorando su se stessi.”

Moltissimi anni fa band come Sepultura e Angra decisero di inserire nel loro sound influenze etniche che avevano a che fare con il proprio Paese d’origine, il Brasile. Anche voi arrivate dallo stesso Paese natio, quanto è presente la cultura brasiliana nella vostra musica?
“Tanto! Come potrebbe essere altrimenti? Nel primo brano in apertura c’è un’overture composta con il violino e la melodia è ispirata ad un artista brasiliano che amo moltissimo, in ‘Nihil Mind’ invece abbiamo usato uno strumento brasiliano che si chiama sanfona simile alla fisarmonica….certo, le nostre influenze sono maggiormente caratterizzate dalla cultura del Brasile del nord est perchè è la zona da dove proveniamo io e Glauber ma è comunque Brasile (risate, ndr). In ogni caso pur apprezzando tantissimo il lavoro fatto da nostri connazionali, si è tentato di unire al meglio queste influenze nel nostro tessuto sonoro in maniera ‘dolce’, senza quei momenti nei quali si possa dire ‘questo è metal, questa musica brasiliana’ e così via.”

Mario, come spiegheresti il tuo Paese a uno straniero che magari vive di troppi preconcetti pensando che il Brasile sia solo Copacabana e calcio?
“Uhm, mi hai messo in difficoltà….questa è la domanda più difficile che potevi farmi! Amo il mio Paese, amo le sue bellezze e la sua gente, la sua cultura…parte della mia famiglia è di aborigena e non messicana come potrebbe sembrare (ride fragorosamente, ndr). Come potrei non amare questo meraviglioso posto chiamato Brasile? Il problema però ormai da quindici anni si chiama corruzione politica, violenza brutale soprattutto nei confronti delle donne. C’è molta povertà nelle strade che genera solo crimini scellerati e violenti, il Brasile è un Paese molto ricco in termini di risorse naturali e di attrazioni turistiche ma la nostra politica sembra quasi che voglia mantenere per sé i vantaggi di tutto questo lasciando la stragrande maggioranza delle persone prive di diritti minimi, lasciandoli nella povertà più estrema. Come hanno fatto a far tutto ciò? Tagliando sull’istruzione, semplice. Ci tengono in uno stato a causa del quale la gente non ha accesso all’istruzione, così nell’ignoranza è facile scivolare nella criminalità spicciola e violenta tenendo per se tutti i vantaggi che le risorse del nostro Paese possono dar loro. I poveri non riescono così a distinguere il buono dal cattivo, vorrebbero possedere oggetti che la loro situazione non gli permette e quale strumento di emancipazione hanno? Usare la violenza. Ti faccio un esempio. Cammini per strada, hai un bel paio di scarpe addosso…sai che potrebbero ucciderti pur di rubartele? E non ti chiedono ‘le scarpe o la vita’, ti sparano semplicemente….e ti prendono le scarpe. Capisci che in questa condizione la vita diventa un inferno, non sei più sicuro di niente quando sei per strada, io tutti i giorni accompagno e vado a prendere mia moglie in ufficio per paura che le possa succedere qualcosa e siamo al sicuro solamente a casa nostra. Altro esempio: a Brasilia dove vivo non ci sono favelas ma esiste una carrozza della metro dove possono salire solamente le donne. Non è razzismo, credimi. Il motivo è che se andassero in altri vagoni potrebbe esserci il rischio che qualche malintenzionato possa violentarle. È inconcepibile. Sono molto triste nel pensare che molti in Brasile pensino che serva qualcuno con la mano ferma in Brasile, tipo un dittatore militare o cose di questo tipo. Non abbiamo bisogno di qualcuno che si possa sentire superiore costringendo tutti gli altri ad essere inferiori, non potremmo fare errore più grande. Abbiamo bisogno di unità di intenti, abbiamo necessità che tutti si possano sentire parte di un progetto più grande senza che interessi personali possano soffocare il senso di unità, di comunione, di fratellanza in un progetto che possa effettivamente farci uscire tutti insieme dalla situazione in cui siamo precipitati. Ma la politica si gira dall’altra parte senza trovare uno straccio di soluzione per risolvere questa crescente pazzia e spirale violenta nella quale siamo finiti.”

Da questo punto dell’intervista in poi Mario ha illustrato quelli che erano i progetti dei mesi seguenti della band ma per rispetto ad una persona dal così grande valore ho preferito non ‘metterlo su carta’. Solo tanta tanta tristezza per un artista di cui forse non ci siamo ancora resi conto della sua importanza e spessore, ci mancherai Mario!

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