Beast In Black – Il Potere Della Creatività
Il 14/11/2017, di Dario Cattaneo.
Quando si dice che le sorprese arrivano da dove meno te le aspetti… prima di intervistare Anton Kabanen – ex compositore principale Battle Beast e mastermind dietro a questo nuovo progetto Beast In Black – ci saremmo infatti aspettati ben altre risposte alle nostre domande, traditi forse dal sound apparentemente tradizionale della band. Invece l’introverso songwriter finnico ci stupisce con una serie di sentenze e frasi del tutto inaspettate che – anche se lo fanno apparire a tratti quasi antipatico – ci hanno mostrato uno spessore artistico e una passione verso la scrittura davvero non indifferenti. vediamo come è andata nelle righe qui sotto…
Ok Anton, siamo qui con una nuova band… però vediamo che ‘la bestia’, quel leone guerriero che capeggiava su tutte le copertine della tua ex-band è in effetti ancora lì… è una sorta di tua mascotte, quindi?
Sì, alla fine la ‘bestia’ è una specie di mascotte mia. Anni fa fui io a uscire con questa immagine per caratterizzare i dischi dei Battle Beast, e quindi mi sembra giusto che possa continuare a usare questa immagine pure per i miei Beast In Black. Mi è sembrata la cosa giusta da fare, dopotutto quella particolare mascotte rappresenta da anni il mio modo di intendere la musica che compongo. D’altronde anche dal punto di vista musicale non è che mi sia allontanato troppo dalla formula che usavo nei Battle Beast… la musica è sempre un heavy metal tradizionale, con forti influenze power e belle melodie. Ecco, forse con i Beast In Black mi sono concesso qualche digressione su territori più sinfonici, ma il concetto è sempre quello… quindi anche l’immagine non poteva cambiare molto.
Noi però un po’ di differenza tra il sound dei Beast In Black e quello dei Battle Beast la troviamo… ad esempio l’uso dell’elettronica e dell’arrangiamento nelle due band ci sembra appunto piuttosto diversa. Sei d’accordo?
Sai, la cosa strana è che in molti mi stanno commentando in maniera positiva l’uso delle tastiere e dell’elettronica su quest’album, ma a me suonare le tastiere non è mai interessato più di tanto! In effetti, tutti i suoni che si sentono su ‘Berserker’ al di fuori di chitarre, basso e batteria sono tutti programmati, non suonati. Con questo non voglio dire che non mi interessa questo aspetto, sia chiaro, solo penso non ci sia chissà quale segreto dietro queste orchestrazioni o queste soluzioni campionate. Semplicemente le ho messe perché ci stavano bene: completavano il sound e davano un taglio fresco alla mia musica. Non credo che la vera sorpresa in ‘Berserker’ risieda nel sound delle tastiere, davvero. Le considero solamente molto funzionali ai vari pezzi. Sono comunque felice che stiano piacendo così tanto, sia chiaro.
Non mi aspettavo una simile risposta a essere sincero… parlando della band, invece: formare dal nulla i Beast In Black è stato facile o difficile? Come sei arrivato a mettere su questa line-up?
Diciamo che la fondazione di questa band non è stata per nulla difficile. Dopo i problemi che ebbi con i ragazzi della mia vecchia band cercavo semplicemente un altro progetto in cui impegnarmi, e praticamente altri tre membri di quella che è diventata questa band erano già miei amici. Se vogliamo Yannis (il cantante) è l’unico membro ‘nuovo’. Lui lo abbiamo contattato su facebook e poi ci siamo incontrati di persona per fare delle prove. Si può quindi quasi considerare un amico anche lui… ecco, è una band nata in modo molto naturale.
E avete composto tutte le canzoni per quest’album o qualcosa arrivava anche da sessioni passate?
Ecco, a differenza del discorso appena fatto per la band, per le canzoni che compongono questo primo album non posso dirti bene in quale periodo esse siano state scritte o composte. Sono molto veloce a comporre, quindi alcuni brani che sentite su questo album sono nate magari pochi mesi fa, però molti brani risalgono a un passato ben più remoto. Per esempio ‘Blood Of A Lion’ è un pezzo che risale al 2014, quando ero ancora con i Battle Beast. Insomma, si tratta di pezzi nati in periodi e in momenti diversi, che sono state rifinite e registrate per questo album.
Anche le composizioni di ‘Berseker’ sono andate lisce come formare la band? Avete fatto tutto in fretta o ci avete messo molto tempo?
Se la composizione non si può collocare temporalmente in un momento preciso, per le registrazioni e il missaggio il discorso purtroppo è simile. Quello che si poteva fare in poco tempo, alla fine è durato parecchi mesi. Questo per via del fatto che per vari motivi non siamo riusciti a lavorare senza prenderci delle pause… le pause ci hanno mangiato molto tempo. Ogni volta si è dovuto riprendere in mano materiale che sembrava finito… No, non è stato quello che si dice un processo proprio semplice.
Anche se non si trattava della tua prima esperienza in studio, era la prima con questa band. Hai riscoperto l’emozione della prima volta in studio registrando ‘Berserker’ o oramai le incisioni sono routine per te?
Ti stupirò: anche se non molti colleghi sostengono una posizione simile, ti dirò che invece a me stare in studio non piace molto. È una di quelle cose che considero ‘obbligatorie’, un passo che devo fare allo scopo di far sentire alla gente quello che ho composto. Non posso dire che odio stare in studio, però il momento in cui si registra… beh, semplicemente non mi esalta. Le canzoni sono già scritte, già composte, so già come suonano, non c’è più quella creatività che adoro. Quindi non ti posso dire che ho provato delle sensazioni particolari durante le registrazioni di ‘Berserker’ piuttosto che con gli altri album dei Battle Beast. Semplicemente per me entrare in studio è da sempre solo qualcosa che deve essere fatto.
Un’altra risposta che non mi aspettavo… ma almeno sei felice di come è venuto fuori l’album?
Ecco, sì, il risultato invece è qualcosa che mi esalta molto. Come ti dicevo, le registrazioni sono state lunghe, il mixing pure… adesso invece la palla è agli ascoltatori, stiamo raccogliendo i primi giudizi, i primi apprezzamenti, e trovo che sia una fase piuttosto liberatoria. L’album è finito, è un po’ come essere fuori dalla prigione, no?
Prima hai parlato di heavy tradizionale, è il tipo di musica con cui sei cresciuto? È la musica che ascolti ancora?
In realtà il posto dove più facilmente ascolto musica è la macchina… in casa difficilmente la metto, anche perché in linea di massima la casa è anche il posto dove ci lavoro, con la musica. In macchina però ultimamente ascolto molta musica acustica o stile colonna sonora, oppure sul folk come i Blackmore’s Night. La musica con cui sono cresciuto, quella che ha influenzato il mio sound come i Black Sabbath, gli Accept o i Judas Priest invece l’ascolto raramente… perché l’ho ascoltata così tante volte da adolescente che oramai non la ricerco più. È entrata in me, mi caratterizza come artista, ma da ascoltatore ora preferisco altri lidi
Il tempo a nostra disposizione si esaurisce, quindi concludo chiedendoti se promuoverete l’album con molte date dal vivo…
Si faremo un sacco di date, è l’unico modo di promuovere un disco una volta uscito. A costo di sembrare ancora un po’ negativo e musone ti confesserò però che nemmeno il tour mi esalta molto, anzi, se devo scegliere tra lo studio e la vita on-the-road allo stato attuale forse preferisco lo studio. Certo, è divertente passare tempo con i ragazzi, e sul palco mi diverto anche, ma è un altro periodo della vita di un artista senza creatività. Tra musicista, performer e compositore mi sento di sicuro più un compositore, e di tutto il processo di creazione, registrazione e promozione di un disco la parte che preferisco è quella della scrittura. È un peccato vederla così, ma c’è anche da dire che la vita in tour può essere decisamente costosa. Boh, se avessi un milione di euro da investire nel tour probabilmente mi piacerebbe anche, ma con le condizioni che ci sono adesso, il peso di fare tour lunghi in condizioni non ottimali dopo un po’ si sente, ma anche questo è qualcosa che deve essere fatto per amore dell’arte!