Prong – Ripartire Da Zero
Il 29/08/2017, di Andrea Schwarz.
A volte per fare un’intervista ci si rincorre con le band per giorni, a volte (non in questo caso) per settimane a causa dei molteplici impegni che la promozione di un disco comporta a dispetto di quanto si possa credere. Rispondere per giorni a giornalisti di tutto il globo non è una passeggiata soprattutto quando le domande sono simili tra loro standardizzando anche di conseguenza le risposte. Domande ovvie, risposte scontate. Quello che segue è il risultato della nostra chiacchierata che speriamo possa solleticare la vostra curiosità.
Prong, questa entità sconosciuta. Così potremmo cominciare la chiacchierata con Tommy Victor, incontrastato leader della band statunitense oggi tornata sulle scene con un nuovo album di zecca intitolato ‘Zero Days’. I Prong fin dai loro esordi con ‘Primitive Origins’ del 1987 sono stati una scheggia impazzita in un contesto musicale che tende a catalogare ogni singolo vagito musicale, proprio loro che invece hanno coniato un sound personale e fuori da ogni schema. Prendere o lasciare, anche se non tutto quanto prodotto in carriera può essere considerato come qualcosa di assolutamente imperdibile. Certamente albums quali ‘Rude Awakening’, ‘Cleansing’, ‘Prove You Wrong’ e ‘Beg To Differ’ avevano nel loro dna quella forza innovativa che non si è riscontrata nelle produzioni più recenti, probabilmente i frequenti e costanti cambi di line up hanno influito sul risultato finale.
Tommy Victor, puoi essere considerato l’unico reale mastermind dietro il monicker Prong quanto di tuo possiamo trovare nella realizzazione di questo nuovo album?
‘Anche in questo disco puoi trovare molto Tommy Victor, ne sono il maggiore songwriter sia livello musicale che per quanto riguarda i testi. Questo non vuol dire che sia un mio lavoro solista, una volta che la maggior parte dei brani furono pronti mi sono confrontato parecchio con Chris Collier che ha portato alcune sue idee compositive e con il quale abbiamo affinato come un affiatato working team tutti gli arrangiamenti. Ma Chris non è stato l’unico con il quale ho condiviso questo percorso perché ho coinvolto altri musicisti come Eric Loch (Primitive Race) con il quale avevo già collaborato per il precedente ‘X (No Absolutes)’ così come su alcune parti di chitarra ho avuto il piacere di lavorare con Marzi Montazeri, Chris Cannella (Autumn’s End) e Greg Harrison al pari di Fred Ziomek (ex-Darkes Hour). Senza contare Matt Williams dei Delphian che ha cantato tutti i backing vocals.’
Ascoltando attentamente il disco possiamo dire che il risultato finale dimostra però quanto cuore e quanto tempo hai potuto dedicare a questo nuovo capitolo della saga Prong, se mi permetti il termine
La realizzazione di questo disco ha richiesto veramente tantissimo lavoro ma devo ammettere che mi sono stupito come questo possa essere avvenuto in un tempo relativamente breve considerando i moltissimi aspetti che abbiamo dovuto affrontare prima di entrare in studio. Suoniamo ancora parecchio dal vivo e quindi tutto è avvenuto in circa tre mesi, appena tornati dal tour di X (No Absolutes) mi sono messo a scrivere e tra una serie di date e le altre ho potuto mettere mano alle lyrics così come agli arrangiamenti giusto per avere tutto pronto prima di entrare in studio ottimizzando quest’ultima importante fase.
Detto in questa maniera sembra quasi che tutto sia filato liscio senza nessun momento di indecisione, quei momenti nei quali a volte si avrebbe la voglia di ricominciare tutto da capo mandando in fumo mesi di duro lavoro. È capitato anche a te?
Ho avuto qualche momento di indecisione, non sempre quando componi tutto sembra poter essere organico al prodotto al quale stai aspirando a completare, anzi a volte guardi quello che hai fatto e ti rimetti a comporre nuovamente perchè quello che hai tra le mani non rispetta pienamente il progetto iniziale. Ed allora scrivi, scrivi, scrivi fino a quando non ti rendi conto di aver trovato la giusta ‘quadra’. E questo ti garantisco che non accade solamente nella fase compositiva, abbiamo fatto alcuni cambiamenti anche nel mixaggio, alcune soluzioni non ci soddisfacevano ed abbiamo dovuto rimetterci mano. La parola d’ordine è ‘non farti prendere dal panico’ così riesci in qualche maniera a mantenere i nervi saldi per poter terminare il tutto nei tempi prefissati.
Tommy, devo confessarti che ho scoperto i Prong con ‘Beg To Differ’ e vi ho apprezzati fino alla pubblicazione di ‘Rude Awakening’, mi domando quanto sia stato difficile andare avanti tutto questo tempo considerando le difficoltà quotidiane, il non essere riusciti a diventare una starlilght di prima grandezza come l’affrontare il noiosissimo vortice dei continui cambi di line up che rischiano di non dare stabilità al progetto.
Penso che da quei giorni il nostro songwriting sia migliorato, dopo tutto con tutte le releases che abbiamo pubblicato fino ad oggi riesci a comprendere cosa possa funzionare e cosa no. Hai l’esperienza dalla tua parte, indubbiamente. Al tempo stesso cerchiamo di non alienare i fans che pazientemente ed amabilmente ci stanno seguendo, alcuni fin dai primordi così come credo che anche a livello esecutivo la line up odierna sia la migliore che abbiamo avuto. Prendi ad esempio Art Cruz, è il batterista più tecnico con il quale ho avuto la fortuna di collaborare, anche questo fattore aiuta e non poco. In ultimo, se posso spendere due parole su me stesso, rispetto agli inizi il mio stile vocale è cambiato trovando oggigiorno la sua dimensione ideale.
Ammetto che forse l’ultima affermazione è un pò troppo pretestuosa ma a confutare questo punto di vista è necessario ammettere che la band è sempre richiestissima live, basti pensare alle tantissime date live già programmate per questa estate in giro per l’Europa (Italia esclusa).
Il fatto che si possa dopo tanti anni continuare a suonare così tanto ci inorgoglisce e non ci stupisce, forse la gente riesce ad apprezzare quante buone canzoni abbiamo scritto in trent’anni di carriera, e non è poco. Quando siamo sul palco è emozionante ogni singola volta ‘toccare con mano’ il rapporto magico che si instaura con il nostro pubblico, è qualcosa di indescrivibile.
Anche a livello compositivo state vivendo il vostro più florido periodo perché nel giro di cinque anni siete riusciti a donare al vostro pubblico ben sei releases..
Questo è sicuramente un periodo dove sono molto occupato nel fare dischi, abbiamo avuto da fare ultimamente ehe ehe! Nel passato ci sono stati troppi ‘buchi’ tra un disco e l’altro, non era una situazione che mi soddisfaceva pienamente anche se non sarebbe stato un problema lavorare velocemente ad un album. Se qualcuno mi avesse chiesto un disco in un mese, mi sarei messo lì e lo avrei fatto senza problemi ma alcuni vicissitudini personali e di soldi hanno influito sull’andamento della carriera dei Prong.
I testi nell’economia della band sono sempre stati fondamentali, le cose con questo album non sono cambiate di una virgola. Quanto è importante questo aspetto nella fase realizzativa?
Adesso più che mai, lo ammetto! È un aspetto che curo in maniera maniacale, voglio che le parole siano le più giuste possibili nell’accompagnare le musiche, quante notti a scrivere fino allo sfinimento, fino a quando tutto combaciava perfettamente. Musica e lyrics, un connubio che deve essere perfetto.
Presente e passato che si intersecano nel trentennale di una carriera che ha vissuto alti e bassi, che avrebbe potuto probabilmente essere migliore rispetto a quanto non lo sia stato. Quando ti guardi indietro cosa vedi?
Se potessi tornare indietro cambierei tantissime cose ma al tempo stesso trovo che sia tempo sprecato star lì a rimpiangere il passato, per quello che avrebbe potuto essere e non è stato. Non possiamo farci nulla, conviene concentrarci sul presente cercando di migliorarsi quotidianamente.
Non fa una grinza, in questo percorso ti sei sentito maggiormente a tuo agio nelle vesti di produttore, songwriter, chitarrista o cantante?
Non ne ho idea, sinceramente. Alcune volte focalizzo la mia attenzione sull’essere un cantante, in altri frangenti sulla figura di chitarrista ed altre volte su altrettanti contesti e ruoli. La cosa curiosa è che quando tutto iniziò suonavo semplicemente il basso e tutto quello che ne è scaturito da lì in avanti è il frutto di pure casualità. È successo..ehe ehe!
Nei tuoi trent’anni di carriera hai avuto modo di collaborare con un personaggio come Paul Raven (Killing Joke, Ministry) che però è deceduto improvvisamente nel 2007. Cosa ci puoi raccontare di quell’incontro?
Non voglio sembrare insensibile ma la sua morte non mi sorprese affatto. Ero molto scocciato all’epoca per il fatto che Paul non si curava assolutamente di se stesso ed era diventato totalmente irresponsabile nei confronti degli altri. Considera un altro aspetto, per anni Paul mi ripeteva che non vivevo correttamente, che la mia vita non era abbastanza ribelle e cose simili, era un punk rocker nel profondo che non ascoltava niente e nessuno. Certo, posso essere d’accordo con te, che è bello essere ribelli e controcorrente ma quando questo va ad inficiare la tua salute, beh allora è un’altra storia e non sono d’accordo sul fatto che la si debba rovinare in nome di un ideale.
Non posso dire che trovo come questo sia un giudizio molto cinico ma ci saranno validi motivi che ti spingono a parlare in questa maniera. Complimenti per la schiettezza e sincerità, i mesi che andrai ad affrontare sono altrettanto chiari?
Il nostro stile ha in qualche modo avuto un suo ruolo per bands come Korn o Nine Inch Nails, abbiamo raccolto meno rispetto a quanto abbiamo seminato ma non mi aspetto che ‘Zero Days’ cambi radicalmente il nostro status. Non mi sono mai venduto in nessuna occasione e non abbiamo mai avuto una popolarità tale da poter dire ‘ho raggiunto il successo’ ma non importa. Credo che chi si accosterà al disco possa essere soddisfatto di quello che ascolterà, ci sono realmente delle gran belle canzoni! Che è quello che si chiede ad ogni album, giusto?