Orden Ogan – Dark Wild West
Il 21/08/2017, di Dario Cattaneo.
Quando si parla di qualità nel campo del power attuale, non si può non parlare anche degli Orden Ogan. La band tedesca, erede – dicono molti – di Blind Guardian e Running Wild, non sbaglia un colpo infatti da ‘To The End’, e con questo ‘Gunmen’ pubblicano il terzo lavoro di fila stazionato su livelli altissimi. Con il frontman Seeb e il sodale Toby vediamo dove ci porta questa volta l’enigmatica mascotte del gruppo, Alister Vale. Preparate i cappelli e tirate fuori i pistoloni, perché il vecchio west ci sta aspettando…
Eccoci qui con il nuovo album, ‘Gunmen’! C’è ovviamente ancora Alister Vale col suo cappello su questo artwork, e sembra stare visitando un nuovo periodo storico, come sempre. Il concept che c’è dietro stavolta è il far west, no? Puoi dirci dove ci ha portato il buon Alister questa volta e come è costruito questo nuovo album dal punto di vista tematico?
Toby: “In realtà non esiste un vero e proprio concept su quest’album. Nel senso, non c’è una storia con un intreccio fisso, ma è vero che tutte le canzoni condividono lo stesso setting. Sono canzoni ascrivibili al nostro immaginario ‘dark fantasy’, così come lo chiamiamo, e rappresentano una versione più fantasy e più oscura del far west. Sai, cowboy fantasma e roba simile? ‘Gunman’ per esempio è il nostro omaggio al genere western cinematografico, ma non è parte di una storia o di una continuity. Come le altre volte, però, ci sono anche brani che seguono la storia di Alister Vale e le sue gesta… ‘The Face Of Silence’, ad esempio”.
Seeb: “Ma ci sono anche canzoni che come tema sono molto diverse da quello che ti aspetteresti… tipo ‘Vampires In The Ghost Town’!” .
In effetti il titolo mi aveva incuriosito… non capita spesso di mischiare creature provenienti dalla letteratura horror-gothic con l’estetica del far west… Ce ne parleresti, già che l’hai citata?
S: “Certo, si tratta di una canzone su un tale che ha una relazione con la ragazza sbagliata, e comincia ad isolarsi da amici e famiglia, pensando di essere lui la causa di alcune brutte vicende, senza rendersi conto però che era la ragazza stessa a plagiarlo, e a farlo comportare in modo strano. E’ una situazione che penso molti di noi hanno vissuto, su se stesso o sugli amici. Mi piace usare le stesse parole, lo stesso vocabolario, del setting che abbiamo scelto – il far west in questo caso – ed usare metafore prese da quell’ambito, per narrare però qualcosa di completamente diverso. E’ anche così che scrivere le liriche diventa divertente!” .
Il far west è ovviamente presente nella copertina, ma ci sembra che lo stile sia un po’ meno… ‘dark fantasy’ se così vogliamo chiamarlo…
T: “Ma no! Non è vero! Guarda bene la copertina… C’è un cavallo non morto affianco ad Alister… e tanti altri elementi. Il nostro tema ‘dark fantasy’ è pienamente rispettato. Abbiamo infatti chiesto a Marshall di sviluppare qualcosa sul tema far west, ma mantenendo intatto il nostro stile” .
S: “Quella della copertina è proprio una visione ‘Dark Fantasy’ del vecchio west, secondo me. Ci sono ragazze non morte che si alzano dalle loro tombe, cowboy fantasma su retro di copertina… e ci saranno anche on stage! C’è un sacco di roba oscura e sinistra su questo artwork” .
I vostri aspetti riflettono sempre il tema dell’artwork e dell’album… possiamo dire che questo sia mutuato da quanto facevano gli Iron Maiden negli Anni ’80, con Eddie che visitava l’Egitto, il futuro, etc?
Entrambi: “Si, volendo quello che facciamo noi con Alister Vale e le nostre copertina è vagamente simile a quanto sviluppato dagli Iron negli ’80 con Eddie… ma non credo che sia un esempio completo. Loro portavano pochi elementi on stage, sempre rappresentanti il setting della copertina, noi però ci vestiamo in modo da immedesimarci con l’universo che stiamo dipingendo. Ogni nostro album ha un suo tema, e a partire da quello leghiamo tutto assieme: copertina, vestiti di scena, foto del booklet, aspetto generale del palco… Cerchiamo di incorporare tutti gli aspetti possibili!” .
La musica sembra aver compiuto un ulteriore passo verso altri lidi rispetto a Ravenhead. Possiamo aspettarci che i dischi degli Orden Ogan diventino sempre più pesanti e oscuri o è una fase che state attraversando?
T: “Il nostro processo creativo è influenzato da tanti aspetti, non è certo pianificato. Non posso risponderti sul futuro. Alle volte la nostra creatività viene messa in moto semplicemente ascoltando vecchie idee e vedendo cosa possiamo tirare fuori da quelle. Alle volte semplicemente jammiamo un po’ intorno a qualche riff e melodia. Non c’è mai una decisione di fare un album più heavy o più catchy del precedente. Semplicemente succede, in maniera naturale” .
S. “’Gunmen’ secondo me è il tipico album Orden Ogan. Stavolta di nuovo abbiamo inserito melodie che sembrano prese dalla colonna sonora di qualche film sul Far West (‘Vampires’, ’Down Here’, ’Gunmen’) ma non credo che sia una cosa nuova per noi adottare un approccio più cinematico… da colonna sonora, appunto!” .
Trovate difficile comporre nuova musica nell’ambito del power metal, che è stato così abusato nei due decenni scorsi?
S: “No, non è difficile per noi comporre nuova musica, nemmeno nel campo del power che, come dici tu, è stato abusato in passato. La nostra musica viene dal cuore, e se ne frega di chi ha inciso prima di noi. Semplicemente, componiamo ciò che amiamo e penso che i nostri fan lo capiscano e lo apprezzino. Il nostro lavoro non è costruito, non è pensato a tavolino per rimanere all’interno dei canoni di un genere, ed è per questo che suona originale” .
Siete ancora un quartetto dopo l’abbandono di Nils… Seeb, ti trovi bene nel triplo ruolo di tastierista/chitarrista e cantante?
S: “Componevo le tastiere in studio anche prima che Nils arrivasse nella band. Le suonavo anche mentre lui era nella band, se è per questo, quindi per me essere anche un tastierista non è proprio uno sforzo. Certo, dal vivo non posso fare tutto, ma le backing tracks esistono per questo e ci permettono di reggere il concerto senza problemi. E poi, su ‘Gunman’, ma anche su ‘Ravenhead’, ti sarai accorto che l’accento è decisamente sulle chitarre. Si potrebbe riprodurre quei brani anche solo con i classici quattro strumenti del rock, e non perderebbero molto del loro flavour. La tastiera… beh, da’ sempre quel ‘quid’ in più che non fa mai male!” .
Sei un uomo dai molti talenti, Seeb, ma vorrei sapere se ti senti più un musicista, un compositore, un cantante oppure un frontmen…
S: “Tutto in parti uguali!” .
S: Quando componi, da quale strumento parti, trait anti che puoi suonare in studio?
S: “Il mio approccio compositivo cambia, non si mantiene fisso. Su ‘Ravenhead’ provammo nuove vie, e partimmo a comporre dai ritornelli, costruendo poi le canzoni attorno a quelli. Con ‘Gunmen’ non ci siamo posti questo obbiettivo e abbiamo lavorato passando da un riff ad una melodia ad un altro riff nella più ampia libertà creativa. E’ stato bello non esserci dati troppo pensiero su come lavorare, forse è anche per questo che le canzoni di ‘Gunmen’ suonano così creative. E’ successo anche che alle tre di notte mi svegliassi perché avevo sognato una canzone e mi precipitassi a lavorarci! Le belle canzoni hanno sempre modi diversi per nascere…”.
La carriera musica impatta con il vostro bisogno di una vita normale? Come bilanciate la vita musicale con quella famigliare?
S: “Per me è oggettivamente molto difficile, anche perchè ho le mani dappertutto su quanto riguarda gli Orden Ogan. Ogni tanto devo infatti ricordare a me stesso che mi serve anche una vita privata! L’ultimo anno è stato molto duro, ma non ho rimpianti. Voglio dire, sto vivendo il mio sogno. Il mio scopo da quando avevo quindici anni è poter campare di musica e ci sto riuscendo, perchè dovrei lamentarmi di una mia scelta?” .
Il posto dove vivi influenza il tuo modo di comporre?
S: “Credo di sì. Vivo in un’area remota. Un sacco di fiumi, foreste, montagne. E’ bello, in tanti vengono lì a fare le ferie. Non credo che sarei felice in una grande città, ho bisogno di un posto dove poter scomparire per lavorare bene…”.