The Dead Daisies – Il Ritorno Del Rock And Roll

Il 12/08/2017, di .

The Dead Daisies – Il Ritorno Del Rock And Roll

Una band che non inventa nulla di nuovo, i The Dead Daisies, ma che suonano rock senza fronzoli e senza compromessi come solo i grandi del rock sono in grado di fare. E’ un ‘manipolo’ di bravi ragazzi quelli che si celano dietro a musicisti che nelle loro rispettive carriere hanno suonato con bands quali Thin Lizzy, Whitesnake, Motley Crue giusto per citare qualche nome illustro. E la pubblicazione del primo live album è la ghiotta occasione per poter fare due chiacchiere con John Corabi, uno che dà spettacolo sul palco come pochi altri.

E’ primo pomeriggio in quel di Milano, località scelta per questa intervista faccia a faccia con un John Corabi in splendida forma, affabile e disponibile nell’accogliere l’accalorato scribacchino di turno senza perdere il buon umore e la voglia di mettere a proprio agio chi aveva l’ingrato compito di inondarlo di domande. Intervista che è andata avanti per ben quarantacinque minuti, un tempo molto maggiore rispetto alla norma nella quale Corabi ha parlato a viso aperto, quasi ci si trovasse al pub sotto casa con una pinta di birra e tanta voglia di chiacchierare. Conosce bene il suo passato, le (dis)avventure che la vita gli ha posto dinanzi ma è altrettanto conscio della grande opportunità che i The Dead Daisies stanno dando a lui ed alla band di scrivere un importante capitolo di una carriera che sta vivendo una seconda giovinezza raccogliendo finalmente i frutti di tanta dedizione e lavoro. ‘Live and Loud’ è quindi il loro primo album live, non poteva che partire da qui la nostra conversazione provocandolo un pò.

John, in un mondo dove una montagna di video live vengono quotidianamente caricati su YouTube oppure sui più svariati canali social, che senso ha oggigiorno pubblicare un live album?

‘Il nostro ultimo disco è uscito lo scorso anno dandoci la grande opportunità di suonare parecchio dal vivo, alla fine di ogni show siamo soliti organizzare dei meet and greet con i nostri fans e molti di loro, complimentandosi per lo spettacolo ci chiedevano di poter sentire immortalati questi live shows. E’ un apprezzamento che ci ha gratificato ma che non avevamo ancora preso in considerazione fino a pochi mesi fa, in autunno torneremo in studio per lavorare al prossimo album e quindi ci è sembrato il periodo migliore per poter fare una cosa del genere. E’ vero che in rete ormai puoi trovare di tutto ma sono pur sempre video girati da fan con un sound per lo più scadente, i nostri fans si merito molto di più!’

La cosa che maggiormente sorprende è la grande coesione tra voi musicisti, caratteristica assente per lo più sul vostro debutto ma che è cresciuta esponenzialmente album dopo album: sei d’accordo?

‘Il primo album che è stato pubblicato da David Lowy e da Jon Stevens alla voce era il frutto della loro collaborazione piuttosto che un lavoro di squadra, inevitabilmente questo poteva riflettersi sulle canzoni e sul prodotto finale. Fin dalla release dell’ep avvenuta appena prima del mio ingresso credo che si possano notare i miglioramenti in tal senso, oggigiorno non ci sono una o due persone che si sobbarcano l’intero aspetto compositivo ma è qualcosa che viene fatto in gruppo. Ognuno di noi sa suonare la chitarra ed in continuo si lavora da soli alle più svariate idee che poi vengono condivise, è bello quando arrivo con un riff e Doug (Aldritch, chitarra) o chiunque altro mi propone di suonarlo modificandone la tonalità o aggiungendo qualcosa, è un working team fantastico che non può non riflettersi sulle canzoni che di volta in volta componiamo.’

Non dev’essere facile riuscire a mettere d’accordo persone con un potenziale ego molto elevato soprattutto in occasione dei tour piuttosto che in studio. Come riuscite a vivere la quotidianità dove si è forzatamente insieme?

‘Non abbiamo nessun tipo di problema legato al voler essere la primadonna in nessuna situazione, nè in tour nè quando siamo in studio. Ti faccio un esempio: quando lavoriamo ad un disco o prepariamo un tour ci troviamo tutti in quel di New York, ci chiudiamo in una stanza ed imbracciamo i nostri strumenti. Proviamo insieme, componiamo insieme, ci confrontiamo serenamente…le idee sono sempre tantissime e sfruttiamo gli strumenti tecnologici dati dagli smartphone per poter immagazzinare dati su dati, quello che non sembra una buona idea potrebbe esserlo domani. Pensa che per ‘Revolucion’ e ‘Make Some Noise’ abbiamo impiegato qualcosa con un mese abbondante per completare il songwriting, registrare, fare il mix ed il mastering….è tutto così veloce e fluido, la dimostrazione di come tra di noi siamo affiatatissimi!’

Su ‘Make Some Noise’ troviamo un brano intitolato ‘We All Fall Down’, effettivamente nella vita ognuno può trovarsi in difficoltà per svariati motivi, quali possono essere le motivazioni per rialzarsi secondo te?

‘E’ una domanda molto personale, dipende dalle cadute e dalla persona che sei…oggi mi è stato domandato come mi fossi sentito apprendendo della morte di Chris Cornell, per lui come in tanti casi da fuori sembra che ci sia felicità, che la vita scorra via normalmente ed invece non sai mai cosa può accadere nella testa delle persone. Tutti passiamo momenti no nella nostra vita, per arrivare in alto bisogna necessariamente vivere momenti non propriamente positivi e per superarli dipende dalla determinazione che ogni individuo ha in sè, dalle sue motivazioni. Anche io ho vissuto periodi difficili, uno di questi è rappresentato dal momento in cui persi il mio posto nei Motley Crue contemporaneamente alla perdita di mia madre. Devi cercare comunque di andare avanti ma non per tutti è facile.’

Purtroppo trascrivendo queste parole è impossibile riuscire a mettere su carta con quale sensibilità Corabi è riuscito a dire cose a volte ovvie ma non così scontate come sembra, uno che non se l’è passata bene ma che è riuscito a trovare in sè e nel mondo che lo circondava le giuste motivazioni per poter guardare avanti: John, come sei riuscito nella tua vita a superare gli ostacoli?

‘Dall’avventura con i Motley Crue ho imparato tantissimo, posso raccontarti un aneddoto. Appena entri a far parte di una band così grossa non te ne accorgi subito ma immediatamente hai tantissime persone che ti chiamano, ti invitano a feste, vogliono regalarti chitarre, vestiti, ogni genere di cosa tu possa immaginare. Quando fui fuori dai giochi il mio telefono non squillava più, tutto svanito come neve al sole. Non è stato facile, ho dovuto lavorarci duramente ma ho capito che prima di entrare a far parte di quell’ingranaggio avevo degli amici che sono rimasti tali durante quell’avventura e dopo, quello era il segreto e la fonte delle mie motivazioni ad andare avanti oltre a mio figlio ed a mio padre. Ho realizzato semplicemente che la vita va avanti indipendentemente dalle cose che possiedi, dai soldi che hai e che inevitabilmente vanno e vengono, quello di cui avevo bisogno erano gli amici, un piccolo gruppo di amici che potessero sorreggermi e starmi vicino indipendentemente dal ruolo che avevo, anche e soprattutto facendomi notare i miei errori. E’ una lezione che ho imparato sulla mia pelle, non penso a fare mille programmi, ringrazio di avere la fortuna di fare questo mestiere, di avere una bella famiglia alle spalle, ogni giorno è una gioia ed un dono da vivere fino in fondo.’

A volte però le esperienze possono farti prendere strade diverse, non hai mai pensato di dover mollare tutto per cambiare drasticamente vita?

‘Nonostante tutto non ho mai avuto la tentazione di cambiare vita, sono trentanni che faccio il musicista, piuttosto devo ammettere che ho avuto periodi in cui ho sentito la necessità di reinventarmi. Sono orgoglioso di quello che la mia carriera e la mia vita mi ha riservato, mi sento bene nei miei panni e l’unico obiettivo è quello di essere il miglior John Corabi che ringrazia per ogni piccola cosa che la vita gli riservi.’

John, nel parlarti emani gioia dagli occhi prima che dalle parole, si sente che le cose che dici sono il frutto di esperienze di cui realmente hai fatto tesoro. Non penso che tu sia un saggio o un filosofo ma un musicista che non prende nulla per scontato, nel music business così come nella vita quotidiana e probabilmente il fatto di esserti trasferito a Nashville parecchi anni fa quanto ti ha aiutato innanzitutto come uomo?

‘La scena musicale a Nashville è frizzante e molto, molto interessante ma non mi sono trasferito per questo motivo. Io sono nato a Philadelphia trasferendomi poi in quel di Los Angeles dove la vita è caotica, a volte quasi impossibile da trascorrere serenamente, una persona in mezzo a tantissime altre persone, quasi in maniera irreale. Capitai un paio di volte a Nashville e fui colpito invece dal clima amichevole che le persone avevano, andavi in un pub a bere qualcosa guardando qualche evento sportivo e gente sconosciuta veniva a parlarti chiedendoti ‘come stai?’, un passo avanti notevole rispetto alla realtà alla quale ero abituato. Ho considerato il costo della vita che non ha paragoni rispetto ad L.A. così come mi ha impressionato il fatto di vivere le stagioni. A Los Angeles gli inverni sono molto miti e non distingui una stagione dall’altra, ci sono tantissimi posti negli Stati Uniti dove puoi vivere bene ma Nashville è particolare, mi ha ricordato fin da subito Philadelphia negli anni sessanta quando tra vicini ci si sosteneva uno con l’altro in maniera amichevole, adesso invece si tende a vivere per se stessi non vivendo più quel clima di comunità che ho riscontrato in Nashville. Pensa che la prima volta che sono arrivato tornai a casa con le buste della spesa, con il mio abbigliamento ed i tatuaggi non passo inosservato e vedevo da dietro le finestre la gente che mi scrutava e pensai ‘ho fatto il primo passo per essere odiato, non un buon modo per cominciare’. Andai in studio ed al mio ritorno alla sera trovai sul pianerottolo di casa una scatola….lo aprii ed invece di trovare righe di insulto i miei vicini di casa avevano appuntato il loro nome e numero di telefono avessi dovuto averne bisogno, come se non bastasse mi riempirono di biscotti e dolci in segno di benvenuto. Come facevo a non innamorarmi di un posto così dove sei considerato come persona? E questo non può non riflettersi nella musica che pensi, che componi.’

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