Blind Guardian – Oltre La Sfera Del Suono
Il 04/08/2017, di Marco Giono.
In occasione della pubblicazione del terzo live album intitolato ‘The Live Beyond the Spheres’ abbiamo avuuto il privilegio d’intervistare il chitarrista dei Blind Guardian, André Olbrich che si è dimostrato davvero disponibile a toccare i più disparati argomenti viaggiando indietro e avanti nel tempo. Ora vi lasciamo alle parole di André che ci racconta di un futuro ricco di sorprese verso il prossimo “capolavoro” dei Blind Guardian.
L’ultimo disco live è stato pubblicato dopo un lavoro ambizioso come ‘A Night at the Opera’ del 2002. Guardando ai quei giorni e alla prossima pubblicazione del nuovo album ‘The Live Beyond the Spheres’ potresti raccontarmi quali differenze o similitudini vi sono tra i due periodi?
André Olbrich: Rispetto ad allora abbiamo abbiamo aggiunto due nuovi musicisti, alla batteria Frederik Ehmke e al basso Barend Courbois. Si è trattato di trovare anche dal vivo le misure tra noi che non è una cosa immediata. Nel frattempo abbiamo pubblicato tre album. Tante cose sono cambiate rispetto al 2003. Così abbiamo ritenuto fosse il momento giusto per fare un live che raccontasse sia il nuovo gruppo che la nostra nuova musica.
Ho avuto la possibilità di ascoltare il nuovo album ‘The Live Beyond the Spheres’ e la cosa che mi ha colpito di più sono i suoni puliti, potenti, davvero un lavoro impressionante, vista anche la complessità della vostra musica. A cos’è dovuto questo miglioramento? A nuove tecnologie impiegate sul palco? Siete semplicemente migliorati ancora come band?
André Olbrich: Dal punto vista tecnologico ci siamo preparati ben prima del tour, già ai tempi di ‘Beyond the Red Mirror’, sapevamo che volevamo recuperare canzoni diverse diverse di ogni periodo. In questo senso ci siamo confrontati con il produttore e non volevamo che i brani suonassero poi su disco in modo diverso l’una dall’altro, a seconda del locale dove registravamo. Per riuscire a rendere i suoni omogenei, però abbiamo dovuto prepararci ogni sera prima del concerto. Una delle cose che ci ha aiutato è stato passare dai guitar amps al kemper profiling. Si tratta di un sistema di registrazione che consente di aggiustare la musica in modo da personalizzare e salvare l’audio, così da equalizzare i suoni allo stesso modo ogni sera. Usualmente si registra dagli amplificatori che però restituiscono ogni volta qualcosa di diverso e questo nuovo sistema ci ha permesso di saltare quel passaggio. Invece Hansi ha dovuto valutare tra più di venti microfoni per la voce in modo da eliminare il più possibile il rumore che è sempre comunque presente, a volte in maniera più o meno residuale, nelle registrazioni dal vivo. Poi abbiamo piazzato diversi microfoni sul palco in modo da poter distinguere il più possibile i diversi strumenti oltre che far sentire il pubblico in modo più vivo possibile, ma se ascolti attentamente troverai delle differenze in questo senso, ed è una cosa di cui dobbiamo farci una ragione. Alla fine penso abbiamo messo su album le canzoni migliori possibili. Io ed Hansi abbiamo dovuto ascoltare tra cinquanta concerti, non sai mai dove la magia si nasconde.
Per mettere chiarezza sulla tracklist di ‘The Live Beyond the Spheres’ e sul processo di selezione delle tracce, mi piacerebbe sapere come mai avete, ad esempio, escluso brani da ‘Somewhere far Beyond’?
André Olbrich: Avevamo un totale di quarantacinque canzoni, che coprono tutta la nostra discografia, tra cui scegliere, alcune sono venute fuori bene, altre meno. Però dovevamo iniziare, come i concerti, con ‘The Ninth Wave’ e così avevamo altre canzoni a cui non potevamo rinunciare e ne rimanevano quindi solo altre dieci tra cui scegliere liberamente. Si è trattato di sfortuna se non siamo riusciti a inserire canzoni da ‘Somewhere far Beyond’ nella track-list. Certo avremmo potuto fare quattro cd, ma sarebbe stato un lavoro prolisso, questa versione in triplo cd mi abbia raggiunto un buon equilibrio.
Come mai nell’era digitale non avete inserito un DVD o un Blu-Ray con immagini prese dai concerti?
André Olbrich: Avremmo dovuto registrare tutti gli show. Sarebbe stato sia troppo costoso che complicato da mettere in pratica con i nostri standard. Se facciamo delle riprese abbiamo bisogno di 50 telecamere per fare delle immagini ad alta definizioni per ogni concerto. Fare una cosa del genere sarebbe stato anche logisticamente molto difficile, se non impossibile. Così abbiamo pensato che la soluzione di un live solo audio restituisse la migliore qualità audio possibile. Poi in ogni caso in rete è possibile trovare anche riprese ufficiali di nostre esibizioni, alcune come al Hellfest e al festival di Loreley sono state trasmesse anche in streaming.
Ci sono canzoni che ti piace suonare in modo particolare tra quelle della scaletta del tour?
André Olbrich: Mi piace molto suonare ‘Tanelorn’ che è davvero difficile da eseguire. Si tratta infatti di un brano molte veloce, quando la suono bene, anche lo show viene bene e sono certo di essere nel mood giusto. E’ una sfida per me.
Mi pare che sia una sfida anche per Hansi…
André Olbrich: (Ride)…credo che lo screaming sia piuttosto alto. E’ un test anche per lui…
Un’altra canzone che invece mi piace particolarmente per il feeling è ‘And there was Silence’, mi piace molto suonare la chitarra su quel brano e come suona poi la partitura stessa.
La copertina di ‘The Live Beyond the Spheres’ è stata disegnata da un nuovo artista. Avete deciso di cambiare direzione rispetto a Felipe Machado?
André Olbrich: Volevamo provare a tornare a qualcosa che fosse dipinto a mano, perchè il disegno digitale è diventato una moda e in qualche modo inizia a stancare. Così abbiamo pensato di tornare alle origini, a qualcosa che recuperasse lo spirito più antico.
La copertina mi sembra riportare quell’ironia che nel digitale si perdeva un pò, per via di immagini troppo strutturate…
André Olbrich: Si. Concordo… A dire il vero. Non so cosa faremo per il futuro, ma l’idea è quello di tornare al disegno classico. Lo abbiamo provato qui perchè in fondo volevamo qualcosa che catturasse lo spirito di tutti gli album, attraverso la rappresentazione di un tema fantasy. Anche il booklet poi è davvero ben fatto con tanti disegni, foto dal backstage e dei concerti.
Il prossimo anno saranno passati trent’anni dalla pubblicazione di ‘Battalions of Fear’. Vent’anni da ‘Nightfall in Middle Earth’. Celebrerete in qualche in modo questi importanti anniversari?
André Olbrich: Si, stiamo ultimando l’orchestrale… Hansi è in studio e sta registrando le parti vocali. Abbiamo finito le partiture delle ultime due canzone. A giugno entreremo in studio a registrare. Diciamo che nel 2018 dovremmo riuscire a completare le registrazioni e la produzione del progetto orchestrale. Non so però se riusciremo a pubblicarlo per il 2018, difficile da dire perchè dipende da quanto si muoveranno fluidamente le cose…
State anche lavoro a nuovi brani per il successore di “Beyond the Red Mirror”?
André Olbrich: Abbiamo ultimato la scrittura di due canzoni per il prossimo album metal. Frederik registrerà la batteria nell’estate in modo da vedere come vanno le cose e decidere se ci sono delle cose da aggiungere o comunque da modificare…
Hai già un’idea della direzione stilistica di queste nuove canzoni?
André Olbrich: E’ davvero troppo presto per dire in quale direzione ci stiamo muovendo. Servono almeno quattro o cinque canzoni per definire lo stile dell’album, per vedere quali novità introdurremo e se riusciremo a stupire i fan. Non siamo ancora a quel punto, ma sta andando molto bene. Io ed Hansi siamo molto creativi al momento, più in generale lo stato di salute della band è davvero molto buono.
Tanto tempo fa… i Blind Guardian hanno scritto una traccia per il film de “Il Signore degli Anelli” che poi sarebbe stata scartata dalla produzione. Mi potresti raccontare come sono andate le cose?
André Olbrich: In realtà stavamo già scrivendo musica per il progetto orchestrale e quando abbiamo saputo che sarebbe uscito il film de ‘Il Signore degli Anelli’ abbiamo pensato che in fondo avevamo già le musiche perfette per quel film. Così abbiamo provato a contattare la produzione, ma non è cosa semplice. Ricordo poi di aver trovato il numero di telefono della segretaria del regista Peter Jackson e lei ci aveva detto di spedirle un brano che avrebbe potuto farlo sentire direttamente a Peter. Solo che Hansi in quel periodo era occupato con i Demons & Wizards e non siamo riusciti ad ultimare la demo, così non abbiamo potuto inviarlo. Solo alcuni mesi dopo avevano ormai completato le selezioni per la soundtrack. Comunque potrete trovare quelle stesse musiche nel progetto orchestrale…
L’orchestrale è quindi una sorta di colonna sonora con parti cantante?
André Olbrich: Si tratta di musica completamente orchestrale che prevede cori e delle parti cantante con Hansi. Contiene inoltre degli elementi progressivi che rimandano al suono tipico dei Blind Guardian, come una grande colonna sonora, solo con il nostro marchio di fabbrica. Come ti dicevo nel 1996 avevo iniziato a scriverlo con l’idea in mente le vicende dello scritto de ‘Il Signore degli Anelli’, ma oggi le cose sono cambiate e stiamo collaborando con Markus Heitz in una storia originale. Probabilmente è la cosa migliore che abbiamo mai fatto, sia Io che Hansi lo consideriamo il nostro capolavoro e spero davvero di farvelo sentire al più presto.
Potresti raccontarmi qualcosa del brano “Children of the Smith” per il videogioco “The Dwarves”?
André Olbrich: Si tratta di una collaborazione con Markus Heitz. Il racconto su cui si basa il videogioco “The Dwarves” è stato scritto proprio da Markus. Noi amiamo scrivere musica per i videogiochi. Abbiamo scritto il brano ‘Sacred’ di cui abbiamo poi fatto un video. I videogiochi sono parte importante della mia vita, così il fatto di scriverci su della musica è il perfetto mix tra le cose. E’ una cosa che mi piace molto.
Per chiudere mi piacerebbe sapere com’è cambiato il tuo modo di suonare la chitarra e se hai mai pensato di fare un album solista, magari strumentale?
André Olbrich: A dire il vero non ci ho mai pensato sul serio.. già nei Blind Guardian posso sperimentare, se faccio qualcosa di folle, posso inserirlo nell’album per cui non saprei davvero cosa fare di diverso da quello che suono nel gruppo. Lo stile dei Blind Guardian mi permette davvero di variare molto, senza limitazioni o cose tradizionali da dover a inserire a tutti i costi.
Rispetto ai primi anni le cose per me sono cambiate, nel senso che allora non pensavo troppo a suonare in modo accurato durante i concerti, prendevo in mano la chitarra e volevo divertirmi più che altro. Hai così tanta energia che non fai troppa attenzione a come suoni…Adesso provo a sentire il feeling a seconda del mood della canzone, per trovare il tono giusto e diventare sempre più distinguibile. Credo che abbiamo trovato il nostro suono e che nel mondo della musica, tu non senti nulla come i Blind Guardian in giro, siamo immediatamente distinguibili. Da parte mia spero ancora di migliorare ancora, magari anche con la band. Comunque siamo cresciuti molto negli ultimi anni come groove e dinamiche, senza però perdere in potenza. Adesso le canzoni hanno un suono anche dal vivo molto potente, ma allo stesso tempo ricco di sfumature.