Black Phantom- Track-by-track di ‘Better Beware!’

Il 16/05/2017, di .

Black Phantom- Track-by-track di ‘Better Beware!’ Studio Report

Il 26 maggio 2017 uscirà il primo disco dei Black Phantom, heavy metal band milanese formata dai tre quinti degli storici Mesmerize. Quello che Luca Belbruno, Andrea Garavaglia, e il mastermind Andrea Tito hanno fatto con questa nuova band è stato di dare una nuova voce e un nuovo monicker a una serie di brani composti in tempi più o meno recenti dal bassista Tito, brani che per un motivo e per l’altro non avevano mai visto la luce su un album dei Mesmerize. Forti di una minacciosa mascotte dichiaratamente ispirata la criminale Macchia Nera delle storie di Topolino e opportunamente incattivita; i tre artisti, accompagnati in questa avventura dal cantante e dal chitarrista degli Eruption, una altra band della zona, hanno quindi dato nuova vita a questi brani, creando da essi undici potenti esempi di metallo veloce e potente. Metal Hammer è quindi lieto di presentarvi questo track-by-track una decina di giorni dall’uscita dell’album, sperando di portare l’attenzione di voi lettori su un prodotto che di sicuro soddisferà molti tra i metallari più ortodossi e i defenders più incalliti.

‘Light Behind The Armor’
In maniera molto classica, l’opener è anche il brano scelto come terzo singolo e unico videoclip, quindi avremo tutti la possibilità di sentirlo prima dell’acquisto dell’album finito. Da un punto di vista funzionale, la scelta si rivela azzeccatissima: fresco e dinamico, questo brano rappresenta una perfetta opener. Con la luce creativa dei Maiden che illumina il loro pentagramma, i Black Phantom non si nascondono dietro a maschere a differenza della loro ‘mascotte’ e rivelano subito il proprio volto- Del sano, vibrante e forse un po’ nostalgico heavy classico è quanto ci viene posto davanti, e altrettanto dovremo aspettarci nei prossimi dieci brani. Più che un opener, una vera e propria dichiarazione di intenti.

‘Black Phantom’
Facendo caro il famoso motto latino ‘repetita iuvant’, i Black Phantom non mollano l’accelleratore e tirano anzi una seconda sgasata. Il fumo grigio dello scappamento si abbassa e dietro troviamo una band di motociclisti in pelle nera, intenti a suonare un po’ come i Judas Priest degli Anni ‘80. Il pezzo è ancora più veloce e di spinta, e costringe a seguire il ritmo con testa e piedi grazie a un drumming dinamico e soprattutto a un basso davvero urgente, che non può non ricordare lo stile del leggendario Harris. Con questo secondo brano cominciamo anche ad abituarci meglio alla voce acuta di Malini, che ci convince più che nella opener, grazie soprattutto alla solidità del ritornello. Anche questa canzone è stata scelta per essere presentata prima dell’uscita dell’album, accompagnata da un lyric video.

‘Up Is Down, Black Is White’
Non sembrano interessati a prendere prigionieri i Black Phantom. La velocità e l’aggressività non calano, e il risultato di questa scelta è un altro pezzo heavy e diretto, in cui il basso ha ancora una volta un ruolo fondamentale. Il potente suono del quattro corde di Andrea Tito supporta infatti praticamente da solo l’andamento ritmato delle strofe, senza però seppellire fortunatamente mai il grasso riffing che compare tra una linea vocale e l’altra. Ci è piaciuta molto la parte strumentale immediatamente successiva al secondo ritornello, vera testimonianza della solidità della coppia d’asce Belbruno/Manfrinato. Come col brano precedente, le quotazioni di Malini salgono ancora di una tacca: entrati nel mood dell’album, cominciamo a trovare la tonalità acuta del cantante davvero adeguata al sound della band.

‘Less Than Zero’
Primo pezzo ad essere presentato come singolo, in formato streaming su youtube, anche questo frizzante brano ci parla di una band dalle idee stilisticamente molto chiare. Il genere, manco a dirlo, è sempre heavy classico, ma in questo caso velocità e potenza vengono sostituite da un dinamismo maggiore, che dà un approccio quasi più ‘power’ all’intero brano. I ritmi aperti, il riffing snello e il coinvolgente ritornello risultano subito molto funzionali, e non servono altri ascolti per capire che il brano funziona e che farà sfracelli dal vivo. Un perfetto biglietto da visita quindi per questa nuova band, e un’altra scelta azzeccata dal punto di vista promozionale, aspetto cui i Black Phantom sembrano aver prestato una certa attenzione.

‘Firebase Volley Forge’
Anche se forse è proprio questo il brano del lotto che ci ha colpito di più, non possiamo esimerci da una scherzosa tirata d’orecchie al buon Tito… la somiglianza con gli Iron Maiden dell’ultimo corso qui è davvero (troppo) marcata. Per carità, non siamo certo qui a parlare di plagio, però è indubbio che l’influenza compositiva di Dickinson ha tracciato qui un solco parecchio fondo. Intro arpeggiata, chitarre armonizzate, sezione centrale epica e potente e una durata leggermente superiore alla media degli altri brani: l’impressione di trovarsi davanti un estratto di ‘A Matter Of Life And Death’ è forte. Ma questi sono i Black Phantom, non gli Iron, e quindi anche qui ci conquistano comunque usando gli ingredienti usati fino ad adesso: una sezione ritmica gran protagonista, una coppia di chitarre molto affiatata e un Malini che anche qui non perde un colpo, facendo anzi più ‘suo’ il brano rispetto alle prime tre canzoni.

‘From An Is To A Was’
Simile ad un bravo cuoco, il compositore principale Tito capisce che per mantenere alto l’appetito dopo il piatto principale occorre stuzzicare il palato (l’orecchio in questo caso) dell’ascoltatore con qualcosa di inaspettato. ‘From An Is To A Was’ è qui per questo: pur mantenendo l’accelleratore ben premuto e I volumi alti, il brano ci presenta delle interessanti note inattese. La voce filtrata di Malini infatti ci spiazza, in senso positivo, mentre l’approccio più virtuoso allo strumento di Tito stesso nella parte centrale ci strappa un sincero applauso. Forse il brano che più richiama i vecchi Mesmerize, gode secondo noi di una posizione azzeccata in scaletta: dopo il precedente – maideniano – pezzo, una ventata di novità era quello di cui abbisognavamo.

‘The Absence’
Sfruttando l’abbrivio guadagnato in virtù della spietata spinta delle prime quattro canzoni, i Black Phantom si permettono di inanellare un secondo pezzo meno ‘canonico’, in cui trovano spazio sfumature diverse e un sound leggermente più oscuro, con alcune parte arpeggiate ad alternarsi ad altre più spinte. La matrice della vecchia band di Tito, Belbruno e Garavaglia è presente anche qui, e ci sembra infatti di scorgere qualcosa dellìultimo ‘Paintropy’ tra queste note, se non fosse che il brano, su ammissione stessa dell’autore, è in realtà molto più vecchio.

‘Ninth Ring Of Hell’
La vena meno ortodossa dei Black Phantom non si esaurisce ma anzi raggiunge il proprio apice con ‘Ninth Ring Of Hell’, il brano forse più complesso (ma anche meno fruibile) dell’intero lavoro. Le parti vocali risultano qui più sbilenche, lontane dalla diretta semplicità di ‘Black Phantom’ o ‘Less Than Zero’, e anche il riffing, finora veloce ma snello, si articola troppo, finendo per autosoffocarsi un po’. Probabilmente il brano, sentito più volte e ascoltato con attenzione, è destinato a crescere con gli ascolti, ma di primo acchito dobbiamo ammettere che rimane un po’ spiazzante. E’ brutto da dirsi, ma l’abbiamo trovato quasi… rumoroso. Come già detto, gli vogliamo comunque dare ulteriori chance, non appena avremo il disco nelle nostre mani.

‘The Invisible Man’
Il ritorno alle nostre care sonorità maideniane ci è più che gradito. I ritmi ridiventano decisamente veloci, il riffing si snellisce e le ritmiche guadagnano in dinamismo e groove: questi sono i Black Phantom da manetta del gas aperta, quelli che corrono godendosi l’aria in faccia. Oltre alla fruibilità del brano e alla solita, buona, prestazione di Malini abbiamo apprezzato molto la parte strumentale posta al centro del brano, davvero molto valida e riportante i bravi Mafrinato e Belbruno meritatamente sugli scudi.

‘King Of Bottom Feeders’
Un po’ gemello del brano precedente, ‘King Of Bottom Feeders’ allontana un attimo lo sguardo dal pentagramma di Maiden e Judas, pur mantenendone le caratteristiche principali. Come in ‘The Invisible Man’ ci troviamo davanti a un brano dinamico e snello, dal riffing serrato, un buon basso in costante cavalcata e una prestazione vocale sicura e autorevole.

‘Total Eclipse’
Mmmh anche questo brano ci ricorda I Maiden… vabbeh, bando alle facili ironie: ovviamente si tratta di una cover del famoso brano della band di Harris composto nel ’82, e presentato come B.Side dello storico, inimitabile, ‘The Number Of The Beast’. Se dal punto di vista dell’interpretazione, impeccabile, non troviamo molto da dire, ci piace di segnalare comunque come le sonorità di questo brano si sposino con quanto ascoltato in questa ora scarsa di musica: davvero non conoscendo il brano originale (è possibile una simile cosa?) si potrebbe a ragione pensare a un brano della band. Ed è di sicuro un complimento!

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