As Lions – Quando Essere Figlio D’Arte È Un Dettaglio
Il 31/03/2017, di Andrea Schwarz.
Il modern rock da oggi può annoverare una nuova band, i britannici As Lions nelle cui fila milita Austin Dickinson, figlio del Bruce più famoso del metal. E ad ascoltare il loro primo album intitolato ‘Selfish Age’ le similitudini stilistiche tra padre e figlio sono praticamente assenti, fattore assolutamente positivo che rende As Lions tra le migliori sorprese che il modern rock potesse trovare tra le proprie fila per iniziare in maniera scoppiettante questo primo scorcio del 2017.
E’ indubbio che essere nei As Lions non sia facile, l’attenzione del pubblico e dei media ricade indubbiamente sulle tue ‘nobili’ origini rischiando di rovinare quanto di buono pubblicato come band. Come riesci personalmente e come band a gestire questa pressione? Non deve essere semplice:
Ad essere onesti era qualcosa per il quale ero preparato fin dall’inizio, semplicemente lo ignoro così come lo fanno tutti gli altri all’interno della band. A volte su questa cosa ci scherziamo su anche noi, ci chiediamo ‘chi è il figlio di?’ e punto il dito su Will (Homer, chitarra) così fa le interviste! I media fanno a gara a dire ‘il figlio di Bruce Dickinson’ ma più noi ci prestiamo caso, più il tutto diventa maggiormente relativo. Ognuno deve imparare a fare da solo e questo ne è un esempio lampante.
Hai ragione ma rimane una difficoltà oggettiva quella di farsi accettare come band autonoma con un proprio cammino indipendente. Come è nato il vostro percorso musicale?
Abbiamo cominciato nel 2014…o forse era il 2015, Will (Homer, chitarra), Conor (O’Keefe, chitarra) ed io eravamo precedentemente in una band chiamata Rise To Remain che purtroppo si sciolse, è stato in quel momento che abbiamo realizzato che volevamo continuare a suonare insieme formando una nuova band. La musica è assolutamente il nostro vivere, non avevamo altra scelta! Cominciammo così a scrivere delle nuove canzoni sviluppandole fino a quando non fossimo stati totalmente soddisfatti….abbiamo ‘assoldato’ un bassista ed un batterista…e via a suonare!
Sia il vostro primo ep che l’album ‘Selfish Age’ sono stati prodotti da e con David Bendeth / Kane Churko, un team che certamente vi avrà aiutati a plasmare il vostro sound. Quanto è stato fondamentale il loro apporto nel plasmare il vostro sound?
David l’ho conosciuto per caso, mi ha scritto un giorno su Twitter e dopo un pò ci siamo ritrovati nel suo studio in New Jersey. E’ stato incredibile lavorare laggiù, il suo studio sembrava fosse diventato il nostro camping…seriamente devo ammettere che ci ha insegnato come comporre e suonare musica con il cuore. Con Kane invece siamo quasi coetanei ed è l’opposto di David, una persona molto entusiasta che vive e respire musica. Con lui abbiamo sperimentato parecchio, divertendoci altrettanto, penso che si possa notare su disco. Il tratto che li accomuna è che sono un gruppo di ragazzi che amano la musica, è stato bello lavorare con loro. Sperimentare con Kane è stato entusiasmante perché ci ha aiutato a capire fino a dove potevamo arrivare. Anche se in alcuni frangenti le soluzioni che avevamo provato non ci sono sembrate adatte, ci ha aiutato a rifinire il nostro modo di essere musicisti.
Austin, la cosa che trovo molto strana è la scelta di pubblicare un ep di quattro pezzi (‘Aftermath’) riprese poi pedestramente nel full lenght album, solitamente un ep contiene materiale aggiuntivo o inedito. Come mai?
Il motivo che ci ha guidato in questa scelta era che volevamo dare al pubblico qualcosa da ascoltare mentre stavamo ancora ‘costruendo’ l’album nella sua interezza. Un impianto di 11 canzoni necessita di un lavoro non da poco, così invece di fare tonnellate di singoli, abbiamo scelto tre mesi nei quali queste quattro canzoni avessero potuto per così dire circolare dando un’indicazione di quello che eravamo in grado di fare. Penso che la gente però abbia apprezzato, molto ci rimane ancora da fare.
La band sta cominciando a riscuotere un buon successo, soprattutto negli USA grazie anche al tour di supporto a Sixx A.M. e Shinedown. È stato più difficile lavorare a questo album come una band sconosciuta oppure lo sarà in occasione del prossimo?
Lavorare a questo disco come una band sconosciuta è stata una delle cose migliori che avessimo potuto fare, la ragione è semplice: non avevamo niente da provare e soprattutto niente da perdere. Potevamo fare realmente tutto ciò che ci passava per la mente, questa è stata parte integrante del divertimento nel realizzare ‘Selfish Age’ nonché parte del suo segreto.