Amon Amarth – La Calata Dei Vichinghi
Il 18/12/2016, di Andrea Schwarz.
A distanza di qualche mese dall’uscita dell’ultimo full lenght album ‘Jomsviking’ abbiamo avuto la piacevole occasione di fare due chiacchiere con la band andando un pò a scavare cosa si cela dietro la loro rudezza, fierezza nordica scoprendo alcuni lati ancora forse un pò tenuti nascosti ai più…
Devo ammettere che preparare questa intervista non è stata una cosa semplice, a volte succede che un’intervista possa far venire fuori un pò di insicurezza nel tentativo soprattutto di trovare qualcosa di interessante da chiedere ad una band i cui membri non sono certo noti per la loro loquacità. Da qui l’incertezza: come riuscire in maniera intelligente a riempire il tempo che mi sarà concesso? Arrivo in tempo utile, prima della data milanese, affinché il nostro contatto ci porti nella ‘pancia’ dell’Alcatrazz dove i nostri mi aspettano senza ancora sapere chi sarà il ‘fortunato’. Non so se abbiano estratto a sorte oppure no ma il destino mi ha riservato una sorpresa: ad interloquire con il sottoscritto non è stato né Johan Hegg nè l’altro Johan della band, Söderberg bensì Ted Lundström che negli Amon Amarth per chi non fosse un loro fan è il bassista. Questo strumento assai importante nell’economia di qualsiasi band ma troppo spesso sottovalutato, al contrario Lundström mi ha accolto in maniera molto amichevole e con un fare che di nordico ha poco a che fare. E questo aspetto mi ha piacevolmente sorpreso. Ed ecco che così ha avuto inizio la nostra chiacchierata all’insegna di una certezza, il nome Amon Amarth è ormai diventato un assioma che racchiude un’altra parola: Vichighi. Dopo tantissimi anni dedicati a raccontare e sviluppare storie dedicate ad Odino ed ai suoi discendenti non ci si può più esimere nel fare questa assonanza tra i racconti e le leggende che da secoli permeano la tradizione vichinga e la band scandinava, probabilmente ad oggi interprete massimo di tali istanze. E di sicuro la loro cultura, provenendo dalla Svezia, avrà avuto un ruolo a dir poco fondamentale in questa scelta, fossero stati italiani avrebbero potuto attingere a piene mani dalla imponente letteratura dantesca e/o boccaccesca solo per citare alcuni autori che maggiormente hanno influenzato la nostra, di cultura: “E’ avvenuto tutto in maniera estremamente naturale, tutti noi ci siamo sempre appassionati nel leggere volumi che parlassero di storia e certamente quelle che riguardano la tradizione vichinga hanno svolto fin da subito un enorme fascino sul nostro essere. Arrivare da un Paese come la Svezia ha favorito questa nostra propensione, all’inizio della carriera eravamo alla ricerca di un qualcosa che potesse distinguerci dalla massa e dalle miriadi di gruppi che come noi cercavamo di ritagliarsi uno spazio nell’affollatissimo panorama musicale di allora. Diciamo che Johan (Hegg, nda) ha avuto un ruolo non di poco conto in questa scelta, lui in maniera maggiore rispetto a tutti noi è un vorace lettore di libri e quindi ha avuto a disposizione più strumenti tra i quali scegliere l’argomento che potesse caratterizzare gli Amon Amarth.” Pur correndo un rischio grossissimo. Si fa un gran parlare nei forum in rete così come si è soliti fare tra gli addetti ai lavori catalogando tutto il magma sonoro che quotidianamente ‘invade’ i nostri padiglioni auricolari; in questo caso è stato, impropriamente o no, coniato il termine ‘viking-metal’ e di questo per gli Amon Amarth è una definizione che sta loro troppo stretta: “la gente ama mettere delle etichette su qualsiasi cosa, è un modo come un altro per poter descrivere una determinata cosa, sia essa un libro o musica come nel nostro caso. Non biasimo nessuno che lo fa, dal canto nostro non facciamo caso più di tanto a queste cose….perchè non definirci semplicemente melodic death metal? Come vedi è una questione di punti di vista, rispettabili anche se a volte non condivisibili. Non possiamo negare che le nostre copertine, i backdrop dal vivo come il nostro merchandise dimostrino anche a livello di immagine quella che è la nostra maggiore caratterizzazione testuale e visiva.” Su questo aspetto hanno giocato moltissimo tanto è vero che fuori dal locale dove ci troviamo per la nostra chiacchierata ci sono tantissimi fans in attesa di vederli suonare la sera agghindati con corni, cappelli o elmetti con le corna e tutto ciò che possa in qualche modo ricollegarsi con queste tematiche. A differenza del passato, a livello musicale gli Amon Amarth hanno fatto un notevole passo in avanti se pensiamo alla produzione di ‘Jomsviking’ sia in fatto di sonorità che a livello compositivo mantenendo degli standard qualitativi di assoluto prim’ordine. E facendo venir fuori, oggi più che mai, le loro influenze classiche di bands quali Iron Maiden, ad esempio: “La band è insieme ormai da vent’anni, all’inizio della nostra carriera e per molti anni a seguire abbiamo focalizzato la nostra attenzione nel suonare il più heavy possibile, suonavamo death metal e quindi non avevamo altra scelta (risate, nda). Poi con il passare del tempo prendi coscienza maggiormente di tante cose, umanamente e musicalmente ed effettivamente abbiamo un po per così dire ‘tirato fuori’ quelle che erano le nostre influenze, gli Iron Maiden sono senza ombra di dubbio tra le maggiori concentrandoci anche su altri fattori quali la melodia o atmosfere più ‘soft’, ma non nel senso letterale del termine (ride, nda).” Allo stesso tempo una rinnovata maturità passa anche attraverso un’attenzione maggiore ai piccoli dettagli come ad esempio una maggior cura delle parti corali, cosa che avviene soprattutto nel brano ‘Raise Your Horns’: “Non che in passato non lo avessimo mai fatto ma questa volta abbiamo curato maggiormente i dettagli, è stato interessante lavorare con un approccio diverso ai cori e ‘Raise Your Horns’ è l’esempio lampante. Per la natura del brano, quasi un inno, risultava assolutamente fondamentale amplificare questo aspetto, è un brano dalla struttura volutamente molto semplice affinché potesse essere cantata ed interpretata dal pubblico durante i nostri live shows. Anche i Maiden hanno un brano come ‘Heaven Can Wait’ al cui interno troviamo una parte corale che dal vivo tutti cantano…e noi abbiamo la nostra! La musica è un mezzo importante per poter esprimere idee e per trasmettere messaggi ma altre volte ci si prende troppo sul serio, la musica dovrebbe anche per così dire intrattenere il pubblico, farlo distrarre dai propri problemi quotidiani. E questo brano speriamo li possa aiutare, ehe ehe!” Gli Amon Amarth stanno toccando con mano una notevole impennata di interesse nei loro confronti, segno di quanto la loro evoluzione e le scelte che hanno fatto in carriera stiano alla lunga pagando. Ma forse anche loro stessi non si aspettavano cotanta ‘grazia’…: “Durante gli ultimi albums non abbiamo lesinato alcuno sforzo, ci siamo impegnati tantissimo per poter far crescere la nostra fan-base attraverso le migliori produzioni possibili e suonando in ogni dove. Quando è stato il momento di entrare in studio per ‘Jomsviking’ non posso negare che nutrissimo moltissime aspettative, anche se non potevamo aspettarci un calore ed un’attenzione così elevata da parte del pubblico e dei media. Il frutto più tangibile di quello che ti sto dicendo lo puoi riscontrare nel fatto che questo per noi è il primo headlining tour, la gente è letteralmente impazzita, ci sta seguendo alla grande e dopo parecchi mesi dalla sua uscita la gente ormai canta i brani nuovi come se fossero parte del nostro repertorio da sempre.” Effettivamente fa un po specie vedere il loro nome come headliner ed avere una band storica e fondamentale per il thrash metal come i Testament a fare loro da supporto. Ma anche questo è il segno dei tempi, della loro popolarità della quale stanno godendo: “Se mi avessero detto dieci anni fa che questo sarebbe successo non avrei mai creduto ad una tale pazzia, mi sarei aspettato il contrario! I Testament sono una band con la quale anche io come tanti siamo cresciuti, siamo contentissimi ma, soprattutto, onoratissimi di averli con noi e dividere il palco. Avranno come meritano tutto il loro spazio, dal canto nostro posso dirti che noi faremo uno show di un’ora e mezza nella quale ripercorreremo la nostra carriera fino ad oggi, abbiamo un palco ed una scenografia importanti perché vogliamo onorare e ringraziare chi ha permesso tutto questo: i fans.” Ok, tutto vero. Ma c’è una cosa che stupisce, qualcosa che lo si vede negli occhi e negli atteggiamenti del pubblico che li aspetta ansiosi fuori dal locale: ma tutta sta storia dei vichinghi, può essere considerata solamente come una metafora oppure alla base potrebbe esserci una sorta di filosofia o, addirittura, di religione che permea tutto questo? “Il nostro esporre determinate tematiche indissolubilmente legate ai vichinghi non deve essere confuso con una sorta di religione ed affini piuttosto come una trasposizione metaforica della realtà in cui viviamo, è più una filosofia. Ci piace raccontare le loro storie come se fossero quelle di oggi, i loro valori, le loro tradizioni. Non è semplice trattare certe tematiche, quasi fa paura pensare che possa essere considerata alla stregua della filosofia, cerchiamo di prendere la cosa in maniera più leggera e semplice ehe ehe!” Giocando con questi temi sarebbe interessante capire da Ted Lundström non tanto quale personaggio possa descrivere gli Amon Amarth oggi quanto quale personaggio della tradizione mitologica nordica possano rappresentare: “Non so cosa direbbero gli altri ragazzi della band, magari Odino o Loki…io personalmente propenderei a scegliere Thor. Abbiamo nella nostra musica raccontato di tante battaglie e chi meglio di lui, questo grande guerriero, può rappresentare questo immaginario? Lui ed il suo inseparabile martello. E diciamocelo, è anche vero che quando ti trovi di fronte a tematiche di questo tipo Thor è probabilmente il personaggio al quale la mente di tutti noi pensa, senza se e senza ma. Poi, in seconda battuta ti direi Odino, più che altro per la sua astuzia ed intelligenza. Dipende anche da che punto di vista si voglia vedere la band, mi piacerebbe che il pubblico possa vedere in noi un connubio di forza ed intelligenza, un mix perfetto tra questi due affascinanti miti della letteratura nordica.” La semplicità con cui Ted Lundström parla è disarmante, tradisce il loro aspetto rude e per certi versi spigoloso che nelle foto viene messo in risalto a favore di un’assoluta affabilità e disposizione al dialogo ed all’ascolto. L’immaginario del quale sono portatori trova terreno fertile in tour, quando il contatto con il loro pubblico è diretto, senza intermediazione alcuna. E chissà di quanti curiosi episodi il nostro Lundström è stato protagonista durante tanti anni on the road: “Sono tantissimi anni che suoniamo dal vivo ed è estremamente difficile poter estrapolare un episodio particolare piuttosto che un altro, non riuscirei a scegliere neanche quello più curioso. Essere in tour è un’avventura stancante ma al tempo stesso affascinante, piena di sorprese e di cose inaspettate. Forse potrei sintetizzare dicendoti che ogni qual volta ci troviamo in un posto, in qualsiasi Paese esso sia per la prima volta, ecco…quella è un’esperienza che mi piace ricordare più delle altre.” La passione e l’amore del proprio pubblico quindi si esplicita nella maniera più completa proprio on the road, amore per una band che può anche trovare degli eccessivi estremismi tra coloro che amano tutto ciò che la loro band preferita propone e chi invece, i cosiddetti die-hard fans, critica il processo di ‘crescita’ sperando di poter risentire sempre le sonorità degli esordi che a loro dire sono quelle più genuine, vere: “Su internet nei forum a noi dedicati si fa sempre un gran parlare di queste cose, spesso notiamo anche noi una spaccatura tra il nostro pubblico. Ma tutto ciò è alquanto inevitabile, nella vita delle persone le cose cambiano con il passare del tempo, ci si evolve, si matura a livello umano e cose alle quali oggi dai importanza domani possono non averla più. Ed il musicista in primis è una persona ed è soggetto a questi cambiamenti, lo si voglia o no ma è così. Certo, c’è modo e modo di evolvere il proprio stile ma questo fa parte della propria storia personale, da questo aspetto non possiamo prescindere. Ogni volta nella quale lavoriamo ad un disco nuovo, quello ci sembra essere il miglior manifesto e fotografia di quello che la band rappresenta in quel preciso momento, quello che verrà dopo nell’album successivo non è un qualcosa che possiamo sapere a tavolino e pianificare. Il nostro pubblico semplicemente esprime una propria opinione, non possiamo pretendere di piacere a tutti e teniamo in considerazione con massimo rispetto le opinioni di tutti. Alla base del rapporto gruppo / band ci deve sempre essere rispetto, dobbiamo sempre tenere conto del fatto che dobbiamo in un modo o nell’altro andare incontro alle aspettative del nostro pubblico che vogliamo deliziare e non deludere, ci mancherebbe! Al tempo stesso però è necessario essere onesti con se stessi, cercare di proporre musica che possa piacere anche a noi: quando sei in tour per un paio di mesi suoni la stessa scaletta tutte le sere e non ti puoi permettere di suonare brani che non possano piacerti, annoieresti te stesso e certamente anche il pubblico. Bisogna trovare il giusto connubio tra entrambe le istanze, noi ce la mettiamo sempre tutta e speriamo di esserci riusciti fino ad oggi.”