Kamelot – Evoluzione Continua
Il 27/11/2016, di Andrea Schwarz.
In occasione dell’unica data italiana della terza parte del tour di supporto ad Haven non ci siamo lasciati scappare l’occasione di intervistare per voi Thomas Youngblood facendo un pò il punto della situazione sul passato e futuro della band.
Trovarsi di fronte un personaggio come Thomas Youngblood non è come bere un bicchier d’acqua, ebbi modo tanti anni fa di incontrarlo come semplice fan ma mi aveva fatto una strana impressione, una persona di ghiaccio e con un pò di puzza sotto il naso. Insomma, non c’erano le migliori premesse per l’intervista di cui trovate sotto un estratto. Ed invece, non appena il tour manager me lo presenta nei camerini del Phenomenon il clima è totalmente rilassato ed anche Thomas Youngblood si prodiga a mettere a proprio agio il sottoscritto quasi come se il “gioco delle parti” fosse al contrario. Il nostro dialogo comincia in maniera assolutamente naturale, come se ci si conoscesse da tanto tempo, iniziando proprio da Haven e dalla curiosità di capire se ancora oggi la band consideri questo disco come il migliore della propria carriera, cosa che accade non di rado quando un gruppo parla dell’ultima produzione: “Haven è stato per noi un album incredibile, ci ha dato l’opportunità di aprire molte porte che prima ci erano precluse, in primis siamo riusciti ad affacciarci su mercati nei quali non eravamo riusciti minimamente ad entrare. Tra la gestazione e la sua realizzazione sono passati più di due anni, un anno e mezzo da quando è stato pubblicato ed in tutto questo tempo non hai idea di tutti i posti in cui siamo riusciti a suonare anche se ancora oggi ci meravigliamo delle tantissime cose successe nell’ultimo anno, sembra sia passato molto più tempo. Non so e non vorrei dirti che sia il miglior disco che abbiamo mai fatto, sarebbe troppo scontato ma mi piace sottolineare come per la prima volta siamo riusciti ad arrivare primi nella classifica di Billboard nella categoria dischi hard rock. Se la guardiamo da questa prospettiva è uno dei nostri dischi migliori, è una base importantissima dalla quale dovremo ripartire per pensare al disco prossimo.” I Kamelot fin dai propri esordi hanno compiuto un’evoluzione costante fatta di piccole / grandi tappe, il brano “Night Of Arabia” da “The Fourth Legacy” grazie all’utilizzo delle parti orchestrali è certamente tra questi: “ognuno di noi ha i propri gusti e se chiedi a persone diverse riceverai comunque svariate risposte, c’è chi pensa che questi cambiamenti siano avvenuti in The Fourth Legacy oppure in The Black Halo. Personalmente credo che “Silverthorn” sia stato un album per noi assolutamente fondamentale, “Haven” ha proseguito sulla sua falsariga con l’aggiunta di qualche elemento più moderno ed attuale che ci ha aiutato anche ad ampliare in maniera significativa demograficamente la fan base, è stato apprezzato anche dal pubblico femminile che negli ultimi anni è aumentato considerevolmente. Abbiamo come obiettivo quello di aggiungere sempre nuovi elementi al nostro sound, fatto che lo rende maggiormente appetibile nei confronti di nuove fette di pubblico.” Ancora una volta nella fase di produzione di “Haven” Sascha Paeth ha avuto un ruolo fondamentale senza cercare di omologare la produzione ed i suoni alle tantissime uscite discografiche ma mantenendo altresì un’impronta quanto più personale possibile: “Sascha è ormai il sesto membro aggiunto della band, è un musicista prima di tutto che riesce ad incidere anche nella fase di arrangiamento dei pezzi. Ti farei ascoltare qualche demo version dei nostri brani per farti capire quanto il suo apporto sia stato fondamentale donandoci quell’ingrediente in più che rende la nostra ricetta sonora così interessante. Ci confrontiamo tanto su queste cose, non è detto che accettiamo tutte le sue proposte ma teniamo in altissima considerazione quelli che sono i suoi suggerimenti, ha una grande capacità nel lavorare con noi così come con altre bands riuscendo a donare ad ognuno un suono diverso.” Chicchessia il produttore non è mai facile approcciare ad un nuovo album, trovare nuovi stimoli tanto più che ci troviamo di fronte a musicisti professionisti che alla fine rischiano di entrare in quel circolo vizioso da far sembrare questa arte come qualsiasi altro mestiere di questo mondo: “Siamo tutti consapevoli del fatto che non si debba ripetere all’infinito una formula mantenendo però al tempo stesso una propria identità, è una questione interna alla band avendo il proposito che ogni disco debba suonare diversamente rispetto al precedente, ognuno con il proprio stile che lo renda immediatamente riconoscibile. Ci sono tanti gruppi che dormono sugli allori, una volta trovata la soluzione giusta tendono a riproporla in maniera sistematica ma non vale per i Kamelot. Non puoi suonare sempre le stesse cose per sentirti a proprio agio e sicuro di quello che stai facendo, la sfida invece è proprio quella di reinventarti album dopo album in una sorta di sfida con se stessi.” Ed è proprio in questo percorso di crescita che ogni musicista trova terreno fertile per poter capire in che direzione potersi evolvere nell’esplorazione di nuovi territori mantenendo così fresca ed appetibile la propria musica: “Devi avere un orecchio sempre ben allenato a captare tutto ciò che ti circonda, ad esempio ho un cellulare sul quale mi annoto tutto ciò che ascolto e che possa essere ritenuto interessante in funzione del processo di crescita dei Kamelot. Ti faccio un esempio: pochi giorni fa siamo stati a Sofia e ci siamo imbattuti in un artista locale che suonava alcuni brani tipici della tradizione bulgara, ebbene io mi sono appuntato il brano per potermelo ascoltare con calma. Al di là dell’aspetto per certi versi folkloristico c’erano delle idee melodiche che hanno stuzzicato la mia curiosità e non ho resistito a prendere appunti, è un modo per crescere amalgamando tutti questi differenti input in un’unico sound.” Tutto questo nel mondo Kamelot ha un unico comune denominatore, il pubblico e la grande coesione che la band stessa ha con la sua fanbase, quasi come se i risultati di tanto lavoro siano arrivati anche grazie a loro: “I nostri fans vedono in noi un gruppo coeso, ci vogliono vedere uniti e non possiamo far altro che ringraziarli. A loro noi dobbiamo tutto e speriamo di poterli ringraziare come meritano grazie ai dischi ed ai live shows che suoniamo. Non è un ragionamento scontato, ci crediamo fermamente.” In una carriera ormai ultra decennale i Kamelot si sono già confrontati con concept album quali “The Black Halo”, “Epica” e “Silverthorn”, quasi come lavorare ad un album per così dire “regolare” sia di più difficile approccio “Lavorare ad un concept non è certo cosa facile perché quello che componi dovrà rimanere fedele alla storia, sai che le musiche alle quali lavori dovranno seguire una direzione ben precisa. Quindi ci sono aspetti negativi e positivi insieme, personalmente sento meno pressione in quelle situazioni rispetto a quando si debba preparare un album con dieci canzoni, ognuna di esse con una storia diversa ed un differente approccio che è singolo e non facente parte di un puzzle più grande. Questa sera stavo parlando con Tommy (Karevik) proprio di un’idea che abbiamo in cantiere sul prossimo concept, non so ancora dirti se verrà sviluppata nel prossimo album ma sarà sicuramente qualcosa di molto bello, credimi!” L’evoluzione e la crescita della band passa anche attraverso episodi che in qualche modo fanno crescere l’autostima come musicista e compositore, prova ne è la scelta della squadra di nuoto sincronizzato del Giappone di utilizzare due loro brani “The Spell” tratta da Karma and “Ghost Opera” come colonna sonora della loro prova agli ultimi Giochi Olimpici di Rio: “È stato qualcosa di assolutamente surreale che nessuno di noi si sarebbe mai aspettato! Eravamo a conoscenza che questo team avrebbe utilizzato quei brani per i campionati del mondo di specialità ma non sapevamo delle Olimpiadi. Ma ci pensi? Quando si stavano esibendo siamo stati subissati da messaggi dei fans che ci segnalavano un episodio del quale siamo orgogliosi, un motivo in più per credere in quello che abbiamo fatto fino ad oggi ed un motivo per guardare in positivo al futuro del gruppo. Oltre a questo mi fa pensare che l’obiettivo non sia quello di scrivere musica di questo o quel genere specifico, l’intento è quello di scrivere Musica per poter raggiungere più persone possibili e ad oggi credo che in parte ci siamo riusciti senza snaturarci, sempre fedeli a noi stessi. Questo ci fa capire ancora una volta che la buona musica è senza confini, non importa quale etichetta le venga messa sopra. In questo i Queen sono sempre stati un’inesauribile fonte di ispirazione, nella loro produzione trovi brani rock, disco, ballads…musica, cos’altro?” La parte live è assolutamente fondamentale, palestra di ogni musicista e banco di prova per il pubblico, in questo caso l’affiatamento tra i singoli membri è basilare. Stupisce come anche Tommy Karevik sia nella band da molto meno tempo rispetto a quanto si noti on stage: “Quando anni fa fummo costretti a cancellare il tour chiamando Fabio Lione in sostituzione di Roy Khan, portammo con noi anche Tommy per alcuni backing vocals e non avevo idea del ruolo che poi avrebbe ricoperto. Finito il tour lavorammo ad alcuni demo, era il momento della pre-produzione di Silverthorn ed il suo stile ci impressionò fin dalle prime battute. Non aveva mai fatto un tour vero e proprio, dopo aver apprezzato le sue doti in studio ci domandavamo come potesse essere su un palco con lui. Il suo esordio fu al Monsters Of Rock in Repubblica Ceca davanti a 30.000 persone. Certo tutti eravamo un pò nervosi e tesi all’idea ma Tommy si comportò egregiamente conquistando noi ed il pubblico.” Non è mai facile riuscire ad essere bilanciato tra la strana vita on the road ed in studio con la propria vita di tutti tutti giorni. Spesso ci dimentica che si è persone prima di essere musicisti “Fortunatamente ho trovato un buon equilibrio tra l’essere marito, padre e musicista, devo dire che riesco a separare nettamente i due aspetti. Come tutti i papà del mondo passo del tempo prezioso con i miei figli, vado a prenderli a scuola, facciamo i compiti insieme e tutte le cose che fanno i padri con i figli. È un po come essere dott.Jekill e Mr Hyde, sempre cercando un equilibrio tra queste due figure. A volte ci sono persone che eccedono nel vivere troppo la parte del musicista dimenticandosi tutto il resto, per me invece è importante che ci sia un bilanciamento tra queste due anime che sono complementari.” Il coniugare questi due aspetti fondamentali porta però sempre una grande attenzione nel trovare nuovi stimoli per far risplendere al massimo il nome Kamelot nell’Olimpo delle maggiori espressioni metal odierne, pensando non solo a quanto di buono siano stati in grado di produrre ma, soprattutto, con lo sguardo puntato al futuro in attesa di nuove sfide: “Haven ormai è uscito lo scorso anno e quindi è ora di lavorare al prossimo album che prevediamo possa uscire nel 2018, ci stiamo già lavorando con alcune idee provando a sviluppare le caratteristiche principali di Haven. E’ un grande obiettivo, sarà un lungo cammino ma arriveremo alla fine con grande impegno da parte di tutti per non deludere nessuno. Abbiamo una label alle spalle che crede fermamente in noi, sentiamo che il loro supporto è costante, questo è molto importante e sono molto eccitati nell’attesa del prossimo disco. Per quanto riguarda i live è nostra ferma intenzione portare on stage la nostra produzione al completo in ogni posto in cui suoniamo senza limitazioni in modo tale che il nostro pubblico possa godere del nostro spettacolo sempre, senza preoccuparci di quanto sarà grande il locale o il palco. I nostri fans meritano rispetto e questo è un nostro tributo a loro che hanno contribuito a far diventare quello che sono oggi i Kamelot.”