The Agonist – Nuova vita
Il 06/11/2016, di Max Novelli.
I The Agonist tornano con un nuovo album, il secondo dopo l’addio della cantante Alissa White Gluz, entrata negli Arch Enemy per sostituire Angela Gossow . A differenza di come accade a molti gruppi, la band canadese non ha avuto alcun problema nel andare avanti, proseguendo senza impacci un discorso che si rivela ancora più efficace rispetto al passato, complice l’azzeccato innesto ormai cementato di Vicky Psarakis. “Five” è dunque il miglior album della band canadese finora?
Non si sa mai come va a finire quando perdi un cantante dalla voce e dal carisma che ha aiutato a definire il sound della tua band. A volte si tende ad procedere per inerzia, innestando vecchi schemi alle composizioni che mal si adattano al sostituto che si è scelto, altre sono i fan a non accettare con facilità la defezione ed il rimpiazzo. I The Agonist non solo hanno evitato di fare questo tipo di errori, ma hanno anche realizzato un album fresco e potente: i fan non hanno davvero di che lamentarsi e possono godersi un gruppo in stato di grazia. A tal proposito Danny Marino (il chitarrista e fondatore del gruppo) non ha dubbi che sia così: “Sono contento per diversi motivi. Ora siamo una band e lavoriamo insieme piuttosto che divisi. Questo emerge anche da quanto fluiscano bene le canzoni sull’album”. In effetti le canzoni sono molto più efficaci rispetto al passato ed è merito anche di Vicky Psarakis: “Una delle ragioni principali per cui abbiamo scelto di avere Vicky nella band è per la sua capacità compositiva. Si scrive tutte le melodie vocali e divide la stesura dei testi con me. In questo disco inoltre ha contribuito portando delle sue composizioni al piano nelle canzoni “The Wake” e “The Raven Eyes”. Insomma una tosta la Vicky. A proposito di “The Raven Eyes”, che è un pezzo molto particolare dove la chitarra acustica intreccia il pianoforte e la bella voce della cantante ci guida nel pezzo suadente ma ricco di energia, quasi un pesce fuor d’acqua nel contesto dell’album e viene da chiedersi come sia nata l’idea di scriverlo ed inserirlo nella scaletta: “Era un pezzo acustico che avevo scritto a casa, ho inviato la demo insieme al testo che mi sembrava si combinasse bene con la canzone a Vicky. Lei lo ha trasformato in una melodia vocale e ne ha scritto le parti di piano e le parti di accompagnamenti agli archi. Una volta in studio per registrare, il nostro produttore Mike (Plotnikoff nda) ci ha presentato il suo amico Igor Khoroshev. E’ un compositore di musica classica straordinario. Ha lavorato insieme a Vicky per riarrangiare gli archi e il tutto si è trasformato in ciò che si sente nel disco. Ci è così piaciuto il risultato che è finito in scaletta.” Una scaletta che presenta tutti i titoli delle canzoni con l’articolo “The”, una scelta poco chiara in apparenza e Danny ce ne fornisce una spiegazione:”Mentre redigevamo i testi abbiamo notato che tutti avevano un tema comune. E il tema è che sono una collezione di brevi storie. Una volta realizzato ciò abbiamo pensato che fosse appropriato trattarli come capitoli in un percorso.” Brevi storie dunque, tredici piccole parti di un viaggio con la stessa destinazione, pur non essendo un vero e proprio concept, “Five” ha un’idea molto forte alla base: ”Penso che sia il nostro album più vario e il più concentrato sul punto di vista emozionale. Abbiamo provato davvero a far combaciare nei pezzi l’emozione derivante sia dalla musica che dai testi, per far sì che l’ascoltatore possa tuffarcisi dentro senza pensare troppo a cosa fa questo o quell’altro strumento in quel momento. Abbiamo provato a scrivere canzoni che fossero il più coesive possibile.” Un intento chiaro quello di coinvolgere l’ascoltatore a tutto tondo, una scelta che non compromette però la voglia di osare che il gruppo sembra mostrare senza problemi già dal primo pezzo, un brano che parte fortissimo e poi si apre in una melodia cadenzata davvero efficace, rallentando il ritmo. Una scelta inusuale per una canzone d’apertura, una scelta che Danny motiva così: ”Crediamo non sia una scelta così strana o inusuale; è una canzone che cresce e serve come intro al disco. Spesso apriamo gli album “a pistole spianate” come accaduto con l’album precedente con il pezzo “10 like Gates of Horn”. Sentivamo che stavolta c’era il bisogno di respirare e far crescere l’album.” Quando si ascolta “The Chain” invece altro che “pistole spianate”, si parte davvero a tutta birra con dei forti rimandi al sound degli Arch Enemy, viene il dubbio che sia una strizzata d’occhio all’ex cantante, come per dirle “lo sappiamo fare anche noi”. Dunque, una una specie di citazione o una blanda presa in giro? Danny chiarisce che non è né una cosa né l’altra: ”Non lo abbiamo fatto intenzionalmente, quella canzone ha molti significati politici e storici. Sentivo che avesse il bisogno di potenti riff per rendere al meglio la “colonna sonora da battaglia” che avevo in mente”. Un’altra nota curiosa è la presenza nelle limited edition della cover di “Take me to the Church” celebre hit dell’artista Hozier, vi risulterà forse sconosciuto ma il pezzo da qualche parte lo avrete sentito comunque, di certo non è la solita cover dei Maiden:”L’etichetta ci ha chiesto se fossimo interessati nel fare una cover. Volevamo fare una canzone moderna e a modo nostro. E’ stato molto difficile trovare qualcosa in questo contesto che funzionasse e ci divertisse allo stesso tempo. Sono un grande fan di Hozier e mi piace ascoltare la sua musica quando voglio rilassarmi. Camminavo ascoltando nelle cuffie un suo disco e ho realizzato che avremmo potuto fare una grande cover di quella canzone e lo abbiamo fatto”. Al netto dei gusti personali, il pezzo è piuttosto riuscito in effetti e si sente la mano dei “The Agonist” nella cover. A questo punto è lecito chiedere quale sia il suo pezzo preferito di “Five”, prevedibilmente Danny mi risponde: ”In realtà non ce n’è uno in particolare. E’ difficile per chi ha scritto la musica preferire una canzone rispetto ad un’altra. Lascio che siano i fan a decidere quale sia il pezzo migliore”. Una risposta ben diplomatica, non c’è che dire. Oltre a curare bene la musica contenuta nell’album la band si è prodigata anche nella scelta dell’artwork della copertina, molto particolare e ben realizzato. Danny ci aiuta a comprendere meglio quale sia il vero significato dell’immagine (due individui dalle fattezze non riconoscibili su uno sfondo bianco): ”Abbiamo dato l’idea e i testi all’artista Gustazo Sazes e lu ha creato ciò che si vede nell’artwork. Se guardi bene dentro i due esseri ci sono parti costruite sui nostri testi. Il nostro simbolo è la quintessenza per esempio, del Quinto elemento e la ragione per cui l’album si chiama “Five” (cinque in inglese, per quei tre che non lo sapessero)”. Come se fosse Antani, chiarissimo. Meglio passare ad altro, visto che il tempo scarseggia e chiedo riguardo l’annosa questione dell’avere una cantante piuttosto che un cantante. Molti ancora oggi, si fanno problemi ad accettare una frontwoman, lasciandosi andare anche a pesanti critiche e insulti gratuiti. Sarà capitato anche ai “The Agonist” di ricevere simili ingiurie e pregiudizi? “Si sfortunatamente, c’è ancora molto sessismo nel Metal al giorno d’oggi e abbiamo avuto modo di provarlo sulla nostra pelle di tanto in tanto. Come hanno dovuto affrontarlo alcuni nostri amici nei gruppi con una cantante donna. Comunque la situazione sta migliorando. Era molto peggio quando abbiamo iniziato, penso che quando la novità si sarà affievolita e molti altri gruppi avranno una cantante la cosa andrà scemando“.(Ne sei così sicuro? Io purtroppo no). Un’ultima grande curiosità prima di chiudere l’intervista me la devo togliere e gli chiedo come mai hanno scelto di chiamarsi “The Agonist”: “ ‘Agonist’ (Agonista) può avere molteplici significati sia a livello letterario che scientifico. La ragione principale per cui lo abbiamo scelto è perché il termine può essere visto come il catalizzatore per i cambiamenti che verranno, che siano negativi o positivi. Questa dicotomia fa bene il paio con la duale natura del nostro sound” .