Epica – Ologramma Cosmico
Il 14/10/2016, di Barbara Volpi.
La band olandese mescola sempre di più metal sinfonico e misticismo quantico per dar vita ad un album eccellente come “The Holographic Principle”, dove scienza, filosofia, riff potenti e vocalità ecclesiali imbastiscono una commistione peculiare.
Viviamo tutti in realtà parallele, all’interno di un matrix che è frutto dell’ologramma che ciascuno di noi proietta sullo schermo vuoto della propria esistenza, chiamandolo poi destino. Mark Jansen, che si è trasferito di recente a vivere in Sicilia poiché innamorato di una cantante d’opera siciliana, ci tiene subito a precisare che questo è l’album più profondamente mistico degli Epica, frutto di anni di studi concentrati sulla teoria dei quanti e dei suoi interessi sempre più volti alla spiritualità e alla meditazione.
Incontriamo Mark in un hotel milanese e subito ci saluta in un ottimo italiano, con l’accento un po’ siciliano: “E’ una bella giornata, molto calda!”. Appare davvero entusiasta del nuovo lavoro degli Epica. La bella Simone Simons non è con lui ma egli ci tiene subito a precisare: “Gli Epica non sarebbero ciò che sono senza di lei. E’ vero che i contenuti dei brani li decido prevalentemente io, ma lei è il volto e l’anima del gruppo”. “The Holographyc Principle” non è un concept album, anche se le tematiche dei pezzi ruotano tutte intorno al concetto che il mondo sia semplicemente un ologramma, il che ci porta sempre più a dover ridefinire la percezione di ciò che chiamiamo realtà. “E’ un pensiero mistico molto diffuso che la realtà che noi percepiamo come tale sia solamente frutto di una nostra visione, di un nostro sogno. Meditando spesso e toccando con la consapevolezza altri stati di coscienza lo si comprende bene, sperimentandolo sulla propria pelle. Se non si vuole arrivare a tanto, basta osservare il potere che ha assunto la realtà virtuale per rendersi conto che la vita può semplicemente esistere come proiezione del nostro pensiero. Sono dottrine affascinanti quanto spaventevoli, perché se è vero che a questo punto possiamo trasformare le nostre esistenze in meglio cambiando la matrice della nostra proiezione, è altrettanto vero che esiste in noi la capacità di creare mondi di orrore e di incubo”. Eppure le canzoni degli Epica non indulgono troppo nell’area d’ombra delle cose, o meglio, lo fanno per subito rinascere dall’oscurità alla luce. Pezzi come “Once Upon A Nightmare”, “Ascension-Dream State Armageddon” e “Dancing In A Hurricane” partono dall’area buia per attuare una metamorfosi che traduce la notte in una nuova aurora. “L’esistenza è fatta di contrasti (luce ombra, maschile femminile, aggressività e pace, etc.) e la nostra musica ha sempre teso a riprodurre ciò. Per questo la dinamica ritmica dei brani si struttura sempre sul gioco tra linee melodiche e riff energiche, tra la voce celestiale di Simone e le mie urla strazianti e gutturali. In quest’ultimo lavoro abbiamo cercato di accentuare ancora di più questo modulo”. Siccome nulla appare casuale nei dischi del gruppo, viene da chiedersi se non ci sia dietro un grosso lavoro concettuale a tavolino e di pre-produzione, ma Mark nega. “Lavoriamo in modo spontaneo. Ora fisicamente abitiamo tutti distanti, per cui iniziamo con lo scambio di file e di idee e poi ci troviamo fisicamente solo in fase di registrazione. Il nostro fedele produttore Joost Van Den Broek fa il resto, nel senso che una volta che siamo in studio ci aiuta a rendere omogeneo il lavoro, smussando gli angoli e definendo meglio i chiaro-scuri. Io mi occupo prevalentemente delle liriche, che delineo in base a degli scheletri musicali già da tutti noi definiti. Poi arrivano le parti orchestrali e sinfoniche che non sono secondarie. Io sono un ascoltatore di musica classica e ultimamente, grazie anche alla mia fidanzata, mi sto appassionando anche all’opera lirica”. Gli Epica che sono un gruppo di persone evolute e musicalmente colte, aborrono il recinto di ‘metal sinfonico’ in cui sono stati relegati. “Comprendiamo bene che, soprattutto da parte dei giornalisti, le definizioni servano per dare al pubblico dei riferimenti, ma quando esse diventano della gabbie allora il gioco non è più divertente. E’ dai tardi anni ottanta che non esistono più le divisioni rigide di genere, da quando cioè gli stili cominciarono a mescolarsi dando vita al crossover (musica bianca e nera, punk e metal, etc.), per cui sentirsi nel 2016 ancora ghettizzati da un’etichetta risulta alquanto obsoleto, tanto più che noi siamo musicalmente veramente onnivori ed ascoltiamo di tutto, dai classici heavy metal fino al jazz”. Del punk invece Mr. Jansen ama abbracciare l’etica dell’integrità d’intenti e della coerenza. “Non abbiamo mai permesso che i discografici ci dicessero ciò che era meglio fare. Non ci è mai interessato il botto commerciale fine a se stesso. Vogliamo seguire la nostra linea di pensiero e sentirci liberi di dare pieno spazio alla nostra vena creativa, al di là della convenienza”. Eppure gli Epica non possono negare di avere una modulo di grande appeal a livello di marketing, basato sul risalto estetico e vocale dato alla figura di Miss Simons. “Sappiamo che molte band hanno usato il volto e la voce femminile in contrasto con il maschile seguendo un cliché di facile successo commerciale, ma non è il nostro caso. Per noi il discorso è più concettuale e ci servivano veramente un’immagine e una vocalità quasi angelicate per dare spessore ai contenuti lirici e musicali dei nostri brani. Quando suoniamo dal vivo si vede che Simone non è una mera ragazza immagine ma è parte integrante della sostanza del gruppo”. L’impatto live per il combo del Limburg non è secondario. Le loro esibizioni sono sempre intense e cariche di pathos e non si trascinano mai in facili automatismi. “Amiamo suonare dal vivo e lo scambio emotivo che avviene per osmosi con il pubblico. E’ veramente un elemento di forza. E’ bello poter stare raccolti nella fase creativa che è più di introspezione, ma poi sono i concerti a dare veramente senso a tutto ciò che facciamo, anche ai sacrifici”. Nell’algoritmo cosmico degli Epica è incisa l’evoluzione sempre più differenziata della matrice metal. “Ogni radice del reale è modificabile e mutogena, anche il dna umano, figuriamoci se non lo è quello musicale. Il pubblico metallaro è sempre stato recepito come conservatore e tradizionalista, ma in base alla nostra esperienza sul campo possiamo dire che lo è sempre meno. Anche i metal kids sono cresciuti e sono diventati più esigenti. Alla semplice reiterazione di un modello prediligono l’evoluzione, e noi siamo qua per accontentarli”.