The Dead Daisies – All In The Name Of Rock!
Il 02/09/2016, di Dario Cattaneo.
A nemmeno dodici mesi dal precedente ‘Revolucion’, i The Dead Daisies di David Lowy ci sorprendono con un nuovo, esplosivo, album di purissimo rock’n’roll settantiano! Raggiungiamo telefonicamente il cantante John Corabi, per scoprire qualcosa di più su questo boom di attività, a partire dal nuovissimo, fumigante ‘Make Some Noise’, e da una tournée che riserverà parecchie sorprese ancora…
Finché ci si diverte, tutto va bene. Questo sembra dirci al telefono un rilassatissimo John Corabi, quando ci parla dell’attività recente dei “suoi” The Dead Daisies. E’ infatti un approccio rilassato e scanzonato quello che questo supergruppo mostra di avere nei confronti della musica, un approccio che appunto permette di vivere appieno lo spirito del rock’n’roll che dichiarano tanto di amare, e di produrre dischi con una velocità sbalorditiva, senza perdere niente in qualità. Per fortuna, lo scatenato cantante ci ha voluto raccontare parecchie cose sulla band, partendo appunto dall’inizio…
Si inizia subito da come si sono formati i The Dead Daisies e come siano arrivati allo stato attuale e a questo nuovo disco:“La band è stata formata da David Lowy, uno dei nostri attuali chitarristi, e dall’ex cantante, Jon Stevens. Con una prima manciata di canzoni misero su il progetto, chiamando a suonare Marco Mendoza, Dizzy Reed e Richard Fortus. Nel 2015, solo l’anno scorso, l’ex cantante Jon ebbe seri problemi che gli impedirono di portare avanti le attività con la band. Quindi hanno chiamato me. Da lì è stata una corsa incredibile, abbiamo cominciato a lavorare al disco vecchio in marzo, l’abbiamo finito in aprile, è uscito in giugno e siamo andati in tour con Kiss e Whitesnake per tutto il resto dell’anno. Come ben sai, il 2016 è l’anno della reunion dei Guns N’Roses e quindi Dizzy e Richard hanno dovuto unirsi al carrozzone Guns, ragione per cui ora alla solista c’è Doug Aldrich. A me hanno chiesto di restare, e quindi ho partecipato a tutte le composizioni di ‘Make Some Noise’, in cui ci sono un sacco di canzoni anche mie.”Come detto, i nomi coinvolti sono conosciuti e hanno carriere di successo in band molto famose. Questo crea sempre aspettative nei fan che ancora non hanno ascoltato in disco, che si aspettano una copia di questa o quella band: “Innegabile che, leggendo la formazione, in molti si aspettino un certo tipo di rock/metal stradaiolo, un po’ a metà tra Guns, Whitesnake e Motley Crue, ma devo dire che la cosa non ci importa. Ascoltando soprattutto gli ultimi due album si avverte che l’identità dei The Dead Daisies è ben definita, quindi non è importante cosa uno si aspetta. Inoltre, stiamo crescendo, c’è un’evoluzione continua che porta le canzoni a livelli sempre successivi, quindi il rischio di rimanere schiavi di un certo tipo di sound non credo esista proprio.” Si è accennato al cambio alla solista tra Fortus e Aldrich. Due stili molto diversi. Ci si chiede quindi dove la band ci abbia perso o guadagnato: “In realtà sono tutti e due molto bravi, sia come musicisti che come compositori, oltre che come persone. Nelle dinamiche del gruppo non avvertiamo alcuna differenza, anche perché entrambi sono passati nella band perché in primis ci conoscevamo da tanto tempo, e soprattutto siamo amici. E’ importante questo per i The Dead Daisies, il conoscersi, il voler suonare insieme, e tutti e due hanno queste caratteristiche. Non ci serve nessun ego, nessuna personalità esuberante alla solista, solo un buon amico con delle buone capacità, ovviamente. Stilisticamente, hai ragione,sono molto diversi, ma entrambi adatti allo stile della band. Anzi, è stato proprio Fortus a farci il nome di Doug!” Passiamo a descrivere il sound di’Make Some Noise’: “E’ un classico, rampante, rock’n’roll sullo stile anni ’70. Niente più direi. Volevamo qualcosa che suonasse così, e l’abbiamo ottenuto.”
E’ un sound un po’ diverso da quello del precedente ‘Revolucion’, però… “Già, anche questo è vero. E’ più aggressivo, più heavy. Credo che questo derivi dal fatto che prima avevamo Dizzy che suonava le tastiere, ora siamo privi di quello strumento. Ecco, forse ‘Revolucion’ era più eclettico, aveva per dire una ballad vera e un paio di brani che si appoggiavano molto sulla tastiera, invece ‘Make Some Noise’ è decisamente più compatto. David Lowy ha deciso che la nuova forma di questa band doveva essere quella canonica con due chitarre, basso e batteria, un po’ come gli AC/DC o gli Aerosmith. Con questo non voglio dire niente di male su Dizzy, un gran tipo con un gran senso dell’umorismo con cui è facile divertirsi alla grande, ma forse questa forma più minimale sposa meglio il sound che volevamo ottenere. L’approccio è più crudo, ecco cosa volevo dirti.” La curiosità ci porta al processo di scrittura nei The Dead Daisies, se sia David Lowy il compositore principale: “In realtà le cose sono più complesse. Viviamo tutti in parti diverse del mondo. Lowy e il resto del management stanno in Australia. Doug, Brian Tichy e Marco Mendoza stanno a Los Angeles. E io vivo a Nashville, in Tennessee. Quando ci troviamo in studio per lavorare a un nuovo album, non abbiamo altro che qualche riff. Partiamo da quelli, mettiamo insieme le varie idee e creiamo delle basi piuttosto solide per future canzoni. Cominciamo a registrare da subito, poi proviamo varie soluzioni e vari aggiustamenti per far sì che la canzone funzioni davvero. In pratica scriviamo registrando. Per questo i nostri tempi in studio sono molto corti, pensa che per ‘Make Some Noise’ ci abbiamo messo solo 45 giorni a comporlo, registrarlo e produrlo!” Un paio di tracce mi hanno colpito molto… a ‘Long Way To Go’, sappiamo che è di Corabi, e sembra molto interessante: “Sai… se vai sul telegiornale, tutti i giorni, soprattutto qui negli States, hai a che fare con la brutalità e la cattiveria dell’uomo. Razzismo. Terrorismo. Gli argomenti sono questi. Guerre. Impoverimento ambientale. Fame nel mondo. Stati in allerta. Qualcosa che mi ha colpito molto è l’attuale problema che abbiamo tra la gente di colore e i poliziotti. Sai, le sparatorie? Ecco. La cosa che mi sconvolge, è che ciascuna di queste persone sembra non prendere in considerazione l’idea di semplicemente sedersi… e discutere. Solo questo. Discutere. Trovare un terreno comune, un qualcosa che possa essere accettato da entrambi. Lo so bene che nessuna delle due parti sarà mai soddisfatta di un accordo mediato, ma forse il non volere sempre avere il 100% della ragione aiuterebbe a costruire un discorso. Ma è impossibile, è la natura umana: se siamo convinti di una cosa, è quella. Niente compromessi, niente vie di mezzo. Per questo ‘Long Way To Go’, perché molta strada dobbiamo percorrere in questo mondo per risolvere i problemi del mondo. Una strada forse troppo lunga.” Ci sono due cover di brani famosi nel disco, il vocalist spiega come sono state introdotte: “Più o meno in un disco mettiamo un paio di canzoni di band che riteniamo abbiano influenzato le sessioni di composizione del disco stesso. E’ un modo che abbiamo di fare omaggio alle band che hanno tracciato la strada che noi seguiamo. ‘Fortunate Son’ era un nostro cavallo di battaglia live, la suonavamo nel tour americano, europeo e asiatico, ovunque andavamo, la gente la cantava, e sapeva ogni singola parola. Non potevamo non includerla nel disco, è stata una hit di praticamente tutti i nostri concerti. Per quanto riguarda ‘Join Together’, brano dei The Who, beh, la troviamo molto vicina a quello che facciamo noi ora!” Ogni artista è legato in particolar modo a qualche traccia dell’album, Corabi afferma che “ ’Long Way To Go’ ha un testo che sento molto, di sicuro. Oltre a quello… ti risponderò, ma se me lo chiedi domani potrei aver già cambiato idea su quali pezzi preferisco di questo album! Oggi ti direi: ‘Long Way To Go’, ‘Last Time I Saw The Sun’, ‘We All Fall Down’ e ‘Mainline’.” Per quanto riguarda il sottoscritto la preferità è ‘Song And A Prayer’: “Ahahah, sai che ce l’hanno detto tutti! Quelli della casa discografica, i tizi in radio, gli amici… mi sa che è una grande canzone anche quella!” Chiediamo poi qualche informazioni sulla promozione dell’album, sul tour che sta per arrivare: “Ahahah, siamo già in tour! Ti sto telefonando da una pausa. Certo, faremo quello che sappiamo fare meglio, gireremo il mondo, e batteremo vari paesi, con show da headliner o al fianco di nomi famosi, coprendo in particolare America ed Europa, come sempre!” Quindi la vita rock’n’roll non si ferma mai… Per concludere, ora che ha almeno una ventina d’anni in più rispetto quando registrò il famoso disco con la band più oltraggiosa della terra, i Mötley Crüe… che significato ha, ora, al termine ‘vita rock’n’roll’ per John Corabi: “Per me il rock’n’roll significa ancora divertimento. Certo, il successo è sempre negli occhi e nei pensieri di tutti noi, e quindi non posso dirti che non mi interessa avere successo e fare soldi, ma ti dico che divertirmi ed essere in grado di scrivere buona musica e suonarla davanti a belle platee in giro per il mondo, mi ripaga anche di un eventuale mancanza degli altri obbiettivi. Per me la vita rock è ancora legata al concetto di divertimento, prima ancora di ogni altra cosa…”