Soilwork – Risonanza Di Morte
Il 02/09/2016, di Stefano Giorgianni.
Ventuno anni di sudore e sacrifici per raggiungere la vetta del death metal svedese, una lunga scalata che ha portato i Soilwork a guadagnarsi l’olimpo del genere, a instaurare una solida fanbase con migliaia di adepti sparsi in giro per il mondo. Per festeggiare questo ventunesimo anniversario d’attività del gruppo, gli scandinavi hanno regalato ai propri fans una raccolta di inediti e rarità intitolata “Death Resonance”, che contiene, fra gli altri, l’EP “Beyond The Infinite” a suo tempo rilasciato nel solo mercato asiatico (e da noi recensito nel numero 4 del 2014). Un’uscita inusuale che marca l’ennesima release per il gruppo di Helsingborg capitanato dal carismatico Björn “Speed” Strid, che abbiamo contattato per farci dire qualcosa in più su questa nuova fatica discografica. “Mi sento alla grande riguardo a questo disco! È una compilation unica, che comprende pezzi scritti in un arco di tempo di dieci anni, brani remixati e masterizzati apposta per acquisire un sound omogeneo.”. Quando si pubblica un disco del genere ci si chiede sempre se quello sia il momento adatto, e qui il vocalist puntualizza: “Non ne sono sicuro, però nell’ultimo periodo ho notato che diverse band rilasciano compilation, magari qualche volta senza essere troppo pensate. In questo senso ti dico di sì, era il momento giusto.”. Dettaglio che colpisce ancor prima di far partire la musica è il sublime artwork, che per Björn è “la conseguenza di quello di “The Ride Majestic”, drammatico e silente. Questa copertina rappresenta le nostre emozioni durante le registrazioni dell’ultimo full-length; abbiamo avuto diversi lutti familiari e questa cover rappresenta una ‘chiamata dall’aldilà.”. “Death Resonance” rappresenta per il pubblico l’occasione di intravedere anche altri lati della musica dei Soilwork e il vocalist spiega perché le tracce qui incluse sono state accantonate ai tempi in cui sono state scritte: “La maggior parte delle canzoni non hanno trovato posto negli album forse per il loro carattere più progressive o per qualche sfumatura che in quel periodo non ci rappresentava appieno. Ora, essendo una band più dinamica, incline a continue svolte nello stile, abbiamo creduto fosse il momento per una release così, con i nostri “brutti anatroccoli” che trovano finalmente il loro spazio nella discografia.”. La compilation è anche un modo per tributare i fan per il loro supporto, come conferma il frontman: “In certo senso di sicuro. Abbiamo fatto storcere il naso a un sacco di gente quando abbiamo rilasciato “Beyond The Infinite” solo in Giappone, e ce ne siamo accorti quando molti hanno ascoltato i pezzi su YouTube, dimostrando apprezzamento. Quindi questa compilation è per tutti quelli che volevano quell’EP nella loro collezione.”.Negli anni i Soilwork hanno anche dimostrato di tenere di più alla loro integrità di artisti che a rendere la loro musica più commerciale, “ci si sente più in pace con sé stessi quando si realizza che non si può diventare la più grande band del pianeta, anche se questo potrebbe accadere (ride, ndr.)” afferma Björn “sono orgoglioso della nostra integrità e della passione che dimostriamo nel creare le canzoni. Un sacco di sacrifici sono stati fatti, incluse cattive scelte lavorative, ma l’amore per la musica rimane sempre.”. E riguardo al proprio genere il vocalist riferisce: “Non importa quanto serie o sincere siano le tue canzoni o i tuoi testi, voglio che sul palco la gente viva sempre come fosse una festa. So che può suonare superficiale, ma preferisco viverla così.”. Il frontman continua parlando dei propri testi, che “sono molto intimi e riflessivi, il che spero possa far arrivare un messaggio e ispirare la gente. La musica è comunque il mio rifugio più sicuro”. Si parlava in precedenza dell’integrità dei Soilwork e del successo, termine che Björn raggiunge quando “ricevo il master del nuovo album, mi sdraio e lo ascolto per la prima volta nella sua interezza, sentendo brividi lungo la spina dorsale e provando una connessione totale con ciò che si fa per vivere.”. Tornando a “Death Resonance” facciamo focalizzare il vocalist sulla tracklist e chiediamo se qualcuno di questi pezzi può diventare un nuovo classico o cavallo di battaglia per i Soilwork: “‘Death In General’ e ‘Helsinki’, credo questi brani staranno con noi per un bel po’ di tempo.”.