Sabaton – A Lezione Di Storia
Il 02/09/2016, di Stefano Giorgianni.
“L’uomo non impara dalla propria storia”. Questo è l’insegnamento che i Sabaton vogliono dare a chi ascolta la loro musica, che, rispetto a ciò che si crede, non è una mera esaltazione della guerra e degli eroi bellici, è invece un veicolo per risvegliare le coscienze della gente al fine di evitare di ripetere i grossi errori del passato. In questo spirito è nato “The Last Stand”, ottavo studio album del gruppo di Falun, un viaggio attraverso millecinquecento anni di sangue versato, di battaglia combattute da uomini coraggiosi per difendere la propria libertà e quella delle loro nazioni. Ne abbiamo discusso con Joakim Brodén, voce e mente dei Sabaton, lo scorso luglio durante la giornata di promozione del disco a Milano. “Non vedo l’ora di iniziare il nuovo tour!” esordisce il vocalist, poi specificando “Sai, di solito, quando terminiamo la registrazione di un album mi prendo una pausa da tutto perché ho talmente la testa invasa dalle nuove canzoni e dal lavoro fatto che non ne posso più. A quel punto devo confessare che odio tutto quel che ha a che fare con la musica… Non voglio suonare per qualche periodo, ma questa volta è stato diverso, siamo passati direttamente dalla sala di registrazione alla promozione dell’ultimo disco in giro per l’Europa e ai festival del continente europeo. Credevo veramente di rimpiangere questa scelta, tuttavia devo dire che mi sto divertendo un sacco, soprattutto per gli show con gli Iron Maiden, con gli Scorpions, il tour americano che verrà poi o quello europeo seguente con gli Accept. Quindi per la prima volta nella mia carriera non mi sento depresso o spinto al suicidio…”. L’attività dei Sabaton in questi ultimi anni è stata frenetica, e lo conferma Joakim: “Non ci siamo mai fermati praticamente, abbiamo terminato il tour di “Heroes” a marzo e abbiamo cominciato a registrare “The Last Stand” il 4 aprile. Dal 2014 abbiamo fatto circa centosettanta date ed è durata fino a settembre 2015, con rari momenti di respiro. Dopo abbiamo rallentato, facendo solamente cinque show in cinque mesi e questo ci ha permesso di scrivere l’album; quindi, anche se sembra la nostra sia stata una marcia inarrestabile, ci siamo concessi un momento di decelerazione per mettere a punto quest’ultimo disco.” Da tempo il gruppo scandinavo si sta battendo anche per acquisire una solida fanbase negli USA, mercato assai differente da quello europeo. A riguardo Joakim ci confessa: “Negli Stati Uniti siamo ancora una band abbastanza piccola, se così si può dire, rispetto a quel che siamo diventati in Europa. Però devo dire di aver notato sempre una maggior affluenza ai nostri concerti. Quando si è in tour negli States spesso si pensa “eh dai, dammi un palco grande come si deve”, tuttavia nell’ultima tornata di concerti abbiamo suonato in manifestazioni importanti, anche se il modo in cui si svolgono le cose in America è diverso; a volte ti sembra di suonare in un teatro, per la distanza cui si trova il pubblico. Devo anche dire che a seconda dello Stato in cui eravamo avevamo un’audience diversa, questa è una particolarità degli USA.” Ci focalizziamo poi su “The Last Stand”: “Per quest’album il processo di songwriting non si è mai fermato e sono contento di aver coinvolto più persone nello sviluppo delle canzoni. Questa è la prima volta in cui ciascun membro dei Sabaton ha partecipato alla scrittura dei pezzi, ad esempio i due chitarristi, Chris Rörland e Thobbe Englund, hanno dato un gran contributo in ‘The Last Stand’ o ‘Shiroyama’, poi c’è stato Ken Kängström, un tecnico del suono che viveva con me e la mia ragazza una decina di anni fa, una vecchia conoscenza dunque.”. I Sabaton studiano sempre in maniera attenta i loro album, e quest’ultimo non è certo un’eccezione, anche se c’è stato qualche intoppo: “Una scelta era maturata all’inizio, poiché avevamo un’idea già delineata per l’album, però solo un mese prima delle registrazioni avevamo solo una canzone pertinente a quello che avevamo in mente, quindi abbiamo dovuto gettar via tutto e ricominciare daccapo” poi precisa “Qui devo confessare che il 40% del disco è composto da suggerimenti dei nostri fan. Ad esempio ‘Last Dying Breath’ ci è arrivata da un sacco di ragazzi serbi che ci ha inviato anche un bel po’ di informazioni. Era dai tempi di “Coat Of Arms” che non succedeva una cosa del genere, consigli che sono arrivati comunque anche per “Heroes”. Ecco, tutti questi album sono stati creati grazie ai nostri fan.”. Dai personaggi di “Heroes” agli avvenimenti di “The Last Stand”, due modi di trattare uno stesso tema, a questo punto il vocalist racconta: “La direzione di orientare tutto verso particolari eventi storici è appunto nata trenta giorni prima di entrare in studio, quando ciò che avevamo pensato non riusciva a incastrarsi col materiale che avevamo in mano. Non è ovviamente un concept, però ha un tema, un filo rosso che collega tutte le canzoni. Quello che unisce tutte le tracce e gli avvenimenti che abbiamo scelto è “l’ultima resistenza” contro un nemico e come si può vedere ripercorre moltissimi anni di storia, dai tempi delle Termopili fino al 1988 con la guerra in Afghanistan. E alla fine, vedendo tutto questi eventi che si verificano in questo grande lasso di tempo, si può affermare che l’uomo non impara nulla dalla storia, è sempre portato a ripetere gli stessi errori.” Poi una curiosità sul primo pezzo scritto per l’album: “‘Blood Of Bannockburn’ è stato il primo pezzo scritto per “The Last Stand” più o meno un anno fa.”. Ci concentriamo poi sulla figura dei fratelli Tägtgren, che accompagnano i Sabaton dagli inizi: “Nella musica l’influenza di Peter non ha effetto, tutto il contrario invece per ciò che concerne la produzione e il suono. In una certa maniera lui e suo fratello sono stati presenti in tutti gli album dei Sabaton. “Primo Victoria” fu registrato da Tommy Tägtgren e Peter arrivò dandoci dei consigli fondamentali per la riuscita del disco. Il sound attuale dei Sabaton è dovuto per l’80% ai Tägtgren, “Art Of War” è stato registrato da Tommy e Peter l’ha mixato, poi “Coat Of Arms” mixato da Tommy e registrato da Fredrik Nordström, in seguito c’è stato solamente Peter.”. Non solo i pezzi degli svedesi hanno carattere anthemico, anche le loro scenografie non scherzano. A tal proposito chiediamo se hanno già pensato a come arricchire un piatto già ricco di effetti: “Non credo un terzo carro armato (ride, ndr.), credo che stiamo bene con due al momento. Abbiamo iniziato qualche tempo fa a pensare a delle scenografie per “The Last Stand”, poi ci siamo accorti che ne sarebbero servite almeno cinque diverse, adatte a diversi periodi storici, e non abbiamo sicuramente quel budget disponibile. Aggiungeremo invece qualcosa a quello che abbiamo già, con alcuni prototipi già pronti, però al momento non posso fare promesse perché non so quello che funzionerà. Il problema principale sono sempre gli effetti pirotecnici, ci sono delle rigide regole da seguire, per la nostra incolumità e quella del pubblico, in alcuni stati alcune cose potrebbero essere persino illegali. Dobbiamo sempre pensare a come rendere lo show al meglio possibile in tutti i paesi, evitando di trasgredire le leggi. Di sicuro non sono diventato un musicista metal per dare fuoco a tutto quello che mi sta intorno.” Poi si passa all’argomento tastierista, alla domanda su una presenza stabile vista l’importanza degli arrangiamenti negli ultimi dischi dei Sabaton: “È un argomento di cui abbiamo discusso nel 2012, quando ci fu la separazione con i precedenti membri dei Sabaton. Daniel Mÿhr a quel tempo svolgeva il ruolo di tastierista e avevamo intenzione di portarlo con noi, però due settimane prima del tour statunitense ci ha chiamato dicendo che preferiva rimanere a casa, a quel punto abbiamo messo da parte l’idea. Poi a oggi tutti gli effetti pirotecnici e le luci sono connessi a questo sistema sincronizzato e accuratamente redatto, quindi ci servirebbero almeno due tastieristi per far funzionare le cose a dovere…”. Stuzzichiamo poi Joakim con l’idea di un tour con un’orchestra e ci risponde: “Mi piacerebbe un sacco, ma questo significherebbe sedersi per mese con un direttore d’orchestra per arrangiare tutte le nostre canzoni alla perfezione e al momento quel tempo non c’è, o andremmo in bancarotta tentando di fare un qualcosa del genere, stando fermi da tutto il resto. Se potessi farlo vorrei almeno scrivere cinque o sei canzoni per l’occasione, da suonare solamente con l’orchestra, oltre alla metà di “Carolus Rex” che è già pronto per la metà. ‘A Lifetime Of War’ ad esempio è un brano che si adatta benissimo.” Grande cura è anche riservata agli artwork, da tempo affidati alla mano di Peter Sallai: “Questa volta, a dir la verità, abbiamo anche provato a contattare diversi illustratori” confessa il cantante “Ovviamente prima è stato discusso il tema della copertina, di cui non vi rivelerò un granché in quanto ci sono cose che voglio usare in futuro… Alla fine comunque abbiamo scelto Peter perché abbiamo capito che è l’unico in grado di capire ciò che vogliamo e di realizzarlo. A lui non interessa farsi assegnare il lavoro o prendersi i soldi, quello che traspare è che tiene al risultato finale. Se si osservano tutte le edizioni di “The Last Stand” si vedono cover differenti o ancora meglio se si guarda nel booklet, le vere opere d’arte sono lì dentro. Specialmente per ciò che riguarda l’earbook, dove il lavoro è stato rifatto. Peter ha preso delle foto, dove esistevano, delle battaglie e ci ha lavorato per riprodurne l’effetto. Con lui non si tratta mai di un copia-incolla, ma di illustrazioni create ad hoc per quell’edizione o formato.” Joakim tiene poi a specificare qualcosa sulla Tank Edition di “The Last Stand”: “Tra le edizioni limitate c’è quella col carro armato, creato con lo stampo del nostro Audie e modellato al computer appositamente. Non è un modellino cinese che potete comprare al supermercato, questo ci tengo a dirlo…”. Se la guerra è l’argomento che prevale nei testi dei Sabaton, esiste anche il suo corrispettivo, ovvero la pace, termine di cui chiediamo il significato al vocalist: “Ecco, ci sono talmente tante guerre nella storia dell’umanità da scrivere almeno altri duecento album dei Sabaton. Come ho detto in precedenza “l’uomo non impara dalla storia” e questo si può verificare osservando i cambiamenti che sono avvenuti ogni cinquanta o cento anni, il mondo è mutato per eventi che si sono ripetuti e se non è stato il pianeta intero qualcosa è successo in una particolare regione. Certo è che fino a quando i politici non realizzeranno e accetteranno quello che sta succedendo ora, non si andrà molto lontano. Questa cosa riguarda anche la gente stessa, che se non inizierà ad agire in una qualche maniera tutto rimarrà così, stagnante, e potrò peggiorare. Guardare quindi indietro, per esempio a ciò che è successo in Germania tra gli anni ’30 e la fine della Seconda Guerra Mondiale, sarebbe già un passo in avanti. Spesso, leggendo i libri di storia, ci si chiede come sia potuto accadere, come l’abbiano lasciato succedere, ebbene, fra settant’anni magari guarderanno a noi e si domanderanno “come cazzo hanno fatto a non fare niente?”. Ultima curiosità è relativa al legame fra i Sabaton e i paesi europei orientali, fra cui la Polonia: “I polacchi sono molto istruiti sulla loro storia e in molti paesi dell’Est Europa c’è un gran senso d’identità. Inoltre, se scriviamo un pezzo su degli eventi o dei personaggi meno conosciuti ci aiuta a portarli alla luce del sole, a concentrare dell’interesse intorno a loro. La Polonia ha subito l’invasione nazista, poi l’influenza comunista e sono stati segregati dietro la Cortina di Ferro e in pochi cantano la loro storia. Mia madre è della Repubblica Ceca e ha visto l’arrivo dei carri armati sovietici nelle piazze nel 1968, quindi c’è anche un certo legame personale con quella parte d’Europa. Comunque credo ci siano paesi con una forte mentalità e identità nazionale che meritano di essere valorizzati.”.