Avatar – Piume E Carne
Il 02/05/2016, di Stefano Giorgianni.
Il ritorno del pazzo clown svedese e dei suoi compari di avventura non avrebbe potuto essere più (agro-)dolce. Dopo aver affrontato la dura realtà della vita con “Hail To The Apocalypse”, il gruppo scandinavo ha deciso di compiere un importante passo avanti per la carriera, ovvero di sfondare il muro del concept. Gli Avatar hanno scelto di sbattere dolcemente verso questo limite invisibile, di decidere in maniera arguta dove orientare il proprio futuro, di perdersi nei meandri della fantasia attraverso una storia da loro inventata, senza cliché o stereotipi imposti. “Feathers & Flesh” è dunque l’album della maturità di una band che ha oramai un rodaggio di quindici anni alle spalle e di folle sottomesse alla loro follia, era il momento adatto per dare il colpo finale all’audience internazionale. “L’ambizione di scrivere un concept è venuta prima, era il momento per noi di raggiungere un livello superiore, di compiere uno step avanti, dovevamo solo capire come” esordisce il vocalist Johannes Eckerström “poi abbiamo iniziato a pensare a come realizzarlo, quale doveva essere l’idea alla base di tutto. Avevamo sicuramente molti modelli davanti e non volevamo seguire certi esempi banali, come parlare di draghi o prendere ispirazione dalla letteratura fantastica di massa. Ho cominciato poi a considerare le fiabe, tenendone in considerazione alcune che eravamo abituati ad ascoltare da bambini, invertendone però la prospettiva.” Alla base del disco c’è un poema autografo del frontman con protagonisti degli animali con caratteristiche capovolte rispetto a quel che siamo abitualmente portati a immaginare. Come curiosità chiediamo a Johannes se la sua scelta di vita, alimentare ed etica, c’entri qualcosa con l’idea di fondare il concept sugli animali: “Il veganismo fa parte sicuramente della mia vita e non si tratta solamente di alimentazione. Si basa tutto sul rispetto verso le altre forme di vita. Negli ultimi anni ho sviluppato una grande passione per i volatili, cosa che probabilmente deriva anche da mio padre che ha sempre amato gli uccelli. Riguardo all’album potrebbe esserci una connessione fra l’idea iniziale e il veganismo, ma non si tratta comunque di una storia che si incentra su questa concezione, anche perché il protagonista del poema è un gufo, che è un animale esclusivamente carnivoro.” Una delle peculiarità della storia è quella delle prospettive invertite, di una visione capovolta degli animali scelti da Johannes per il suo poema: “Non volevamo adoperare gli archetipi esistenti. Nel folklore il gufo è peraltro connesso a Satana e nella storia è fondamentale il fatto che sia un cacciatore notturno. Si tratta sempre dello scontro fra luci e ombre, ovviamente niente relativo al black metal o al celebrare l’oscurità in per se stessa.” In opposizione, nel ruolo di antagonista c’è uno dei volatili più rappresentativi della storia dell’umanità: “L’aquila è la luce, la portatrice di luce, è stata anche usata come simbolo da molte nazioni e da molti leader mondiali per la sua maestosità, talvolta mascherata da arroganza.” Nel corso degli eventi il gufo incontra altri rappresentanti della natura, che sono intesi da Johannes come gradi per un’acquisizione d’esperienza per il protagonista: “Gli altri animali rappresentano diverse emozioni e caratteristiche umane. Il tutto è disposto in un percorso di accrescimento e di cambiamento dell’individuo. Il protagonista inizia ad esempio come un individualista, poi avviene l’incontro con le api, che sono un collettivo, tutte lavorano per il bene comune ed è l’opposto del pensiero del gufo, che pensa unicamente per se stessa.” Si sa, ogni fiaba ha una morale e anche quella degli Avatar ne sottintende una, ovvero quella di apprendere dai nostri errori e dal non fermarsi sulla superficialità, continuare a sviluppare noi stessi per far progredire il mondo: “La tecnologia ci dà la grande possibilità di istruirci di giorno in giorno, di diventare sempre più colti, di capire cosa ci succede attorno. Credo che coltivare se stessi sia già un primo passo per risolvere un problema che affligge la comunità intera.” Da autore della fiaba Johannes ha avuto le sue ispirazioni e gli facciamo qualche nome, dei quali ci dice: “Tolkien ha avuto una grande influenza nella mia formazione e nella mia vita e credo l’abbia avuta per chiunque abbia provato a creare un mondo artificiale. Lui aveva iniziato con le lingue e poi ha pian piano costruito un universo. Il mio mondo è una praticamente una foresta dove grande importanza la hanno i personaggi. Altri nomi che potrei farti sono “La Divina Commedia” di Dante, l’Edda di Snorri poiché la mia storia è un poema, anche se ora non vorrei sembrare pretenzioso o snob come un poeta letterato e il problema delle rime devo dire che non è stato di poco conto. Dopo i primi versi ho capito che non si poteva continuare con sky e fly, la cosa si stava facendo seria.”. Dalla penna allo strumento ci sono sempre delle difficoltà, e questa volta si sono accresciute a causa della complessità della storia e dell’impossibilità di modificarla o tagliarla per incastrarla sulle note: “Adattare il poema alla musica continuava la sfida che ci eravamo posti. Però la band era oramai rodata e sapevamo quello che dovevamo fare. Quando si crea un album e si incontrano problemi nell’arrangiare un pezzo che magari non si riesce a far coincidere con il testo, lo si può mettere da parte a fine giornata e passare ad altro o rielaborarlo totalmente. Questa volta non si poteva fare, non si potevano scartare canzoni o parte del poema, ad esempio la parte in cui l’aquila fa il suo ingresso non si può togliere o cambiare. Dovevamo realmente capire come plasmare i brani e in che direzione dovevano andare. Io ho dato il mio apporto anche musicalmente, con qualche riff, ma meno del solito perché ero alle prese col poema. Ero insomma immerso nel mio ruolo di vocalist e di paroliere.” Spesso le storie hanno un seguito e nonostante il finale tragico chiediamo a Johannes se potremmo rivedere la sua foresta in futuro: “Non credo al momento, non solo per la morte del gufo, ma anche perché non so se sono il tipo da continuare con un’altra storia che possa combaciare con questa, non come sequel in maniera diretta comunque.”. Gli Avatar hanno lavorato con la celebre Sylvia Massy per questo album e ci svelano che “è grandiosa. Non conoscevamo molti produttori e avevamo provato con altri che ci avevano risposto negativamente. Sylvia è molto professionale e passionale nel suo lavoro, lei ama fare questo e lo dimostra apertamente. È raro trovare tutte le caratteristiche che lei possiede in una sola persona. Ama sperimentare, è sempre pronta a suggerire e a volte sembra uno scienziato pazzo. Conosce a perfezione la tecnologia e sa aiutare nei momenti di difficoltà.”. Produttrice di successo ha lavorato con molte band e la preferita di Johannes è “i System Of A Down, anche se lei non ha lavorato in quell’album credo che ‘Mesmerize’ sia stato un capolavoro che abbia influenzato non solo noi, ma un sacco di band. Sono stato letteralmente sedotto da quell’album.”. Come ultima cosa il vocalist ci tiene a far sapere che “torneremo in Italia per qualche data dopo le sole due del precedente tour, quindi tenetevi pronti!”.