Myrath – I Predestinati
Il 03/04/2016, di Stefano Giorgianni.
Negli ultimi anni l’Oriental Metal sta raccogliendo proseliti in tutto il globo, complice una mescolanza di elementi di puro metallo e sonorità esotiche seducenti che hanno da sempre affascinato l’ascoltatore occidentale. Secondi solo agli Orphaned Land, i tunisini Myrath hanno ottenuto favore di critica e pubblico con i precedenti album e con questa nuova fatica, intitolata “Legacy”, si dimostrano pronti a fare il salto definitivo. Ne abbiamo parlato con il chitarrista Malek ben Arbia, reduce con la band dalla data milanese a supporto dei Symphony X dello scorso 3 Marzo: “Abbiamo appena terminato il tour europeo con i ragazzi dei Symphony X” esordisce Malek “uno dei nostri migliori tour senz’ombra di dubbio”. Il nuovo album si chiama ‘Legacy’ e ha lo stesso significato di Myrath in arabo, ovvero ‘eredità’: “Il titolo per noi ha un’accezione particolare, è l’eredità del folklore tunisino, l’eredità della rivoluzione, ma anche del nostro padrino che è venuto a mancare tre anni fa”. Una lunga pausa ha intervallato l’uscita di ‘Legacy’ e del precedente ‘Tales Of The Sands’, questo perché: “abbiamo perso Ahmed ben Arbia, il nostro manager. Questa perdita ci ha costretto a ricostruire praticamente tutto, abbiamo avuto una specie di crollo. Non riuscivamo a trovare l’ispirazione ed è stato difficile tornare a scrivere canzoni. Ci siamo fermati per circa due anni” puntualizza il chitarrista “perché dovevamo metabolizzare il lutto”. Nella pausa fra i due full-length in Tunisia c’è stata anche la rivoluzione che: “non sappiamo se abbia influenzato il songwriting, forse inconsciamente. La vita nel nostro paese è stata difficile in questi anni, quindi abbiamo voluto concentrare tutto nella musica, il nostro disappunto, il nostro bisogno di libertà”. Malek si concentra poi sul contenuto dei testi: “È stata la prima volta in assoluto che abbiamo lavorato con due parolieri, Aymen Jaouadi, il nostro storico lyricist, e Perrine Perez-Fuentes, che ha anche disegnato la copertina. Anche loro hanno perso i loro padri e volevano esprimere il sentimento con le loro parole. L’album parla essenzialmente della perdita di una persona cara, ma ci sono anche tracce epiche come ‘The Unburnt'”. Un songwriting che si è svolto, nonostante il cambiamento, nella maniera usuale: “Tutto parte con Kevin Codfert, il produttore, e Elyes, il nostro tastierista, che mettono assieme un po’ di idee. Zaher, il vocalist, ascolta ciò che viene portato in studio per improntare le linee vocali e il resto della band aggiunge riff o propone modifiche. La parte più consistente sono gli arrangiamenti, che di solito occupano uno spazio di circa sei mesi”. Malek ha già accennato all’artwork, prossimo argomento che vogliamo affrontare: “Volevamo qualcosa di forte e raffinato allo stesso tempo” precisa “volevamo che fosse differente da quello che si vede normalmente nel Metal e che rappresentasse le nostre origini. Abbiamo quindi pensato alla Khamsa (la mano di Fatima, ndr.) integrata con il logo dei Myrath”. La band è stata protagonista su internet di una campagna di crowdfunding per raccogliere i soldi del video di ‘Believer’, Malek dichiara a proposito: “Le etichette non investono più nelle band” sottolinea “Il mercato musicale non va bene ed è così che dobbiamo trovare altre risorse. Il crowdfunding può essere la soluzione, anche se spesso non funziona, bisogna avere una grande fanbase”. La cifra raccolta è ammontata ai 10’000 euro, il che: “ci ha permesso di realizzare un video eccezionale, se non avessimo raggiunto una cifra alta avremmo cancellato piuttosto che fare qualcosa di approssimativo. Le riprese sono durate tre giorni, la cui maggior parte davanti a uno schermo blu, per il chroma key, con il terreno ricoperto di sabbia. La post-produzione in 3D è stata sicuramente la più costosa, ma allo stesso tempo la cosa migliore”. Per finire torniamo in Tunisia, agli inizi della carriera del gruppo: “Intraprendere la strada del Metal nel nostro paese è stato quasi impossibile. Non avevamo soldi, né strutture e nessuno nel music business che ci potesse aiutare. Kevin Codfert è stato fondamentale per esportare la nostra musica e per farci avere il primo contratto discografico, senza di lui non credo avessimo potuto arrivare sin qui”.