Ihsahn – Esploratore Di Nuovi Territori
Il 23/03/2016, di Paky Orrasi.
Vegard Sverre Tveitan, conosciuto come Ihsahn, ha prima ridefinito il black metal con i leggendari Emperor e si è in seguito affermato come solista, confermandosi come uno dei compositori più estrosi, imprevedibili e raffinati nel Metal.
Al microfono stupisce per essere umilissimo e sempre di buon umore. Anche questa volta è stato più che disponibile a rispondere alle nostre domande riguardo ‘Arktis’, il suo nuovo singolare album.
Ihsahn ha sempre ha abbattuto i preconcetti assegnati alla musica Metal e non solo musicalmente. Chi in lui ricorda il proclamato satanista degli anni Novanta, sarebbe scioccato difronte alla realtà di questo compositore di quarant’anni. Ihsahn è lontano anni luce dal ventenne che fu, oggi chi ha la fortuna di incontrarlo si rende conto di avere di fronte un animo ed estremamente sensibile. Nel 2012 mi ritrovai a intervistarlo per la prima volta e rimasi sconcertata difronte a un artista visibilmente emozionato quando, ad esempio spiegava che alla fine Nietzsche, il filosofo dal volto allucinato, aveva un animo dolce ed era un artista. Forse gli occhi lucidi erano il risultato di uno rispecchiarsi nella dualità e incomprensione di cui Nietzsche fu tristemente vittima.
Come Nietzsche insegna, “dal caos nace la bellezza” e dai tragici fatti e controversie degli anni Novanta Ihsahn è esploso nello splendore di sei abum solisti che l’hanno portato a essere riconosciuto come un compositore sublime.
“Arktis”, continua a confondere le regole del gioco, e di certo fan e non solo resteranno a bocca aperta innanzi alla direzione segnata da questa nuova perla.
L’album si pone in posizione direttamente opposta al suo criptico predecessore ‘Das Seelenbrechen’ e va alla ricerca della scrittura più semplice. Il suo obiettivo era scrivere all’interno di strutture più tradizionali, dando comunque a ogni canzone una forte identità individuale. Ihsahn gioca con cori che ritornano, e va alla ricerca del buon vecchio riff.
Premesso tutto questo non aspettatevi un album senza sorprese, capitomboli e meno ispirato. Composizione, letteralmente pianificate dall’estroso Ihsahn che svela ”Per ogni album io scrivo un framework, pianifico una struttura per avere delle linee guida per me stesso, dove delineo cosa voglio per questo nuovo lavoro. Ed esempio per ‘Das Seelenbrechen’ avevo delineato molta improvvisazione, perché volevo un lavoro basato sulla estemporaneità. Per questo nuovo lavoro invece ho voluto lavorare sull’artigianalità della scrittura musicale andando alla base e approcciando il lavoro in maniera pop rock”.
I fan hanno potuto ascoltare già il primo pezzo estrapolato da “Arktis” ‘Mass Darkness’, il quale dimostra davvero a cosa Ihsahn si riferisce quando parla di riandare a riscoprire il riff, e una struttura più semplice. Un pezzo che sorprenderà i fan, i quali ascolteranno una composizione che strizza l’occhio al più puro heavy metal con momenti alla Halloween, a riguardo Ihsahn commenta “Sono cresciuto negli anni Ottanta e ho sempre ammirato band quali Priest e Maiden per la struttura musicale semplice di verso, coro ponte. Anche nella musica pop il tutto ha una struttura e idea semplice ma la sfida è rendere quella forma interessante scegliendo cosa mettere in quella struttura. Per quest’album ho voluto creare ogni pezzo partendo da un’idea davvero chiara” .
La differenza di base tra quest’album e i suoi precedenti sta nel costruire ogni canzone partendo da un singolo elemento e costruendo tutto intorno a quel singolo elemento, invece di mettere tantissimi elementi insieme e cercare di fargli star bene insieme. Ihsahn ci spiega che ad esempio “con il pezzo ‘South Winds’ la prima cosa dalla quale sono partito è la linea di basso, e quindi ho costruito il tutto intorno a esso. Per Until I Too Dissolve l’idea portante è il riff di chitarra anni ’80 e da li ho creato il tutto”.
Naturalmente questo artista non fa le cose più facili senza un motivo, ritornare al cuore della scrittura musicale, ricercare la semplicità è una sfida per colui che non si è nutrito di cose semplici. Con gli Emperor, naturalmente, la composizione si teneva ben lontana dalla linearità e lo stesso è avvenuto col il suo progetto solista, nelle sue precedenti composizioni, molte volte enigmatiche, non sempre potevamo capire se egli avesse raggiunto quello che ricercava, mentre ora come dice lui stesso “il 95% della musica è fatta seguendo questa formula, le persone han così tante referenze e quindi ho dovuto sforzarmi e rendere questi tre quattro minuti importanti e interessanti. Questa è stata la mia sfida! Avevo davvero voglia di comporre qualcosa più corporeo, che ti spinga a muoverti e che ti catturi”.
Sebbene Ihsahn abbia detto che era da tantissimo tempo che non si divertiva talmente tanto nello scrivere un album, questo lavoro non è divertente. In esso ritrovate tutta l’influenza filosofica, emotiva e sensibile dell’artista, tuttavia credo che questa volta sia più immediata. Nel disco vi sono gli elementi tipici del suo mondo come dubbio, inettitudine, disperazione e frustrazione, tuttavia celebra la curiosità. Mi sono chiesta come la curiosità, un sentimento che è proiettato nel futuro, nella speranza, nella certezza di una risoluzione possa uscir fuori dalla disperazione e il nostro bardo Ihsahn spiega “Possono coesistere perché è tutto basato sulla dualità che risiede in ogni cosa. Prendi la parte visuale del lavoro, ispirata a Fridtjof Nansen, l’esploratore norvegese che viaggiò nel polo nord nel 1800, li vi è da una parte la lotta per sopravvivere dall’altra questo immenso universo con tutta ostilità. In questo il paradosso che qualcosa possa esistere in quelle condizioni. Da vedere è un paesaggio mozzafiato, uno dei miei preferiti, tuttavia è così sfavorevole agli esseri umani. Inoltre un altro paradosso a cui penso molto è il tempo. Il nostro tempo nel grande schema dell’universo è insignificante, eppure così prezioso per noi, che abbiamo la possibilità di dargli un significato e una grande importanza con le vostre esperienze. Il nostro tempo non deve essere preso per scontato.”
Ihsahn è un maestro nel dare così tanta profondità a ogni suo lavoro, mai nulla è scontato, mai nulla è li per caso.
Persino quando ascoltando l’album, ti ritrovi a ballare su un synth loop che contraddistingue il pezzo ‘South Winds’, ossia la più grande sorpresa in questo album. Personalmente sono stata meravigliata, ho persino controllato se l’album fosse ancora Arktis o il mio Macbook avesse fatto confusione…no era ancora Ihsahn, ed è eccezionale come egli abbia trasferito questo suoni nel suo universo. Se chitarre distorte e scream è la sua natura tuttavia Ihsahn si è sempre differenziato per essere estremamente aperto alla sperimentazione. Per questo pezzo e per il resto dell’album ha deciso di non usare il basso elettrico ma un mooq, quindi mentre giocava con il suo moog è arrivato questo suono e l’ha trovato affascinante, corporeo, insomma proprio quello che stava cercando.
La maniera in cui descrive nei dettagli queste procedure, per me perlopiù difficili da capire interamente, è incantevole, la sua voce si ravviva come uno stregone davanti alla perfetta pozione magica.
E lui non era il solo stregone di suoni a lavorare su quest’album, sul modello di “dio li fa e poi l’accoppia” Jens Bogren ha effettuato il mix. E cosa vi aspettate da un duo del genere? Hanno già lavorato insieme in passato e il risultato è stato ottimo. Jens è conosciuto nell’ambiente grazie al suo unico talento e stile. In quest’album ha reso ogni suono tagliente, dato quasi la sensazione di una tempesta di neve che ti taglia la pelle mentre, barcollando, cerchi di camminare. Sul genio targato Bogren Ihsahn commenta “è un privilegio lavorare con lui, quando iniziammo a lavorare insieme, per il mio terzo album, lo contattai perché amavo il suo lavoro con gli Opeth, ad esempio. Persino nel mio precedente album ‘Das Seelenbrechen’, un disco pazzo e stranissimo lui riuscì a fare un lavoro di mixer assurdo. Ora abbiamo così tanta esperienza l’uno dell’altro e la nostra comunicazione musicale funziona benissimo”.
Parlando di Mr. Bogren posso darvi una piccola curiosità: Ihsahn ama il sassofono, mentre Jens non ci trovava nulla di attraente, tuttavia alla fine Ihsahn ha vinto e ha portato Bogren a apprezzare questo strumento, che tra l’altro ritorna in questo album.
Ihsahn è riuscito ancora una volta a vincere la sua sfida, andando in territori da lui mai toccati, proprio come un esploratore davanti a un territorio affascinante ma dualmente pericoloso.