Derdian – Reset All’Umanità
Il 06/12/2014, di Stefano Giorgianni.
Ad un anno da ‘Limbo’ i Derdian sono tornati con ‘Human Reset’, un album che aderisce stilisticamente alla tradizione musicale del gruppo milanese e che sta raccogliendo critiche positive in tutto il globo. Forti di un’elevata notorietà al di fuori dei confini nazionali, i power metallers lombardi tentano ancora una volta di prendersi quello che gli spetta in terra italica, sempre restia a valorizzare i propri talenti. Metal Hammer ha avuto il piacere di parlare col vocalist Ivan Giannini, il chitarrista Enrico Pistolese e il tastierista Marco Garau per approfondire i temi legati a quest’ultima fatica e fare il punto della situazione.
Ciao ragazzi! Benvenuti su Metal Hammer! È un piacere avervi qui e grazie per la disponibilità! Come va?
Enrico: Tutto ok grazie, siamo alle prese con la promozione del nostro ultimo lavoro e alla ricerca di qualche live in giro per l’Europa.
Siamo qui per parlare di “Human Reset”, il vostro ultimo album che sta ricevendo molte critiche positive. Ve lo aspettavate?
Ivan: mentre registravo le mie tracce pensavo: “Se questo disco fosse uscito nel 1995 non avrebbe sfigurato vicino a “Land of the free” per qualità compositiva delle canzoni. A 16 anni sarei stato più che entusiasta di comprare un disco così.” Ovviamente speravo di non sbagliarmi, eppure il fatto che la registrazione delle mie parti scorresse così rapida , fluida e senza ostacoli non poteva che esser merito della buona composizione delle canzoni e dei testi. “Il genere può piacere o no” mi dicevo, “ma non si può dire che le canzoni siano composte male o il disco non abbia una sua chiara coerenza interna.” Quindi sì, un po’ me lo aspettavo.
Torniamo indietro. Potete dirci in quali circostanze è nato questo lavoro?
Enrico: Questo disco è nato nelle solite circostanze di ogni nostro album: tanta carne al fuoco e tante ore in sala prova, e per ogni canzone la necessità di apportare modifiche e tentare nuovi arrangiamenti finché non arriva il momento di dire: “basta ragazzi sennò non finiamo più!”. Potenzialmente la registrazione di un album potrebbe non finire mai, ma devi porti un limite per arrivare al termine. Dopo un po’ gli arrangiamenti lasciano il posto alle finezze, ma è meglio non esagerare con queste ultime. Quanto detto vale dal punto di vista compositivo, dal punto di vista di vita vissuta della band l’evento più importante dell’anno è stato sicuramente l’ennesimo cambio di bassista: dopo una lunga e proficua collaborazione, sia da parte nostra che da parte di Luciano, abbiamo convenuto che forse era meglio uno split. Troppa diversità di vedute inerenti alla composizione delle nuove tracce di basso. Nei Derdian purtroppo il basso è uno strumento un po’ sacrificato che si limita a dare groove, rendendo così le ritmiche di batteria e chitarra “rocciose” il più possibile. Luciano, da ex bassista prog, non era certo il più adatto per noi, e del resto è stato giusto così…ognuno deve essere libero di trovare la sua strada. Abbiamo ripreso Marco Banfi, già nostro bassista in New Era pt.3, con cui abbiamo ritrovato subito il feeling di una volta.
Potete spiegarci qual è il concetto che sta dietro a “Human Reset”? Già con “Limbo” avevate abbandonato le tematiche fantasy della saga “New Era”…
Enrico: Vedi, Steve, con “Limbo” avevamo intrapreso una strada nuova tesa ad informare i fan della nostra doppia vita e cioè del fatto che la musica non era il nostro mestiere, bensì la nostra più grande passione a cui dedichiamo il nostro tempo libero. Abbiamo voluto farlo per sentirci più vicini a loro, soprattutto a quelli che ci credevano rockstar inarrivabili 🙂 Credo che rompere questa barriera Rockstar/ fan sia stata una cosa fantastica e la gente ha apprezzato e ci si è avvicinata molto, credimi, è bellissimo sentirsi tutti parte di un progetto comune. Il significato del brano “Limbo” è proprio questo: noi sei camminiamo sulla lama di un rasoio da un lato del quale c’è il consenso internazionale per la nostra musica e dall’altro la nostra vita quotidiana lavorativa e famigliare con le rotture di palle che tutti i comuni mortali affrontano. Oltre a questo “Limbo” era il nostro primo tentativo di uscire dal fantasy per raccontare problemi più attuali come i difetti e i gravi problemi dell’umanità (crisi finanziaria ed economica, politica corrotta, falsa informazione, ecc). Con questa premessa “Human Reset” non può che considerarsi la sua naturale evoluzione: l’idea di fondo infatti è: “Caspita, la razza umana è così incasinata che non c’è proprio niente da fare per sistemare le cose… l’unica soluzione sarebbe proprio un reset, come si fa con un computer. E se questo reset fosse per esempio un’invasione aliena?”
Oltre all’idea di fondo, a cosa vi siete ispirati o su cosa vi siete concentrati per le lyrics? Le scrivete assieme o se ne occupa solamente Ivan?
Enrico: Le idee per i testi nascono inizialmente dalla mia penna e da quella di Garry (Marco Garau). Ivan li rielabora e ne sviluppa il contenuto facendo in modo che si adattino alla sua vocalità. I temi delle lyrics sono tanto autobiografici quanto attinenti alla realtà quotidiana, sociale e politica. Ad esempio “Absolute Power” racconta del percorso di Ivan nell’affrontare la sua separazione, mentre “These rails will bleed” parla del suicidio di un uomo che ha perso il proprio impiego, fatto di cronaca quasi giornaliera fino a pochi mesi fa. Come ti spiegavo prima, gli argomenti sono vari… è come se, ormai liberi dai vincoli della storia fantasy, adesso avessimo un sacco di cose da dire! ma proprio un sacco! Il fatto è che il solo vivere la vita ti fa venire in mente un sacco di cose da dire! Il massimo però sarebbe trovare qualcosa di positivo! 🙂 Ma questa sarebbe un’altra evoluzione da parte nostra, magari di cui raccontarti nella prossima intervista.
Per la parte strumentale invece, come avviene il processo di songwriting?
Enrico: io e Garry buttiamo giù le idee iniziali, il pezzo è già pressoché finito e strutturato, ciò che manca sono gli arrangiamenti, le finezze, le armonizzazioni…ecc. E su tutto ciò lavoriamo in sala prove tutti insieme per lunghi mesi durante i quali ognuno può dire la sua, apportare modifiche e addirittura, in molti casi, sconvolgere il pezzo. Ne abbiamo viste di tutti i colori in tutti questi anni. Per riassumere, il processo compositivo è un vero e proprio lavoro di equipe che ci impegna parecchio.
Diteci qualcosa sulle vostre influenze all’interno del mondo del rock/metal, quali gruppi vi hanno ispirato, continuano a farlo, oppure nuove leve che si avvicinano ai vostri gusti musicali…
Enrico: io, ad esser sincero, non ho mai avuto un background musicale molto ampio e vario. Imparai a strimpellare la chitarra con le note dei Metallica, Megadeth, Iron e Manowar arricchendo negli anni i miei ascolti con roba più o meno melodica sempre nell’ambito metal. Il fatto è che dopo un po’ ascoltare musica altrui non mi dava più la soddisfazione dell’inizio e ho iniziato già da subito a sentire l’esigenza di scrivere cose mie. Gli altri ragazzi hanno sicuramente una cultura musicale molto più ampia della mia. Garry e Salva per esempio sono due enciclopedie musicali viventi e conoscono anche gli artisti più sommersi e di nicchia. Anche Dario ha una visione piuttosto ampia, magari conoscendo meno artisti ma spaziando tra generi molto diversi, so per esempio che è un fan sfegatato dei Muse. A livello influenze della band, all’inizio ci ispiravamo, come si può facilmente intendere a band come Stratovarius, Rhapsody, Symphony X ma in realtà pensiamo che i nostri lavori più recenti si discostino notevolmente da questi modelli e sia ormai chiaramente distinguibile una Derdian-identità.
Fuori dall’ambito metal, cosa ascoltate? Questi generi partecipano attivamente al processo composizionale?
Ivan: ascolto musica anni ’60 e ’70, prog rock e elettronica, poi ognuno di noi, come ti spiegava Henry poco fa, ha i suoi personali riferimenti che sicuramente, ad un ascolto attento, possono trasparire e penso che questa miscela di situazioni, generi diversi, diverse esperienze musicali acquisite nel corso degli anni sia la chiave della buona riuscita di un progetto. Qualsiasi esperienza musicale comune può trarre giovamento dai trascorsi di ognuno. L’importante è che i tasselli del puzzle siano incastrati correttamente. Io la vedo così.
Prima di passare al succo dell’album, potete raccontarci un po’ il discorso delle etichette? Ora non avete contratto, si sta muovendo qualcosa?
Enrico: Vedi, in realtà il ragionamento è inverso. Il fatto che noi attualmente non abbiamo un contratto discografico è in realtà una nostra scelta e una meta che abbiamo a lungo desiderato. La verità, Steve, è che la libertà non ha prezzo. Hai idea di quanto sia scocciante avere qualcuno alle calcagna che ogni due per tre ti rompe i coglioni che sei in ritardo con le registrazioni, che il mixaggio non gli piace e bisogna impostarlo in modo diverso, che il booklet del cd uscirà con due fottute scarne paginette perché non c’ha abbastanza soldi o vuole farci la cresta (e poi vai a spiegare tu per e-mail ai fan incazzati che comprano il cd e non ci sono dentro manco i testi il perché di questa becera decisione) e altre mille problematiche di questo tipo. Quindi a un certo punto della nostra carriera musicale ci siamo guardati in faccia e ci siamo detti: “Ragazzi ma considerando che la musica è il nostro hobby e dovrebbe quindi essere fonte di relax e divertimento e considerando che adesso c’è internet e tutti sono in grado di farsi pubblicità da soli e con risultati migliori, esattamente mi spiegate perché dovremmo regalare i nostri lavori a gente che non ne sa sfruttare le potenzialità o comunque ti tiene nascosti i reali risvolti? Facciamo da soli, va, che chi fa da se fa per tre!”. Questo è più o meno il succo. Per di più non condividiamo la strada intrapresa dalla maggior parte delle etichette che a un certo punto ha saturato il mercato iniziando a produrre un sacco di band anche immeritevoli di essere lanciate pur di guadagnare due spiccioli da ognuna. Non si fa così! Una band si produce solo se si crede seriamente in essa e se si hanno le risorse materiali necessarie e le dovute competenze per promuoverla adeguatamente. Il discografico deve anche essere il primo fan di ogni sua band. Producine solo dieci, ma occupati di loro a 360 gradi, anche dal punto di vista dei live!
Parliamo di alcune tracce, a partire da “In Everything”, potete parlarci di questa canzone? Sia dal punto di vista musicale che per il tema del testo…
Marco: Questa canzone è frutto di una promessa fatta ad un’amica che un po’ di tempo fa ha perso il fratello, che tra l’altro era anche un nostro ascoltatore. Le dissi che le avrei dedicato una canzone di questo nuovo album e così ho fatto. La canzone descrive appunto il dolore per la perdita di una persona cara che lascia un vuoto incolmabile in tutti coloro che l’amavano. La vita però continua e quindi il messaggio che ho voluto inviare in questa canzone è che nonostante sia difficile bisogna comunque trovare il coraggio di guardare avanti. Dal punto di vista musicale la canzone si sviluppa su delle melodie piuttosto malinconiche che si sposano perfettamente con la tematica del testo. Diciamo che il risultato finale di questa canzone è proprio quello che mi sarei immaginato prima di comporla.
“Mafia” è un titolo emblematico. Raccontateci qualcosa su questa canzone…
Enrico: E’ sicuramente il mio testo più ispirato e il protagonista è Silvio Berlusconi!…..ahaha scherzo, in realtà ognuno può vederci il personaggio che vuole anche se di provenienza chiaramente politica. La canzone racconta infatti di un boss mafioso seduto alla sua gigantesca scrivania che, ad elezioni imminenti, parla ai suoi scagnozzi ordinando loro di diffondere in giro il suo nome e fargli propaganda politica anche tramite intimidazioni alla povera gente. A metà brano il boss scoprirà che i due scagnozzi sono in realtà dell’FBI e li ucciderà a sangue freddo. Ma il succo di questo brano è ricordare agli ascoltatori, anche estremizzando, che la politica è estremamente corrotta e di non ascoltare le stronzate che ci propinano ai telegiornali in quanto vengono lautamente finanziati dai partiti politici che a loro volta prendono soldi dalle lobbies.
“These Rails Will Bleed” è tanto breve quanto affascinante. Anche in questo caso vorrei dichiaraste qualcosa sulla canzone, a partire dall’ispirazione che, a mio avviso, è chiaramente classica.
Marco: L’idea era appunto quella di sviluppare un brano con una struttura un po’ diversa dal nostro standard, insolitamente breve e senza troppi stacchi, pur mantenendo uno stile neoclassico. All’inizio io stesso non ero molto convinto di questa soluzione, ma poi mi sono dovuto ricredere sul risultato finale. Penso che una canzone di questo tipo in un album lungo ed articolato come il nostro aiuti a spezzare un po’ il ritmo.
Enrico: Per quanto riguarda il testo invece a me piace definirlo “Un siparietto di moderna quotidianità”. Si tratta infatti della storia di un impiegato che tutti i giorni, tornando da lavoro in metropolitana, passa davanti a un clochard con cui è solito intrattenersi qualche minuto per scambiare due chiacchiere. Una volta, spiegandogli la sua storia, aveva raccontato al giovane impiegato di essersi licenziato per inseguire i suoi sogni di gloria in giro per il mondo (attore? musicista? la canzone non lo dice ma non è molto rilevante). Il punto è che quella volta, mentre il senzatetto spiegava al protagonista le sue avventure passate, egli era fiero delle scelte prese e di aver avuto il coraggio di prendere in mano la sua vita e aver goduto di tutto ciò che essa aveva da offrirgli. Adesso invece, nel corso dell’ultima conversazione tra i due, il senzatetto, umiliato e piegato da una vita di stenti e privo ormai dell’antico orgoglio di aver seguito le sue passioni, comunica in lacrime all’unica persona che ormai gli rivolge la parola la sua intenzione di togliersi la vita. A nulla serviranno gli incoraggiamenti del giovane impiegato perché qualche giorno dopo, inesorabilmente, il treno passerà su di lui liberandolo dalle sue sofferenze…
“Music Is Life” l’ho descritta come un vostro “inno all’amore per la musica”, è corretto?
Marco: Direi che hai azzeccato in pieno il concetto. Non starei a dilungarmi troppo su questa canzone poiché il messaggio è molto chiaro. La musica è vita perché la vita è fatta di musica. Non può esistere un momento importante della nostra vita che non sia collegato ad una canzone, e i ricordi sono come le canzoni. Finché c’è vita c’è speranza, no? Quindi finché c’é musica c’è speranza.
“Gods Don’t Give a Damn” è un altro pezzo orecchiabile e con tratti classici, come nasce?
Marco: A dir la verità quando ho presentato questo brano alla band sono rimasti tutti molto stupiti. Non è assolutamente nel mio stile scrivere canzoni di questo tipo con tempi dispari e riff particolari, però anch’io ogni tanto sento il bisogno di confrontarmi con delle realtà diverse dalla mia. I tratti classici sono il “contentino” dedicato ai non amanti del genere prog, perché è bene sapere che questo tipo di canzoni possono piacere molto a chi le suona come possono annoiare molto alcuni ascoltatori. Quindi il compromesso è infilare un bel ritornello che anche se scritto su un tempo dispari sia di facile acquisizione per chi se lo vuole cantare. I Symphony X ad esempio sono stati maestri a fare questo in diverse loro canzoni.
“My Life Back” è un brano molto profondo, su cosa si basa?
Ivan: ‘My life back’ parla di dipendenza e racconta di una storia realmente accaduta, della sensazione di disconnessione dalla realtà, dal proprio corpo, dalla propria coscienza e dalle proprie emozioni, del disastro che una qualsiasi forma di dipendenza grave porta nella vita sociale e nelle relazioni con le persone e di come il protagonista della storia è riuscito miracolosamente a salvarsi ad un passo dalla fine.
Ho definito “Human Reset” come un’opera teatrale, siete d’accordo con la mia definizione o lo percepite come un qualcosa di diverso?
Enrico: assolutamente d’accordo, ho avuto anche io la stessa impressione ascoltando per la prima volta il disco finito. Ritengo tra l’altro lo stile di Ivan molto in linea con questa interpretazione. Quando canta sembra che reciti e penso che grazie a questo la nostra musica abbia acquisito punti in più.
Progetti ed idee per il futuro?
Enrico: Al momento stiamo cercando di partecipare a qualche concerto in giro per l’Europa. Ad agosto saremo in Repubblica Ceca al Made of Metal e forse anche al Megafest, vedremo e speriamo che salti fuori qualche altra partecipazione. Adesso abbiamo appena lanciato il nostro videoclip “Write your Epitaph” e potete già trovarlo in giro per il web e sulla nostra pagina Youtube. Poi tra qualche settimana inizieremo di sicuro a comporre ed arrangiare nuovo materiale. Molti pezzi ci sono già, dobbiamo solo metterci a lavoro.
Vi lascio il prossimo spazio per i saluti ai vostri fans e lettori di Metal Hammer?
Enrico: E’ un onore avere uno spazio per presentarsi e condividere con altri ciò per cui si vive veramente. Soprattutto di questi tempi dominati dall’individualismo e dall’omologazione è incredibile trovare spazi come questi per dire chi sei e cosa fai, quindi il primo ringraziamento va a te, Steve e a Metal Hammer. Grazie veramente di cuore e uno speciale saluto ai nostri amatissimi fan che ci seguono ormai da anni e si fanno sempre sentire su tutti i social network e un caloroso abbraccio anche a tutti coloro che si accostano alla nostra musica solo ora e stanno leggendo quest’intervista.