Slipknot – Morte E Resurrezione
Il 04/12/2014, di Stefano Giorgianni.
Dopo sei anni e un periodo arduo alle spalle i celeberrimi mascherati si riaffacciano sul mercato musicale metallico con ‘.5: The Gray Chapter’. Corey Taylor racconta a Metal Hammer le circostanze in cui è nato il nuovo album e la difficile rinascita della band statunitense.
Oscuro, tormentato, dannato, rabbioso, sanguinoso, horrorifico, circondato da un’atmosfera di lutto. Così ma anche con altri mille termini si potrebbe descrivere ‘.5: The Gray Chapter’, il nuovo album degli Slipknot, uscito dopo un lungo periodo di gestazione, a sei anni da ‘All Hope Is Gone’, a quattro dalla morte del bassista Paul Gray, che ha gettato nello sconforto e nella disperazione i rimanenti membri della band americana. Un periodo difficile, segnato in aggiunta dalla separazione dello storico batterista Joey Jordison, che ha portato ulteriori squilibri nella psicologia di un gruppo già segnato dal lutto. Da tutti questi eventi nasce quest’ultima fatica discografica, complicata, colma di tutte quelle sfumature di grigio che solamente la disperazione è in grado di scagliare senza pietà sulla bianca tela dell’ispirazione artistica. Corey Taylor racconta con le proprie parole a Metal Hammer il concepimento del ‘Gray Chapter’, disco che marca il ritorno sulla scena di uno dei gruppi fondamentali degli ultimi vent’anni del Metal e che dà una spinta definitiva alla rassegnazione. Il vocalist inizia a narrare, spiegando il motivo della decisione dei primi due brani da pubblicare prima del disco: “La scelta delle due tracce rilasciate in anticipo, ‘The Negative One’ e ‘The Devil In I’, ha un suo perché: rappresentano, a mio parere, i due picchi dello spettro musicale degli Slipknot. La prima ritrae il nostro lato più gutturale e brutale, mentre la seconda, il primo singolo ufficiale, è un po’ più melodica ma comunque intensa, e mostra la parte più profonda di questa band. Ha avuto senso rilasciare questi due brani per far capire in che direzione andava il nuovo album.” Si passa poi al sanguinolento, putrido, maledetto clip del singolo: “L’idea per il video di ‘The Devil In I’ viene dal Clown, che oltre ad averlo concepito l’ha pure girato, facendo un gran lavoro. Lui è molto attento ai dettagli e migliora di volta in volta, sono entusiasta del risultato” – sottolinea il cantante, che aggiunge – “Quando mi ha spiegato quello che aveva in mente e mi ha detto che dovevamo morire tutti ho pensato che fosse geniale e poi ha chiesto ad ognuno di noi come intendeva morire. Io e Jim Root volevamo entrambi farci saltare in aria, quindi dovevamo trovare una maniera diversa di esplodere: lui ha avuto il detonatore per la dinamite, mentre io un bottone rosso da premere. Un aneddoto che posso raccontarvi riguardante la mia morte coinvolge le mie scarpe. I ragazzi degli effetti speciali non avevano delle calzature adatte al manichino, quindi gli ho prestato le mie, rassicurato che non sarebbe successo niente. Infatti ho ancora del sangue finto sulle scarpe. Quando la gente mi chiede perché sono sporche gli rispondo che non vogliono saperlo.” Un disco concepito con forza: “Il processo di songwriting si è svolto nella stessa maniera dei precedenti album, avevamo un sacco di idee, le abbiamo mescolate assieme e siamo stati a vedere cosa ne usciva fuori. Volevamo che risultasse organico, volevamo avere la stessa urgenza che ci ha portato a rilasciare gli altri, volevamo che venisse percepito come un album.” Un capitolo grigio in diversi sensi per gli Slipknot: “Per ciò che riguarda le lyrics abbiamo dovuto affrontare dei temi pesanti e spiacevoli. Abbiamo perso uno dei membri più importanti della band quattro anni fa, ci siamo separati da Joey Jordison e sapevamo che sarebbe stato un processo difficile. Siamo partiti con l’idea basilare di raccontare questi ultimi quattro anni della band e tutto ciò che abbiamo passato.” I mascherati avevano ovviamente bisogno di un’immagine forte, di grande impatto, che rappresentasse il loro stato d’animo e le loro idee: “L’artwork dell’album è molto, molto fico, abbiamo sempre avuto delle belle copertine e questa volta non è stato diverso. Il ‘Gray Chapter’ doveva rappresentare una ri-nascita, per me il concetto di vita è un concetto femminile, l’uomo non porta la vita al mondo, solamente la donna. Quando ho visto quell’immagine di una donna, raffigurata come uno scheletro, sono stato immediatamente colpito dal fatto che fosse una femmina. Allo stesso tempo sono rimasto scioccato dai colori, che ci fosse così una mistura bianco e nero, una sensazione che da lontano dà l’impressione del grigio. Il grigio, come è stato detto dal clown un milione di volte, è solamente una percezione creata dagli occhi, dalla mente, un’illusione, questo è il giusto modo di rappresentare il ‘Gray Chapter’.” Taylor commenta poi alcuni dei brani: “Le tracce che spiccano, secondo me, di quest’album…sono molte” – si ferma a riflettere – “ho smesso di ascoltarle dopo le registrazioni” – ammette Corey – “pensandoci bene, ‘AOV’ è fantastica, ‘Custer’ è assurda. I primi due pezzi, ‘XIX’ e ‘Sarcastrophe’, sono grandiosi, credo che bruceranno la gente viva e che gli si staccheranno le teste a forza di sbatterle. Penso che tutto all’interno del disco sia bellissimo, persino il sound di ‘Killpop’, così diverso, c’è una connotazione sessuale nel profondo, è una canzone che parla del mio pensiero riguardo l’industria musicale e di quello che è successo in questi quattro anni, mostrando un ulteriore lato della faccenda.” Un album che riporterà gli Slipknot in tour, fra ricordi e nuovi sfide: “Il tour UK ed europeo avrà un significato molto speciale per noi. La gente non sa che cosa vuol dire arrivare in Europa, specialmente nel Regno Unito, uno dei primi paesi che ha intuito cosa questa band potesse diventare e che ci ha compreso sin da subito. Il primo show in Inghilterra fu nel Dicembre 1999, al London Astoria durante il World Domination Tour, eravamo così su di giri. Il Regno Unito ha visto alcuni dei nostri concerti migliori, ogni volta che pianifichiamo un tour cerchiamo di starci per molto tempo. Nel resto d’Europa suoneremo in nazioni come la Germania, il Lussemburgo, l’Italia, la Francia, sarà veramente un gran tour, non vediamo l’ora di partire.” Il vocalist illustra poi le caratteristiche dello show: “Il nuovo spettacolo sarà l’estensione di ciò che abbiamo già portato in scena. Abbiamo delle sorprese eccezionali, il Clown è un maniaco, un maniaco creativo, mi ha mostrato alcune delle cose che ha preparato e ho pensato: ‘Ecco, ci risiamo!’. Ci saranno esplosioni, più fuoco, parti movibili, tanta pazzia, tutto quello che caratterizza i nostri show.” Si passa poi al Knotfest, il festival slipknotiano in tutto e per tutto: “Fra i nostri concerti preferiti ci sono i festival europei, che abbracciano diversi generi musicali, in cui c’è molta libertà, dove possiamo proporre quello che vogliamo, negli Stati Uniti sono più restrittivi. Quello che vogliamo fare con il Knotfest è ricreare l’atmosfera europea negli States e credo che i nostri fans metallari ameranno quello che stiamo cercando di fare. Non so tuttavia se porteremo lo show in tutto il globo, sicuramente tenteremo di fare qualche data qua e là, ma non credo che diventerà un tour mondiale. Vogliamo piuttosto concentrarci su un posto, quando cominci a viaggiare inizi a perdere qualcosa, mentre fermandoti in un luogo puoi fare molto di più.” C’è ancora spazio per illustrare il significato dei rivoluzionati celebri finti volti della band: “Sulle nuove maschere posso dire che alcuni di noi, in ciascun album, hanno evoluto la propria immagine, ovviamente ciascuno in maniera diversa, chi più chi meno, ma comunque un pizzico di novità c’è sempre stata e questa volta non è l’eccezione. La mia, quella del Clown, quella di Sid Wilson sono quelle che sono cambiate maggiormente. Tutto si concentra sull’evoluzione, il fulcro di questa band è la trasformazione che avviene ad ogni uscita discografica. Le nostre maschere cambiano perché noi stessi cambiamo, le persone non sono mai le stesse. Ovviamente non ci sediamo ad un tavolino e ci mettiamo d’accordo su cosa fare, ognuno decide quello che vuole fare. Ci fidiamo l’uno dell’altro e crediamo che ciò che ne viene fuori sia la rappresentazione esatta.” Taylor spiega poi il significato della propria: “L’idea per la mia maschera viene proprio da ciò che voglio che si rifletta attraverso di essa. La maschera dietro la maschera questo concetto è basato sulla concezione umana, per me ha senso che essa si divida in due pezzi. Tolto il primo strato ve n’è un altro sotto, in rappresentazione degli strati dell’anima, della maniera in cui questi affrontano concetti tipo la morte, la perdita, il rimpianto, la colpa, la rabbia, la tristezza più profonda.” L’ultima precisazione riguarda le maschere dei due nuovi entrati: “Il fatto che il bassista e il batterista abbiano una maschera non identica, ma simile, ha un significato particolare. È una sorta di dimostrazione di condizione provvisoria, la similitudine fra le maschere sta a sottolineare che non sono entrati ufficialmente nella band, suonano con noi ma non fanno parte del gruppo. Negli Slipknot ciascuno si è guadagnato ciò che possiede adesso e deve essere così per tutti. Il bassista ed il batterista devono guadagnarsi lo spazio nella band. Quando verrà il tempo di incidere un nuovo album , se saranno ancora con noi, se avranno fatto un buon lavoro e saranno ancora in sospeso, vedremo cosa accadrà. Prima di ciò è importante che gli mostriamo che se ti meriti il tuo spazio nessuno può portartelo via.”