John Garcia – Rolling Stoned
Il 12/09/2014, di Barbara Volpi.
Ne parlava da quando si formarono i Kyuss Lives! di far uscire un disco solista e finalmente John Garcia ce l’ha fatta. Solo, allora aveva preventivato un po’ scherzando un album ispirato ai suoi ascolti paralleli, ossia Ohio Players ed Earth Wind & Fire, e invece? Invece il cantante dei Vista Chino ha scalciato la polvere del deserto ancora una volta dimostrandosi un grande sciamano.
Un disco omonimo non è mai uno scherzo, soprattutto se è il lavoro solista di un cantante che è sempre stato un capo-tribù (Slo Burn, Kyuss, Vista Chino, Unida, Hermano) e se esso esce dopo anni di consolidata carriera. “Ci lavoravo su da tempo a un disco che non dovesse trovare compromessi con quelli di appartenere alla personalità di una band ma potesse rispecchiarmi a 360 gradi, solamente non avevo mai trovato il tempo di portarlo a termine, vista la mia lista di impegni. Poi, ad un certo punto, tra un tour e l’altro, costretto anche ad una pausa forzata dovuta alla diatriba sul nome ‘Kyuss’ che ho avuto con Josh Homme e Scott Reeder, ho tirato fuori i vecchi brani da me scritti che avevo tenuto nel cassetto e mi sono dato una disciplina: mi alzavo presto, facevo colazione con la mia famiglia e alla nove ero in studio, vicino a Palm Spring. Lavoravo fino alle 17 poi staccavo e tornavo a casa per il barbecue con moglie e figli, come una qualsiasi persona che frequenta un ufficio. Tutto questo per circa un mese. Nel contempo per motivi legali ho dovuto cambiare il nome della band Kyuss Lives! in Vista Chino ma, come si suol dire, non tutti i mali vengono per nuocere, e così finalmente ho portato a compimento ‘John Garcia’”. Un nome, una garanzia. Se qualcuno aveva avuto dei dubbi circa l’eredità del marchio di fabbrica ‘Kyuss’, qui c’è la prova sufficiente per comprendere che nella definizione di quello stile musicale avvitato, madido, pericolante ed ipnotico John non era mai stato solo una comparsa ma un attore protagonista. Quella sua voce che si arrampica nasale su picchi di sabbia inarrivabili e che echeggia come un serpente infuriato su tonalità blues e hard rock non è mai stata un fattore secondario, così come quel suo modo di ancheggiare e aggrapparsi al microfono quando si esibisce dal vivo. John Garcia è semplicemente l’incarnazione dello stoner rock o del desert rock, anche se non bisogna dirglielo troppo forte. “Ho sempre considerato questa storia del desert rock o stoner rock una fandonia inventata ad hoc da discografici e giornalisti per vendere meglio un genere musicale multiforme che proveniva però tutto da Joshua Tree e dintorni, così come il grunge era formato da band diversificate unite solamente dal fatto di provenire dallo stato di Washington. Io che sono nato in quei luoghi e che tuttora ci abito, che amo il deserto come la mia patria naturale e che ne conosco e rispetto i segreti, sono persino infastidito dall’epica creatasi intorno alla magia del deserto, da Jim Morrison in poi. E’ un qualcosa di meramente letterario, molto lontano dalla durezza di quella terra che implica una lotta quotidiana”. Sarà, caro Mr. Garcia, ma allora perché hai voluto nel disco Robby Krieger, una certezza della mistica sciamanica che fu dei Doors? “Stavo discutendo con il produttore Harper Hug circa l’opportunità di inserire una chitarra ispanica in un album che stava volutamente uscendo molto rock e diretto, e stavo cercando un nome papabile. Lui mi ha suggerito quello di Robby Krieger e io gli ho dato subito del pazzo. Però Harper conosce Robby, che è una persona molto gentile e disponibile, per nulla supponente. Gli ha fatto ascoltare il brano e Robby e venuto in studio per aggiungerci il suo assolo di chitarra. Non ci potevo credere. Krieger è una leggenda vivente eppure è così umile e aperto sempre a sperimentare! E’ un esempio umano e professionale per qualsiasi musicista. Puoi anche non avere amato i Doors ma l’attitudine di quegli artisti è un’eredità per la storia. E’ stato un momento monumentale che non dimenticherò mai per tutta la vita, uno dei più importanti della mia esistenza, almeno dal punto di vista professionale. La cosa buffa è che nel tempo speso insieme abbiamo parlato più di golf che di musica. Io non sono un grande golfista, ma Robby è un grande appassionato di golf e Palm Spring è il luogo adatto per chi ama quello sport. Così sono stato trascinato mio malgrado nella conoscenza dei segreti di quella disciplina”. Al disco hanno partecipato anche membri degli Hermano e degli Slo Burn, Nick Oliveri, Danko Jones, Brant Bjork, come se tutti volessero rendere omaggio al membro più importante di una comunità. “La mia è una grande tribù dove non ci sono capi ma solo scambi e collaborazioni. Diventare parte di un progetto reciproco è molto naturale”. Intanto, in attesa del tour solista che lo attende in autunno, John è in tour con gli Unida, una delle sue tante famiglie. “Sia gli Unida, che gli Hermano che i Vista Chino mi hanno chiesto di iniziare a lavorare a un nuovo album. Sono tutti amici con cui amo suonare ed è stato difficile dire di no, ma per il momento voglio concentrarmi su ‘John Garcia’, poi si vedrà”.