Blues Pills – Big Sister and the Holding Company
Il 12/09/2014, di Fabio Magliano.
Un fenomeno in costante ascesa nel mondo dell’hard rock è rappresentato dai Blues Pills, band guidata dalla bella Elin Larsson dedita ad un blues rock di scuola Settantiana che sempre più proseliti sta mietendo sul suolo europeo grazie ad un esplosivo album di debutto.
Un termometro decisamente probante riguardo il valore reale di una band, è la disponibilità di chi vi ruota attorno di mettersi in gioco. Viene da sé che, se un colosso come la Nuclear Blast, un punto di riferimento assoluto per le produzioni heavy metal mondiali, decide di inserire nel proprio rooster, tra Exodus e Immortal, un gruppo come i Blues Pills, è perchè in essi ha intravisto grandissime potenzialità. Tali da mettersi per un istante in discussione, accantonare il metal estremo che rappresenta il “core” delle produzioni e concentrarsi su quel rock psichedelico dalle forti influenze settantiane che dal 2011 marchia a fuoco il sound dei Blues Pills. Una scelta che pare dare ragione ai talent scout della label tedesca, che vedono in queste settimane l’omonimo album di debutto dei Blues Pills conquistare le vette delle rock chart di mezza Europa e il dolce viso della cantante Elin Larsson spopolare sulle copertine dei più prestigiosi magazine musicali del Continente. Un successo che per alcuni versi ha colto di sorpresa la bella cantante, divertita davanti a tanto clamore ed alquanto propensa a gettare acqua sul fuoco per rimanere con i piedi saldi per terra “Stanno piovendo complimenti da tutte le parti, la cosa ovviamente ci fa piacere ma non dobbiamo montarci la testa – esordisce al telefono con fare garbato e la voce, dolcissima, pronta ad aprirsi in una solare risata – Io penso di essere rimasta quella di sempre, sono orgogliosa delle copertine dei giornali e delle recensioni positive, ma tendo a vivere il successo, se così lo si può chiamare, in un modo abbastanza intimo. Non voglio passare per supponente, le emozioni in questo momento sono enormi, ma sappiamo che basta realmente poco per montarsi la testa e rovinare tutto, quindi preferiamo continuare a rimanere concentrati sulla nostra musica e a lavorare per crescere come musicisti. Se stiamo a ascoltare quello che dicono i giornalisti, abbiamo raggiunto la vetta, siamo al top, e questa cosa un po’ ci fa paura. Noi siamo giovani, io ho solo 25 anni e penso di avere ancora tutto da imparare riguardo al suonare, all’esibirmi e all’incidere dischi, quindi è bene distaccarsi da tutti questi complimenti e pensare a suonare”. Chi invece non pare sorpresa di tanto clamore è la label Nuclear Blast, pronta a scommettere su una band lontana anni luce dalle sue normali produzioni. Un matrimonio, quello che ha legato la label di Donzdorf ai Blues Pills, che ha sorpreso non poco, ma anche su questo argomento Elin sfodera la sua ironia “Che c’è di strano? – risponde divertita – In fondo noi siamo tutti fan sfegatati di Carcass e Dimmu Borgir, non si sente? (ride Nda). Scherzi a parte, inizialmente è stata una sorpresa l’interessamento della Nuclear Blast, anche perchè siamo arrivati a loro attraverso un video che ci vedeva alle prese con uno dei nostri primissimi show, quindi non il massimo della qualità. Ci hanno contattati, ci siamo incontrati in Germania, e subito dopo il primo incontro abbiamo avuto la sensazione che si sarebbe potuto lavorare bene con loro. E’ vero che è una label specializzata in sonorità più estreme, però ha espresso la volontà di volersi aprire verso il rock più classico, come confermano le recenti uscite di Kadavar e The Vintage Caravan. Sono sincera, ci siamo trovati subito molto bene con loro, ci hanno dato carta bianca e non hanno fatto nulla per cercare di influenzarci e di interferire con il nostro processo creativo. Ogni giorno dimostrano di credere molto nella nostra band, e questo ci consente di lavorare con serenità e concentrarci unicamente sulla nostra musica, un privilegio non da poco in questi tempi”. Un’altra cosa che sorprende del “fenomeno” Blues Pills, è la sua natura di band multietnica. Se la cantante è svedese, infatti, Zack Anderson e Cory Berry, rispettivamente bassista e batterista hanno passaporto americano, mentre il giovane chitarrista Dorian Sorriaux batte bandiera francese. Nessun lavoro a distanza e dischi assemblati con il file sharing, però, perchè la realtà è ben più naif “Ci presentano come una band “multietnica” ma la verità è che viviamo tutti insieme in un piccolo appartamento a Örebro in Svezia, siamo come una grande famiglia – spiega la cantante – Mi rendo conto che, leggere di una band composta da ragazzi svedesi, americani e francesi possa passare per cosa abbastanza inusuale, ma posso assicurare che questa unione è nata nel modo più naturale possibile. Io avevo appena perso il mio lavoro in Svezia, sentivo bisogno di cambiamento e sono partita all’avventura trasferendomi per qualche mese in California. Qui ho incontrato Zack e Cory, abbiamo fatto amicizia e ci siamo messi a suonare insieme, senza pretese, senza la reale idea di dare vita ad una vera band…eravamo solo tre ragazzi che amavano il rock ed il blues e volevano suonare un po’ insieme, per divertimento. Destino vuole che, il primo pezzo composto abbastanza artigianalmente e buttato per scherzo in rete ha riscosso un buon interesse, una label svedese ci ha proposto un contratto per il nostro primo EP e, sulla scia di questo, ci siamo trovati a suonare parecchio in Europa. Dorian lo conoscevano Zack e Corey avendolo visto suonare una sera in un piccolo pub. Ricordo la loro chiamata nella quale mi parlavano entusiasti di questo piccolo genio francese di soli 18 anni! E quando l’ho sentito suonare mi sono resa conto che, nonostante la giovanissima età avesse davvero un grande talento. Dopo i primi positivi riscontri ottenuti dalla nostra musica abbiamo deciso di trasferirci nuovamente tutti in Svezia e vivere tutti insieme nella Blues Pills’s House. A pensarci bene, non ho ancora capito se sia peggio per me dividere casa con tre maschi, o per loro avere a che fare con una personcina come me..scherzo ovviamente, siamo una grande famiglia e il legame è davvero molto forte”. Talmente forte da portare la band a convogliare tutti i propri elementi nella cittadina di Örebro, abbandonando un’America nell’immaginario collettivo più propensa a dare una chance alle band emergenti “Örebro è la città ideale per chi vuole fare musica – spiega la singer – l’ambiente è di grande ispirazione, si respira musica in ogni angolo. Ci sono tanti musicisti, locali dove suonare, e da quando ci siamo trasferiti qui abbiamo incontrato molte persone che ci hanno aiutato nel nostro percorso, tra queste anche il nostro produttore Don Alsterberg. Ad oggi posso dire che, la scelta di lasciare l’America per trasferirci in Svezia ci sta pagando a pieno. Poi, noi siamo tutte persone aperte al cambiamento, non è detto che tra qualche anno si ritorni in America o ci si trasferisca in Germania o in Francia…ma al momento questa è la situazione ideale per sviluppare la nostra musica”. Una musica che si rifà ad un sound volutamente datato, figlio dei Led Zeppelin e di Janis Joplin, dei Fleetwood Mac e di Jimi Hendrix, prepotentemente riscoperto negli ultimi anni attraverso giovani band che, guidate da un’irrefrenabile voglia di “vintage”, vanno a rispolverare con decisione i suoni, la cultura e l’immaginario degli anni Sessanta e Settanta. Un movimento di sempre maggior successo, sulle cui origini la cantante scandinava pare non avere le idee chiarissime “E’ molto facile trovare giovani band alle prese, come noi, con sonorità degli anni ’70 ma onestamente non riesco a darmi una risposta valida per questa tendenza – tenta di spiegare, senza troppa convinzione – Io posso dire di essere cresciuta con le rock band degli anni Settanta, mi piacciono i Led Zeppelin, i Cream e Janis Joplin, i Beatles e Aretha Franklin, forse perchè mi è sempre piaciuto andare al cuore della musica, ascoltarla là dove nasce, da dove sgorgano le emozioni più intense… trovo che, se si ascoltano bene i dischi dell’epoca, ci si rende conto che conservano ancora qualcosa di autentico, di genuino. Con le tecnologie moderne è facile incidere il disco perfetto, basta intervenire in post-produzione e correggere tutto quello che non va. Gli anni Settanta sono ricchi di capolavori tecnicamente imperfetti ma meravigliosi per feeling e attitudine. Noi guardiamo a quello spirito, il nostro primo demo non era altro che una vecchia cassetta con quattro tracce, registrata nel garage del padre di Zack, questo per far capire quella che è la nostra concezione della musica. E probabilmente oggi la gente sente il bisogno di queste cose, di vedere all’opera band vere, che suonino realmente e che possano riprodurre anche sul palco quello che hanno messo su disco”. Ed è alquanto bizzarro fermarsi a pensare per un istante che, per le nuove generazioni, queste band emergenti possano fungere da insolito traino per partire a riscoprire quelle band che le hanno ispirate, arrivando paradossalmente a Led Zeppelin e Jimi Hendrix sull’onda del successo riscosso dai Blues Pills “E’ molto strano a pensarci – conferma Elin – ma se i Blues Pills, i Rival Sons, i Kadavar o Dean Allen Foyd con la loro musica possono aiutare a far riscoprire alcune band degli anni Sessanta o Settanta che, per ovvie ragioni, non finiscono più sui giornali o in televisione, ben venga. In quegli anni sono stati prodotti capolavori del rock e se noi possiamo contribuire a farli ritornare a galla e renderli nuovamente attuali facendoli scoprire ai giovanissimi, è un motivo di orgoglio in più per noi”. Molte delle band alle quali i Blues Pills si rifanno, hanno trovato nelle droghe sintetiche una importante fonte di ispirazione, componendo alcuni dei propri capolavori proprio sotto l’effetto degli acidi. Un metodo di lavoro suggestivo, ma che non incontra i favori della giovane band di Örebro “E’ vero che negli anni Sessanta e Settanta l’LSD veniva utilizzato per comporre, e le visioni che provocava spesso finivano in musica dando vita a volte a piccoli capolavori – spiega la cantante – ma a quel tempo l’utilizzo degli acidi era legato ad un’intera generazione, che andava oltre ad un discorso musicale. Gli acidi facevano parte della cultura del tempo, del movimento hippies, erano la porta per aprire le proprie menti su una realtà parallela. Oggi le cose sono cambiate, la realtà offre talmente tanti spunti per comporre che non c’è bisogno di affidarsi alle droghe per scrivere canzoni. Noi preferiamo guardarci attorno e affidarci a quello che vediamo e alle nostre emozioni per comporre. La nostra è una musica che nasce dal cuore, è un flusso continuo di sensazioni, di vibrazioni positive, la cui origine è naturale, altro che sintetica!”. A dare un tocco di psichedelia al disco, l’opera d’arte di Marijke Koger-Dunham, artista già al lavoro con Beatles e Cream, utilizzata per la copertina “Mi sono innamorata di Marijke vedendo un suo dipinto sulla copertina di un album dell’Incredible String Band, ma non ho mai pensato che fosse possibile arrivare a collaborare con lei per pure ragioni di budget. Poi un giorno, quasi per scherzo, ho detto a Zack di provare a contattarla, strappandogli un sorriso al pensiero che l’artista che aveva collaborato con Beatles ed Eric Clapton avrebbe potuto lavorare per i Blues Pills. Nonostante questo Zack le ha scritto e le ha inviato, oltre a complimenti e attestati di stima, due nostre canzoni. Non dico la sorpresa quando ci ha risposto che le piaceva la nostra musica e che avremmo potuto utilizzare per la copertina del disco questo suo dipinto degli anni ’60 intitolato ‘Love Life’. L’orgoglio che provo, ora, ogni volta che guardo quella copertina, è qualcosa di inimmaginabile”. In chiusura un sassolino da togliesi dalla scarpa, legato all’origine del nome della band, quelle “pillole blu” celate nel gioco di parole, che non possono non ricondurre la mente al Viagra. Un velato riferimento al potere “eccitante” della musica della band? Nulla di tutto questo, come prontamente spiega la cantante stoppando sul nascere i nostri voli pindarici “Non c’entra niente con il Viagra, il nostro nome, anche se mi piace l’accostamento tra la musica ed il suo effetto eccitante. No, il nome Blues Pills è stato “rubato” da un blog di un nostro amico, chiamato BluezPillz, attraverso il quale si parlava del rock e della musica underground degli anni ’60 e ’70, ovvero là dove la nostra band ha le proprie radici. Abbiamo subito pensato che il nome Blues Pills potesse funzionare bene con noi, perchè conteneva in esso la parola Blues, ovvero la musica che più amiamo e che ci ha influenzato, e quelle pillole che hanno accompagnato un’intera generazione di ragazzi nel periodo della psichedelia. Quando abbiamo chiesto al ragazzo del blog di poter utilizzare questo nome, è stato entusiasta, e noi tanto quanto lui, perchè pensiamo che Blues Pills fotografi benissimo quello che siamo”.