Anvil – No Live ‘til Metal

Il 12/09/2014, di .

Anvil – No Live ‘til Metal

Se ognuno ha diritto ad un quarto d’ora di celebrità, gli Anvil hanno beneficiato di un prezioso bonus, riassaporando, dopo i fasti degli anni Ottanta, l’ebbrezza della notorietà grazie al cult movie ‘The Story Of Anvil’. Grazie al quale oggi Lips e Robb sono tornati a girare per il mondo, a dispensare sano heavy metal e a spargere il loro verbo. Quello stesso che Steve “Lips” Kudlow ci offre in un’intervista carica di aneddoti e preziose pillole di saggezza…

Un inno allo spirito umano: forse non c’è un modo migliore di questo per definire e raccontare la storia – e la vita – di Steve “Lips” Kudlow e Robb Reiner, artefici di una creatura che si chiama Anvil e che da oltre trentacinque anni trasuda passione, sacrificio ed energia plasmati in chiave rigorosamente heavy. Una scintilla che si è accesa dietro ai banchi di scuola e che ha portato i due a salire sui palchi di tutto il mondo, dai piccoli locali di periferia ai grandi festival davanti a migliaia di metal fan. Il segreto di questa longevità non è un segreto e coincide con la parola rispetto: quello che da sempre Lips e soci hanno per la propria musica ma soprattutto per i propri fan, non importa se a uno show davanti a venti persone o a diecimila. Questione di attitudine, l’unica che rivela sempre la vera essenza di ogni persona. Un’attitudine da condottiero quella di Lips, voce e chitarra della band, capace negli anni di convogliare le energie positive – e anche quelle negative – nei binari giusti, in grado di trasformare le litigate col vecchio amico e batterista Robb in nuovi stimoli per andare avanti e non deludere se stessi, prima ancora dei fan. Con la coerenza di sempre, come spiega Lips: “Nel corso degli anni il nostro sound e il modo di lavorare in studio non è realmente cambiato, è rimasto sempre lo stesso; siamo gli stessi ragazzi, suoniamo la stessa musica, facciamo parte della stessa band”. Ma soprattutto, quegli stessi ragazzi che hanno ormai superato il mezzo secolo di vita continuano a essere dei metal fan, quelli che da ragazzini divoravano i dischi che hanno fatto la storia della nostra musica. “Tutti noi lo siamo, nel modo più assoluto – dice Lips – Se non avessi mai conosciuto gruppi come Black Sabbath, Deep Purple e altri, probabilmente avrei fatto tutt’altro nella vita. Se non sei interessato a quello che fanno le altre band, cosa stai a fare nel music business? Ronnie James Dio era un fan, molto più di quanto lo sono io. Certa gente si stupisce di questo. Io ancora oggi sono un metal fan, in particolare della musica creata tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio dei Settanta”. Non a caso, ancora oggi Lips spesso e volentieri apre i concerti scendendo dal palco e suonando la sua chitarra in mezzo al pubblico. Che non perde occasione per dimostrargli il proprio affetto. Sbarcare il lunario con il lavoro di tutti i giorni, sobbarcarsi faticosi viaggi per portare la propria musica in lungo e in largo, tutto per guadagnare anche un solo fan in più. “Tutte le band fanno questo, solo l’1% dei gruppi fa soldi, tutti gli altri fanno esattamente quello che fanno gli Anvil e io sono assolutamente positivo riguardo a questo – prosegue Lips – Non ci sono soldi. Se sei motivato solo dal denaro, ti conviene fare un altro lavoro. E’ la sacrosanta verità quello che mia mamma mi disse anni fa: nel momento stesso in cui ho scelto di fare il musicista ho deciso di rinunciare a diventare ricco. L’unico motivo per cui suoni è perché ami farlo, perché è un’esperienza che ti regala piccoli ma indimenticabili momenti di felicità. Perché provi una gioia incredibile quando suoni davanti al tuo pubblico, non importa quante persone ci sono”. Il viso di Lips è giustamente segnato da qualche ruga, come succede a tutte le persone che nella loro vita hanno lottato coi denti e col cuore per ottenere quello che amano. E Lips e Robb amano suonare. Forse la vera forza degli Anvil sta proprio in questo: ciascuna band di qualsiasi cittadina in giro per il mondo può identificarsi con questi ragazzi canadesi – ormai cresciutelli – originari di Toronto. Le lunghe attese in stazione in attesa del prossimo treno, i sacrifici economici e non solo per portare in tour la propria musica, le scorrettezze delle case discografiche interessate al mero guadagno, le accese discussioni in studio. In mezzo a tutto questo c’è una figura che, in un certo senso, può essere considerata una sorta di membro aggiunto della band che negli anni ha vegliato sui canadesi prima come roadie e poi, dopo un ventennio di lontananza, realizzando il primo film sulla storia del gruppo, ‘Anvil! The Story of Anvil’, nel 2008. Si tratta di Sacha Gervasi, giornalista inglese che debuttando alla regìa riuscì a donare nuova vita alla band, che in quel momento stava attraversando un momento difficile sul piano della popolarità. Qualcuno sul web ha definito – un po’ impropriamente – la pellicola una parte seconda del film “This is Spinal Tap”. “This is Spinal Tap” è una commedia sulle metal band, mentre ciò che si vede nel nostro film è quello che è successo veramente, non è assolutamente finzione – dice Lips – Non si tratta di un prodotto creato ad hoc da uno sceneggiatore, si tratta della nostra storia, né più né meno di quello che siamo”. E’ indubbio che l’uscita del rockumentary abbia donato nuova linfa vitale al combo canadese: dopo la sua pubblicazione il nome Anvil tornò a girare sulla bocca di tanti e la band prese parte ai più importanti festival, dal Download al Bumbershoot, dal Loud Park all’Hellfest. Anche se Lips tiene giustamente a precisare che “prima del film abbiamo registrato dodici album e questo è di per sé un grande risultato. Vendere milioni di dischi non significa necessariamente che hai fatto successo, il successo per me è poter fare quello che vuoi e continuare a farlo; il denaro non è l’unico motore capace di far muovere qualcosa”. Non è tanto importante “trovarsi al posto giusto nel momento giusto” per Lips, quanto perseverare in quello che ami nonostante tutto e tutti. E racconta la sua filosofia e il segreto per trovare sempre nuovi stimoli e mettere nel mirino i prossimi obiettivi: “Il segreto degli Anvil è che tutti noi siamo alla costante ricerca del tesoro, ma non lo troviamo mai e a dire il vero non voglio trovarlo. Nella mia carriera ho sempre messo molta positività nella mia musica, nella band e nei momenti più difficili che abbiamo affrontato insieme. E’ la cosa più importante: la vita non è perfetta, magari lo sarà dopo la morte, questo non lo posso sapere. Cosa ci vuoi fare? Bisogna solo andare avanti nel migliore dei modi possibili”. Nella storia degli Anvil Sacha Gervasi non è stato l’unico piacevole ritorno. C’è stato spazio anche per quello di Chris Tsangarides che nel 1982 fu il produttore dello storico album ‘Metal on Metal’ e, venticinque anni dopo, tornò di nuovo in studio con la band per firmare il tredicesimo capitolo della carriera dei canadesi. E a proposito di ritorni c’è anche quello nella terra del Sol Levante: nell’84 i canadesi divisero il palco assieme a gente come Bon Jovi, Whitesnake e Scorpions, mentre oltre vent’anni dopo Lips e compagni tornarono sui propri passi aprendo una tre giorni di festival strabordante di pubblico. “Al nostro ritorno in Giappone suonammo come primo gruppo del mattino. Devi sapere che la maggior parte delle band paga i promoter per essere inseriti più tardi nel bill dei festival. Appena scoprimmo che saremmo stati la prima band della giornata ci spaventammo un po’, non capivamo cosa stesse succedendo. Appena si accesero le luci, però, fummo accolti da una platea strapiena in ogni ordine di posti. Fu una cosa fantastica”. E il Giappone continua a essere terra di conquista per gli Anvil, che appena qualche settimana fa hanno tenuto otto show in sette città diverse. Se deve scegliere tre highlight della sua carriera, però, Lips non ha dubbi: “Suonare al Marquee Club di Londra nell’82, la partecipazione all’Heavysound Festival di Bruges in Belgio l’anno successivo e il concerto con gli Ac/Dc davanti a 80 mila persone in Canada, a casa nostra. Penso davvero che siamo fortunati per tutto quello che ci è successo”. Lips e gli Anvil, due storie che hanno sempre viaggiato sugli stessi binari. Non a caso il nome con cui la band registrò il primo album indipendente – Hard ‘N’ Heavy, del 1981 – era Lips, poi cambiato in Anvil subito dopo la firma del contratto con la Attic Records per la riedizione dell’album. Di certo Lips ha sempre avuto le idee chiare su cosa bisognava fare e sul come farlo. “Non tutti possono essere dei leader in una band. Io sono un leader perché ho il controllo delle cose e mi piace che sia così. Ho sempre avuto una visione complessiva del gruppo, è quello che sono ed è quello che faccio da sempre, non potrò mai essere un “follower”. Nel 1981 Lemmy mi chiese di entrare a far parte dei Motorhead come “follower” (per sostituire Eddie Clark alla chitarra, ndr); gli risposi “No grazie”, io suono negli Anvil, sono loro la mia vita”. Nel futuro degli Anvil ci sarà anche un nuovo album, ma nessun contratto con una casa discografica; i canadesi percorreranno la strada del crowdfunding, del finanziamento dal basso che chiama in causa la fedeltà e il sostegno dei propri fan. “E’ il miglior modo di lavorare, realisticamente l’unico momento in cui una band ha la possibilità di guadagnare dei soldi è prima della registrazione in studio. Il discorso è semplice: se qualcuno vuole ascoltare il nostro album deve pagare, in modo che noi abbiamo i mezzi per registrarlo. Una volta che l’album è stato pubblicato è completamente “free” e nessuno ha più bisogno di pagare per ascoltarlo e averlo. Il disco vero e proprio ormai è diventato una specie di souvenir che solo gli appassionati vogliono possedere per le foto e il contenuto del libretto. Al giorno d’oggi non si fanno soldi vendendo musica”. In diverse occasioni, però, gli Anvil hanno condiviso il palco con i nomi grossi del panorama metal e hard rock mondiale. Nomi che si traducono in milioni di dischi venduti in tutto il pianeta, a differenza di quanto successo ai canadesi. Una realtà che non fa perdere un briciolo di convinzione a Lips. “Non facciamo pop music o soft music, noi facciamo musica heavy e la musica heavy non fa quasi mai grosse vendite. Non puoi aspettarti che i fan dei Bon Jovi siano anche nostri fan, è una cosa che non può succedere. Oltre a questo, gli Anvil non hanno mai avuto case discografiche che li abbiano promossi e sostenuti ad ogni passo della loro carriera. Siamo onorati di aver fatto ascoltare la nostra musica a più persone possibili, è l’unica cosa che conta”. Una coerenza che è stata vitale per andare avanti, nonostante le fregature di certi personaggi del music business come David Krebs, manager degli Aerosmith, che nel 1983 convinse la band a sciogliere il contratto con la Attic Records, salvo poi abbandonarla al proprio destino, tirandosi indietro nel momento di farle firmare un contratto con una major. Quattro anni dopo gli Anvil rialzarono la testa registrando ‘Strenght of Steel’, l’album di maggior successo commerciale negli States. La schiettezza con cui Lips si racconta è la stessa che si trova nella sua musica, non è un caso se gente come Tom Araya, Scott Ian e Lars Ulrich ha sempre manifestato l’influenza che gli Anvil hanno avuto sulle rispettive band. Si può dire che ciò che gli Anvil non hanno mai avuto in termini di dati di vendita, è stato loro concesso dal rispetto dimostrato da artisti e fan. E questo non è poco, ma quasi tutto.

DI DIEGO MOLINO
FOTO ALICE FERRERO

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