Iron Maiden – The Final Frontier

Il 20/08/2014, di .

Iron Maiden – The Final Frontier

Nel backstage di Knebworth, in attesa di fare esplodere la loro furia davanti a 60.000 persone in adorazione, gli Iron Maiden si rilassano tirando le somme di un tour che oggi vive il suo gran finale. Un tour di due anni nel quale si sono rivissuti i fasti degli anni Ottanta, tra grandi classici e la riscoperta di un capolavoro come ‘Seventh Son of a Seventh Son’, e che conferma come l’heavy metal sia vivo, vegeto e goda di ottima salute. Parola di Adrian Smith.

Gli Iron Maiden, o meglio, il concerto degli Iron Maiden, è sempre uno di quegli eventi capaci di andare al di là della semplice esibizione live. Perchè la “Vergine di ferro” è una di quelle poche band capaci di mantenere invariato il proprio fascino e la propria credibilità nonostante gli anni passati, arrivando a abbattere qualsiasi barriera generazionale e a far breccia anche nel cuore dei più giovani, creandosi di fatto un nuovo pubblico tour dopo tour. E anche questo frangente è sempre stato giocato con grande intelligenza, con la costante riproposizione di vecchie produzioni del passato, riportante in auge con la tripla valenza di far rivivere le emozioni di un tempo a chi c’era già allora, far vivere i fasti dei tour passati a chi, a quel tempo, era troppo giovane per fruirne, e soprattutto portare le vecchie composizioni alle nuove generazioni, dando loro modo di riscoprirle al di fuori dei tradizionali canali di massa. Il concerto dei Maiden è un evento da vivere, si diceva, ma lo è ancora di più se si è partecipi dello show in casa di Steve Harris e soci, in quell’Inghilterra che ogni giorno di più li venera e li porta sul palmo di una mano. Lo si capisce dall’atmosfera che si respira al Sonisphere di Knebworth, dove intere famiglie hanno affrontato pioggia e distanze siderali per poter assistere alla data conclusiva del ‘Maiden England Tour’, dove anche i bambini più piccoli sfoggiano orgogliosi t-shirt in miniatura con su stampato il bel faccione di Eddie, dove molti sono i patrioti che assistono al concerto avvolti nella bandiera britannica, brindando rigorosamente con la birra ufficiale ‘The Trooper’ che qui scorre a fiumi. Una risposta importante per chi continua ad affermare che l’heavy metal è un genere per dinosauri in via d’estinzione, una affermazione prepotente riguardo il buono stato di salute del rock più duro “Guarda qui fuori, guarda tutta la gente che è venuta a vedere i Maiden questa sera e quella che verrà domani a vedere i Metallica… – afferma compiaciuto Adrian Smith in un rilassato pre show – il metal è vivo e gode di ottima salute. A farlo sopravvivere è la passione e la voglia di suonare di quei ragazzi. Ogni volta che vedo un gruppo giovane che suona dandoci l’anima, capisco che ci sarà sempre un futuro per questa musica. Il metal non è un genere in via d’estinzione, anzi, c’è bisogno di questa musica, perchè è nato come genere di protesta, di ribellione, e visto come sta andando oggi il mondo c’è bisogno di una scossa, c’è bisogno di un mezzo per gridare il proprio malcontento e per cercare di cambiare le cose. Per questo il metal c’è stato, c’è e ci sarà sempre”. Merito di cotanta salute è anche e soprattutto degli Iron Maiden che, incuranti degli anni passati, continuano a vivere on the road riportando in giro per il mondo le grandi produzioni del passato “Non è sfiancante la vita in tour – sottolinea prontamente il chitarrista britannico – anzi, forse solo adesso riusciamo a apprezzare e a godere a pieno la bellezza dell’essere costantemente on the road, esibirsi ogni sera in Paesi differenti, davanti ad un pubblico diverso, entrare a contatto con nuove culture…e poi la sfida è cercare di riuscire là dove magari altre band hanno fallito. Non abbiamo paura di ampliare i nostri orizzonti e non penso che ci siamo mai divertiti a suonare tanto come adesso”. Sul perchè la musica dei Maiden continui a raccogliere proseliti anche tra i più giovani, il mite chitarrista ha le idee chiare “Il segreto sta nel fatto che con le nostre canzoni portiamo la vera musica ai ragazzi che ci vengono a sentire. Mi capita di ascoltare la radio e brani di gruppi giovani…c’è del buon materiale, alcuni pezzi sono orecchiabili, però mi sembra che manchi sempre qualcosa, che non ci siano le basi sulle quali poggia la musica rock. Ci sono dei ragazzi, la fuori, che ascoltano tonnellate di musica moderna e non sanno che cosa sia un assolo di chitarra.. I Maiden nelle loro composizioni hanno sempre cercato di seguire la forma canzone…possono essere più dure, possono essere più melodiche, ma hanno sempre seguito una formula riconosciuta universalmente. Non si potrà mai dire che gli Iron Maiden siano l’ “anti-musica. Possiamo piacere, possiamo non piacere, ma la nostra credibilità come musicisti e autori non potrà mai essere messa in discussione”. E un altro punto di forza dei Maiden è da ricercarsi nella loro coerenza e nella capacità di andare avanti attraverso decenni, stili e mode seguendo sempre la loro strada, tra dischi eccellenti e altri più modesti, figli comunque sempre della medesima matrice, refrattari a qualsiasi influenza esterna e ai facili richiami modaioli, trappola nella quale diversi colleghi sono caduti faticando ancora oggi ad uscirne “La libertà è sicuramente stato un pilastro importante per noi – prosegue Adrian Smith – perchè è la prima cosa che da credibilità alla band. Nel corso della nostra carriera non abbiamo mai subito pressioni da manager o case discografiche, non abbiamo mai fatto una cosa perchè ci veniva imposta da un qualsivoglia contratto. Quello che incidevamo lo facevamo perchè era frutto di nostre idee e della nostra volontà. Poi qualche scelta è stata giusta e ci ha portato consensi, altre sono state sbagliate e sono arrivate critiche, ma quando abbiamo sbagliato, lo abbiamo sempre fatto con la nostra testa. E la gente lo capisce, e non ti abbandona. Se sbagli ti aspetta e ti aiuta a rialzarti, perchè sa che non la stai prendendo in giro. Mi viene da pensare agli anni Ottanta, quando avremmo potuto accrescere a dismisura il nostro successo se solo avessimo composto un paio di canzoni radio friendly come richiedeva il mercato. Noi non lo abbiamo mai fatto, e questa decisione ci ha premiato perchè oggi siamo ancora qui mentre molte di quelle band che all’epoca venivano pompate da tutti, sono sparite dalla circolazione da anni”. Da due anni, invece, i Maiden portano in giro per il mondo con successo il fasto degli anni Ottanta, attraverso quel ‘Maiden England Tour’ nel quale viene reso tributo all’intramontabile ‘Seventh Son of a Seventh Son’ “Quello è stato un periodo particolarmente felice per noi, soprattutto da un punto di vista artistico – ricorda il chitarrista – Se ci guardiamo indietro vediamo che a quel tempo abbiamo inciso alcune canzoni davvero ottime, divenute nel corso degli anni dei nostri classici. Abbiamo semplicemente voluto compiere un passo indietro nel tempo e ritornare al 1988…come musicista è stato molto divertente, perchè se alcuni brani di ‘Sevneth Son Of A Seventh Son’ erano inseriti comunemente nelle nostre scalette, altri erano anni che non li suonavamo, e mi viene da pensare a ‘Moonchild’, ‘Can I Play With Madness’, e la stessa title track. Ma anche ‘The Prisoner’ è un pezzo che non suonavamo da tempo e che ci divertiamo parecchio a riproporre dal vivo, ‘Phantom of The Opera’…E’ stato stimolante perchè abbiamo dovuto andare a riprendere questi pezzi e per certi versi è stato come riscoprirli. Ed è stato utile, non lo nego, perchè ai nostri concerti vengono molti ragazzi giovani che conoscono la nostra nuova produzione ma ignorano quella passata, e questo viaggio consente ai più giovani di andare a scoprire una parte di noi della quale magari ignoravano l’esistenza”. Andare indietro nel tempo, a riscoprire album del passato, è un buon metodo per rispolverare canzoni sepolte da tempo, riportarle alla luce e ritrovare il piacere di suonarle. Su quella che è stata la sorpresa più piacevole di questa azione di “riesumazione”, Adrian Smith non ha esitazioni nell’additare nella title track del settimo album dei Maiden “E’ stato bello risuonare dopo tanto tempo ‘Seventh Son Of A Seventh Son’ . E’ un pezzo che ci è sempre piaciuto molto ma che per ovvi motivi non siamo mai riusciti a inserire con una cadenza regolare nelle nostre scalette, quindi ci siamo divertiti molto a riprenderla. Anche perchè è un pezzo per nulla semplice, ha una struttura abbastanza complicata, c’è qualcosa di prog in questo brano, e andarlo a riprendere non è stato facile, però il risultato finale è stato davvero ottimo”. In conclusione una considerazione, caratterizzata da quella modestia e da quella riservatezza che da sempre contraddistingue il chitarrista, riguardo il ruolo di “esempio” che i Maiden ricoprono oggi per i ragazzi più giovani, che sempre più vedono in loro un esempio e un modello da seguire “E’ un onore per me, ed una grande responsabilità. Non è facile essere un esempio, io non mi sono mai visto sotto questa ottica perchè mi sono sempre considerato una persona normale, molto fortunata perchè fa il lavoro più bello del mondo ma fondamentalmente normale. Però sono felice se un ragazzo ascolta la mia musica e da essa trae ispirazione e stimoli per incominciare a suonare…Dopo tutto è meglio che un ragazzo giovane impari a suonare uno strumento, piuttosto che passare le sue giornate in giro a combinare guai”. Poi una sincera stretta di mano, l’invito a goderci una ‘The Trooper’ ghiacciata alla sua salute perchè “…non beviamo mai prima del concerto, al massimo ci rilassiamo dopo…” e via, verso l’ennesimo, memorabile concerto, avvolti dall’abbraccio della propria gente.

ACES HIGH

Naso puntato in aria, una radiocronaca coinvolta ed appassionata manco l’Inghilterra si stesse giocando la finale dei Mondiali, ed una fanfara in divisa d’ordinanza che dal palco scandisce il tempo con tube e grancasse in grande spolvero. Quindi ecco, da dietro il Saturn Stage, spuntare in rapida successione uno…due..cinque…nove veivoli dalle differenti forme e dimensioni, che si rincorrono, si sorpassano, volteggiano, si affiancano in una sorta di danza aerea. E sotto, 60 mila che accompagnano ogni evoluzione con “Ohooo” ammirati, lasciando partire un’ovazione nonappena il “nostro” “Bruno Pizzul” dal palco rincara la dose “Ecco Bruce…Bruce che si accoda…la sua visuale è perfetta…il bersaglio è nel mirito…Colpito! Che maestria in questa manovra di Bruce…” E giù applausi, e invocazioni…qualcuno persino si convince che…”Sì, lo vedo, eccolo Bruce! Ci sta salutando!” E poco importa se il singer dei Maiden è in un monoposto sopra le nostre teste, ed ancora non è chiaro se è in quello davanti o in quello di dietro… E’ la forza della suggestione. Tre ore prima di salire sul palco con la sua band, Dickinson ha deciso di regalare al suo pubblico uno spettacolo speciale, rendendo omaggio ai piloti tedeschi ed inglesi caduti durante la Grande Guerra con un “dogfight” insieme ai “colleghi” del The Great War Display Team. Bruce è alla cloche di un triplano Fokker Dr1, fedele replica dell’aeroplano portato in battaglia dal mitico Manfred von Richthofen, passato alla storia come “Barone Rosso”. Se i colpi vanno a segno (e, per qualche strana ragione, quelli di Bruce vanno SEMPRE a segno), dall’aereo centrato fuoriesce fumo, ed allora altri applausi, esplosioni di giubilo, manco Rooney…Ovviamente alla fine vince Bruce…gioca per i tedeschi, ma al “Red Air Siren” si perdona anche questo.”E’ stato uno spettacolo eccezionale – afferma alla fine dell’evoluzione – noi ci siamo divertiti tantissimo, speriamo anche il pubblico del Sonisphere. Abbiamo messo in atto delle manovre difficilissime, e la cosa che è più incredibile è che questi stessi gesti li facevano con grande naturalezza i piloti di 100 anni fa. E’ un motivo in più per rendere tributo a questi grandi combattenti che con grande coraggio si sono affrontati nei cieli d’Europa e che spesso sono caduti per difendere la loro Patria. E’ stato molto emozionante, a tratti persino commovente…e poi per il sottoscritto pilotare questo aereo è un sogno che si avvera, ho sempre nutrito una profonda ammirazione per questo tipo di aerei ed oggi la soddisfazione è stata ancora più grande”.

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