Alter Bridge – Affari di Famiglia
Il 20/08/2014, di Andrea Vignati.
Faccia a faccia con la sezione ritmica della band floridiana, tra confidenze e velenose frecciatine.
Arena Joe Strummer di Bologna, primo giugno 2014, Rock In Idro. Gli Iron Maiden hanno calamitato la stragrande maggioranza del pubblico presente, ma ci sono parecchi fan pervenuti per godersi ancora una volta gli Alter Bridge, realtà floridiana ormai strafamosa dalle nostre parti. L’ibrido musicale proposto da questi ragazzi è micidiale: potenza e melodia tracotanti guidate sia dalla voce unica di Myles Kennedy, che dalle chitarre ispiratissime di Mark Tremonti. Ma stavolta non sono i primi attori a dire la loro, bensì il resto della band, incrociata per un rapidissimo botta e risposta nel backstage dell’arena emiliana. “Suonare prima degli Iron Maiden è un’opportunità meravigliosa per aprire ancora di più la breccia nel cuore di voi italiani. Suoneremo pesante come al solito ed abbiamo grandi speranze per questa sera: non so dirti per quale ragione, ma in Italia siamo sempre stati accolti con grandissimo calore, forse perché abbiamo alla chitarra Mark che è di chiare origini tricolori.” Il profilo di una band ancora “affamata”, che non si è ancora soddisfatta dei risultati ottenuti emerge nel bilancio offerto dal drummer Scott Phillips sull’effetto di ‘Fortress’, album che ha lanciato ancora di più il potenziale degli Alter Bridge su scala internazionale. “‘Quel disco è stata una sorpresa per molti, specialmente per quelli che pensavano che gli Alter Bridge fossero ormai attenti solo a scrivere singoli da sparare in radio; il disco è invece molto aggressivo, sorretto da una produzione potentissima che riflette alla perfezione lo stato di una band rilassata, capace di prendersi tutto il tempo necessario per scrivere grande musica senza sentire alcuna pressione dall’esterno.” Anche se l’impegnatissimo profilo artistico di Myles Kennedy, singer dottissimo, non pare essere accettato propriamente dagli altri. “Io sono un tipo che starebbe in giro per il mondo 365 giorni all’anno – dice Brian Marshall, il bassista della band – ed il fatto che Myles sia impegnato con Slash, ad esempio, mi impedisce di farlo. Vero che grazie alla sua versatilità anche il nome degli Alter Bridge ha raggiunto un pubblico altrimenti inavvicinabile, però è frustrante doversi prendere sempre un anno di pausa tra un disco ed il successivo.” Scott rincara la dose: “Brian ha ragione: ad esempio, in questo periodo stiamo scrivendo del nuovo materiale, ma non sarà possibile elaborarlo come band prima della metà del prossimo anno. Brutto, non trovi?” I risultati, assolutamente concreti, mettono però tutti d’accordo. “Siamo cresciuti tantissimo e siamo convinti che ci saranno ancora spazi per un ulteriore affinamento del sound. Il bello negli Alter Bridge è la totale democrazia artistica: se una nuova canzone ci offre le vibrazioni giuste viene portata avanti, altrimenti si scarta e questo indipendentemente da chi l’ha scritta.” La migliore e la peggior canzone scritte dalla band finora? “Per la migliore direi ‘Blackbird’, mentre la meno apprezzata è ‘Watch Your Words’ (dal debut album ‘One Days Remains’ del 2004) – afferma Brian, mentre Scott aggiunge – OK per ‘Blackbird’, ma anche ‘Words Darker Than Their Wings’ (da ‘AB III’ del 2010, nda) è tra le mie preferite: quel brano possiede un significato particolare per me. Per la peggiore concordo con Brian.”