Solstafir – The Season Of Sadness
Il 12/08/2014, di Fabio Magliano.
Sofferenti, malinconici, profondamente tormentati. I Sòlstafir sono riusciti a prendere il loro disagio interiore, la loro visione crepuscolare del mondo e a riversarlo nella loro musica, mai come in questo caso valvola di sfogo/ancora di salvezza per un male di vivere che pare inesorabile. Un autentico salvagente che va a creare un robusto distacco tra quella che è la quotidianità e quella che è la dimensione artistica che permea le vite dei quattro islandesi, almeno a giudicare dalla solarità con la quale si pongono con i loro interlocutori, ben distante dalla malinconia trasudata dal nuovo ‘Otta’, quinto lavoro in studio per il combo di Reykjavík e nuovo tassello in un percorso stilistico personale che li ha visti via via distaccarsi da quel black metal dalla forte impronta viking per andare ad abbracciare un rock psichedelico dalle molteplici sfaccettature “Dopo tutto – ammicca sorridente il cantante/chitarrista Aðalbjörn Tryggvason – all’epoca eravamo dei ragazzini che suonavano in modo abbastanza ‘inconsapevole’. Oggi siamo uomini, siamo cresciuti e siamo maturati come musicisti. E’ normale che la nostra musica attuale sia differente da quella che suonavamo diciannove anni fa”. Una proposta sonora in continua evoluzione, che album dopo album sta portando alla luce (anche se, in questo contesto, pare un simpatico eufemismo) una vena creativa che pare non conoscere fine, tanto è ricca e proficua. Il segreto è intrinseco nella natura della band, come svela Aðalbjörn “Abbiamo bisogno di creare, è qualcosa di fondamentale per noi. E’ una sorta di fame che ci morde dentro e che si placa solamente suonando. E’ una cosa più forte di noi, è logorante stare senza suonare… la musica ha bisogno di uscire, e noi siamo il tramite per darle la libertà…è qualcosa che va oltre un discorso di dischi incisi o di concerti dal vivo…è un’esigenza, qualcosa di fisiologico”. Un processo naturale che ha portato oggi alla nascita di ‘Otta’, un album concettuale che affonda le sue radici nella cultura e nella tradizione islandese “E’ un lavoro molto intimo – prosegue il cantante – abbiamo scritto guardando dentro noi stessi e traendo ispirazione dal nostro io, dalle nostre esperienze, dalla realtà che ci circonda. Per ‘Otta’ il processo compositivo è stato decisamente…democratico. Abbiamo lavorato come una vera squadra, le idee di ognuno di noi sono state riprese, esaminate, rielaborate e alla fine rese parte fondamentale della traccia. E’ stato comunque un processo molto fluido, tante volte la canzone è venuta fuori da una jam infinita nella quale abbiamo suonato lo stesso riff per ore, come in trance, sino a quando non abbiamo trovato la chiave per dare il là al pezzo”. Il risultato è un sound di non facile assimilazione, ricco di dettagli e di sfumature, che richiedono più e più ascolti per essere recepite e apprezzate a fondo “Il sound è complesso, per alcuni punti di vista spiazzante – spiega – Ho sempre sostenuto che i Sòlstafir sono schiavi di tutto quello che pervade le nostre menti, quindi ci esprimiamo senza filtri, suonando tutto quello che spontaneamente esce da dentro di noi. In ‘Otta’ c’è fondamentalmente tutto quello che ci deve essere in un disco dei Sòlstafir, dalle canzoni più heavy a quelle più lente, suite infinite e pezzi più diretti… non ci sono schemi, anche questa volta abbiamo fatto tutto in grande naturalezza e le prime recensioni ci stanno dando ragione”. Inevitabile che il discorso non scivoli quindi su quell’Islanda che ai Sòlstafir ha dato i natali, che li ha visti finire in classifica e che, negli ultimi anni, ha saputo esportare la propria proposta sonora infrangendo con artisti come Bjork, Sigur Ròs, Of Monsters And Men e gli stessi Sòlstafir i confini dell’isola “Siamo stati bravi a sfruttare la condizione di isolamento nella quale da sempre viviamo, facendone un punto di forza – la sua disamina – Non abbiamo mai visto questo distacco dal mondo come un handicap ma come uno spunto per creare qualcosa di realmente nostro, mai standardizzato, mai omologato…certo, arrivano anche input di produzioni mainstream in Islanda, ma con un po’ di presunzione posso dire che siamo stati bravi a farli nostri e a renderli originali. Anche quei gruppi islandesi che sono riusciti a uscire e a imporsi sul mercato discografico, hanno comunque saputo mantenere la propria identità… forse i gruppi islandesi piacciono perchè hanno davvero qualcosa di diverso da offrire, e la gente questo lo percepisce e lo apprezza”. E anche l’Italia apprezza tutto questo, ma nonostante ciò lo Stivale non è stato incluso nel prossimo tour dei Sòlstafir. Le ragioni, già palesate attraverso i canali ufficiali della band, vengono ancora una volta rimarcate da Aðalbjörn, che si lascia anche andare ad una sorta di esortazione verso i fan tricolori “L’Italia è stata esclusa dal nostro tour invernale perchè non abbiamo trovato un promoter disposto a scommettere su di noi e a consentirci di coprire i costi sostenuti per venirci a suonare. A questo punto è meglio rimanere a suonare tra di noi, per i nostri amici islandesi, piuttosto che perdere dei soldi per suonare in giro per l’Europa…Se veramente i nostri fan ci vogliono vedere dal vivo devono creare interesse attorno alla nostra band, devono richiederci ai promoter, devono far capire di essere disposti a venirci a vedere dal vivo. Devono dare sicurezze a chi può organizzarci una data in Italia, solo così potremo venire a presentare ‘Otta’ anche da voi. La nostra volontà c’è, ma spesso non è sufficiente”. Appuntamento il 29 agosto con l’uscita di ‘Otta’ via Season Of Mist.