Skillet – Dopo l’Inferno Siamo Tornati In Paradiso
Il 02/08/2014, di Elisa Penati.
John Cooper, il frontman degli Skillet, è una persona limpida. E’ pervaso da un entusiasmo genuino che mostra a chiunque scambi due parole con lui. Non nega un sorriso e preferisce rimanere qualche minuto in più a chiacchierare piuttosto che defilarsi alla prima occasione.
Sa bene che in Italia la band non vanta i numeri raggiunti oltreoceano, dove invece la sua carriera è stata un continuo crescendo di importanti riconoscimenti. Ha così rispetto della propria musica che suonare venti minuti in apertura di un festival non è un limite, anzi “E’ una grande opportunità per condividere il palco con tutte le band presenti in bill”. La bill di cui parla è quella della terza giornata del Rock In Idro, che ha visto proprio gli Skillet segnarne l’inizio.
Il loro show è da poco finito, l’entusiamo è ancora palpabile “Oggi non c’erano molte persone che ci conoscevano, ma è bello incontrare un pubblico nuovo. Speriamo di aver fatto divertire come ci siamo divertiti noi. E’ una sfida importante riuscire a solleticare la curiosità di chi ti incontra per la prima volta”. Il genere proposto dalla band non rientra nei tipici canoni dei metalheads più tradizionalisti: un sound pervaso da sonorità elettroniche che spesso sconfina nelle correnti decisamente più modaiole, impastandole qua e là con aperture melodico-orchestrali ed un cantato cattivo al punto giusto per farsi riconoscere gli aggettivi hard & heavy. Ripensando al passato John afferma “Quando ho creato la band era il 1996 e negli anni il rock ha continuato la sua evoluzione. E’ stato lo stesso per il nostro sound che ha continuato a trasformarsi fino alla più grande rivoluzione che per gli Skillet è stata la decisione di inserire le tastiere. E’ accaduto nel ’98, quando è uscito il secondo album. Abbiamo capito che alla parte melodica serviva quello strumento, così è entrato stabilmente in line up. Sono poi arrivate le idee di approfondire la componente orchestrale inserendo chitarra acustica, violino e violoncello”. Si torna al presente ed al 2013, anno che ha dato i natali a ‘Rise’ “Awake aveva ottenuto un enorme consenso e la pressione che ci ha lasciato era grande. Scrivere un nuovo disco non è stato semplice, in alcuni momenti abbiamo rasentato la follia” ammette ridendo John “continuavamo a rimabalzare tra cosa avremmo o non avremmo dovuto fare e abbiamo rischiato di perdere di vista il punto fondamentale: la nostra musica! Ci sono voluti quattro anni, ma riusciti a riprendere in mano la situazione e lasciare che tutto seguisse il suo corso. Abbiamo voluto sperimentare e scegliere soluzioni diverse dalla nostra normale linea sonora e direi che il disco suona alla grande: ha un suond classico a metà strada tra i Queen e i Fleetwood Mac. Credo che la grande novità di questo album stia nella difficoltà compositiva che ci ha spinti a vivere un inferno dal quale siamo usciti più forti!”. Ride John e ripensando ai testi precisa “Le parole sono invece arrivati più spontaneamente. L’idea era chiara fin dall’inizio, con ‘Rise’ ho voluto un concept. L’ispirazione è venuta dalle battaglie che ho dovuto combattere con i miei genitori per riuscire ad essere chi sono oggi. Inseguire i propri sogni e svegliarsi un giorno con la consapevolezza di aver realizzato ciò che volevo. Tutto è stato contaminato però con l’oscurità e la violenza con la quale oggi gli adolescenti americani si confrontano ogni giorno. Spesso si sentono notizie allarmanti di adolescenti che commettono carneficine, questi ragazzi girano armati, creano scenari di violenza incomprensibili. Ma ciononostante si inizia a vedere una reazione opposta. ‘Rise’ è la storia di una persona che sta crescendo e contrasta questo mondo con la sua speranza.” Ora la band sta girando in tour godendosi il momento che più di tutti sta ripagando gli sforzi fatti, suonare. “Ora vogliamo suonare! Rimarremo tre settimane in Europa, poi ripartiremo in tour in America per tutta l’estate. Per il resto stiamo iniziando a pensare a qualche idea per un futuro disco, ma tutto è ancora in fase assolutamente embrionale”.