Helloween – Another Shot Of Life
Il 07/01/2013, di Fabio Magliano.
Vivono realmente una seconda giovinezza le “Zucche di Amburgo’ che, con ‘Straight Out Of Hell’, confermano quanto di buono fatto vedere anni addietro con ‘7 Sinners’ e ‘Gambling With The Devil’, andando a ripescare quel suono capace di indicare la strada a centinaia di metal band in tutto il mondo. Alla vigilia di un nuovo tour in compagnia dei “fratelli” Gamma Ray, siamo andati a tastare il polso del gruppo teutonico qui rappresentato dal sempre cordiale Markus Großkopf
Trovarsi faccia a faccia con Markus Großkopf è sempre un gran piacere. Perché è palese come gli Helloween, oggi, poggino su tre personalità fondamentalmente agli antipodi (non ce ne vogliano Sascha Gerstner e Daniel Loeble, ma la storia non passa ancora da queste parti), e quella di Markus, almeno per il sottoscritto, è sicuramente la più piacevole. Se Michael Weikath è il genio lunatico, capace come niente di intrattenerti per un’ora disquisendo di musica ma anche di liquidarti in un nulla con una sonora pernacchia, ed Andi Deris è l’anima manageriale a tratti sin troppo professionale, il buon Markus è il classico ragazzone tedesco ideale compagno per una bevuta al pub, innamorato follemente della musica ma allo stesso tempo abilissimo a sdrammatizzare, a cogliere il buono anche nelle situazioni più difficili, magari sciogliendo tutto con una sonora risata che da anni ne caratterizza il personaggio. E di risate ne sono state spese tantissime nel corso della lunga intervista che segue, perché la rilassatezza e il senso di appagamento è davvero tangibile. Questo grazie al nuovo ‘Straight Out Of Hell’, lavoro che conferma gli Helloween su standard elevati scacciando definitivamente le critiche seguite al controverso ‘Unarmed’ e rilanciando una band che pare vivere davvero una seconda giovinezza.
‘Straight Out Of Hell’ ha da poco visto la luce e già piovono recensioni più che positive. Pensate sia cambiato qualcosa dal punto di vista operativo e sonoro, rispetto ai suoi predecessori?
“(Markus Großkopf ) A differenza di altri album, questa volta abbiamo voluto prenderci più tempo, fare le cose con calma e porre attenzione ad ogni particolare. Ascolto dopo ascolto emergeva sempre qualcosa che non ci convinceva a pieno, ed allora Charlie doveva intervenire per limare qua e dare un’aggiustatina là…fino a quando il risultato non ci ha convinto a pieno. Da un punto di vista puramente pratico, posso dire che il disco è stato registrato nella sua interezza a Tenerife, nello studio di Andi. Dico nella sua interezza perché in passato il mio basso lo registravo a casa inviando poi i file da mixare, invece questa volta sono volato anche io alle Canarie per lavorare con il resto della band… non c’è una ragione particolare per tutto questo, solamente abbiamo voluto fare un lavoro di squadra, rimanere strettamente a contatto e rendere più diretta la comunicazione tra di noi. Quando ci siamo trovati in studio avevamo la base del disco già pronta, i pezzi erano già abbozzati e si è trattato di donare loro una giusta forma, curando molto le parti soliste e cercando di dare un’atmosfera differente al disco, almeno se comparata con quella dei lavori precedenti. ‘Straight Out of Hell’, così come dice il titolo stesso del disco, vuole essere meno dark del suo predecessore, il suo mood è decisamente più solare e lo spirito più positivo”
Come mai una simile svolta? E’ successo qualcosa che vi ha spinti ad avere un approccio più rilassato alla composizione?
“Non c’è una ragione particolare. E’ successo e basta. Non ci siamo mai soffermati troppo a pensare sull’indirizzo da dare ad un disco, abbiamo sempre lasciato che le cose facessero il loro corso e così è stato anche questa volta. Se i brani prendevano una determinata piega, perché interferire e far cambiare il loro orientamento? Se il destino voleva che suonassero in modo vivace, lo abbiamo assecondato. Vogliamo suonare veri, onesti… l’importante è che una canzone sia bella, non che insegua un modello predefinito”
Ancora una volta vi siete affidati a Charlie Bauerfeind per la produzione. Ha cambiato qualche cosa a questo giro nel processo di lavorazione o avete seguito uno schema già collaudato?
“A parte quei piccoli dettagli dei quali ti ho già accennato, non abbiamo cambiato praticamente nulla, perché dopo anni di collaborazione con Charlie sappiamo esattamente cosa, dove e perché fare le cose… Abbiamo collaudato una formula che funziona benissimo e non avrebbe avuto senso stravolgerla proprio ora. I cambiamenti possono essere legati a scelte stilistiche, ma quelle sono da imputare unicamente a noi, Charlie ci consiglia, arriva per i suoni là dove un comune orecchio non può arrivare, ma non interferisce sul nostro songwriting. Ormai lavorare con lui è diventato naturalissimo, ha una percezione della musica che, a tratti, è sovraumana, sente cose che un orecchio comune non sentirebbe, eppure una volta che interviene ti rendi conto che, come per magia, tutto gira alla perfezione”.
L’impressione è che, essendo ormai una band affermata che non ha più nulla da dimostrare, la libertà negli Helloween sia totale, come confermano alcune scelte stilistiche adottate in passato, spesso agli antipodi rispetto al classico sound della band…
“Abbiamo una grande libertà, non lo nego. Sia dal punto di vista sonoro che di songwriting ci concediamo parecchio. In passato abbiamo inciso pezzi reggae e anche un intero album swing. Anche un brano dal sapore mediorientale come il singolo ‘Nabataea’ può apparire un po’ inusuale… ma questo non è un azzardo, è un privilegio che ci siamo guadagnati sul campo. Con pezzi come ‘Dr. Stein’, ‘Eagle Fly Free’ o ‘Future World’ ci siamo creati una buona reputazione, abbiamo lavorato tanto e duramente, ed oggi possiamo anche azzardare qualcosa, sperimentare nuovi orizzonti se in quel momento reputiamo giusto farlo. Non è stata una cosa semplice, credimi… vai incontro alle critiche, ti scontri con chi ti accusa di esserti commercializzato, ma a noi questo non interessa, abbiamo deciso di combattere per il nostro diritto di fare ciò che vogliamo e di sperimentare con la nostra musica, e continueremo sempre a farlo. È segno di coerenza, non trovi? È meglio andare contro corrente ma fare ciò in cui si crede, piuttosto che continuare a fare la stessa cosa in eterno solo per compiacere al mercato. La scena è piena di gruppi che continuano a incidere sempre lo stesso disco, ed alla lunga questa cosa rompe un po’… Gli Helloween si sono sempre contraddistinti anche per questo… a volte abbiamo inciso pezzi più melodici, altre volte ci siamo induriti… siamo imprevedibili, perché l’imprevedibilità definisce il nostro songwriting ma definisce anche noi stessi”
In una situazione di simile “anarchia compositiva”, come fate a capire se una canzone è adatta agli Helloween?
“È l’istinto che ce lo dice. I tratti salienti sono riff e melodie, se questi ci sono e funzionano, allora il pezzo può andare bene per noi. Bisogna capire che viviamo Helloween, respiriamo Helloween, a colazione mangiamo Helloween e cereali (ride Nda)… Non abbiamo mai visto la musica come un lavoro ma come una sorta di missione per dare un senso alle nostre vite. Riff e melodie vengono sempre da sé, in modo molto naturale, e quando lo fanno generalmente sono Helloween al 100%. Anche i pezzi più sperimentali, se ci fai caso, contengono i tratti salienti del nostro stile, ci proiettano oltre ma, allo stesso tempo, non rinnegano mai le nostre origini”
Onestamente, visto che siete considerati i padri del power metal, non avete mai accusato pressioni dall’esterno per perseguire uno stile ben definito, magari da chi vi voleva incanalati per sempre in un genere standard?
“No, pressione non ne abbiamo mai avuta… come ti ho già detto godiamo di una certa libertà, abbiamo sempre fatto tutto di testa nostra e nessuno è mai venuto a dirci come avrebbe dovuto suonare un disco piuttosto che un altro… ok, qualche volta ci siamo trovati a dover completare una canzone e a dirci ‘Well, in questo punto non sarebbe male metterci un refrain in perfetto stile Helloween…’ ma è sempre stata una valutazione nostra, dettata dal nostro gusto musicale e mai dalle pressioni esterne. Mi pare che la nostra discografia parli da sè, non abbiamo mai avuto problemi ad andare controcorrente, anche in momenti in cui il mercato magari ci suggeriva di guardare altrove… Se in un disco come ‘Rabbit don’t come Easy’ c’è un pezzo reggae è perchè noi abbiamo voluto incidere un pezzo reggae… così come se in ‘Straight Out Of Hell’ ci sono pezzi power, è perchè noi li abbiamo concepiti così, non certo perchè ci sono stati imposti da qualcuno”
Scusami la provocazione, ma al tempo del controverso ‘Pink Bubbles Go Ape’ furono in molti ad avervi accusato di esservi venduti al mercato con un disco alle soglie del pop…
“Ma quel disco penso ricopra un ruolo a sè all’interno della nostra discografia. Non è il nostro miglior disco, è vero, ma non penso sia neppure un disonore aver inciso un lavoro simile. A quel tempo stavamo vivendo una situazione molto delicata (la band veniva dal successo planetario dei due ‘Keeper…’ e Kai Hansen aveva appena abbandonato il gruppo Nda) e uno sbandamento poteva anche essere concepito. ‘Pink Bubbles Go Ape’ non è il nostro lavoro più innovativo, e non è neppure il nostro disco di maggior successo… è un lavoro di transizione, che forse andava fatto in quel momento e che, puntualmente, è stato fatto. All’epoca i problemi erano all’ordine del giorno, eravamo confusi… non hai idea di quante volte ci siamo trovati a discutere se fosse il caso di pubblicarlo o di prenderci dell’ulteriore tempo… alla fine abbiamo corso il rischio e lo abbiamo buttato fuori. Che dire? Manca spontaneità in quel disco, manca la nostra anima, ma nonostante questo credo che dei pezzi validi ci siano anche in ‘Pink…’. Quando è uscito le reazioni non sono state delle migliori ma non tutto è stato buttato… va visto come un disco di transizione… probabilmente se non fosse stato per esso non ci sarebbero stati neppure lavori come ‘Master Of The Rings’ o ‘The Time Of The Oath’…ci è servito per focalizzare l’attenzione su quello che avremmo dovuto fare in futuro, ci ha insegnato a affrontare e superare lo stress di quel momento, ci ha dato una grande mano come band… Se oggi penso a quel disco non posso non pensare a tutti i problemi che lo hanno generato, ma posso sorridere perchè quelle difficoltà ci hanno certamente rafforzati”.
Francamente, c’è mai stato un momento in cui avreste voluto dire “basta”? Dopo tutto sono anni che sfornate album e trovare sempre stimoli nuovi per andare avanti non deve essere semplice…
“Infatti non lo è affatto, e non nego che ci sono stati dei momenti in cui proprio ci pareva impossibile rialzare la testa e andare avanti. Nei primi anni Novanta ci pareva di essere finiti in un vicolo cieco, non vedevamo via di uscita… poi è arrivato Andi, è uscito un disco come ‘Masters Of The Rings’ e, come per incanto, la macchina è ripartita. È tutta una questione di stimoli, di trovare la scintilla anche nei momenti più bui. Da quell’istante ci siamo resi conto che saremmo sempre stati in grado di ripartire, bastava solo avere pazienza ed aspettare”
Secondo il comunicato stampa stilato per presentare ‘Straight Out Of Hell’, questo lavoro viene descritto come la naturale evoluzione di lavori come ‘Gambling With The Devil’ e ‘ 7 Sinners’. Sei d’accordo con questa considerazione? Pensi realmente che, con ‘Keeper Of The Seven Keys – The Legacy’ si sia chiuso un cerchio e con ‘Gambling…’ si sia aperta una nuova era per gli Helloween?
“Non so, è molto difficile da dire, soprattutto per una persona come me coinvolta profondamente nel processo compositivo di ognuno dei dischi che hai citato. Bisogna essere oggettivi per poter fare una simile considerazione, e forse voi critici lo siete più di noi musicisti. A volte, appena ultimato il lavoro, fatico persino a darci un giudizio, perchè mi sembra il disco più bello del mondo tanto è il tempo che ci ho speso attaccato… solitamente la reale concezione del lavoro emerge molto più in la nel tempo…’Gambling With The Devil’ è stato sicuramente un disco molto importante per noi, è stato una sorta di ritorno alla semplicità dopo gli azzardi di ‘The Legacy’, una riscoperta della vera essenza degli Helloween che è inevitabilmente ritornata con ‘7 Sinners’. Se ‘Straight Out Of Hell’ sia migliore dei suoi predecessori non sta a me dirlo…mi piace questo disco…molto…ma come ti ho detto sono la persona meno adatta per giudicarlo. Suona differente, questo sì, ma è una cosa che balza subito all’orecchio, non ci vuole un genio per capirlo. Forse un giudizio obiettivo lo potranno dare solamente quelle persone che lo compreranno e lo valuteranno senza troppi preconcetti”.
Nel disco c’è una versione di ‘Burning Sun’ suonata con l’Hammond e dedicata a Jon Lord. Quanto è stato importante questo musicista per la vostra band?
“È stato fondamentale. Jon Lord con il suo Hammond ha definito un sound, quello dei Deep Purple, che ha fatto la storia della musica rock. Se i Deep Purple sono quel che sono, è grazie a Jon Lord. Ed essendo la band inglese una delle nostre principali influenze, ci è parso doveroso dedicare un brano al musicista scomparso. A dire il vero non c’è stato nulla di pianificato, l’Hammond era semplicemente perfetto per ‘Burning Sun’, lo abbiamo inserito e ha funzionato benissimo. Se chiudi gli occhi ti sembra di percepire l’anima di Jon in questo pezzo”
Se dovessi individuare il tuo brano preferito tra quelli che compongono ‘Straight Out Of Hell’, quale sceglieresti?
“Il disco è appena uscito e, onestamente, è troppo presto per poter dire una cosa simile. Non ci riesco proprio, un po’ perché non sarebbe giusto nei confronti degli altri brani, un po’perché davvero non saprei quale scegliere. Forse se mi ponessi questa domanda tra un anno potresti ricevere una risposta differente. Un pezzo per emergere completamente nella mente di un musicista necessita di tantissimi ascolti e, soprattutto, va suonato dal vivo. Dammi il tempo di suonare on stage i pezzi nuovi e potrò dirti quale è il mio preferito”
Come mai avete scelto come biglietto da visita per il nuovo disco un pezzo lungo e abbastanza articolato come ‘Nabataea’?
“La scelta di ‘Nabataea’ come primo singolo è figlia degli importanti feedback ricevuti da questo brano. Una volta ultimato il disco lo abbiamo fatto ascoltare a diversi amici ed addetti ai lavori e tutti hanno sottolineato quanto bello fosse questo brano, quindi ci è parsa la soluzione più ovvia prenderlo come apripista per il nuovo lavoro. E’ un pezzo molto Helloween, narra la storia dei Nabatei, un popolo di commercianti dell’antica Arabia capaci di tenere testa a lungo al forte Impero Romano senza mai entrarne in conflitto. La civiltà Nabatea è stata forse la prima democrazia della storia e, cosa più importante, non ha mai conosciuto la guerra in tutta la sua storia. E’ un tema che si cuce perfettamente addosso ad Andi, ed infatti lo abbiamo visto particolarmente a suo agio nella sua esecuzione”
Addentrandoci in un discorso puramente lirico, quali sono i temi che siete andati a trattare in questo lavoro?
“L’idea alla base di ‘Straight Out of Hell’ è una sola: io vivo la mia vita alla giornata, non penso al futuro ma cerco di godermi al massimo tutto quello che mi sta succedendo adesso. Qualcosa va bene, altre cose andranno storte, ma questo non ha importanza. La vita è un gioco, a volte si vince, a volte si perde, quindi non è il caso di prendere le cose troppo sul serio. Se ci pensi è un pò lo stesso concetto del concerto, lascia fuori i problemi, goditi l’evento e non pensare a nulla. Molti vengono ai nostri show per passare due ore in allegria e non pensare ai problemi della vita di tutti i giorni. Le emozioni vanno vissute all’istante, se non te le godi al momento, dopo è troppo tardi”
Negli ultimi anni la sensazione è che l’heavy metal sia tornato prepotentemente a galla. Voi come vivete questa situazione dal di dentro?
“Molto bene, ovviamente, e possiamo confermare che il metal sta vivendo realmente una seconda giovinezza. Lo si capisce dalla gente che viene ai concerti, dalla portata dei nostri tour, dal numero di interviste schedulate ogni volta. C’è un rinnovato interesse attorno a tutto il movimento, e questo non può che renderci felici. La cosa che più ci colpisce è vedere, ai nostri concerti, due generazioni di persone che vivono l’evento in un unico abbraccio. Ci sono i genitori che hanno iniziato a seguire gli Helloween sin dalla prima ora, che vengono allo show con i figli al seguito, e tutti vivono lo spettacolo con grande passione…Per un istante abbiamo abbattuto ogni barriera generazionale e la cosa ci riempie di orgoglio”
A febbraio è partito il secondo capitolo dell’Hellish Rock, il tour che vi vedrà impegnati al fianco dei Gamma Ray. Una decisione nata per cavalcare l’onda del successo riscosso dalla prima parte o c’è dell’altro?
“Kai Hansen fa parte della famiglia, è inutile nasconderlo, e poter condividere la vita on the road con lui è sempre un piacere. Dopo la prima parte di questo tour abbiamo ricevuto tantissimi messaggi di fan che ci chiedevano di ripetere questa esperienza, e da stronzi abbiamo pensato che avremmo potuto rispondere ‘No, chi c’era c’era, chi non c’era si attacca!’ Ma alla fine non siamo poi così sadici (sogghigna Nda), ripetere un evento unico sarebbe per i più una follia, ma noi pazzi lo siamo da sempre, quindi siamo andati contro corrente e oggi siamo nuovamente qui, a contenderci un camerino con la band di Kai”