Bad Bones – Running with the (white) devil
Il 03/11/2012, di Elisa Penati.
Nuova vita ma stessa, fottuta, marcissima attitudine. I Bad Bones si sono annientati, si sono reinventati forti dell’innesto di un nuovo singer ed ora sono pronti a riprendere la loro corsa, più marci, grezzi e volgari che mai. ‘Snakes and Bones’ è il loro terzo assalto sonoro, un disco costruito con sangue, sudore e un bicchiere di quello buono, una gemma sbocciata dal fango che riporta l’hard rock italiano a livelli di eccellenza. A parlarcene è la band al gran completo…
“…Don’t stop me, babe don’t stop me…” dice il refrain del singolo estartto da ‘Snakes and Bones’ terza fatica dei cuneesi Bad Bones. Verebbe da chiedersi chi possa più fermarli dopo che, loro stessi, nell’arco di tempo necessario alla pubblicazione di tre dischi, hanno saputo creare, uccidere e resuscitare la propria creatura. Sì perchè, come ci raccontato, la vita artistica di una band non è semplice, tutt’altro. Il trucco però è quello di trasformare ogni emozione in puro istinto rock ed ecco che tra serpenti, ossa e sabbia di un deserto interiore l’ispirazione prende forma, si carica sulle spalle l’esperienza e si concretizza in un album che ha in serbo gioiellini di inestimabile valore per i fan di vecchio e nuovo corso. Incontriamo dunque la band al gran completo che, soddisfatta ed impaziente di presentare ‘Snakes and Bones’ al pubblico, ci racconta la gestazione di un album che li consacra come una delle realtà hard rock italiane più interessanti del panorama attuale.
Dopo il debutto di ‘Smalltown Brawlers’ e la conferma di ‘A Family Affair’, vi avevamo lasciati in tre e pronti a rimettervi subito al lavoro. Nei due anni trascorsi tra ‘Family…’ e questo ultimo lavoro sono accadute parecchie cose e ‘Snakes and Bones’ è l’album che vi battezza come quartetto, suggellando così l’unione con Max, che da ormai un anno è il vostro “nuovo” singer. Potete raccontarci brevemente cos’è accaduto ai Bad Bones in questo arco di tempo?
“(Steve) La nostra vita di artisti percorre strade che mutano in continuazione, salgono, scendono, costeggiano precipizi pericolosissimi, attraversano foreste meravigliose e cieli messicani ma a volte si incuneano in tunnel che sembrano non finire mai. Questo è quello che succede ad ogni band, i sacrifici e la disciplina che ti richiede un gruppo spesso sembrano insopportabili e ti viene voglia, in maniera sadica, di “ammazzare” la tua creatura. A noi è venuta voglia di farlo nell’estate del 2011 e lo abbiamo fatto: abbiamo ammazzato i Bad Bones e ce li siamo mangiati. Poi abbiamo preso quello che rimaneva e abbiamo aggiunto qualcosina di nuovo, il nostro amato Max alla voce, ed il risultato è stato semplicemente esaltante! Roba da leccarsi i baffi!”
Siete una band che ha vissuto e condiviso esperienze molto intense descritte spesso nei testi dei vostri brani. Come siete riusciti a far conciliare questo aspetto con l’arrivo di Max?
“(Meku) Le parole sono quelle e i suoni sono quelli, le canzoni ti portano nei luoghi in cui sono state create, questa è la nostra missione artistica. ‘Ghost Town Blues’ mi riporta sempre lì, in mezzo al deserto del Mojave con i miei fratelli e ora che possiamo lavorare con più tranquillità alle melodie e ai cori la sento ancora più intensa. Ogni volta che Max la canta viene con noi a fare un giretto nel deserto e quindi anche lui condivide la nostra esperienza: siamo una band di rock’n’roll non abbiamo limiti di spazio e di tempo, voliamo sulle ali dell’immaginazione!”
In che modo Max è riscito a fare suoi i brani di ‘Smalltown Brawlers’ e ‘A Family Affair’?
“(Lele) Max amava le nostre canzoni ancora prima di entrare nella band. Una sera è salito sul palco con noi, eravamo al Rock’n’roll di Rho, e ha cantato ‘Poser’ e ‘Bad Bone Boogie’, non due cover e, tornando all’immagine di Steve, la sua voce è stata l’arma del delitto perfetta per farci venire voglia di “fare fuori” il trio. Da quel giorno era uno dei nostri, lo aveva deciso il palco… lo aveva deciso il plettro del destino o semplicemente siamo stati fortunati…o decidete voi come vi pare… comunque è andata così, la morte dei Bad Bones è stata in pieno stile Bad Bones, solo che quella sera nessuno se ne è accorto, solo noi!”
“Snakes and Bones” è un binomio interessante… cosa rappresenta per i Bad Bones l’unione di queste due parole e come mai le avete scelte come titolo del vostro terzo album?
“(Steve) I Bones siamo noi mentre il serpente riassume perfettamente la situazione: è un animale letale e pericoloso, ma è anche sinonimo di cambiamento (muta la pelle), nelle antiche religioni lo si vede accostato alla saggezza e alla sapienza (soprattutto in quelle sudamericane) e se ci pensi lo trovi anche nelle insegne delle farmacie quindi è anche cura. Questo per ribadire che siamo cambiati, siamo morti e siamo risorti più saggi affrontando il rischio delle nostre decisioni”.
Ascoltando l’intero album si ha l’impressione che all’interno della track list coesistano brani decisamente più diretti come ‘Rebel Radio’ o ‘Don’t Stop Me’ e brani come ‘Am I Walking Alone?’, ‘Follow the Rain’ o ‘Nowhere Girl’ dove invece sembra percepirsi una forte malinconia che sembra sfociare quasi in solitudine. Quali sono state le principali emozioni che hanno ispirato la scrittura di questi undici brani sia dal punto di vista dei testi che della musica?
“(Max) L’album rappresenta un momento di passaggio importante per la band e riproduce fedelmente quelle che erano le nostre emozioni in quei mesi: c’era l’euforia per il cambiamento, sentire la nuova linfa creativa che faceva esplodere la band in fase compositiva e allo stesso tempo la malinconia legata alla consapevolezza che un ciclo si era chiuso. Io per primo mi rendevo conto, attraverso le parole di Steve, Lele e Meku, che avevano voltato una pagina importante della loro vita artistica e li rispetto moltissimo per il coraggio e la coerenza delle loro scelte”.
“(Steve) Max ha interpretato benissimo le canzoni perchè le sentiva profondamente sue, ed è questo l’obiettivo che mi ero dato quando ho iniziato a scrivere i testi, non volevo tirare fuori la “retorica” dei Bad Bones, ma volevo portare uno sguardo diverso e Max nel suo immenso talento di cantante ha dimostrato una sensibilità fuori dal comune! Credetemi che quando abbiamo iniziato a lavorare sulle linee melodiche del disco ci sono stati dei momenti di commozione davvero sentiti e sinceri… oltre chiaramente alle mille birre e all’esaltazione spaccona che ci accompagna da sempre!”
In ‘Smalltown Brawlers’, ma ancora di più in ‘A Family Affair’ è molto presente il vostro vissuto americano. Che eredità ha lasciato l’America in ‘Snakes and Bones’?
“(Lele) L’America fa parte della nostra storia e ne abbiamo parlato così tanto in questi anni che rischiamo di trasformare tutto il discorso in una specie di continuo ritornello che non finisce mai e diventa noioso e ripetitivo, sono sincero, mi sono stufato di parlare dell’America e così la pensano anche Meku e Steve, così l’ abbiamo censurata dal disco”
“(Meku)…e censurandola è venuta fuori…ma in maniera diversa…”
“(Steve) Infatti…come non potrebbe non venire fuori l’America? E’ stata un’esperienza che nel bene e nel male ci ha segnato tantissimo e quindi anche se non vogliamo, eccoci di nuovo là, nel deserto!”
“(Max) Ma questa volta non è il deserto della California, ma quello della nostra anima, quello della povertà e della miseria materiale ed emotiva che ci circonda. ‘Snakes and Bones’ è un viaggio dentro noi stessi, come dice lo sciamano indiano in ‘Indian Medicine Man’ “…can you lose yourself… and embrace your soul?”
‘Don’t Stop Me’ è il brano che avete scelto per realizzare il video, come mai avete scelto proprio questo pezzo?
“(Lele) E’ una canzone che spinge fin dal primo minuto e dice che nessuno può fermarci! Mette un bel punto fermo su chi sono i Bad Bones del 2012 e sulla voglia che abbiamo di andare avanti più uniti e forti che mai! Un biglietto da visita che assomiglia più a una bomba a carta, in puro stile Bad Bones! Non poteva non essere il nostro singolo!”
Si può dire che siete una band relativamente giovane: avete due album alle spalle ed un terzo appena pubblicato, eppure, fin dall’inizo avete conquistato un grande affetto da parte di un pubblico eterogeneo, non solo italiano, in continua crescita. Quali pensate siano state le peculiarità che hanno attirato così tante persone attorno alla vostra musica?
“(Steve) La musica è fondamentalmente comunicazione: se il messaggio è chiaro e coerente arriva all’ascoltatore e se chi ascolta presta un minimo di attenzione allora può identificarsi. Sembra facile detto così, ma non lo è! Per fare questo bisogna essere ultraonesti con se stessi, non cercare scorciatoie e avere il coraggio di scendere nei propri abissi per cercare il messaggio da mettere nella bottiglia. Il viaggio non è facile e non sempre negli abissi si riesce a trovare la pietruzza luccicante tanto agognata, in passato siamo stati fortunati a trovarne qualcuna (‘Bad Bone Boogie’, ‘Poser’, ‘A Family Affair’ o ‘Ghost Town Blues’) e la gente ha apprezzato. Credo che un paio di gioiellini si possano trovare anche setacciando le undici tracce di ‘Snakes and Bones’, ma la nostra piccola bottiglia naviga in un oceano immenso e quindi, come bravi naufraghi, rimaniamo a riva ad attendere il responso dei fans del rock’n’roll!”
I Bad Bones vivono on the road. Fino a pochi giorni prima di inizire le registrazioni di ‘Snakes and Bones’ vi abbiamo visti continuamente impegnati in un numero elevato di live. Cosa rappresenta per voi la dimensione live ed il contatto diretto con il vostro pubblico?
“(Lele) Suonare dal vivo è la nostra priorità! Non c’è niente di più stimolante che un bel concerto in un locale i cui muri grondano del sudore della gente, e quando senti i ragazzi cantare e ballare le tue canzoni allora ti senti investito da un energia incredibile che ti porti dentro e cerchi di riversare nel disco!”
“(Max) Sono entrato nei Bones con un concerto, senza nessuna prova, semplicemente salendo sul palco con i ragazzi e via… come per cavalcare le onde con il surf, serve la tecnica, certamente, ma l’istinto animale deve essere la tua guida. Lì ho imparato a sentirmi uno di loro, un animale da branco che fiuta la situazione, che si ciba di un’energia sporca che gli rimbalza da un sacco di brutti musi urlanti. Steve, Meku e Lele mi hanno buttato nel loro mondo senza passare dall’anticamera, senza paracadute e senza sconti ed è stato così per un anno intero e dopo oltre quaranta concerti mi sono ritrovato in studio a registrare ‘Snakes and Bones’ e lì ho avvertito la potenza che quella centrifuga di concerti ha lasciato dentro tutti noi: ci ha plasmati e forgiati, ma lo sapevamo già, fin dall’inizio…la fortuna dei Bad Bones è quella calcolata, nascosta nella manica di un buon baro…non credete mai a quello che vi racconta uno dei fratelli Bone!”
Parlando di live, cosa avete in programma per il tour in supporto a questo nuovo album? Vi vedremo sicuramente in Italia, ma ci sarà spazio anche per l’Europa e magari anche un ritorno in America per la presentazione ufficiale di Max anche ai fan d’oltreoceano?
“(Steve) I nostri programmi sono molto semplici, suoneremo ovunque ci sia un fan dei Bad Bones, anche ce ne fosse solo uno! E faremo questo non per dovere, ma per riconoscenza, chiunque ci segue è uno di famiglia e noi siamo abituati ad andare a trovare i nostri parenti! Siamo ragazzi educati! Sicuramente nei prossimi mesi ci dedicheremo all’Italia poi toccherà all’Europa e in fine torneremo nella nostra seconda casa in California…Silverstrand Beach arriviamo! Preparate le birre ragazzi!”.