Lizzy Borden – Master Of Disguise
Il 26/09/2012, di Fabio Magliano.
Metal a stelle e strisce, trovate teatrali e sangue a fiumi. E’ questa la ricetta che ha accompagnato i Lizzy Borden nel corso di una carriera arrivata a lambire i trent’anni di durata. Un traguardo importante che la band di Hollywood sta celebrando con un tour nel quale viene portato in scena il meglio del suo shock rock. In coda all’esibizione milanese al Gods Of Metal, abbiamo avuto modo di scambiare quattro chiacchiere con il simpatico cantante americano.
I Lizzy Borden nonostante i trent’anni di attività ed i nove lavori realizzati, non sono mai riusciti a scrollarsi di dosso l’etichetta di “cult band”, eppure a modo loro sono riusciti a scrivere pagine importanti nella storia del metal a stelle e strisce. Perché hanno saputo seguire fedelmente la lezione impartita da gruppi come Kiss, Alice Cooper e Twisted Sister, maestri nel donare al metal forti connotati teatrali, abbinandovi però pezzi divenuti veri inni al metal ottantiano come l’anthemica ‘Give’Em the Axe’ o l’eloquente ‘American Metal’. Ritornati nel 2007 dopo una lunga serie di break e repentine reunion, i Lizzy Borden stanno ora portando in giro per il mondo il loro carrozzone auto-celebrativo, uno show esplosivo che ha fatto tappa in Italia in occasione del Gods Of Metal, nel corso del quale la storia della band è stata passata a setaccio tra improvvise trovate sceniche e costanti cambi di maschera. Proprio in coda allo show milanese abbiamo avuto modo di incontrare il disponibile singer di Hollywood che, con grande cortesia, ci ha portato alla scoperta dei lati più oscuri della sua creatura.
Dopo un lungo tira e molla, la band è tornata ufficialmente sulle scene nel 2007, pubblicando poco dopo ‘Appointment With Death’. Quale è stata la scintilla che vi ha spinto a tornare sulle scene?
“A dire il vero la band non ha mai cessato di esistere, solamente avevamo sentito il bisogno di prenderci una pausa e pensare ad altri progetti. Spesso questo tipo di pause finiscono per essere salutari per un gruppo, perché gli consentono di ricaricare le batterie, di raccogliere nuove energie e poi ripartire con uno spirito rinnovato. Così è stato per noi… dopo la pubblicazione di ‘Deal With The Devil’ alcune cose non erano andate come avrebbero dovuto, quindi ci è parso giusto creare una sorta di cuscinetto tra quello che è stato e quello che sarà il percorso dei Lizzy Borden”
Come avete confermato anche nel corso dello show al Gods Of Metal, il vostro live set continua a risultare estremamente teatrale evolvendosi, però, rispetto a quello che era il vecchio show negli anni Ottanta…
“Ci sembrava doveroso nei confronti dei nostri fan non allestire più uno show che alla lunga avrebbe finito per risultare anacronistico, ma allo stesso tempo non potevamo privarci di quella componente teatrale che è sempre stata parte integrante della realtà dei Lizzy Borden. Molte band degli anni Ottanta sono ritornate sulle scene tentando di riproporre fedelmente lo spettacolo che le aveva rese celebri all’epoca… peccato che nel frattempo sono trascorsi trent’anni, ed il risultato oggi non è esattamente quello di allora… Noi abbiamo voluto adattare il nostro spettacolo alla realtà che stiamo vivendo, lo abbiamo evoluto, lo abbiamo modernizzato con il risultato di mantenere viva l’essenza dei Lizzy Borden senza finire per risultare grotteschi o almeno fuori luogo”
Nel corso della tua carriera hai avuto modo di dividere la scena con numerose band e grandissimi artisti. Hai qualche aneddoto particolare da raccontarci in proposito?
“Ne ho tantissimi…ricordo quando mi trovai a suonare con un gruppo di ragazzini in un locale a Los Angeles. Erano tremendi. Avevano un look orrendo, sembravano ubriachi, suonavano in modo pessimo e parevano l’ennesima copia dell’ennesima band nata negli anni Ottanta sul Sunset Strip…Questi qui non andranno da nessuna parte, mi ero detto. Ed invece i Guns’n’Roses hanno finito per fare la storia dell’hard rock. Evidentemente li avevo beccati nella classica giornata “no”. E detto ora, sono stato felicissimo di aver sbagliato completamente il mio pronostico”.
Quale pensi sia il punto più alto toccato dai Lizzy Borden nel corso della loro carriera?
“Senza dubbio sono episodi legati alla nostra avventura on the road. Per una band che non ha mai avuto la fortuna di poter firmare per una major, potersi esibire in festival leggendari come il Wacken, il Bang Your Head o il festival di Reading assieme ad Alice Cooper davanti a oltre 50 mila persone, è una di quelle cose che ti rimarranno per sempre impresse nella tua memoria”.
E se dovessi individuare il periodo più negativo per la tua band?
“Senza dubbio direi quello all’inizio degli anni Novanta, quando in radio e televisione girava solamente il grunge, quando allestire un tour decente era assolutamente impossibile ed i tuoi dischi non riuscivano a godere della seppur minima promozione. Non c’erano spiragli per band come la nostra e andare avanti era davvero difficilissimo”.
Se dovessi passare ai raggi X la vostra carriera, a cosa attribuiresti la difficoltà dei Lizzy Borden di abbandonare la loro dimensione di “band di culto”?
“Ci sono diverse ragioni che ho avuto modo di sviscerare nel corso degli anni e assimilare poco per volta. Forse la causa principale è stata l’impossibilità di aggregare i Lizzy Borden ad un tour epocale. Se ci fosse stata data la possibilità di supportare qualche gruppo leggendario come i Kiss o i Metallica, probabilmente la nostra carriera avrebbe preso una piega differente. La nostra carriera è stata una costante sfida impari contro band che potevano contare su budget importanti e su promozioni mostruose… mentre noi dovevamo sempre agire da indipendenti. Se puoi contare su un milione di dollari per promuovere la tua musica, puoi considerarti arrivato; se, come noi, hai a disposizione mille dollari per volta, avrai inevitabilmente davanti una strada in salita. Ma non ci lamentiamo, non abbiamo goduto di un successo planetario, ma ci siamo tolti comunque le nostre belle soddisfazioni!”
Se dovessi scegliere tre album che pensi possano rappresentare a pieno la carriera dei Lizzy Borden, quali sceglieresti?
“Senza dubbio ‘Menace To Society’ perché è stato il disco che ci ha lanciati su larga scala, il primo a finire in classifica su Billboard. Direi poi ‘Master Of Disguise’ , il disco che segnò un nostro primo ritorno sulle scene dopo un momento di difficoltà finendo nuovamente in classifica e confermandoci come potesse esserci un nuovo futuro per i Lizzy Borden. Ed infine metterei ‘Appointment With Death’ perché è stato il lavoro che ci ha proiettati verso un nuovo, entusiasmante capitolo nella storia della band”
Non hai citato ‘Love You to Pieces’, il disco dell’inno ‘American Metal’…
“Semplicemente perché quello è un disco che è uscito in un secondo tempo, almeno a livello di impatto sul pubblico. L’ho sempre considerato un lavoro valido a livello di composizioni ma ancora un po’ acerbo e penalizzato all’eccesso da una produzione non all’altezza. Pezzi come ‘American Metal’, o anche ‘Warfare’ sono usciti alla distanza, esplosi dal vivo e poi riscoperti su disco. Sono legato a questo lavoro ma non lo annovero tra i tre migliori dei Lizzy Borden”.
C’è invece un disco composto da un altro artista, che avresti voluto realizzar tu?
“Forse un disco capace di vendere milioni di copie, di quelli in grado di consentirmi di vivere di rendita per tutta la vita! A parte gli scherzi, il mio disco preferito, quello che non manca mai nel mio stereo, è il primo ‘Alive’ dei Kiss. E’ un lavoro epocale che continua ad emozionarmi ogni volta che lo ascolto”
Prima si accennava a ‘American Metal’, uno dei vostri pezzi più rappresentativi. Puoi raccontarci cosa si cela dietro a questo brano?
“E’ un pezzo che racchiude un po’ tutto quello in cui credono i Lizzy Borden. Quando ho composto ‘American Metal’ era mia intenzione registrare un anthem che ci rappresentasse a pieno e che mostrasse a tutti quelli che erano i nostri reali intenti. In quel periodo il metal era ancora in una dimensione underground, la scena era molto limitata e si era uniti da una sorta di fratellanza metallica che oggi è andata un po’ perdendosi. Con un pezzo come ‘American Metal’ volevamo accomunare un po’ tutti gli esponenti di quella scena. Conoscevo bene ciò che cantavo, conoscevo la scena perché l’avevo vista nascere e mi pareva doveroso regalarle questo anthem”
Ma cosa rappresenta per te oggi questo brano?
“Molto più di quanto non rappresentasse allora! A quel tempo era solo un pezzo dei tanti. Oggi, ogni volta che lo suono, mi rendo conto di cosa è diventato, di cosa ha rappresentato per la band e per i suoi fan e comprendo come quel pezzo sia riuscito a diventare una sorta di fotografia della scena di quel tempo. E’ un pezzo senza tempo e senza frontiere, mi è capitato di esibirmi in Germania come in Italia, suonare ‘American Metal’ e rendermi conto di come i fan di Paesi differenti l’abbiano fatta propria, perché questa canzone è un inno al metal universale, non solo quello a stelle e strisce”
Oggi ti abbiamo visto indossare sul palco decine di maschere differenti. Ma chi è realmente Lizzy Borden?
“Sicuramente l’opposto di quello che avete avuto modo di vedere in scena. Nella vita di tutti i giorni Lizzy Borden è una persona introversa, schiva, per alcuni tratti persino un po’ timida. Suonare in una rock band ed esserne il leader mi ha aiutato a sconfiggere in parte questa mia timidezza, mi ha consentito di lasciare per un istante da parte la mia riservatezza e portare in scena “l’altro me”, quello esuberante, quello istrionico. Ma forse anche questo è un modo di esorcizzare il lato oscuro di me. Non è un caso se in scena utilizzo tutte quelle maschere, perché faccio ogni volta emergere ogni sfaccettatura differente della mia personalità”
In conclusione, a che punto siete con la lavorazione del successore di ‘Appointment With Death’?
“Ci sarà, questa è una cosa certa. Stiamo lavorando sui nuovi pezzi, abbiamo molte idee e qualche canzone già abbozzata, ma al momento penso sia prematuro parlarne. Abbiamo allestito un tour importante che ci ha portato ad esibirci sul palco dei festival più importanti, dal Gods Of Metal all’HellFest, quindi ci stiamo concentrando intensamente sull’attività live. Quando ci fermeremo concentreremo tutte le nostre energie sul nuovo album”