Sonata Arctica – Carved In Stone
Il 15/04/2012, di Fabio Magliano.
Dopo quasi tre anni di silenzio, tornano sul mercato i finlandesi Sonata Arctica con un nuovo disco di inediti, quel ‘Stones Grow Her Name’ che lascia trasparire la volontà del gruppo di andare a riscoprire quelle sonorità che l’hanno reso celebre all’esordio. Senza comunque perdere di vista un’innata vena sperimentatrice, come ci tiene a sottolineare il simpatico singer Tony Kakko
Il primo ricordo legato ai finlandesi Sonata Arctica risale ai primi mesi del 2000 quando, stremati, commentavano soddisfatti lo show appena concluso al Longhorn di Stoccarda nel tour di supporto a Rhapsody e Stratovarius. La proposta sonora, forse, non era delle più entusiasmanti, ancorata com’era ad un power sin troppo canonico, ma a colpirmi fu lo spirito del gruppo, la sua esuberanza, la sua capacità di sdrammatizzare anche le situazioni più critiche sempre con il sorriso stampato in volto “Ricordo quel tour – racconta oggi il singer Tony Kakko – e ricordo la data di Milano. Vi arrivai con un brutto mal di gola, non certo il massimo per un cantante metal, e poi l’acustica di quel palazzetto (il Palalido, Nda) non era delle migliori. Poi una volta saliti sul palco, con tutto il locale pieno come un uovo mi sono detto: ‘Hey, è sold out, sei in cima al mondo, e ti lamenti? Stai zitto, vai in scena e spacca!’”. Da quel giorno l’evoluzione artistica del gruppo nordico, pur facendo registrare una costante crescita a livello di popolarità, ha assunto una traiettoria circolare, che l’ha portata a passare dal power dell’esordio a soluzioni più orientate verso il progressive con lavori come ‘Unia’ e ‘The Days Of Grays’, per poi ritornare alle sonorità degli esordi seppur abbondantemente contaminate, con il nuovo ‘Stones Grow Her Name’. Una crescita stilistica naturale, come ci racconta il loquace singer finlandese.
Tony, sono passati quasi tre anni dalla realizzazione del vostro precedente lavoro, un lasso di tempo insolito se si considera la regolare cadenza della vostra discografia. Come mai tutto questo tempo?
“Gli anni successivi la pubblicazione di ‘The Days Of Grays’ sono stati molto intensi per noi, abbiamo suonato moltissimo dal vivo in ogni parte del mondo e, grazie al successo riscosso da quel disco, abbiamo registrato il DVD ‘Live In Finland’ che è poi stato promosso a dovere. Tra tutto questo ci si è messo un brutto infortunio ad una mano occorso a Elias (Viljanen, il chitarrista Nda) che ci ha costretto a spostare tour e a diluire ulteriormente nel tempo l’attività live. .. tutto questo messo insieme, ha fatto si che la lavorazione del nuovo album iniziasse quasi due anni dopo la pubblicazione del disco precedente. Non è stato semplice, abbiamo dovuto correre tutti per rispettare determinate tempistiche tecniche ma, allo stesso tempo, c’è stato un gran lavoro alla base perchè avevamo mille idee per la testa, esperimenti da fare, soluzioni da valutare, quindi abbiamo concentrato tutto in un lasso ristretto di tempo sfruttando al massimo ogni secondo a nostra disposizione”
Da un punto di vista musicale il disco lascia emergere in modo abbastanza chiaro la vostra volontà di tornare a riscoprire quelle sonorità che vi hanno reso celebri…
“È vero, questo è una di quelle cose scaturite da quelle riflessioni di cui ti accennavo in precedenza. Vedi, album come ‘Unia’ e soprattutto ‘The Days Of Grays’ sono figli della nostra volontà di far crescere il nostro sound, di evolverlo, distaccandolo per alcuni versi da soluzioni più canoniche e da quei clichè tipici del power metal. Il risultato è stato sicuramente positivo, qualcuno lo ha compreso a pieno, altri ci hanno criticato ma in generale i due dischi sono stati accolti molto bene e siamo tutti soddisfatti del lavoro fatto. Però al momento di iniziare a lavorare a ‘Stones Grow Her Name’ abbiamo discusso molto e siamo giunti alla conclusione che la vera natura dei Sonata Arctica non era quella di band dedita a lunghe suite e a brani di otto minuti… l’obiettivo che dovevamo raggiungere era l’immediatezza, quindi brani più corti e melodie che rimanessero impresse sin dal primo ascolto… proprio come fatto tempo addietro con dischi come ‘Winterheart’s Guild’ e ‘Reckoning Night’. Ed in questa direzione ci siamo mossi per lavorare al nuovo disco”
La vena sperimentatrice non è però scomparsa del tutto in ‘Stones Grow Her Name’…
“Perchè non avrebbe avuto senso. Un conto è rivedere un po’ la rotta, un conto è stravolgere completamente quanto fatto in passato. La sperimentazione fa parte di noi, rientra in un discorso di crescita artistica che si è sviluppato negli anni, album dopo album. La vera sfida in questa occasione è stato il far convivere la sperimentazione con un ritorno alle sonorità del passato. Penso che ci siamo riusciti abbastanza bene, grazie soprattutto all’ausilio di strumenti non propriamente canonici in ambito power come, ad esempio, il piano hammond e altre soluzioni vintage, oppure mischiando il classico power con altre sonorità non propriamente canoniche, che arricchiscono le nostre composizioni senza però sfigurarle”.
Prima accennavi alla breve durata dei brani… l’attenzione però cade inevitabilmente sulla conclusiva ‘Wildfire’ che, con le sue due parti, arriva a toccare i quindici minuti totali di durata…
“(Sorridendo sornione Nda) Ci aspettiamo tutti questo appunto, ma fa parte del gioco. ‘Wildfire’ è un elemento a sè all’interno del disco, un pezzo che rientra in quel discorso di sperimentazione accennato in precedenza. È un piccolo concept inserito in un contesto dove ogni brano recita un ruolo proprio nell’ambito dell’album. In questo pezzo ci siamo voluti sbizzarrire, abbiamo inserito elementi del passato ma abbiamo soprattutto voluto calcare la mano sul volto più heavy del nostro sound ed alla fine abbiamo ottenuto una delle canzoni più pesanti mai composte dai Sonata Arctica. Come detto, però, è un episodio a se stante, se si vuole comprendere a pieno l’essenza del nostro nuovo disco si deve guardare a brani come ‘Shitload o’ Money’, a ‘ Losing My Insanity’ e magari anche a ‘Don’t Be Mean’ con la quale abbiamo voluto ricordare a tutti che, nonostante suoniamo come una heavy metal band, sotto sotto siamo dei romanticoni anche noi!”
Un’altra cosa che ritorna in questo lavoro, è quella vena ironica che da sempre vi caratterizza…
“Sono convinto che, se non mettessimo ironia nella nostra musica e nei nostri show, i Sonata Arctica non funzionerebbero così bene. La musica, così come i nostri concerti, sono allegria, devono fare passare alcune ore di spensieratezza a chi viene a sentirci, quindi non avrebbe senso investirli con negatività. A volte mi viene il dubbio di essere un po’ eccessivo, a tal proposito mi confronto con gli altri ragazzi della band e mi rispondono sempre “fai ciò che ti senti di fare”. Ultimamente il mondo si è mostrato nella sua cupezza, i problemi non mancano, quindi è giusto far ridere un po’ la gente. Questo non significa fare gli stupidi. Nelle nostre canzoni, spesso, melodie allegre supportano tematiche che fanno pensare… dopo tutto se vuoi fare arrivare un messaggio, il mezzo migliore è una canzone che faccia subito presa sull’ascoltatore”
Se non ti dispiace, vorrei tornare per un attimo sul vostro “famigerato” DVD ‘Live in Finland’ e sul “caso Milano” ad esso legato. Avevate in un primo momento annunciato che avreste registrato il live all’Alcatraz di Milano, poi tutto è saltato. Ti va di chiarire cosa è realmente successo?
“Quello che dici è tutto assolutamente vero! Avevamo già organizzato una data speciale a Milano proprio per poterla registrare e ricavarne un DVD. Il pubblico italiano è sempre stato estremamente caldo con noi, ha qualcosa di speciale e ci sarebbe piaciuto molto renderlo protagonista del nostro live. Purtroppo durante la definizione del tutto si sono presentati dei costi che non avevamo assolutamente considerato perchè eravamo ignari di alcune leggi che vigono da voi. Solo per poter utilizzare effetti pirotecnici dovevamo versare una tassa di oltre 2000 euro e affidare tutto ai Vigili del Fuoco che supervisionassero i lavori. Poi per il trasporto del materiale dalla Finlandia all’Italia ci sarebbero voluti altri 20.000 euro, ed allora è stato chiaro come non avrebbe avuto senso registrare il DVD a Milano. Abbiamo quindi optato per la registrazione al Club Teatria di Oulu, in un locale che conoscevamo bene avendoci già suonato in precedenza… forse realizzare il tutto all’estero avrebbe donato al lavoro un che di esotico, un maggiore fascino, però siamo soddisfatti lo stesso di quanto fatto. Il pubblico finlandese ha reagito bene, è stato persino più caloroso del solito, quindi non ci lamentiamo… Comunque non abbiamo voluto cancellare del tutto l’Italia da questo lavoro, inserendo alla fine nel DVD anche alcuni estratti dello show acustico tenuto proprio all’Alcatraz di Milano… è anche questo un modo per dimostrare il nostro affetto e la nostra stima verso il pubblico italiano”.
La vostra biografia recita che siete riusciti a vendere oltre 600.000 copie con i vostri lavori. Numeri importanti se si considera la crisi che sta vivendo il mondo della musica e quella fastidiosa piaga rappresentata dal file sharing…
“Sì i dati che ci riguardano sono incoraggianti, ma questo non toglie che il download illegale rappresenti un furto pesantissimo per chi, come noi, sopravvive nel mondo della musica senza arricchirsi. Bisogna mettersi in testa che la musica è per noi un lavoro, una preziosa fonte di sostentamento. Abbiamo tutti l’affitto da pagare, o la rata del mutuo, e il cibo da comprare… non siamo milionari, purtroppo, e le canzoni che scriviamo sono il frutto del nostro lavoro. La gente forse non se ne rende conto, ma quello che facciamo comporta grandi sacrifici, mesi lontani da casa, separati dalle nostre famiglie, dai nostri figli… non vedere tuo figlio crescere, non riuscire a costruire relazioni stabili, è un incubo, un grosso sacrificio. Ma lo si fa, per passione e perchè questo è il nostro lavoro. Se però questo non ti consente di fare soldi, allora la situazione si fa drammatica. Perchè le band finiscono per collassare, si finirà per registrare solo dischi e i tour si fermeranno. Pensa che ci sono band che, per farsi conoscere, pagano per suonare dal vivo. Capisci? Paghi per fare il tuo lavoro sperando che qualcuno si accorga di te, perchè la musica che fai ti viene rubata e i tour non ti portano nulla. È una cosa che mi manda fuori di testa, per questo vorrei che la gente iniziasse a far crescere i propri figli con i giusti valori, che insegnasse loro a non rubare anche se i mezzi a disposizione ti consentono di farlo. E poi, se me lo consenti… (quasi imbarazzato Nda)”
Dimmi pure…
“Adoro l’Italia, ma il fenomeno dei venditori abusivi di merchandise così radicato da voi così come in Sud America mi lascia ogni volta interdetto. Mi stupisce la disinvoltura con il quale viene perpetrato questo furto, le bancarelle abusive poste a pochi metri dai nostri camerini, e nessuno che dice nulla… Per molte band la vendita delle magliette rappresenta un’importante entrata, e l’attività di questi pirati complica maledettamente le cose. Per questo voglio invitare la gente a non comprare la merce contraffatta e aiutare le band acquistando solo il materiale ufficiale”.