Exilia – Got The Life
Il 30/03/2012, di Fabio Magliano.
‘Decode’ è il disco della rinascita, la ripartenza dopo lo split dal chitarrista ElioAlien. Nonché uno dei lavori più intensi e diretti mai concepiti dagli Exilia. Che ritornano alla grande, ancora una volta trascinati dalla vulcanica singer Masha Mysmane…
In un momento estremamente delicato della storia degli Exilia, proprio quando tutto pareva incerto, sospeso dopo l’abbandono del chitarrista ElioAlien, per anni alter ego musicale della dirompente Masha Mysmane, la band lombarda raccoglie le proprie energie, fa quadrato attorno alla carismatica singer ed esce allo scoperto con ‘Decode’, uno dei dischi più diretti ed intensi incisi dalla band meneghina in quasi quindici anni di carriera. Un lavoro che, se da un lato mette in luce la costante crescita vocale di Masha, dall’altro palesa la volontà della cantante di arrivare al cuore delle emozioni, mettendosi a nudo senza troppi giri di parole nè inutili ipocrisie.
‘My Own Army’ è un gran disco che però non ha goduto dell’esposizione mediatica che avrebbe meritato. Perché, secondo te? Che cosa pensi gli sia mancato?
“ (Masha Mysmane) Credo che il periodo storico in cui viviamo non conceda già di suo ai generi “alternativi” di avere una buona esposizione mediatica. Purtroppo gli Exilia non sono gli unici ad avere difficoltà nel promuovere i propri lavori e questo credo sia in buona parte dovuto al fatto che nell’ambiente rock/metal – e forse in quello musicale in genere – ci siano tutta una serie di “ingranaggi” (le cosiddette “giuste conoscenze”) che debbano per forza essere attivati se si punta ad avere passaggi TV piuttosto che in radio. Questa è una questione che mi fa spesso alzare i toni, perché la ritengo decisamente in contrapposizione con quello che dovrebbe essere lo spirito soprattutto del nostro mondo musicale, per antonomasia contro qualsiasi tipo di raccomandazione o abuso di potere in genere”.
Alla luce delle considerazioni fatte in precedenza, cosa pensi a questo punto abbia in più ‘Decode’ del suo predecessore?
“Sono dell’idea che ‘Decode’ sia frutto di una nuova visione, figlia di un grande cambiamento e di una sorta di liberazione da alcune catene, tacite e non, che in qualche modo mi tenevano legata; credo che quest’ultimo album porti con sé la voglia di guardare più in là, di vedere “oltre”; certo è che non è mai semplice fidarsi e affidarsi al giudizio personale quando si parla di un lavoro proprio: non potrei che parlarne bene! Musicalmente parlando però, penso fermamente che ‘Decode’ ci abbia fatto salire ‘qualche gradino’”.
‘Decode’ è il primo lavoro realizzato senza Elio Alien che, per anni, era stato il tuo partner musicale. Quanto è stato difficile ricominciare dopo la separazione e quanto questa divisione è andata a influire sulla riuscita finale del disco?
“La separazione e il distacco sono sempre difficili da affrontare, sia che ci si lasci con una stretta di mano, sia che ci si gridi addosso. E’ stato difficile ricominciare, ho anche pensato di non voler andare avanti, che non avrebbe avuto più senso. Poi la musica, sempre al centro dei miei pensieri e, ancor di più, al centro del mio cuore, ha fatto sì che ripartisse tutto…che io ripartissi…e così ho cercato di nuovo, ho trovato nuove ragioni, ho incontrato nuove persone, mi sono rialzata e sono tornata a crederci! Ed eccomi qui…”
Per un motivo o per un altro alla base di ogni vostro disco c’è una situazione avversa: un incidente, un tragico lutto, un divorzio artistico… l’impressione è che da ognuno di questi eventi ne usciate rafforzati, non a caso il disco susseguente suona ancora più duro, ancora più arrabbiato, ancora più compatto del precedente…
“Credo che la sofferenza riesca a scavare a fondo nella nostra essenza; sono proprio le cose difficili da superare che ci permettono di crescere, di misurare il nostro coraggio e la nostra determinazione. Certo, sarebbe stato bello non dover per forza attraversare quel “buio”, ma siamo quello che siamo per ciò che abbiamo affrontato. Preferisco avere delle cicatrici e raccontare che è possibile rialzarsi, e che è umano aver paura, piuttosto che non aver nulla da dire e avere come punto massimo di preoccupazione il vestito che indosserò o il rossetto che comprerò”.
Che significato ha per te la melodia? Si direbbe che nei vostri dischi rappresenti l’altro lato della medaglia, quasi uno strumento per esorcizzare o almeno tenere a bada la vostra rabbia interiore…
“La melodia ha per me tantissima importanza: è avere la possibilità di disegnare su una tela immaginaria le emozioni che si provano.. .è cavalcare al di sopra di un impetuoso riff di chitarra… è poter scivolare giù negli abissi per poi risalire, arrampicandosi su un arpeggio fino a trovare il sole e sentire il fuoco bruciare dentro ai polmoni…”
In ‘My Own Army’ ti mettevi a nudo parlando di eventi che ti avevano toccato molto da vicino… con ‘Naked’ mettevi a nudo la tua musica… con ‘Decode’ e soprattutto canzoni come ‘My Exception’, ‘Myself’, ‘Fully Alive’, ‘In My Veins’ metti a nudo te stessa nella tua totalità… da cosa nasce questa esigenza?
“Non mi piace la finzione. Non sopporto l’ipocrisia, nemmeno quando arriva da me stessa. Cerco di scoprire chi sono ogni singolo giorno e, come puoi farlo se non mettendoti a nudo? Solo quando non si ha più nulla da perdere, ci si scopre davvero per quello che si è. ‘Decode’ è un disco che racconta una storia vera ed io ho un disperato bisogno di verità: di persone reali, non di manichini; di sentimenti veri, non di stupidi convenevoli; di guerrieri, non di codardi; di musica vera, non di prodotti plastificati; di parole ‘masticate’.. ‘assaporate’, non di frasi studiate per avere un effetto; di voci vere, non di belle facce aggiustate con Melodyne. Purtroppo però viviamo in un mondo dove le cose non vanno così, dove sembra essere più importante ciò che siamo fuori rispetto a ciò che siamo dentro. La nostra società è fatta di questo: è tutto una recita, tutta apparenza… la menzogna che si racconta realtà, preoccupata al dettaglio che il travestimento sia credibile. Ma la “maschera” prima o poi cade sempre…”
Quanto è difficile e quanto è utile tirare fuori cose così intime e metterle in musica?
“A volte è difficile e a volte invece liberatorio; puoi scegliere di sigillare un’emozione per sempre, chiudere quel dolore o quella gioia dentro una canzone, consapevole che ogni volta in cui lo vorrai ritrovare sarà lì e la sola cosa che dovrai fare sarà schiacciare ‘Play’”.
Cosa mi puoi dire di ‘Unconventional’? A prima vista si direbbe che potrebbe fare il paio ad una certa ‘Underdog’…
“Forse sì ‘Unconventional’ è il mio nuovo modo di pensare. E’ scegliere di guardarmi intorno e sapere che ogni giorno posso fare delle scelte importanti. Comprendere bene che c’è un sistema che conosce le nostre abitudini e i nostri desideri, un sistema che sa cosa dire, come fare e come distrarci da ciò che è importante. La possibilità di scelta (da quello che compriamo al supermarket a ciò che diciamo, a quello che pubblichiamo o non pubblichiamo su Facebook a quanto in là permettiamo di vedere ai nostri occhi…) non ce l’ha tolta nessuno però: davanti al ‘bivio’ siamo noi a decidere se “adeguarci” ed essere come “loro” ci vorrebbero o essere noi stessi, ‘Unconventional’!”
In conclusion…
“Without music to decorate it, time is just a bunch of boring production deadlines or dates by which bills must be paid (Frank Zappa)”