Sonic Station – New Way of Living
Il 26/01/2012, di Fabio Magliano.
Tra AOR e jazz. Sono queste le coordinate della proposta sonora degli svedesi Sonic Station, nuovissimo progetto nato da un’idea del chitarrista Alexander Kobrink, che oggi debutta discograficamente sotto le ali protettrici della nostrana Frontiers.
Nato dalla mente del chitarrista, compositore e produttore svedese Alexander Kobrink, il progetto Sonic Station ha saputo crescere negli ultimi sei anni in maniera esponenziale, andando via via coinvolgendo musicisti di sempre maggiore levatura e talento e arrivando a plasmare una proposta sonora che, germogliata nell’AOR degli anni Ottanta, è andata facendosi passo dopo passo più catchy e raffinata con inserti pop e jazz, tanto da attirare l’attenzione della nostra Frontiers pronta a accogliere sotto le sue ali protettrici questa nuova realtà. A presentarcela è il suo leader in persona.
Come è nato il progetto Sonic Station?
“Il progetto ha preso vita nel 2006 durante i miei studi jazzistici alla Royal College of Music di Stoccolma. Sentivo che avevo bisogno di sperimentare qualcosa di nuovo, e per farlo ho creato questa realtà insieme alla cantante/tastierista Marika Willstedt.Sono stato per lunghi anni affascinato dal pop, in particolar modo quello fortemente influenzato dal rock della West Coast, però per ragioni di studio nell’ultimo periodo mi ero dedicato prevalentemente al jazz, quindi inevitabilmente il progetto che è nato rifletteva questi due aspetti della mia natura artistica. Nella primavera del 2007 abbiamo inciso quattro canzoni dalle quali è poi germogliato il nostro sound, che è via via cresciuto sino all’inizio del 2008 quando, con il batterista Aron Mellergårdh dei Dirty Loops, abbiamo incominciato a incidere professionalmente altre canzoni. È stato un processo molto frammentario che si è protratto sino all’estate del 2011 quando il disco è stato completato. So che ci è voluto parecchio tempo ma nel 2008 sentivo che non eravamo pronti, che dovevamo ancora maturare e che i tempi non erano ancora quelli giusti per il nostro debutto discografico”.
Ma dobbiamo considerarvi un semplice progetto o una band vera e propria?
“Penso sia da considerarsi un progetto. Al momento, almeno, perchè il mio sogno è quello di poter tramutare un giorno i Sonic Station in una vera band, composta da musicisti desiderosi di condividere con me il mio personale percorso artistico e siano desiderosi di muoversi nella mia stessa direzione”.
Come descriveresti la vostra proposta musicale a chi non vi ha mai ascoltati?
“È un mix di pop/rock degli anni Ottanta, con influenze West Coast, AOR e Jazz. Il tutto legato da una forte componente melodica, perchè questo è l’ingrediente più importante per il nostro sound”.
Quali pensi che siano i vostri principali riferimenti stilistici?
“La mia prima, grande influenza è stato Michael Jackson. Ascolto ancora spesso la sua musica e penso che la produzione con Quincy Jones rappresenti il massimo che un musicista possa sperare di ottenere. Ma è stato quando ho iniziato a suonare la chitarra a 10 anni che ho preso coscienza della musica e delle sue svariate sfaccettature. A quel tempo adoravo i Nirvana, i Soundgarden e il grunge in generale, poi a 15/`16 anni mi sono avvicinato al jazz e al fusion e ho scoperto artisti come Pat Metheny, Mike Stern, Bill Frisell e Lee Ritenour. Ma la melodia, come ti ho detto, è sempre stata fondamentale per me, l’ho sempre ricercata e ho sempre ammirato chi, come Toto, Steely Dan e David Foster, riusciva a crearla con grande naturalezza”.
Qual’è la cosa più importante che hai imparato lavorando al vostro disco di debutto?
“Una delle lezioni più importanti che ho imparato è stata quella di non scendere mai a compromesso con pensieri ed idee. Ed è per questo che adoro la posizione di unico leader dei Sonic Station, perchè così facendo posso sviluppare la mia musica nel modo che voglio io. E poi, ovviamente, ho appreso quanto fosse difficile il passo tra lavoro di composizione e concretizzazione delle idee in studio, e soprattutto come rapportarmi per la prima volta con una grande casa discografica”.
E la sfida più stimolante che ti sei trovato a dover affrontare?
“La più grande sfida è stata il fare quasi interamente tutto per mio conto. Sono stato musicista, ma spesso anche produttore e ingegnere, ad eccezione di quando ho registrato le parti di chitarra. Ero sempre io che recitavo contemporaneamente il ruolo di produttore, arrangiatore e musicista… non c’è mai stata una seconda opinione riguardo il mio modo di suonare, e questo poteva alla lunga risultare frustrante soprattutto considerando quanto sono perfezionista e pignolo quando suono la chitarra. E anche cercare di cogliere l’essenza della musica degli anni Ottanta è stata una sfida parecchio stimolante”.
Ti sei occupato anche della stesura dei testi di questo lavoro?
“Quasi tutti i testi sono stati scritti da Marika Willstedt ad eccezione di due canzoni composte da mio padre Hans Kronbrink. Ha lavorato come giornalista per oltre trent’anni e ora è un grande appassionato di musica. Ha un grande talento per la scrittura e ho riscontrato in lui una grande naturalezza al momento di costruire una canzone sia dal punto di vista musicale che tematico. Il mio apporto ai testi si è limitato ad una manciata di idee sparse nel brano ‘I Wish I Could Lie To You’”.
C’è una canzone alla quale sei particolarmente legato?
“Adoro ‘Love’s Gonna Show The Way’. Questo brano possiede tantissimi elementi che solitamente vorrei trovare in una buona canzone. Ci sono armonie interessanti, c’è una melodia efficace nel refrain, c’è potenza e un coro che rimane in testa sin dal primo ascolto. E poi c’è un grande assolo di chitarra che valorizza ulteriormente la splendida voce di Magnus Bäcklund”.
Quale sarà il prossimo passo per i Sonic Station?
“Sicuramente dovete aspettarvi un altro disco. Ho già iniziato a scrivere le canzoni per il prossimo album e ho numerosi cantanti di talento in mente che penso possano aiutarmi a far decollare questo progetto. E poi spero di poter suonare dal vivo. Stiamo pianificando un piccolo tour in Svezia per l’inizio dell’estate, però se l’audience si rivela ricettiva anche in Europa, America e Giappone, non è da escludere che si estenda il tour anche a quei Paesi”.