King Kobra – Turn Up The Good Times
Il 08/04/2011, di Fabio Magliano.
Dopo un lunghissimo silenzio tornano i King Kobra con la line-up storica e con un’immutata voglia di suonare hard rock carico di energia e di adrenalina. L’omonimo come back album viene presentato a Metal Hammer da quell’icona della batteria che risponde al nome di Carmine Appice, generoso dispensatore di aneddoti ma soprattutto leader maximo della band americana.
Quando si tirano in ballo i King Kobra inevitabilmente si finisce per trovarsi invischiati in quel territorio melmoso nel quale si trovano quelle band alle quali il destino non ha mai dato quanto realmente meritato. Costruiti attorno ad una line-up mostruosa orchestrata da un vecchio marpione come Carmine Appice, i King Kobra ballarono di fatto per due stagioni, il tempo di incidere l’ottimo ‘Ready To Strike’ nel 1985 e il leggero ‘Thrill Of A Lifetime’ l’anno seguente, quindi il tourbillon di musicisti che portò la band a sfigurarsi, a incidere altri due dischi passati pressochè inosservati tra il 1988 e il 2001 ed uno scioglimento senza troppi rimpianti. Oggi il nome dei King Kobra torna a brillare in grande stile, perché la formazione che li riporta a noi è quella dei tempi migliori (ad eccezione del singer Mark Free, oggi Marcie Free, sostituito ottimamente da Paul Shortino) ma soprattutto perché l’omonimo come back album ci offre una band in grande spolvero. Che viene presentata a Metal Hammer da un Carmine Appice in splendida forma, cordiale, loquace e prolifico dispensatore di gustosi aneddoti, come si confà ad un’icona del suo calibro.
Sono trascorsi dieci anni dal precedente disco griffato King Kobra, addirittura 25 dall’ultimo inciso con la storica line-up. Quanto è cambiato il vostro modo di operare in tutto questo tempo?
“Il processo di registrazione è stato estremamente differente rispetto a quello adottato negli anni Ottanta. Molte delle parti hanno viaggiato via internet visto che ognuno di noi vive in diverse città americane. E’ successo che Dave Michael Phillips inviasse l’idea a me e a Paul a Las Vegas, noi abbiamo cambiato gli arrangiamenti o abbiamo scritto liriche e melodie, abbiamo rispedito tutto a Dave via mail e lui ci ha lavorato su coinvolgendo anche Mick. Quindi quando la canzone era completata, Dave mi spediva la click track sulla quale registrate le mie parti di batteria. Una volta fatto tutto rispedivo via mail a Dave, Mick e Paul quanto registrato, e loro suonavano le loro parti. Con Johnny è stato ancora differente perché è venuto a Las Vegas e ha registrato le sue parti di basso nel mio medesimo studio. Quando abbiamo avuto il disco completo, lo abbiamo spedito in Germania a Michael Voss che lo ha mixato… quindi sempre via mail ci ha spedito il lavoro finito e noi lo abbiamo approvato. E’ stato fantastico registrare questo disco, perché ci siamo coordinati a migliaia di chilometri di distanza ma alla fine il disco suona come se fossimo stati tutti nella stessa stanza”.
Pensi che la chimica con i tuoi vecchi compagni sia la stessa degli anni Ottanta, o qualcosa è cambiato?
“No, il feeling è sempre lo stesso. Mi sono divertito molto a lavorare nuovamente con loro, anzi, per alcuni versi è stato ancora più stimolante. Vedi, dagli anni Ottanta ad oggi siamo cresciuti tutti come musicisti, abbiamo imparato come far rendere al meglio in sede di incisione le nostre performance, quindi una volta trovati a dover registrare un disco è risultato tutto molto più semplice. Io poi ho sempre nutrito un grande rispetto e una sconfinata ammirazione verso gli altri ragazzi del gruppo, incluso Paul Shortino che non è solamente un grandissimo singer, ma anche un talento puro quando si tratta di scrivere grandi melodie ed eccellenti testi. E anche come tecnico di studio è preparatissimo”
Che scena avete trovato ad accogliervi, dopo tutti questi anni di silenzio?
“Wow, una scena completamente nuova! E’ incredibile quanto siano cambiate le cose nel corso degli anni. I negozi di dischi non esistono più. E ho detto tutto… Poi, all’epoca dei Vanilla Fudge registrammo con un 8 piste analogico, che era fantascienza, l’evoluzione rispetto al 4 piste usato dai Beatles… oggi con i computer hai abbattuto qualsiasi barriera e puoi fare quello che vuoi, con chi vuoi, senza uscire di casa… E ancora… noi registravamo su vinile, oggi questo supporto ha fatto la stessa fine dei negozi di dischi. La musica si compra in internet… anzi, si ruba attraverso i download illegali che affossano le royalties. Pensa che ho persino trovato gente che si è scaricata gratuitamente il mio libro didattico di batteria… Oggi il music business è all’insegna dell’avarizia, basta non spendere e tutto è lecito”
Quali obiettivi vi siete posti al momento di iniziare a lavorare al ritorno dei King Kobra?
“Sicuramente obiettivi diversi rispetto agli anni Ottanta! All’epoca firmammo un contratto con una major per qualcosa come 500.000 dollari il che ci permise di fare un grande tour supportati dalla label e avere abbastanza soldi per pagare tutti i nostri conti. Oggi questo non esiste, stiamo valutando alcune offerte per suonare dal vivo ma soldi non ne girano e tantomeno ci sono etichette disposte a supportarci da dovere, il che tradotto significa che dobbiamo fare tutto per conto nostro. La speranza è quindi quella di vendere abbastanza in questi mesi per poter prendere parte ai festival estivi del 2011. Questo è l’unico obiettivo che abbiamo, ma non ci aspettiamo molto. Certo vendere abbastanza per poter incidere un altro disco sarebbe bello…”
Venendo al vostro come back album. Quale pensi sia la cosa più importante che hai imparato lavorandoci?
“Penso di poter parlare per tutti i membri del gruppo, e allora ti dico che abbiamo tutti imparato molto riguardo la composizione, la registrazione, l’art design e tutto quello che si deve fare per completare il progetto di un disco. Ci siamo occupati di tutto, abbiamo inciso affidandoci ad internet e alla fine abbiamo capito che il nostro rock spacca ancora. Questa è la cosa più importante”.
C’è un brano in questo disco al quale sei particolarmente affezionato?
“La canzone della quale vado più fiero non è in questo CD! È un brano intitolato ‘Monster And Heroes’ ed è un tributo a Ronnie James Dio. È una canzone nuova dedicata a lui, il testo è composto da parti di sue canzoni integrate con inserti di Paul mentre il titolo l’ho scelto io. E’ fantastica! Non l’abbiamo inclusa in questo disco perché volevamo che tutto il ricavato dalla vendita di questo brano fosse devoluto a favore della fondazione per la lotta contro il cancro intitolato a Ronnie. L’abbiamo quindi messa in vendita su I-tunes come singolo dei King Kobra. Adoro questa canzone e quello che rappresenta. Se volete potete andarvela ad ascoltare sul mio sito www.carmineappice.com. Tornando al disco, ci sono diverse ottime canzoni, interessanti sia dal punto di vista lirico che melodico. ‘Rock This House’ è secondo me un grande brano, così come lo è ‘Live Forever’. E anche ‘Turn Up The Good Times’ va molto bene quando si tratta di surriscaldare una festa…”
Nel corso della tua carriera hai avuto modo di collaborare con veri mostri sacri della musica. C’è uno di essi che pensi abbia rivestito un ruolo fondamentale nella tua formazione come uomo e come musicista?
“Sicuramente Rod Stewart, perché da lui ho imparato moltissimo riguardo la composizione, il modo di esibirmi e il modo di presentarmi. Quando ho suonato con lui era il più grande cantante rock in circolazione, ogni sera ci esibivamo in stadi e arene sold out. Insieme abbiamo venduto oltre 10 milioni di copie… è stata un’esperienza importantissima per me…”
Ma quale pensi sia, ad oggi, il punto più alto toccato nel corso della tua carriera?
“Forse i primissimi anni, quando tutto era nuovo e pregno di un che di magico. All’epoca venni coinvolto in progetti che nel tempo si rivelarono poi storici. Suonare in tour con Jimi Hendrix, The Cream, Led Zeppelin, con questi ultimi che addirittura aprivano per noi… e poi ancora jammare con Jimi, Janis Joplin, Deep Purple… quello è stato senza dubbio il periodo più eccitante ed emozionante della mia carriera”
E un periodo che, potendo, cancelleresti volentieri dalla tua memoria?
“Quando Sharon Osbourne mi ha escluso dal tour di ‘Bark At The Moon’. Era da tantissimo tempo che cercavo di suonare con Ozzy e quando si presentò la possibilità ero alle stelle, anche perchè la band era spaziale: Bob Daisley, Jake E Lee, Don Airey… Sharon mi fece fuori semplicemente perché il mio nome era troppo importante per quella band. Disse che avevo bisogno di creare un gruppo tutto mio, ed io lo feci dando vita ai King Kobra. Dopo essere stato silurato, però, fui parecchio in imbarazzo perché tutti, amici, familiari, colleghi… pensavano che fossi in tour con Ozzy, ed invece ero a casa a leggere le cattiverie che l’entourage di Ozzy diffondeva sul mio conto a mezzo stampa. Sicuramente un brutto periodo per me”.