Motorhead – We Are The Road Crew
Il 17/09/2010, di Fabio Magliano.
Nel 2010 Lemmy e soci spegneranno 35 candeline su una torta sempre più ricca, sempre più farcita. Di musica, di aneddoti, di donne spogliate e catalogate, di eccessi… 35 anni che con molta probabilità verranno celebrati con la pubblicazione di un nuovo disco, l’atteso successore di ‘Motorizer’, che sicuramente verranno festeggiati on the road, perché quella live è da sempre la dimensione preferita per Lemmy e soci. Ed è proprio il volto live, complice l’entusiasmante show tenuto lo scorso mese di novembre all’Hammersmith di Londra che ha visto Metal Hammer interessato testimone, che è stato fatto emergere da Fabio Magliano in un viaggio tra aneddoti e racconti, rubati alle voci dei diretti interessati…
Tempo fa, lavorando per una testata musicale che ben poco a che fare aveva con heavy metal ed affini, mi trovai a dover intervistare un Max Pezzali reduce dall’ennesimo album plastificato spacca classifiche. Tra una domanda sul primo singolo estratto ed una sul prossimo video da registrare, l’attenzione cadde su un servizio fotografico che ritraeva l’autore di ‘Hanno Ucciso l’Uomo Ragno’ con una maglietta di Ted Nugent e, quasi per caso, la conversazione scivolò sull’hard rock. Ma allora è vero che anche nella collezione di dischi di un cantante pop se guardi bene salta fuori un disco dei Motorhead? La mia domanda. “Certo!” la risposta, illuminandosi, del cantante per teenager, e da qui racconti sulla sua passione per la scena hard rock Losangeliana, della sua amicizia con i Danger Zone e con Pino Scotto, e di quella copia di ‘Motorhead’ in vinile autografata, incorniciata e appesa sopra il caminetto di casa. Questo breve aneddoto per far comprendere come i Motorhead siano realmente una delle poche, se non l’unica, band in grado di mettere tutti d’accordo, di accomunare chi ascolta metal a chi ascolta pop, chi ascolta blues e chi ascolta rock , raggruppando ai loro show più generazioni differenti, abbattendo qualsiasi barriera stilistica e generazionale finendo per risultare realmente eterni. Oggi, con 26 album alle spalle e il ventisettesimo alle porte, i Motorhead dimostrano di non voler cedere di una virgola, continuano a macinare note e chilometri come inarrestabili schiacciasassi, influenzando band su band con la loro musica e scuotendo culi e teste con i loro show. Perché avranno anche scritto album epocali, i Motorhead, ma una dote che tutti riconoscono a Lemmy e soci è quella di essere degli autentici rulli in chiave live. Quel live tributato attraverso album epocali (‘No Sleep ‘Til Hammersmith’ rimane un disco leggendario), ma soprattutto celebrato ogni sera sul palco, da soli o in compagnia di band più o meno blasonate, davanti a migliaia di persone in un grande festival o a poche centinaia di adepti in infimi club. Poco importa il numero, l’importante è suonare, perché come ha avuto modo di sottolineare più volte Lemmy in sede di intervista “Le vere band sono quelle che vanno in tour e che suonano dal vivo. Se non lo facessero, sarebbero solamente un inutile pezzo di un grosso ingranaggio, un pugno di persone chiuse in una stanza che incidono un disco dopo un altro, come se fossero in fabbrica. Una vera band è quella che va dalla gente, che trasmette emozioni ai propri fan e da essi ne riceve altrettante”. Un’attività iniziata nel lontano 1975, esattamente il 20 luglio in Inghilterra alla Roundhouse, di spalla ai Greenslade, una band pomp-rock che all’epoca poteva vantare un discreto seguito. Di quel concerto il cantante/bassista ha un ricordo ben preciso ““Tremendo… tremendo… la line up con il sottoscritto, Lucas Fox e Larry Wallis faceva abbastanza schifo. Avevamo una scaletta infarcita di cover, non eravamo un granchè. E poi ricordo che sul mio ampli avevo disegnato un grande teschio tutto blu, era un vero pugno in un occhio. E questo non ha aiutato di certo nell’impatto positivo sul pubblico. E’ stato terribile”. Il passo successivo fu il leggendario Hammersmith di Londra, locale che negli anni a venire avrebbe reso più volte tributo ai Motorhead (dell’ultima, trionfale data potete leggere poco più avanti) ma che, la prima volta, riservò amare sorprese a Lemmy e soci, come ricorda lo stesso Mr. Kilmister nelle pagine de ‘La Sottile Linea Bianca’ ““…era il 19 ottobre del 1975, facevamo da supporto ai Blue Oyster Cult ma sicuramente non ricevemmo alcun supporto da parte loro. Non ci diedero la possibilità di fare il soundcheck, quasi volessero distruggere la concorrenza prima ancora che questa possa avere una chance di competizione. Comunque quello show ci procurò una nuova reputazione e una nuova categoria tutta per noi nel sondaggio di “Sounds” di quell’anno. Venimmo votati “Migliore Peggiore Band del Mondo”!”. La storia dei Motorhead, però, è costellata da incontri con artisti discutibili che ne hanno minato in particolari momenti della carriera l’attività live, facendo nascere spesso e volentieri fastidiose diatribe e accese polemiche. Come quella divampata nel 1997 quando i Motorhead, chiamati a suonare insieme agli W.A.S.P, furono costretti ad abbandonare il tour dopo una manciata di date, per le manie dittatoriali di Blackie Lawless. Di quella spiacevole esperienza ancora oggi il drummer Mikkey Dee ricorda con amarezza… ““Quello del 1997 è stato un incidente spiacevole causato dalle manie di protagonismo di Blackie. Giuro che ancora oggi non sappiamo cosa gli sia passato per la testa, quello che è certo è che ha rovinato tutto. Dovevamo fare un tour da co-headliner, con gli W.A.S.P a chiudere la serata per semplici ragioni pratiche, visto che con il loro show avrebbero devastato completamente il palco. Dopo tre settimane di tour passate senza avere mai visto né sentito Blackie, però, mi decisi ad andare a parlargli e lo trovai nel suo bus, con i suoi cazzo di pantaloncini dell’Adidas che, come se niente fosse, mi chiese ‘Hey Mick, allora, che ne pensi del mio tour?’ ed andò avanti per tutto il tempo con questo “mio”, “mio”, “mio”…per quel ragazzo quello era il tour degli W.A.S.P con i Motorhead gruppo spalla. Dopo una serie di concerti sold out che ci hanno visti esibire senza soundcheck perché Blackie, che doveva farlo prima di noi, arrivando costantemente in ritardo ci impediva di provare i suoni abbiamo iniziato ad incazzarci, poi a Detroit la goccia che ha fatto traboccare il vaso: Blackie si era preso tutti i camerini, si comportava come una fottuta rockstar, eppure la gente era al concerto per noi, comprava il nostro merchandise, non il suo… quindi abbiamo deciso di mandare tutti affanculo e abbiamo lasciato il tour. Questa è per Lemmy una ferita ancora aperta perché mai in vita sua aveva dovuto lasciare un tour, però continuare a quelle condizioni era davvero impossibile. E’ rimasta la soddisfazione che, dopo il nostro abbandono, anche gli W.A.S.P sono stati costretti a cancellare il tour, perché nessun promoter li ha più voluti”. E se a “rovinare” i concerti non ci pensano i compagni di viaggio, lo fanno le “serpi covate in seno”, i compagni di band che per eccesso di ego, rischiano di metterti in guai seri, come quella volta allo stadio Hackney Speedway di Londra nel 1982 quando Brian Robertson, all’epoca chitarrista dei Motorhead, si presentò sul palco con abiti poco convenzionali, almeno per un concerto patrocinato dagli Hell’s Angels, mettendo così a repentaglio la sua vita, come ironicamente racconta Lemmy nel suo libro del 2002 “ “Eravamo li, circondati da bikers enormi, dei veri duri, e Brian arriva sul palco con i suoi capelli rossi e con addosso dei calzoncini corti verdi di raso. La folla cominciò a brontolare “chi cazzo è quella checca con quei calzoncini?” “E’ il nuovo chitarrista dei Motorhead!” “Ah, ammazziamolo!”. Si sentiva l’elettricità nell’aria, Brian non sa quanto ci è andato vicino, io riuscii a fermarli, ma quelli lo volevano ammazzare per davvero”. Ovviamente non tutti i tour sono stati all’insegna dell’egocentrismo o caratterizzati da compagni di viaggio sgradevoli. Alcune accoppiate si sono rivelate realmente esplosive e hanno sancito unioni destinate a protrarsi nel tempo, come quella particolare alchimia che ancora oggi lega Motorhead e Girlschool, una band quest’ultima che anche di recente ha avuto modo di aprire per i suoi vecchi pigmalioni. Della prima esperienza on the road con questa all female band, risalente all’ormai lontano 1979, Lemmy ha un ricordo preciso ““Durante la prima settimana del tour – racconta – eravamo a Edimburgo ed alcuni di noi erano seduti nella lobby del Crest Hotel quando, ad un certo punto, rifilai a Kelly Johnson il peggior invito a scopare che abbia mai fatto ad una donna in vita mia: “Che ne dici di andare in camera mia a guardare la tv?” Ma lei rispose “Va bene”. Poco dopo anche Kim McAuliffe si sporse verso Eddie facendole la stessa proposta e lui accettò, allontanandosi con lei e lasciando Tim, il ragazzo di Kim, ancora lì nella lobby. Tim allora uscì dall’albergo e se ne andò con il furgone, lasciando a piedi tutte le ragazze, così dovemmo portarle noi in giro per tutto il tour, ma a me andava bene. Erano persone fantastiche e divertenti” Ma è facile tramutare ogni tour dei Motorhead in un colossale party, vuoi per la propensione alla festa dei membri del gruppo, vuoi per quello spirito di assoluta libertà che regna nella band ma soprattutto per quella vena di totale follia che pare elemento imprescindibile per far parte del gruppo. Ecco quindi che, tra procaci fanciulle fatte uscire da mastodontiche torte di panna fatte recapitare appositamente sul palco, camerini allagati con estintori ed idranti, orde di giapponesi vogliose che si presentano a sorpresa nella tua camera d’albergo senza manco farsi annunciare, lavandini sradicati proprio all’Hammersmith e battaglie a colpi di yogurt storie alla Spinal Tap proprio non mancano nell’universo dei Motorhead. Anche se, come ammesso dallo stesso Lemmy, una lacuna ci sarebbe ancora… nessuna stanza d’albergo, infatti, è mai stata sfasciata al passaggio della band, segno che gli insegnamenti dei Led Zeppelin con Lemmy & Co. Sono caduti nel vuoto. ““Possiamo raccontare storie di party selvaggi, ma nessuna legata a camere d’albergo devastate. Perché ho avuto modo di parlare con Jimmy Paige il quale mi ha raccontato quanto sia costata loro la prima stana d’hotel distrutta… da quel momento ho capito che una cosa simile sarebbe stata solo un’inutile spreco di denaro. Se proprio devo fare festa in albergo, vado in un’altra stanza… o almeno cerco di limitare i danni. Come una volta che, per fare uno scherzo al nostro batterista, abbiamo smontato completamente la sua stanza, portando mobili, vasi, televisore fuori nel corridoio. Il bello è che lui stava dormendo mentre facevamo questo lavoro, e quando si è svegliato non ha trovato più nulla nella stanza se non il suo fottutissimo letto con lui coricato sopra!”. Non c’è angolo del Globo dove i Motorhead non abbiano posto il loro vessillo, non ci sono Paesi che non siano stati azzannati dallo Snaggletooth, non ci sono fan che non siano stati contagiati dall’energia del combo britannico, però per Lemmy l’emozione più intensa legata ad un live rimane quella di show in Paesi lontani anni luce dal grande circuito del music business. ““Suonare in Paesi dove abbiamo un forte seguito e dove riusciamo a riempire i locali è sempre una grande soddisfazione – ha affermato in una passata intervista – “però le emozioni più forti le abbiamo avute esibendoci per la prima volta in Paesi per una ragione o per un’altra rimasti fuori da determinati circuiti. Ci sono Stati che, per ragioni politiche, geografiche o ideologiche hanno sempre bandito il rock, quindi quando siamo riusciti ad andarci ha avuto un significato tutto particolare. Ricordo la prima volta che siamo andati nell’Est, una volta abbattuta la Cortina di Ferro… è stato indimenticabile. Ci siamo trovati il miglior pubblico di sempre, perché dopo aver vissuto di privazioni stava scoprendo la libertà, e questo si avvertiva dal palco. E’ stato fantastico”. Se però c’è qualcosa da celebrare in grande stile, beh, la scelta non può non ricadere su quell’Hammersmith londinese teatro di mille scorribande della band, e poco importa se nessuna delle date del leggendario ‘No Sleep ‘Til Hammersmith’ sia stata effettivamente registrata nello storico club. Qui nel 1985 la band tenne alcuni show per celebrare il decimo anniversario del gruppo ““Quella sera chiunque avesse fatto parte dei Motorhead salì sul palco, il che fu straordinario – ricorda Lemmy nella sua biografia – “C’erano anche Wendy O Williams e le Girlschool. E Phil Lynott salì sul palco perché semplicemente non riusciva a resistere. Stavamo facendo ‘Motorhead’ ma lui non aveva idea di cosa stesse suonando. Phil era un mio buon amico, ma non aveva mai sentito la nostra canzone simbolo. Lo show finì quando portarono fuori un’enorme torta di compleanno dalla quale saltò fuori una ragazzina con due grossi palloni infilati sotto la t-shirt”. E sempre all’Hammersmith il 16 giugno 2005 si tennero i festeggiamenti per i 30 anni della band, uno show entusiasmante immortalato nel doppio live ‘Better Motorhead Than Dead’. Tutti show in grado di riunire fan di ogni razza ed ogni età, a conferma di quanto variegato sia l’universo di questa band ma soprattutto di quanto “ricircolo” ci sia tra i fan del gruppo, con giovani adepti sempre pronti a farsi ammaliare dal fascino selvaggio e sempre più devastato del buon Lemmy. Che a tal proposito recentemente ha affermato: ““Sembrerà strano, ma mi sto sempre più rendendo conto che il pubblico dei Motorhead è un pubblico giovane, evidentemente i vecchi rocker hanno preferito seguire qualche ritornato dagli anni Ottanta. Mi capita spesso di fermarmi a parlare con nostri fan dopo i nostri concerti, e spesso si tratta di ragazzi al di sotto dei vent’anni, che magari hanno sentito parlare di noi dai loro fratelli e sono venuti a vederci spinti dalla curiosità. Uno degli aspetti positivi dei Motorhead è che ai nostri show vengono riunite più generazioni differenti, unite da un unico sound, il nostro. Per un gruppo la cosa è ottima, perché non dobbiamo stare a guardare troppo a ciò che piace o a ciò che tira, noi dobbiamo solo suonare la nostra musica e basta”. Quando finirà tutto questo? Sono in molti a chiedersi chi o cosa porrà fine alla cavalcata di una band che pare realmente immortale, almeno a giudicare dagli eccessi (sesso, alcool, droghe, nulla è stato mai lasciato fuori dalla dimensione del gruppo) ai quali si sono sottoposti Lemmy e soci nel corso degli anni (““un medico affermò che un ricambio di sangue mi sarebbe risultato fatale – ammise candidamente il cantante/bassista –“ tanto il mio corpo era ormai assuefatto da alcool e acidi ed impossibilitato ad accogliere sangue ossigenato correttamente”). Sicuramente non è intenzione della band porre la parola fine sulla sua corsa e ritirarsi per godere della meritata pensione. ““Abbiamo girato il mondo, abbiamo avuto donne che gli altri possono solo sognare, abbiamo visto cose mai viste – afferma Lemmy – Sono cresciuto in un piccolo villaggio nel nord del Galles e ho avuto modo di fare esperienze che i miei concittadini mai e poi mai vedranno in tutta la loro esistenza. Non potrei volere fare nulla di diverso… insomma, sempre meglio che starsene chiusi tutto il giorno in un ufficio… penso che tutto quanto di più selvaggio ci possa essere al mondo noi lo abbiamo visto. Probabilmente se fossi nato in un’altra epoca mi sarei unito ad un circo, molto probabilmente la rock band è quanto di più vicino ad un circo la realtà moderna possa offrire… è la migliore vita che una persona possa sognare”. Ed allora grazie per il sogno che state condividendo con noi, ed auguri per i vostri imminenti 35 anni… da celebrare rigorosamente on the road. Ma questo, con i Motorhead di mezzo, è ormai sottinteso…