Sadist – It’s Snowing Blood
Il 12/03/2010, di Fabio Magliano.
Qual è quel posto dove un pupazzo di neve può tramutarsi in un sanguinario assassino ed il bosco innevato trasformarsi in teatro di morte ed orrore? Semplice, ‘Season In Silence’, il nuovo concept album firmato Sadist, un lavoro nel quale death/prog ed horror si fondono alla perfezione. Incuriositi, abbiamo sguinzagliato Fabio Magliano sulle tracce di Trevor e Tommy Talamanca, anima e mente della band ligure, e quella che ne è scaturita è un’intervista dai risvolti inquietanti…
Uno è gelido e calcolatore. L’altro è brutale ed istintivo. Uno tesse tappeti sonori che solo chi è pazzo o ha una sconfinata fiducia nei propri mezzi potrebbe pensare di comporre, l’altro ci lega sopra liriche partorite da una mente tanto fervida quanto contorta, nella quale anche un pupazzo di neve potrebbe tramutarsi in un sanguinario serial killer e il manto bianco della neve in un inquietante pericolo. Uno è Tommy Talamanca, l’altro è Trevor, la testa e l’anima dei Sadist, gli artefici della rinascita di una band che, dopo ‘Lego’, pareva aver esalato l’ultimo respiro. Ed invece con l’omonimo album, prima, e oggi con ‘Season In Silence’, il combo genovese si conferma più in forma che mai, estremamente ispirato e pronto a dare l’assalto ad una scena death/prog nella quale può e deve recitare un ruolo da protagonista. Per saperne di più abbiamo incontrato proprio i due leader del gruppo e quella che ne è venuta fuori è stata una lunghissima chiacchierata dalle molteplici sfaccettature…
A questo giro vi siete cimentati con un concept album. Avete trovato differenze e, eventualmente, maggiori difficoltà a mettere in musica una storia piuttosto che “semplici” canzoni?
” (Trevor) La realizzazione di ‘Season in Silence’ è durata circa due anni, era da tempo che nutrivo il desiderio di scrivere un album incentrato unicamente sulla stagione del freddo, quella del silenzio dove all’interno del bosco si nascondono terribili storie. Sono molto legato a questo disco e quello che mi rende più orgoglioso è che il tutto è nato e concepito nella mia valle. La nostra intenzione era quella di scrivere un concept album in tutti i suoi aspetti, da quello legato strettamente alla parte lirica, alla musica, fino ad arrivare all’artwork. Sarebbe stato poco sensato affrontare certe tematiche e usare suoni più caldi, volevamo qualcosa che suonasse gelido, minaccioso ma che al tempo stesso non dimenticasse per strada quel marchio di fabbrica death/prog che negli anni è diventato carta d’identità della band. Credo che se hai una buona idea, approfondire e scavare a fondo su un unico argomento sia un’emozionante sfida”.
Nel nuovo disco vanno a braccetto racconti di pura fantasia con ritratti di persone realmente esistite… qual è il filo conduttore che lega queste due realtà?
”(Trevor) La neve…il gelo…Ho realizzato i testi circondato da alberi con rami ghiacciati e dalle braccia tese quasi come se chiedessero aiuto. Per me è cosa consueta farmi trasportare lontano dalla fantasia, dalle visioni che passano tra la vegetazione occultata da una copiosa nevicata, dal suono del ruscello che scappa, dall’urlo di un animale nel bosco più fitto. Tra le storie derivanti dall’immaginazione più pura ho estratto qualche personale ricordo di personaggi diventati leggenda del bosco accanto, e sono riuscito a circoscrivere il tutto all’interno di un unico denominatore. Frutto di una mente assorta, storie vere vissute, ma una cosa è certa: non troverete neanche uno spiraglio di luce, la stagione del silenzio inesorabilmente è cominciata!”
In ‘Evil Birds’ torna quel serial killer che aveva già fatto capolino in ‘Christmas Beat’. Come mai riesumarlo proprio ora?
”(Trevor) Diversi anni fa, tra tutti i fastidiosi rumori della grande metropoli, viveva un uomo schivo, silenzioso, sempre elegante che si sentiva infastidito dall’arrivo delle festività natalizie e per sfogare quel suo senso di oppressione mieteva innocenti vittime. Di lui si erano perse le tracce, troppo tempo trascorso, anche se a distanza di così tanti anni efferati omicidi e con lo stesso modus operandi vengono consumati vicino all’innevato bosco di castagno, dove quell’uomo di città da qualche anno si è ritirato tutto solo in una piccola casa in legno. Guardo le mie mani sporche, non è vero, non sono io, il mio specchio non dice la verità, devo farlo, io non voglio, oggi io sono qui per vivere, io sono vecchio, io uccido, no stai fermo! Come le controversie di una mente malata possono colpire ancora…”
In ‘Snowman’, invece, il pupazzo di neve, da sempre immagine felice per tutti i bambini, si tramuta in una macchina di morte. Come avviene questa trasformazione?
”(Trevor) Ho voluto entrare in maniera più approfondita su quello che sono le paure dei bambini, grazie a diversi libri incentrati sulla psicologia infantile. Inutile dire che ho scoperto cose terribili, legate il più delle volte all’immaginario, dallo scheletro dietro alla porta, all’uomo nero, ai bianchi fantasmi vestiti di un lenzuolo. Parlando di freddo e bianca coltre mi sono detto non poteva certo mancare il nostro ‘Snowman’, figura bonaria e vincente tra i più piccoli, ma che vestito di denti a punta e accetta riesce ad essere tanto cattivo. ‘Papà quando mi costruisci un pupazzo di neve in giardino, io lo voglio grande come un gigante, con la sciarpa al collo e il cappello in testa! Io lo voglio cattivo, con la lama affilata e che di notte uccida i nostri vicini di casa almeno il giardino sarà per sempre tutto nostro!’”
Trevor, conosci lo scrittore Mauro Corona? Ho trovato molto di lui nei tuoi testi, soprattutto nella capacità di far fondere l’amore per la natura e per l’ambiente con racconti horror di rara intensità…
”(Trevor) Mauro Corona è un personaggio che apprezzo per la sua sincerità e per quello che lascia trasparire con il suo sguardo. Le liriche di ‘Season in Silence’ sono state scritte ai lati del bosco, dove il mio pensiero era diviso a metà, da una parte l’amore per tutto quello che è natura selvaggia, dall’altra il fascino del male. Da questo è nato un disco frammentato, dove ora si omaggia con un racconto nella neve un personaggio vissuto nelle mie terre, ora si tessono le lodi di una famiglia un po’ particolare che vive nel bosco nero e che fa dell’odore ferruginoso del sangue la ragione di vita! Non credo ci sia molta compatibilità tra me e lui, anche se una cosa è certa: vivere a stretto contatto con la natura è un tesoro di rara bellezza e sia io che l’uomo di Erto godiamo di questa enorme ricchezza”.
‘Season in Silence’ ha un impatto anche visivo molto forte. Avete mai pensato di andare un po’ oltre, per questo disco, ad un discorso puramente musicale?
”(Tommy) Parlo a titolo puramente personale e forse sembrerò un idealista, ma mi piace pensare che la musica, quando ha qualche cosa da dire, basti per se stessa. Troppo spesso la confezione tende a soffocare il contenuto, e per confezione intendo tutto ciò che in teoria è secondario rispetto alla musica. Poi, ovviamente, parlando di musica rock, siamo tutti consci che c’è un aspetto scenico che fa parte del gioco e rende tutto più interessante, soprattutto per il pubblico più giovane”.
Come è nato, musicalmente parlando, il nuovo disco dei Sadist?
”(Tommy) Di getto, anche se il nucleo di molti brani era già nell’aria da qualche mese. Poi come quasi sempre la fase di rodaggio in sala prove è essenziale per assestare le idee musicali di ognuno di noi. Diversamente da ‘Sadist’ che ha avuto una gestazione molto lunga, con quest’album siamo entrati in studio ed un mese dopo il disco era pronto, senza pre-produzioni e menate varie. Il disco doveva suonare diretto e cupo, e se ci avessimo lavorato troppo sarebbe uscito sicuramente un album molto pulito e patinato, come spesso abbiamo fatto in passato”.
‘Sadist’ suonava per alcuni versi caldo grazie all’utilizzo di echi etnici. Che soluzioni avete utilizzato per far sposare il sound del gruppo con tematiche legate al gelo e all’inverno?
”(Tommy) A differenza di ‘Sadist’, dove le tastiere avevano forse un ruolo di secondo piano rispetto agli strumenti acustici, su ‘Season In Silence’ sono tornate protagoniste al pari di chitarra, basso, batteria e voce. La tastiera è uno strumento molto versatile ma estremamente freddo, a volte quasi gelido in virtù di una perfezione “virtuale” che è la negazione del realismo di uno strumento acustico, che risiede appunto nella sua imperfezione vista come qualità legata all’unicità dello strumento stesso. Per me musicista l’unico modo di rendere reale la sensazione di freddo e gelo (inteso non in senso climatico) del manto bianco della neve e del silenzio che le si accompagna, è appunto negando l’uso di strumenti “caldi” sia per derivazione culturale che per l’emotività che sono in grado di trasmettere!”
Originalità è un termine che molti gruppi inseguono, che per moltissimi è un’utopia ma che invece pare calzare a pennello per i Sadist. Che significato ha per voi questo termine?
”(Tommy) La cosa importante è non cadere nel conformismo dell’anti-conformismo! L’originalità di per sè non è un pregio se non è al servizio della bellezza, e come tale deve sempre rimanere un mezzo, non il fine. Nel caso dei Sadist, forse la nostra fortuna è stata quella di avere una spiccata personalità fin dai primi album, ed un aspetto importante di questa personalità è stato anche la non ripetitività. Non ti nascondo che questo, purtroppo, dal punto di vista meramente commerciale non è certo un vantaggio”.
Ultimamente avete avuto modo di suonare molto nell’Est Europa. Come vi spiegate tutto il successo che i Sadist stanno riscuotendo in quei luoghi?
”(Trevor) Negli ultimi anni abbiamo avuto l’occasione di girare quasi tutta l’Europa dell’Est e devo dire con molto piacere che la scena metal è in crescita e anche per quel che concerne i rapporti umani ci siamo trovati davvero bene ovunque. Siamo stati in Armenia, Crimea, Ucraina, Slovenia, Slovacchia, Rep Ceca e nell’impero della grande Mosca. Tra le esperienze più importanti spicca sicuramente lo show al ‘Brutal Assault’, un Metal Meeting organizzato in maniera maniacale dove tutto funziona con chirurgica perfezione; da non dimenticare il Metal Heads Mission Fest in Crimea una piccola penisola dell’Ucraina, anche se come puoi ben capire suonare nel centro di Mosca in uno dei locali più importanti della città è sempre qualcosa di molto emozionante. Non voglio parlare di merito o demerito ma di lungimiranza. Raccogliere consensi fuori casa è frutto di quello che hai seminato in passato facendo spesso grandi sacrifici”.
Mi raccontate un aneddoto che vi è rimasto impresso legato all’esperienza nell’Europa dell’Est?
”(Trevor) Ci troviamo nella capitale Yerevan in Armenia, siamo al nostro secondo show del tour. Tutto è pronto, manca davvero poco e le luci saranno spente per l’ingresso sul palco. I promoter locali, scusandosi, accompagnano nel nostro backstage un timido ragazzo sulla trentina, dicendoci è un nostro grande fan. Iniziamo a parlare con lui che era davvero emozionato e veniamo a conoscenza del fatto che non era un cittadino armeno ma che arrivava dal lontano Iran, ci racconta quanto è stato difficile e rischioso uscire dal suo Paese ma che tutto questo aveva grande senso per lui. Festeggiare il compleanno ad un concerto dei Sadist era troppo importante. Inutile dire come ci siamo sentiti in quel momento, può sembrare retorica ma frangenti come questo sono la risposta al ‘perchè fare il musicista’?”
Ma che posto pensate occupino i Sadist, attualmente, nel panorama metal mondiale?
”(Trevor) Avere la tua identità è cosa molto importante, il nostro marchio di fabbrica è quello che ha portato la band ad essere riconosciuta anche oltre il confine. Credo che Sadist possa ricoprire un ruolo determinante nel piccolo mondo del Death Metal Tecnico, una band di culto ma allo stesso tempo di nicchia, visto che il nostro genere non è propriamente il più commerciale…”
Grazie alla Nadir Music, lavorate e producete nuove band. Cosa deve avere una band per poter lavorare con voi? O meglio, cosa cercate nei gruppi che producete?
”(Tommy) Dirò una cosa ovvia, ma per Nadir la prima cosa è la qualità! La saturazione musicale è tale che è da pazzi immettere sul mercato un prodotto fine a se stesso. Nadir Music comunque è primariamente uno studio di registrazione, e come tale è aperto a qualsiasi gruppo e/o artista. Non sta a noi giudicare chi deve e chi non deve fare e/o produrre musica”.
“(Trevor) Prima di tutto ci vuole la qualità che non deve essere vista solo attraverso le corde della chitarra o i fusti di una batteria, ma nella determinazione, nello spirito di sacrificio, nei rapporti umani.
Suonare è una passione viscerale ma che richiede grande applicazione e devozione. La nostra intenzione è quella di collaborare con tutti coloro che hanno questi requisiti, prima ancora di capire come approcciare al palco dobbiamo essere consci del fatto che solo con l’umiltà e la determinazione si potrà andare lontano”.
Come si muoveranno, ora, i Sadist? Al momento ho visto alcuni festival soprattutto in Italia, e con l’estero?
”(Trevor) Nutriamo grande fiducia nelle capacità della nostra agenzia di booking (Live in Italy) e sappiamo per certo che come si suol dire ‘il bello deve ancora venire’. Al momento sono stati confermati diversi Metal Meeting estivi sia in Italia che in Europa, tra questi il Gods of Metal, Metal Fest in Ungheria, Germania, Austria, il Metal Camp in Slovenia.. Mentre per quel che riguarda l’autunno è in via di conferma un lungo tour europeo. Carne al fuoco ce n’è davvero molta anche se il momento non è dei migliori e non solo nel nostro Paese. Come dico spesso, ogni giorno nascono e crescono nuove band e questa è un’ottima cosa, il problema però resta nel fatto che molti locali chiudono i battenti e gli spazi live di contro sono sempre meno”.