D.A.D – Monsters Of Rock
Il 14/09/2008, di Fabio Magliano.
Dieci album per una delle più folli band mai apparse sulla scena rock internazionale. I D.A.D hanno di che festeggiare con la pubblicazione di ‘Monsers Philosophy’, lavoro imprevedibile ma allo stesso tempo estremamente maturo, una sorta di controsenso in perfetto stile Disneyland After Dark. Per presentarcelo il cantante Jesper Binzer si è concesso alle domande di Fabio Magliano
Fa uno strano effetto parlare di maturazione quando si ha a che fare con i D.A.D, soprattutto se si ha appena finito di ammirare una carrellata di foto live nelle quali Stig viene ritratto con un basso blu cobalto di due metri quadrati nuovo di pacca, rigorosamente con due sole corde, e se nello stereo continua a girare un disco come ‘Monster Philosophy’ nel quale i più elementari riferimenti stilistici affogano in un minestrone fatto dei generi più disperati. Eppure all’ascolto del decimo lavoro della band danese emerge chiaro come i 25 anni sin qui trascorsi abbiano lasciato il segno nella musica del gruppo dei fratelli Binzer, il songwriting, nella sua irrazionalità, è andato facendosi più maturo, la voglia di fare musica soprattutto dopo le tribolazioni pre (e post) ‘Scare Yourself’ è palese, così come appare limpida la volontà dei quattro di esprimersi in totale libertà. Con risultati che sicuramente spiazzeranno i fan, ma questa, almeno quando ci sono di mezzo i D.A.D, non è una novità. A parlarci del nuovo nato in casa Disneyland After Dark è il cantante nonché fondatore della band Jesper Binzer, non troppo loquace ma visibilmente soddisfatto per quanto ottenuto.
Jesper, con ‘Monster Philosophy’ tagliate il traguardo dei dieci dischi incisi in carriera. Che significato ha per voi un album come questo?
“(Jesper Binzer) Rappresenta molto, dopo tutto siamo sempre stati una band in costante evoluzione, siamo sempre cresciuti musicalmente album dopo album e come ogni essere umano che si rispetti, anche noi siamo maturati con il passare del tempo, quindi ‘Monster Philosophy’ non è altro che un passo avanti nel nostro percorso musicale. Ma principalmente non è un disco con un gran lavoro di intelletto alla base, non ci sono stati troppi ragionamenti al momento di comporlo. Il nostro obiettivo era quello di pescare le canzoni migliori tra le quaranta che avevamo composto, e questo è quello che abbiamo fatto. Sembra una stupidaggine ma credimi, tutto questo rappresenta una novità per i D.A.D, perché in passato abbiamo sempre cercato di far si che le canzoni rappresentassero solo un lato della nostra personalità, mentre in questo caso abbiamo cercato di mostrare al mondo quello che sono i D.A.D nella loro interezza”.
Musicalmente trovo che questo lavoro faccia incontrare abbastanza bene lo spirito dei vostri primi lavori con una certa maturazione compositiva che emerge in brani come ‘Money Always Takes The Place Of Life’ o ‘Beautiful Together’…
“Sicuramente l’esserci lasciati andare ad un approccio più accademico alla musica è una delle chiavi di lettura di questo album, ma penso che alla fine tutto ruoti comunque al fatto che noi amiamo ancora tantissimo quello che facciamo, ci divertiamo come pazzi a suonare questo tipo di musica, ci avviciniamo alla fase compositiva con un approccio molto easy, prima di tutto pensiamo a divertirci senza considerare troppo i risvolti di ciò che facciamo, e questa è la cosa più importante”.
Alla luce di quanto hai appena affermato, quanto pensi sia cambiato il vostro modo di comporre nel corso degli anni?
”Diciamo che le differenze sono andate assottigliandosi con il passare degli anni. Un tempo eravamo molto più istintivi, ora le differenze compositive emergono in piccole cose, a volte persino insignificanti. Ti faccio un esempio. Il disco precedente è nato fondamentalmente attorno ad una chitarra acustica, ‘Monster Phisolophy’ ha invece alla base batteria e un muro di strumenti elettrici. Una volta, poi, le canzoni nascevano da un’intuizione individuale, oggi si porta in studio un mezzo riff studiato a casa e poi tutti insieme lo si elabora e si tira fuori la canzone. Roba così, piccoli dettagli”.
Il fatto di tagliare con questo album il traguardo dei dieci dischi incisi in carriera, pensi vi abbia in qualche modo influenzato, magari liberandovi dal peso di dover dimostrare ancora qualcosa a tutti i costi e consentendovi di avvicinarvi al songwriting con uno spirito diverso?
“Ormai siamo in circolazione da venticinque anni, e questo ci ha aiutato a capire cosa dovevamo fare per ottenere esattamente ciò che volevamo, ed allo stesso tempo ci ha aiutato a costruire una corazza che ci garantisse una sorta di immunità dalla stampa negativa, quindi oggi siamo molto più scafati rispetto agli anni Novanta, un tempo tutto era nuovo, il nuovo disco rappresentava una sorta di incognita per noi, perché non sapevamo come la gente lo avrebbe accolto, oggi per alcuni versi è tutto più semplice, perché la situazione si è ribaltata, ora sono i nostri fan a non sapere cosa devono aspettarsi da noi, e questo è certamente molto più facile, perché in questo modo i D.A.D non devono fare altro che suonare, provare e registrare fino a quando tutto non diventa organico e naturale al cento per cento”.
Che obiettivi volevate raggiungere al momento di iniziare a lavorare a ‘Monster Philosophy’?
”Devo essere sincero? Volevamo essere liberi. Forse negli ultimi tempi questa sensazione ci è un po’ venuta meno, ai tempi di ‘Scare Yourself’ siamo stati quasi imbrigliati in una serie di beghe legali con la nostra label che ci hanno franati più del dovuto, ora vogliamo riprenderci il tempo perso, vogliamo tornare a esprimere anche attraverso la nostra musica la soddisfazione per una libertà finalmente ritrovata”.
Come è nato ‘Monster Philosophy’?
”Come ti ho già detto in precedenza, a questo giro abbiamo cercato di lavorare in modo più organico, lasciando per un attimo da parte l’individualità. Abbiamo lavorato tutti molto a casa, cercando di tirare giù idee o anche solo riff abbozzati, poi una volta ritrovati in studio ci siamo divertiti un mondo a mettere le mani in quella montagna di materiale informe e cercare di tirare fuori qualcosa di buono, magari incastrando insieme i vari pezzi come se fosse un gigantesco puzzle”.
E’ per questo che il disco suona molto più vario del suo predecessore e in alcuni frangenti lascia realmente l’ascoltatore senza solidi riferimenti stilistici?
”Sicuramente, senza ombra di dubbio. Se devo muovere una critica a ‘Scare Yourself’ posso dire che quell’album era un po’ troppo monotono…emozioni monotone….atmosfere monotone… non dico che fosse un brutto disco, però tendeva in modo troppo evidente ad andare in un’unica direzione. ‘Monster Philosophy’ è un lavoro imprevedibile, a tratti può spiazzare visto che dentro ci puoi trovare davvero di tutto, dal punk al pop, dal country al metal… ci siamo divertiti molto a fare emergere lati della nostra personalità che troppo spesso sono rimasti occultati forse per un eccessivo senso del pudore, però questa volta abbiamo proprio voluto abbattere ogni barriera e credo che questo senso di libertà ritrovata emerga in modo prepotente tra le canzoni di questo disco”.
C’è una canzone che ti sta particolarmente esaltando tra quelle pescate in ‘Monster Philosophy’?
“In questo preciso momento sto impazzendo per ‘Nightstalker’ ma penso che sia un sentimento condiviso anche dagli altri ragazzi del gruppo, perché è il brano che ci sta riservando più sorprese. Vedi, se lo esamini bene ti renderai conto che è un brano atipico per i D.A.D, con il suo mood così oscuro e tenebroso, però è anche uno di quelli che sta riscuotendo maggiori consensi tra i nostri fan, e anche nelle recensioni spesso viene additato come uno dei migliori del disco. E’ stata una sorta di scommessa vinta… e anche dal vivo fa la sua porca figura!”.
Di ‘Revolution’, invece, che ci puoi dire?
”’Revolution’ è una canzone che piace molto soprattutto dal vivo. In apertura di concerto è l’ideale, soprattutto perché con questo pezzo abbiamo cercato di riportare a galla il vecchio spirito del punk, grezzo, sguaiato e assolutamente fuori di testa”.
Pensi che se ‘Monster Philosophy’ uscisse oggi come vostro debut album e non come un “semplice” disco dei D.A.D radio e MTV lo accoglierebbero in modo un po’ più diverso?
”Ottima domanda…peccato che non sappia proprio risponderti. Non ho idea, davvero. La scena musicale è imprevedibile, quando uscì ‘No Fuel Left…’ l’hard rock aveva la sua valenza, la qualità della musica aveva ancora un suo peso, quindi MTV pur guardando ancora al commerciale teneva in qualche modo in considerazione l’aspetto qualitativo di ciò che trasmetteva. Oggi ruota tutto attorno a dinamiche unicamente commerciali, tutto si basa sul trend del momento, su formati usa e getta, quindi non riesco proprio a immaginarmi come potrebbe essere recepito questo disco se fosse stato il primo della band. Sicuramente nella nicchia hard rock avrebbe suscitato curiosità, perché una band che al suo debutto azzarda così, è almeno meritevole di un ascolto”.
Ora cosa dobbiamo aspettarci dai D.A.D?
“Tanti concerti. Attualmente siamo in tour e ci stiamo divertendo come dei pazzi, non ci sentivamo così vivi da un casino di tempo. Il problema semmai è rimanere vivi, visto che durante il nostro ultimo concerto c’è stato un crollo strutturale e per poco non ci lasciavo le penne, ma fa parte del gioco, se no non sarebbe rock’n’roll”.