Alice Cooper – Nella tela del ragno
Il 20/07/2008, di Fabio Magliano.
Può un tranquillo sessantenne tutto casa e famiglia trasformarsi ogni sera in allucinata rockstar dedita a torture e decapitazioni, per poi calarsi il giorno seguente nei panni di un vero “golf-addicted” la cui unica ambizione è buttare una pallina in buca con meno colpi possibili, perfetto paravento per quello che è il reale obiettivo, ovvero costruire un ragno umano asportando una gamba ad otto ragazze dopo averle massacrate e avvolte nella seta? Certo, basta chiamarsi Alice Cooper…o Spider…o Vincent Fournier…o essere amico di Tiger Woods… Questo almeno è quanto ha intuito un disorientato Fabio Magliano, messo ancora una volta al cospetto del re dello shock rock
Vi siete mai chiesti come si comporterebbe Alice Cooper se un giorno decidesse di smettere i panni della rockstar per vestire quelli di un sadico serial killer? Mutilerebbe le sue vittime dopo l’amplesso come il Mostro di Firenze? O forse le cucinerebbe con raffinata eleganza per poi servirle con bel piatto di fave, ed un buon Chianti (f-f-f-f-f-f-) come Hannnibal Lecter insegna? O ancora le squarterebbe in un mondo onirico come Freddy Krueger ci ha insegnato puntata dopo puntata nel suo ‘Nightmare’? Nulla di tutto questo. Alice taglierebbe loro una gamba prima di avvolgerne i corpi in strati di seta colorata. Sì, proprio come farebbe Spider, il protagonista del suo nuovo concept album ‘Along Came A Spider’ nonchè alter-ego di Alice Cooper, già alter-ego di Vincent Fournier, padre di famiglia tutto casa, figli e Diet Coke, che a sua volta ha un altro alter-ego, un sessantenne golf-dipendente la cui vita è votata a green, mazze e buche. Confusi? E’ normale, quindi lasciamo che a schiarirvi le idee sia proprio lo shock-rocker di Detroit che, con la sua solita squisita gentilezza ci ha condotto ancora una volta nel suo sempre sorprendente mondo.
Iniziare con i complimenti è d’obbligo. Il tuo nuovo disco oltre ad una storia affascinante riesce a combinare alla perfezione quell’hard rock tipicamente “Alice Cooper” con elementi più moderni che rendono il tutto molto più fresco ed attuale…
“(Alice Cooper) Ti ringrazio, è sempre bello riuscire a scrivere una buona storia e cucirla poi su un tappeto musicale così valido. Però per questo ultimo aspetto devo girare i complimenti al produttore Danny Saber, è lui il fanatico dell’hard rock che impazzisce pure per il nu-metal. Quando ci siamo trovati prima di iniziare la lavorazione gli ho detto cosa avrei voluto ottenere e lui ha subito colto nel segno. Un altro aspetto che non trascurerei è il fatto che sia Danny che Greg Hampton, l’altro produttore, sono entrambi chitarristi. Ora, un conto è vedere la musica dall’esterno, un conto è vederla dal punto di vista della band. In questo caso si percepiscono molte cose che altrimenti sfuggirebbero e anche il sound finisce per risentirne”.
Pensi sia corretto guardare a questo album come ad un ideale incrocio tra ‘Welcome To My Nightmare’ e ‘Brutal Planet’?
“In molti mi hanno fatto notare questa cosa, quindi penso ci sia del vero in questa osservazione, però personalmente trovo diversi punti di contatto anche con ‘The Last Temptation’, forse per via della storia che vi è alla base, drammatica ma allo stesso tempo velata di dolce malinconia. Mi piaceva l’immagine tremenda ma contemporaneamente romantica di questo serial killer, brutale, spietato, letale come il più letale dei predatori, che è solito amputare una gamba ad ogni sua vittima per costruire il suo personale ragno, avvolgendo poi il corpo nella seta colorata così come farebbe un ragno con la sua preda. E’ un pazzo, ma allo stesso tempo è estremamente lucido ed intelligente. A scombussolare tutto interviene però l’amore per quella che dovrebbe essere la sua ottava vittima, quindi da horror allucinato il concept si trasforma in una love story. In breve tempo viene abbattuto quel sottile velo che separa l’amore dalla follia, giusto per non far mancare nessun elemento alla storia…”
Per tracciare la figura di Spider, l’assassino, ti sei basato sulle gesta di serial killer realmente esistiti o su criminali resi celebri da registi e scrittori?
“No, mi sono basato unicamente sulla mia immaginazione. Per una volta mi sono messo nella posizione di pensare: se io fossi un folle serial killer, come agirei? Come mi comporterei? E ho pensato che sarei spietatamente freddo come lui ma anche romantico, nel senso più ampio del termine. Non nego che è stato divertente creare questo personaggio, perché è esattamente come sarei io se fossi nella sua posizione, tanto che descrivendolo mi eccitavo, ma avevo quasi paura di ciò che stavo creando”.
Se si guarda a certi serial killer, reali o immaginari che siano, come Hannibal Lecter o Charles Manson, ci si rende conto di come siano visti da molti come una sorta di “eroi”. Ti sei mai chiesto perché l’assassino finisca per suscitare così tanto fascino nelle persone?
“Io non riuscirei ad usare la parola “eroi” abbinata a certi personaggi, assolutamente. Charles Manson, per intenderci, preferirei di gran lunga vederlo giustiziato piuttosto che con il faccione sparato su una maglietta come successo in passato. Certo è che alcuni personaggi come Hannibal Lecter riescono a riscuotere un gran fascino perché il loro creatore ci ha costruito attorno un’immagine irresistibile. Dimmi cosa c’è di meglio di un vero gentleman, cordiale, affascinante, raffinato, dalla cultura sconfinata…che quando gli prendono i cinque minuti uccide qualcuno e se lo mangia? E’ semplicemente geniale! Harris ha creato un personaggio stupendo sotto ogni punto di vista, semplice ma allo stesso tempo complicatissimo. Le gesta di Lecter sono talmente grottesche e violente che cozzano pesantemente con la sua immagine, è come se in quel momento si scontrassero due persone diametralmente opposte. Spider per alcuni versi si avvicina a Hannibal Lecter, più che altro perché è intelligente. Se ci fai caso i serial killer non spiccano mai per la loro brillantezza… durante la creazione del concept ho avuto modo di parlare molto con un investigatore che aveva lavorato ad alcuni casi di serial killer come quello di Ted Bundy, e mi diceva che i serial killer sono tutto fuorché intelligenti, per il semplice fatto che sono pazzi, e ciò che fanno spesso è irrazionale. Il mio interlocutore rideva all’immagine di Lecter, perché mi diceva ‘credimi, ho visto tanti serial killer, di loro si può dire di tutto, ma non che siano dei geni!’”.
Quand’è che hai ideato il concept di ‘Along Came A Spider’?
“Alla storia ho iniziato a pensare circa un anno fa; il ‘come’ ha del comico. Un giorno me ne stavo seduto in cucina a mangiare una fetta di torta quando la mia attenzione è stata attirata da un ragnetto che solo soletto si stava arrampicando sul muro davanti a me. Nella mia testa è balenata la frase ‘Along Came A Spider’ e tra me e me ho pensato ‘Però, sarebbe proprio un bel titolo per un concept album’…quindi da un innocuo ragnetto su di un muro è nata una storia violenta, cupa, angosciante, carica di azione e di suspense… Chi lo avrebbe mai detto…”
Con ‘Brutal Planet’ e ‘Dragontown’ hai sperimentato un sound più moderno, con ‘Dirty Diamonds’ sei tornato alle tue radici, oggi la tua musica cambia nuovamente. Perchè senti il bisogno di mutare ogni volta ciò che stai facendo?
“Forse ti sorprenderò, ma in tutta onestà ti dico che il mio sound non è poi cambiato così tanto in tutti questi anni. Ad oggi ho inciso 25 album ma sono tutti figli di quel rock di Detroit che ho sempre amato. Poi certo, cambia il gusto e l’aroma, ma il sound alla base è sempre quello. E’ un po’ come quando ti trovi a dover cucinare della pasta: ci puoi mettere sopra il ragù, il pesce, il formaggio o semplice pomodoro, ma alla fine servirai sempre un piatto di pasta. La stessa cosa vale per la musica: puoi suonarla con un’attitudine differente, produrla in modo diverso, mettere maggiormente l’accento sulle chitarre pesanti o sulla melodia, ma alla fine si tratterà sempre di hard rock. Io ho fatto proprio questo: ho suonato con chitarristi differenti, ho lavorato con diversi produttori, ma alla fine quello che conta sono i testi che scrive Alice Cooper e le cose che fa Alice Cooper, tutto il resto non conta. E’ vero, i miei album hanno tutti un sound diverso, però quando li metti su l’attenzione si focalizza sul personaggio Alice Cooper e certe differenze passano in secondo piano”.
Hai detto di aver inciso 25 album, che tra live e raccolte superano anche la cinquantina. Sinceramente, ti ricordi ognuno di essi e ti piacciono tutti?
“Sì, me li ricordo tutti e devo anche dire che, nel preciso istante in cui li ho scritti e li ho registrati, mi sono sembrati tutti meravigliosi. Il problema si presenta anni dopo, è inevitabile. Mi è successo di ascoltare una canzone incisa dieci anni prima e trovarmi a pensare ‘Wow, sarebbe stata ancora meglio se incisa diversamente!’ ma in quel preciso istante realizzi che ogni singolo album non è altro che la fedele fotografia di un determinato momento della tua vita. Quando ho inciso ‘Welcome To My Nightmare’ avevo un’impostazione mentale totalmente differente rispetto a quando ho registrato ‘Love It To Death’, ‘Killer’, ‘From The Inside’ o qualsiasi altro disco di Alice Cooper. Ogni volta che li ascolto mi pare di compiere un viaggio a ritroso nel tempo, nei meandri della mia mente. Quando ascolto i dischi più vecchi, e sento la voce così sofferta, così tirata, ricordo di quando l’alcool dominava la mia vita e condizionava tutto ciò che facevo. Oppure sento un disco che suona più rilassato e mi trovo a pensare ‘Wow, certo che in quel momento non avevo proprio problemi!’. Perchè alla fine la musica è lo specchio di ciò che sei e di ciò che stai vivendo”.
Un po’ come tutti i tuoi album, anche ‘Along Came A Spider’ presenta una forte componente teatrale e cinematografica. Hai mai pensato di trasportare questo concept sul grande schermo?
“Ci penso in ogni istante, sarebbe fantastico. Come hai detto tu, ogni mio disco potrebbe diventare benissimo un film, basta solo che qualche regista decida di farlo! Pensa cosa uscirebbe fuori da ‘The Last Temptation’ o da ‘Brutal Planet/ Dragontown’? Film fantastici! Comunque, il mio catalogo è a disposizione, se qualcuno volesse andarselo a riscoprire e decidesse di tirare fuori un film ispirato alle mie canzoni o alla vita di Alice Cooper… disponibilissimo, io sono qui! Fosse anche tra dieci, quindici anni… Se poi decidesse di farlo Dario Argento, beh, allora sarebbe davvero il massimo”.
‘Alice Cooper, Golf Monster: A Rock ‘n’ Roller’s 12 Steps to Becoming a Golf Addict’. Alla fine anche tu ti sei deciso e hai messo la tua storia nero su bianco. Cos’è che ti ha spinto a prendere questa decisione?
“Perchè mi hanno fregato! Per anni le case editrici venivano a dirmi ‘Scrivi un libro su Alice Cooper!’ ed io rispondevo sempre ‘No, non ora!’. Un giorno, invece, vengono da me e mi dicono ‘Hey, perchè non scrivi un libro sul golf?’. Ed io ‘Wow, ok!’. Ma mettere per iscritto come fare a beccare una pallina con una mazza non sarebbe stato utile, soprattutto non sarebbe stata cosa per me, quindi ci ho riflettuto su e ho pensato che fosse utile ed interessante raccontare come il golf aveva salvato la vita ad un alcolizzato cronico come Alice Cooper. E poi alla fine la pazzia sta proprio in questo. Alice Cooper che si decapita in scena non spaventa più nessuno, Alice Cooper che gioca a golf con Tiger Woods è qualcosa che spiazza, un po’ come vedere Marilyn Manson giocare a tennis con Roger Federer. Nel mondo del rock l’alcool è il clichè, ciò che disorienta è la normalità, ed io di questo ho voluto parlare, mettendo di fronte in un libro la mia vita passata con il ‘grande amore della mia vita’ e rileggendo tutto con tanta sana ironia”.
Ecco, puoi spiegarci come ha fatto il golf a salvarti la vita?
“ Beh, sono tante le cose che mi hanno salvato la vita, ma sicuramente il golf mi ha aiutato a non pensare al bere e a stare lontano dalla bottiglia. C’è stato un periodo nella mia vita in cui mi svegliavo, tiravo giù due o tre birre, poi mi ributtavo a letto, mi risvegliavo, ci davo dentro con il whisky ed avanti così… Oggi è tutto diverso: mi sveglio la mattina, bevo un caffè, faccio colazione e poi vado a giocare otto ore a golf, quindi torno a casa e scopro che è tutto meraviglioso. Diciamo che ho imparato finalmente a vivere nel modo corretto la mia vita, valorizzandola e non passando ore e ore a bere un drink dietro all’altro”.
Che cos’è che ti affascina così tanto di questa disciplina?
“Il fatto che non potrai mai e poi mai vincere una partita. L’unico al mondo che può farlo è Tiger Woods. Questo perchè quando giochi una partita di golf, non ti confronti unicamente con i tuoi avversari, ma lotti anche contro il green, contro le condizioni meteo, contro la tua mente… in un certo senso sei da solo contro tutti. Ma il bello è che anche se non giochi bene, riesci comunque a divertirti. E’ un po’ come il sesso, anche se non lo fai bene, alla fine riesci comunque ad essere appagato”.
Ma che tipo di giocatore è Alice Cooper?
“Ho un ‘handicap’ di 4, è un ottimo risultato. Mi capita spesso di prendere parte a tornei professionistici comportandomi anche bene, e mi trovo sovente a cimentarmi con Rocco Mediate, un golfista professionista che ha spesso tenuto testa a Tiger Woods nonché un mio carissimo amico. Quando giochiamo insieme mi da consigli, mi ha aiutato a crescere molto come giocatore e poi ogni nostra partita si conclude in uno dei migliori ristoranti italiani della città”.
Certo che è difficile immaginare quel personaggio che in scena tortura e si fa decapitare, vagare nel verde tra alberi e laghetti cercando di mandare una pallina in buca…
“E infatti il golf è quanto di più distante ci possa essere dal mondo del rock, ma forse è per questo che alla fine mi ha salvato la vita. Conosco gente che si sveglia al mattino e fa yoga, altri che vanno a correre per dieci miglia… io ho scelto il golf, perchè per me è più che un semplice gioco, è una disciplina che fa bene al mio corpo ed al mio spirito, e nel libro mi definisco ‘golf-dipendente’ perchè non riesco a stare senza pensare al golf, non mi stancherei mai di giocarci e questo mi aiuta a guardare la vita da una diversa prospettiva, sicuramente più leggera e rilassata”.
Non è stato difficile metterti totalmente a nudo attraverso le pagine del tuo libro?
“No, non più di quanto non sia difficile farlo ogni sera sul palco. Ho semplicemente fatto vedere al mondo un volto di Alice Cooper che non tutti conoscono. Alice Cooper è quel personaggio sadico che da decenni porta l’orrore in scena, che tortura, ammazza e sevizia, che parla di violenza e di morte nelle sue canzoni… è vero. Ma è anche un uomo che da 34 anni è sposato con la stessa donna, che ha tre meravigliosi figli nessuno dei quali ha mai avuto problemi di alcool e di droga, che scrive canzoni e subito dopo va sul green a farsi una partita a golf, bevendo solo Diet Coke per ristorarsi. Questo è l’altro volto di Alice Cooper che nessuno conosce, ma è quello che ho voluto tirare fuori in questo libro”.
Beh, però nel libro non parli sono di bibite analcoliche e di palline bucherellate. Quando rischiasti di rimanere ucciso in Brasile, anni fa, non fu certo una cosa rilassante…
“Sì, è vero, ma anche quello fa parte del gioco. Quando diventi una persona celebre devi mettere in conto che corri il rischio di rimanere ucciso in ogni momento della tua vita, perchè la fuori è pieno di folli che ti venerano, o ti odiano, e tu non sai mai cosa potrebbe capitarti. Io sono convinto che prima o poi chiunque arrivi a godere di una certa notorietà riceverà qualche minaccia di morte o qualche ‘attenzione’ da parte di qualche squilibrato. Io ho imparato con il tempo a non prendere troppo sul serio queste cose. Quando vengo in Italia a Roma o Milano giro senza problemi, di giorno, di notte, mi fermo a parlare con la gente, firmo autografi, non mi sogno di chiamare guardie del corpo, cerco di vivere la mia vita nel modo più normale possibile per non perdermi il bello che essa mi offre”.
Però quanto accaduto tempo fa al povero Dimebag Darrell dovrebbe far riflettere e mettere i ‘personaggi pubblici’ sul chivalà…
“Guarda, io non so se lui conoscesse il suo assassino, se questo fosse un pazzo o cosa, molto probabilmente lo era perchè chiunque spari ad un’altra persona è un pazzo…Quello che penso è che Dimebag si sia trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato. Non penso ci sia stata della premeditazione, è stato un po’ come un incidente stradale o un disastro aereo… è stata una tragedia che sarebbe potuta capitare anche a me o a chiunque altro….”
Tutta colpa del destino…
“Sì, del destino! Credo in Dio, e credo che quando scocca la tua ora, non ci sia nulla da fare per sovvertire il destino”.
E cosa ha in destino in serbo per Alice Cooper?
“Questo non lo so, posso dirti cosa ha in serbo il futuro per Alice, ovvero un tour che lo porterà ad esibirsi prima in Europa e poi in America. E quando questo tour sarà finito Alice inizierà a pensare all’ ‘Along Came A Spider Tour’, uno spettacolo molto teatrale che dovrebbe arrivare anche in Italia. Almeno lo spero visto che l’audience rock italiana non ha eguali al mondo. Ho sempre pensato che il pubblico italiano fosse più orientato verso la musica dance, ed invece ogni volta che vengo a suonare in Italia sono costretto a ricredermi. La cosa che più mi esalta è però constatare ogni sera che per la prima volta nella storia, oggi due diverse generazioni viaggiano nella stessa direzione. Ci sono i padri di 40 anni che adorano i Led Zeppelin o Alice Cooper ed i figli di 20 che vanno loro dietro, le barriere generazionali sono state abbattute, e questa cosa non si era mai verificata in passato. E’ un evento storico di cui sono fiero di essere protagonista”.