Airbourne – Let There Be Rock
Il 17/06/2008, di Fabio Magliano.
Vengono dall’Australia, sono considerati i cloni degli Ac/Dc e loro, sfacciati, non fanno nulla per dimostrare il contrario, anzi, con ‘Runnin’Wild’ seguono fedelmente la strada indicata dai fratelli Young. E piacciono. Perché il loro rock è diretto, potente, sfrontato…un po’ come le risposte del batterista nonché fondatore della band Ryan O’Keeffe, braccato telefonicamente dal nostro Fabio Magliano
Saranno anche i cloni degli Ac/Dc, ma chi se ne frega? Gli Airbourne si stanno godendo il momento d’oro a pieno, accolgono a braccia aperte gli ingombranti paragoni che quotidianamente vengono scagliati contro e proseguono diritti sulla loro strada, utilizzando il devastante ‘Runnin’Wild’ come apripista in grado di spalancare loro bene o male ogni porta. Dopo tutto la formula scelta è vincente, un hard rock energico e ruffiano carico di potenza e melodia come insegnato tempo addietro dai maestri dell’”Aussie Rock”, e se ad oggi la band dei fratelli O’Keeffe è riuscita ad esibirsi in tutto il mondo, anche davanti a platee importanti e di spalla a Rolling Stones e Motley Crue, è perché le scelte sin qui fatte si stanno rivelando vincenti. Di questo è sicuro il simpatico batterista Ryan O’Keeffe, raggiunto telefonicamente dopo un lungo inseguimento transoceanico…
Ryan, iniziamo subito togliendoci una curiosità: ma è vero che Justin è entrato nel gruppo in seguito ad un incidente stradale causato da tuo fratello ubriaco fradicio?
“(Ryan O’Keeffe) Hey amico, così mi spiazzi. Da dove hai tirato fuori una cazzata simile?”
Hemm, veramente è la versione ufficiale che offre l’enciclopedia on-line Wikipedia…
“(Scoppiando a ridere) Ma come fanno ad inventarsi queste cose? Sugli Airbourne poi… no no, smentisco categoricamente! E’vero che abbiamo incontrato Justin una sera che eravamo ubriachi, ma avevamo saldamente i piedi per terra! Allora, se proprio lo vuoi sapere le cose stanno così: era tipo il 2003 o giù di lì, io e mio fratello Joel eravamo andati ad un party e ci eravamo presi una sbornia paurosa. Come spesso accade, con tanto alcool in corpo sei particolarmente ciarliero, inizi a parlare, racconti i fatti tuoi anche a chi non conosci, ed io ho attaccato bottone con sto ragazzo, gli ho raccontato che avevo un gruppo, che stavamo cercando musicisti, e lui, ubriaco tanto quanto me, inizia a raccontarmi che è un bassista, che vorrebbe fare qualcosa ma che la scena gli sta stretta, che non trova nessuno motivato come vorrebbe…insomma…ancora prima che la sbornia ci fosse passata avevamo un bassista e gli Airbourne erano praticamente nati!”
Ok, grazie per la delucidazione, anche se l’altra versione era di gran lunga più folcloristica. A parte questo dettaglio, come sono nati in definitiva gli Airbourne? Spero non davanti ad un boccale di birra…
“Non solo! Io e Joel suonavamo insieme sin da quando eravamo bambini, ci eravamo costruiti una sala prove in cantina e jammavamo per giorni interi. Quando abbiamo sentito che era giunto il momento giusto per mettere su una band e fare le cose sul serio, abbiamo iniziato a cercare musicisti nei posti che conoscevamo meglio, quindi il pub. Qui lavorava Dave, il nostro chitarrista, e scoprendo un buon feeling con lui lo abbiamo tirato dentro. Di Justin ti ho già raccontato quindi… Non siamo nati davanti ad un boccale di birra ma poco ci è mancato. Scherzi a parte, siamo nati per dare sfogo ad una voglia immensa di rock’n’roll, ad una voglia di fuggire da una realtà che dopo un po’ di tempo ha iniziato a starci stretta. Ci siamo trovati a vivere tutti e quattro insieme, nella stessa casa, suonando sino a sfinirci pur di riuscire a spaccare il culo con la nostra musica, e tutto quello che stiamo raccogliendo ora è la giusta ricompensa per tutti i sacrifici che abbiamo fatto in questi anni”
Hai parlato di fuga, sulla copertina di ‘Runnin’ Wild’ siete ritratti voi che scappate da un carcere. L’Australia vi stava davvero così stretta?
“Sia chiaro, noi amiamo l’Australia, è casa nostra, non potrebbe essere diversamente. Però ci rendiamo conto che se vogliamo fare rock seriamente, se vogliamo andare da qualche parte con la nostra musica, dobbiamo guardare oltre l’Oceano. L’Australia sembra una nazione grande, eppure suonando ti puoi rendere conto benissimo quanto sia piccola. I locali sono sempre gli stessi, tempo un anno e hai girato e rigirato tutti i bar dello Stato suonando in ogni buco disponibile, quindi se hai un minimo di ambizione viene quasi naturale voler scappare”.
E’ per questo che oggi vivete in America…
“Anche, ma non è il solo motivo. Il fatto è che da un punto di vista logistico l’America è l’ideale. Con i ritmi che stiamo tenendo, soprattutto da un punto di vista live, avvertivamo l’esigenza di poter raggiungere qualsiasi posto senza troppi sbattimenti eccessivi. Raggiungere l’America o l’Europa dall’Australia comportava davvero viaggi estenuanti, quindi ci siamo trasferiti nel New Jersey, da qui con poche ore di aereo raggiungiamo ogni angolo del globo, sei ore di volo e siamo a LA, sei ore di volo e siamo a Londra, ci sentiamo al centro del mondo, quindi non possiamo proprio lamentarci”.
Sii sincero: ogni recensione del vostro disco è concorde nell’affermare che “Gli Airbourne sono gli Ac/Dc clonati”. Quanto ti da fastidio tutto questo?
“Quando una nuova band esce fuori con il suo primo disco, penso che la cosa più naturale del mondo sia cercare di inquadrarla, magari accostandola ad altre band attive da più tempo, è qualcosa di fisiologico… Quindi perché dovremmo prendercela? Tieni conto che non ci stanno paragonando agli ultimi venuti, siamo costantemente accostati alla più grande rock band del mondo, quindi la cosa non può che farci piacere. In Australia, poi, gli Ac/Dc sono venerati come dei, sono delle vere e proprie leggende, ed essendo noi stessi australiani viviamo questo paragone con ancora maggiore orgoglio. Ma siamo contentissimi anche quando veniamo paragonati ad altre grandi band australiane, come i Rose Tattoo o i The Angels, perché sono gruppi con i quali siamo cresciuti. Se amiamo così tanto il rock’n’roll, è anche merito loro”.
Tutto il vostro amore per queste band emerge limpido in ‘Runnin’ Wild’, un lavoro uscito solo recentemente in Italia, al quale avete iniziato però a lavorare due anni fa…
“E infatti il disco è uscito nel 2007, solo il Australia però. Come spesso accade in casi simili, ci sono stati alcuni problemi contrattuali, abbiamo rotto con la nostra vecchia label, ci siamo guardati attorno ed alla fine abbiamo firmato per la Roadrunner. Tutti questi scazzi ovviamente hanno rallentato la promozione del disco, ma ora finalmente ‘Runnin’ Wild’ potrà essere nei negozi di tutto il mondo e, speriamo, recupererà il tempo perduto”.
Intanto noi ci godiamo un lavoro estremamente diretto, ruffiano quanto basta, al quale ha sicuramente giovato il lavoro svolto in cabina di regia da due mostri sacri come Bob Marlette (Alice Cooper, Black Sabbath) e Andy Fallace (Guns’n’Roses, Nirvana…)…
“Sicuramente! Ma non solo il disco ha giovato del loro lavoro, anche noi come musicisti siamo usciti arricchiti da queste collaborazioni. Bob è un autentico mostro, ha lavorato con artisti pazzeschi eppure riesce a metterti a tuo agio in ogni istante. Non ti chiede mai la luna, non impone mai il suo carisma e le sue idee, ti dice semplicemente ‘Guys, io so quanto valete e quanto potete fare. Beh, fatelo!’. Ci ha lasciati liberi di suonare come sapevamo, e così facendo è riuscito a tirare fuori la vera essenza della nostra musica. Andy se possibile è stato ancora più incredibile. Lui si è occupato del mixaggio del disco: quando abbiamo avuto il nostro primo incontro gli abbiamo detto cosa volevamo, come volevamo suonasse il disco e come non volevamo che suonasse. Lui è stato semplicemente ad ascoltarci, poi si è messo al lavoro e, alla fine, ha tirato fuori esattamente quello che volevamo. E’ stato eccezionale”
A proposito di mostri sacri… nel corso della vostra sin qui breve carriera avete avuto l’onore di aprire per i Rolling Stones. Cosa hai provato quel giorno?
“E me lo chiedi? Cosa si prova a dividere il palco con delle leggende? Era tutto pieno, mai visto tanta gente così. Noi facciamo il nostro show, adrenalina a mille, la gente risponde bene e noi suoniamo come siamo soliti fare, dando veramente tutto. Alla fine siamo esaltati, contenti di come sono andate le cose, scendiamo dal palco e mi rendo conto che Charlie Watts ha seguito il nostro concerto da bordo palco. Fatico a crederci, lui si complimenta con noi, e noi quasi ci pisciamo addosso. E’ stato uno dei momenti più intensi della mia vita”.
Cosa vogliono, ora, gli Airbourne?
“Fondamentalmente stare il tour il più possibile. Siamo una band da concerti, viviamo sul palco, quindi speriamo che questa condizione continui ancora per molto tempo. Verremo presto a suonare anche in Italia di spalla ai Maiden e non stiamo più nella pelle per questa opportunità, poi, quando sarà il momento, inizieremo a pensare al disco nuovo. Abbiamo già alcune bozze di canzoni e le idee sono tante e valide. Diciamo che chi ha amato ‘Runnin’Wild’ non rimarrà deluso, anche perché sono o non sono gli Ac/Dc ad affermare che ‘formula vincente non si cambia’?”