Death SS – History Of Terror
Il 17/01/2007, di Fabio Magliano.
E’ proprio vero che i Death SS si scioglieranno dopo la partecipazione all’Italian Gods Of Metal? E’ davvero giunta al capolinea la corsa di una delle band più shockanti, estreme, controverse mai apparse sulla scena metal? E’ quello che Fabio Magliano ha cercato di scoprire andando a interrogare il leader dell’horror band italiana, approfittando della pubblicazione di ‘1977-2007 – 30 Years of Horror Music’, un sontuoso box contenente due DVD che ripercorrono per intero la storia dei Death SS. Terrore, eccesso, e tanto heavy metal raccontato attraverso foto, video, concerti e tonnellate di materiale inedito…
Trent’anni di musica. Trent’anni di orrore, di accuse, di voci incontrollate, di polemiche, di dita puntate contro spesso a sproposito, di provocazioni e di eccessi. Trent’anni vissuti costantemente sul filo del rasoio, caparbi, determinati, decisi più che mai a seguire una strada scomoda, impervia, che li avrebbe però portati alla fine a spezzare quei sette sigilli sui quali era fondata tutta la carriera suggellando così quel patto magico siglato tanto tempo fa. Questo sono i Death SS, ma soprattutto tutto questo è quanto contenuto in ‘1977-2007 – 30 Years of Horror Music’, un doppio DVD concepito per chiudere anche visivamente il cerchio e celebrare nel migliore dei modi 30 anni vissuti davvero all’estremo dal vampirico Steve Sylvester e dalla sua banda di mostri. 30 anni vissuti nel nome del metal ed essere ancora qui a parlarne, non è un privilegio che spetta a molte band, vero Steve?
“(Steve Sylvester) Verissimo, non sono tante le band capaci di sopravvivere così a lungo arrivando quindi a festeggiare un trentennale di carriera, e se si rapporta la cosa ad una scena come quella underground italiana, viene facile vedere nei Death SS un caso più unico che raro. Ho quindi voluto documentare la cosa con questo DVD che è in parte un mio testamento spirituale di questi trent’anni di carriera nei Death SS. D’altro canto questo lavoro vuole rappresentare la chiusura di un ciclo, conclusosi discograficamente con ‘The Seventh Seal’ e temporalmente con il compimento dei 30 anni di carriera”.
E’ stato difficile assemblare questo doppio DVD, soprattutto considerando l’enorme mole di materiale utilizzato?
“E’ stato più che altro laborioso, infatti dietro c’è stato un lavoro certosino che mi ha impegnato per quasi due anni e mezzo, perché ho dovuto visionare frame per frame centinaia di VHS e tutto il materiale di repertorio che avevo riguardante i Death SS, dalle photo session ai concerti, dai dietro le quinte ai makin’ of delle registrazioni…ho dovuto visionare una mole immensa di materiale per poi scegliere solo pochi frame e montarli poi con un ritmo che non risultasse mai noioso”.
Una “mancanza” di questo lavoro è l’assenza di materiale risalente ai primi anni della band. Ci sono ragioni “occulte” alla base di questa decisione, o è tutto riconducibile al fatto che di quel periodo non esistono registrazioni video?
“Purtroppo si, del primissimo periodo, quello che va dal 1977 al 1984 non esistono materiali filmici, o meglio, esisteva una registrazione dell’ultimo concerto fatto con la line-up originaria a Perugia nel 1981 ma è andato perso e nessuno lo ha mai visto. Ho cercato negli anni di recuperare quel filmato ma purtroppo la mia ricerca non ha mai sortito effetti. Materialmente non avevo quindi nulla, e infatti per creare postumo il video di ‘The Night Of The Witch’ abbiamo usato delle fotografie dell’epoca montate con una certa dinamica”
Che effetto ti ha fatto, ricercando e selezionando il materiale poi finito sul DVD, ripercorrere trent’anni della tua vita artistica?
“Il tutto ha un che di catartico, in un certo senso è anche qualcosa di liberatorio. Tutto questo ammassarsi di materiale che avevo nella mia videoteca personale è stato esaminato in maniera certosina e una volta che è stato fatto questo summit, questa sorta di best of video, ho potuto finalmente mandare tutto questo materiale in cantina. Mi sono rivisto in questi trent’anni a ritroso, li ho condensati in questo prodotto che è un po’ un testamento di questo periodo e finalmente ho chiuso una porta”.
Visto che hai già usato due volte la parola “testamento” mi gioco subito la “fatidica domanda”: allora è vero che quello dell’Italian Gods Of Metal sarà lo show d’addio dei Death SS?
“Non lo so, inizialmente già parlando di ‘The Seventh Seal’ avevo affermato che con il settimo sigillo si sarebbe chiusa la carriera dei Death SS, per cui c’è la possibilità che per un certo periodo i Death SS non esistano più, che questa data sia una delle ultime apparizioni della band, però nulla è ancora stato stabilito. Molto dipende dallo svilupparsi di alcuni eventi, dagli stimoli… diciamo che non ho intenzione di smettere nell’ambito musicale e neppure definitivamente come Death SS, però sicuramente questo spettacolo servirà a chiudere un ciclo, non per niente sarà uno show molto antologico, maggiormente orientato verso le produzioni passate”
Ora che Emil Bandiera ha lasciato la band chi ti accompagnerà dal vivo nel tuo “ultimo viaggio”?
“E’ vero, Emil ha lasciato la band e noi abbiamo passato mesi interi a visionare materiale e a fare provini, ora posso annunciarti in anteprima che abbiamo trovato i sostituti, perché torneremo dopo anni alla formazione con le due chitarre. I due chitarristi, che esordiranno proprio in occasione del Gods Of Metal, sono Aldo Lo Nobile, già attivo con i Secret Sphere, e Francesco Tonazzini che in passato ha suonato con gli Shining Fury, mentre per il resto la line-up è rimasta invariata, con Freddy Delirio alle tastiere, Dave Simeone alla batteria e Glenn Strange al basso”.
Visto che nel corso della tua carriera, come si evince anche dal documentario contenuto sul DVD, hai cambiato con incredibile frequenza la formazione della band, te la senti di individuare quella che per te potrebbe essere considerata la “line-up definitiva” dei Death SS?
“E’difficile, non tanto per dare meriti ad un musicista piuttosto che ad un altro, ma perché credo che tutti siano stati fondamentali nel periodo in cui hanno svolto la loro produzione. La prima line-up, ad esempio, era importante perché aveva un’aura tenebrosa e per quei tempi era perfetta; quella di ‘Heavy Demons’ era quella tecnicamente all’epoca più all’avanguardia e che magari ha riscosso più successo a livello di pubblico…diciamo che ogni formazione ha avuto la sua importanza nel periodo in cui ha svolto il suo ruolo nell’ambito della band, non mi sento quindi di mettere sul piedistallo un’unica formazione. Posso dirti che quella attuale è veramente eccezionale sotto tutti i punti di vista, perché c’è molto entusiasmo con i nuovi arrivi, c’è molta energia e sono anche persone tecnicamente preparatissime”
Quando ci si trova a svolgere un lavoro come quello “riassuntivo” fatto per il DVD viene quasi spontaneo stilare bilanci della propria vita. C’è stato, nel tuo caso, qualche errore che hai commesso e che, con il senno di poi, non avresti mai fatto?
“Mah, che vuoi…con il senno del poi chiunque migliorerebbe determinate cose o eviterebbe di cadere in certi errori, però penso più che altro che qualsiasi esperienza sia servita, perchè c’è sempre da imparare dai propri errori. Sicuramente ci sono state soluzioni che potessi tornare indietro eviterei volentieri, non tanto a livello di carriera artistica quanto da un punto di vista contrattuale e distributivo. In questo senso ci sono stati diversi passi falsi, mi viene in mente durante il periodo di ‘Panic’ quando la nostra etichetta rifiutò una proposta vantaggiosa per la distribuzione estera da parte di un’altra importante label, e quella è stata una scelta che si è rivelata poi non vincente, ma queste sono condizioni manageriali che non sempre posso controllare”.
Anche perché musicalmente ti sei sempre mosso in assoluta libertà, spesso prendendo decisioni delicate e anche impopolari…
“Si, dal punto di vista artistico ho sempre fatto quello che volevo, non sono mai stato castrato in quelle che sono le mie ambizioni artistiche, lo sono stato invece molto dal punto di vista del management, dell’organizzazione, della distribuzione, a livello contrattuale… in questo senso avrei sicuramente potuto fare molto di più con la band, ad esempio se avessi avuto maggiore apertura verso il mercato estero. Però non sono il tipo a cui piace lamentarsi, quindi se è successo sarà stato un segno del destino, perciò va bene così”.
Una volta affermasti che nel 1982 lasciasti la band perché da un punto di vista extra-musicale la situazione ti era sfuggita di mano ed era divenuta incontrollabile. Neanche in questo frangente hai rimpianti?
“A parte che all’epoca ero molto molto giovane, gli errori che ho fatto mi sono serviti per maturare, mi hanno fatto crescere in tutti i sensi. Si, sicuramente ci sono stati dei clamorosi passi falsi in questi frangenti, dettati dall’inesperienza più che altro, però hanno anche segnato in qualche modo il cammino della band. Forse se non avessi fatto quegli errori i Death SS non sarebbero mai esistiti. La band nasce infatti da una determinata situazione extramusicale che ci ha poi caratterizzato negli anni a venire”.
Come è giusto che fosse, nel box trovano grande spazio le tue esibizioni live. C’è uno show tenuto in questi 30 anni che ti è rimasto impresso nella memoria?
“Ogni concerto da noi è sempre stato curato in modo maniacale, quindi preferisco la qualità alla quantità, magari suonare di meno ma curare di più gli aspetti dello show. Sicuramente quelli che sono venuti meglio sono quelli che hanno avuto una struttura adeguata per la rappresentazione teatrale, quindi quelli in location sufficientemente ampie come al Wacken, i vari Gods Of Metal… ma anche altre situazioni come uno show case al Rolling Stone all’epoca di ‘Humanomalies’, per altro documentato all’interno del DVD”.
Ripercorrendo la vostra carriera live, grande scalpore lo suscitò un vostro celebre show tenuto a Pesaro di spalla ai Gaznevada, le cui immagini per ovvi motivi non sono state inserite sul DVD, ma che per valenza storica rimane molto importante per voi…
“Si trattava di un concerto tenuto al Palasport di Pesaro nel 1981. Ricordo che avevamo allestito la solita scena nella quale rompevamo una bara piena di vermi e carne putrefatta ed io avevo arricchito il tutto con un gatto nero che avevo trovato tempo prima cadavere. Facendolo roteare per la coda, però, questo mi partì con una traiettoria strana, finendo la sua corsa dopo pochi metri sulla testa di un tizio della security che non gradì troppo l’omaggio. Ti confesso che sto scrivendo tutti questi aneddoti e spero di poterli racchiudere un giorno in un libro. Ci sto lavorando ma è una cosa che porta via un sacco di tempo, comunque poco per volta anche questo progetto vedrà la luce”.
Un’altra data sicuramente interessante è stata quella del 1989 quando sei stato messo faccia a faccia con un altro personaggio carismatico come King Diamond. Cosa ricordi di quell’esperienza?
“Eravamo al Rolling Stone ed eravamo stati chiamati all’ultimo momento per sostituire i Candlemass che sarebbero dovuti essere gli opener per King Diamond. Abbiamo accettato, è stata una cosa molto divertente anche se molto stressante…ma più che altro ricordo aneddoti, situazioni bizzarre. Noi ad esempio durante ‘Cursed Mama’ avevamo una scena nella quale era prevista una ‘vecchietta’ sulla sedia a rotelle, senza sapere però che King Diamond ne aveva prevista una identica, quindi ci siamo trovati con questi due personaggi ai lati opposti dei camerini che si truccavano trascinandosi dietro le carrozzelle… è stata una cosa molto buffa… ho poi parlato molto con King il quale conosceva anche i Death SS e si è rivelato una persona molto intelligente, colta… si è instaurato un buon feeling con lui”
Nel 1993 invece torni ad esibirti dopo anni con Paul Chain in occasione dell’Italian Monster Of Rock a Firenze. Come mai questo show per alcuni versi storico ha avuto uno spazio solo marginale all’interno del DVD?
“Di quel concerto ho utilizzato solo alcuni spezzoni per documentare quel periodo, all’interno del documentario per semplici ragioni di tempo. Esisteva una clip completa del concerto che all’epoca veniva distribuita dal nostro fan club, però non ho ritenuto opportuno metterne di più sul DVD proprio per non allungare ulteriormente i tempi, per cui ho preferito solo citare quell’avvenimento con spezzoni, riconoscendone comunque la valenza storica visto che mi vedeva tornare a suonare a distanza di anni con alcuni membri della prima line-up dei Death SS”
Nel documentario invece ti soffermi a lungo sulla tua collaborazione con Alejandro Jodorowsky. Tu, primo musicista italiano a lavorare con il “Maestro”, nonostante i media italiani lo abbiano del tutto dimenticato, assegnando questo privilegio a Franco Battiato…
“Mi capita di incontrare il Maestro ancora oggi, quando viene in Italia. Ci parliamo, scambiamo impressioni, però ultimamente l’ho visto un po’ cambiato… non voglio dire che alla sua età si è montato la testa perché sarebbe riduttivo nei suoi confronti, però l’ho visto più attento a fattori commerciali rispetto a quanto non lo fosse stato in precedenza. Quello che mi ha dato piuttosto fastidio non è stato tanto l’ignorare i Death SS al momento della nostra collaborazione, quanto tutto il peso che è stato dato al sodalizio Jodorowsky/Marilyn Manson proprio in considerazione del fatto che, la prima volta che mi sono incontrato con il Maestro, gli ho parlato di questo Marilyn Manson che aveva utilizzato per il suo video di ‘The Dope Show’ uno spezzone preso pari pari da ‘La Montagna Sacra’ e lui non sapeva minimamente chi fosse. Poi nel giro di poco tempo me lo trovo sui giornali a parlare del ‘mio amico Marilyn Manson’ e alla fine officia anche il suo matrimonio con Dita Von Teese. Ora, capisco che non ci siano termini di paragone tra i vari personaggi, però ti assicuro che quando gli parlavo di Manson il Maestro non sapeva minimamente chi fosse”.
Il box è a forma di bara, lo apri e ci sei tu in versione cadaverica. C’è solo ironia alla base di questa scelta grafica, o a modo suo è anche questo un modo per esorcizzare la morte?
“Io metto sempre molta ironia in tutto ciò che faccio. Reputo l’ironia fondamentale, se si prendono le cose troppo sul serio si finisce col fare la parodia di se stessi. Penso vada tutto letto sotto un’ottica ironica, apprezzando però il gusto grafico ed estetico del packaging… la bara, il nero, il dark… sono tutti elementi che rendono questo oggetto per chi ama questo tipo di cose, molto bello da vedere”
Hai paura di morire?
“Assolutamente no. E’ un passaggio verso un’altra dimensione, è solo un cambiamento, un’evoluzione dello stato”
Ma ti capita mai di immaginare la tua morte?
“Qualche volta ci ho pensato, come tutti. Quando morirò? Come? Però non ci faccio troppo caso, quando succederà succederà, non ci sarà nessun problema, attendo la morte sereno, senza cercarla né respingerla”