Chuck Schuldiner – An Angel Called Chuck
Il 12/12/2005, di Fabio Magliano.
13 dicembre 2003: sono ormai passati due anni da quando Chuck Schuldiner ci ha lasciati, due anni nei quali la sua mancanza si è fatta sentire ed il vuoto lasciato nei nostri cuori è parso a tratti realmente incolmabile. Per rendere tributo ad una della icone del metal moderno, ma soprattutto ad un ragazzo realmente speciale, Metal Hammer ha deciso di dedicargli questo speciale, cercando di capire nelle parole della madre Jane Schuldiner chi fosse realmente “L’uomo” Chuck. Una toccante intervista in esclusiva…
Capita sovente, nello scorrere della vita di tutti i giorni, di fermarsi un istante a riflettere ed avvertire un desolante senso di vuoto. Nulla di tangibile, nulla di concreto, solamente una sensazione che nasce nel profondo di noi stessi e sfocia in un senso di malinconia, tristezza per la perdita di qualcosa o qualcuno di caro, qualcuno che aveva significato molto per noi, la cui assenza oggi pesa come un macigno sulle nostre vite. Negli ultimi due anni, sovente, è venuto spontaneo associare a questo incolmabile vuoto il volto, lo spirito, la musica di Chuck Schuldiner. Una figura rara nel mondo della musica, un ragazzo come tanti che, come pochi, ha però saputo scrivere pagine fondamentali per il metal, contagioso con il suo entusiasmo ed il suo smisurato amore per la musica, un “heavy metal kidz” che ha saputo inconsciamente diventare un idolo senza mutare però il suo spirito, ed è soprattutto per questo che molti, oggi, piangono ancora la scomparsa di un fratello. Era il 13 dicembre del 2001, infatti, quando Chuck, in punta di piedi, ha svestito i panni del “semplice musicista” ed è andato a vestire quelli della leggenda. Oggi, a due anni da quel triste giorno, Metal Hammer ha voluto rendere omaggio a questo splendido personaggio, lasciando perdere per un istante il discorso musicale, i Death, i Control Denied ed un sound che, purtroppo, non tornerà più, per portandovi a conoscere ”L’uomo” Chuck Schuldiner, un ragazzo con i suoi sogni e le sue paure, i suoi amori e le sue passioni. Proprio come ognuno di noi. E chi, meglio della persona che lo ha messo al mondo, può descriverci chi realmente era Chuck? Jane Schuldiner è una donna provata dalla vita, che ti rapisce per il suo coraggio e la sua dolcezza; una persona tanto straordinaria al punto che viene facile specchiarsi nelle sue parole e trovarci dentro quel ragazzo che ci emozionava con la sua chitarra. Esperienze passate hanno portato questa madre a declinare spesso e volentieri i microfoni dei giornalisti, ecco perché l’intervista che segue assume un valore ancora maggiore. “Sono stata criticata in passato per essere stata troppo disponibile e aver parlato troppo di Chuck – ha scritto una volta, in uno dei nostri frequenti scambi di e-mail – Ma è difficile non esserlo; egli era la persona più interessante che io abbia mai conosciuto, ed era anche un magnifico amico sempre presente per sua sorella, suo nipote e per me. Come ha detto sua sorella, il cielo è meno blu senza di lui ed io sento che il mondo senza Chuck è molto duro da affrontare ogni giorno”. Una profondità che tocca e commuove, figlia di una dignità incrollabile e di un amore immenso per quel ragazzo strappatole troppo presto, che ritorna anche nelle risposte che seguono.
A GUY CALLED CHUCK
Jane, anche se è molto difficile, puoi dirci chi era “realmente” Chuck Schuldiner?
“Chuck era un musicista dall’enorme talento ed un artista al quale era stata data in dote la capacità di scrivere ottime canzoni; ma era soprattutto uno splendido ragazzo, sempre pronto ad anteporre la sua famiglia ai suoi numerosissimi amici. Era una persona onesta e sincera, quelle stesse doti che a sua volta si aspettava da noi”.
Com’è stata l’infanzia di Chuck?
“E’ sempre stato un bambino socievole e sorridente con tutti, una condizione che si è portato dietro anche durante la sua adolescenza. Divenuto uomo, poi, non ha mai negato il suo aiuto e la sua amicizia a nessuno, però, soprattutto negli ultimi anni, aveva imparato ad essere estremamente selettivo nei confronti delle persone alle quali accordare la sua fiducia”.
Che tipo di studente era? Che rapporti aveva con gli altri ragazzi?
“Chuck era un ottimo studente, non ha mai avuto problemi a scuola. Anche allora era un leader; era molto popolare tra i suoi coetanei, conservava ancora bei ricordi del periodo scolastico e molti ragazzi erano rimasti suoi amici anche finiti gli studi. Con quei ragazzi si era venuta a creare una dimensione accostabile ad una grande famiglia estesa, tanto che ancora oggi molti di essi sono rimasti in contatto con me”.
Si dice che Chuck avesse iniziato a suonare la chitarra come terapia per un terribile trauma infantile…
“E’ vero. Chuck ha perso in un incidente un fratello di 16 anni e questa cosa lo aveva segnato profondamente. Proprio per farlo uscire da questo tunnel buio gli abbiamo regalato una chitarra, e questo gli è stato di grandissimo aiuto”.
Ti ricordi ancora il giorno in cui scoccò la scintilla della musica in Chuck? Dovrebbe essere stato ad un concerto dei Kiss…
“Sì, Chuck è stato letteralmente rapito dalla musica dei Kiss tanto che, da quel giorno, non si è più perso un loro concerto. Senza dubbio, tra le band che hanno avuto un grande ascendente sulla sua carriera artistica, i Kiss hanno rivestito il ruolo di leader. Ma la cosa più importante, un grande motivo di orgoglio per lui, è stato quando finalmente è riuscito ad incontrarli, scoprendo che loro sapevano esattamente chi fosse Chuck! Quella volta trascorse molto tempo con loro parlando di musica; conoscendolo, fu un momento per lui molto intenso”.
Ricordi ancora il suo primo concerto?
“Certamente. E’stato al tempo della high school. Si era esibito in un parco cittadino assieme ai suoi amici con i quali suonava a quel tempo. Avevo atteso con impazienza quel giorno ed ero molto orgogliosa ed eccitata per quel piccolo traguardo raggiunto. E’ stata l’unica occasione in cui ho avuto il privilegio di vederlo suonare in quel modo. Ho trovato una foto di quel concerto recentemente, e sto pensando seriamente di condividere quell’emozione con tutti i suoi fans, donandola al sito emptywords”.
Com’era Chuck nella vita di tutti i giorni?
“La giornata tipo di Chuck era abbastanza normale. Era un ragazzo che aveva moltissimi interessi ed era sempre molto occupato. Quando aveva un po’ di tempo libero, invece, amava molto giocare con i suoi cuccioli, andare in spiaggia, andare a caccia di antichità, cucinare alla griglia e cucinare ottimi piatti a casa sua per poi invitare i suoi famigliari o i suoi amici a gustarli, andare al cinema o a spasso per il viale per andarsi a prendere un caffè da Barney’s. Mi reputavo una madre fortunata, perché spesso Chuck mi invitava a condividere con lui le sue giornate”.
Qual’era la filosofia che lo guidava nel corso della sua esistenza?
“Ti dico solo una cosa che ho osservato quando Chuck è diventato l’uomo che era.
Ha coscienziosamente fatto del suo meglio per correggersi quando poteva, ha cercato di vivere e di trattare le persone con le quali veniva in contatto nello stesso modo in cui voleva essere trattato. E dalla grande quantità di posta che ho ricevuto fino ad oggi in merito alle gentilezze che faceva alle persone di tutto il mondo, capisco ciò che lo ha reso diverso. Se leggi attentamente le sue canzoni, ci trovi la sua filosofia di vita”.
Nel corso della sua lunga carriera artistica si è trovato più volte a dover fronteggiare situazioni difficili, cambi di line-up, cambi di label… con che spirito affrontava le avversità? Con rassegnazione o con animo battagliero?
“Ogni volta che Chuck si trovava a dover prendere decisioni tristi, dolorose, era sempre un dramma per lui, però dentro di sé sentiva che si trovava a dover compiere un gesto necessario. Si trattava sempre di decisioni professionali e Chuck ha sempre fatto ciò che pensava fosse giusto per la band, senza preoccuparsi di quanto fosse difficile agire in quel modo…e ovviamente, alla fine, il tempo ha dimostrato che ha sempre agito nel migliore dei modi, per il gruppo e per il suo successo”.
L’impressione generale è che Chuck fosse un ragazzo estremamente sensibile e profondo…
“E’ così, assolutamente!”
Pensi che Chuck fosse il figlio che ogni madre vorrebbe avere?
“Sì, in ogni senso, senza il minimo dubbio!”.
C’è stato qualcosa che è stato detto o scritto in questi anni su Chuck, che ti ha reso orgogliosa di essere sua madre?
“Certo! E’stato quando le persone che hanno incontrato Chuck nel corso della loro vita ed hanno voluto condividere con me le loro emozioni, mi hanno scritto dicendomi quanto Chuck è stato importante per loro, quanto lo hanno amato e che non lo dimenticheranno mai. Questo è il risultato di quello che Chuck ha ottenuto nel corso della sua esistenza, ed è una cosa che mi inorgoglisce. Se, fino a questo punto, posso sembrarti incapace di trovare un che di negativo in Chuck, è perché, credimi, io, noi, la sua famiglia, non siamo riusciti a trovare nulla di sbagliato in ciò che ha fatto nella sua vita”.
A LIFE IN MUSIC
Ti ricordi il giorno in cui Chuck ha capito che la musica sarebbe stata la sua vera ragione di vita?
“Aveva 10 anni quando ha iniziato a nutrire interesse per la musica, ma quello, in un certo senso, è stato anche l’inizio della sua carriera, perché ha capito che la musica sarebbe stata per lui qualcosa di più di un semplice passatempo. Era stato immediatamente rapito da questo mondo, il suo coinvolgimento è cresciuto all’istante per non fermarsi più. Quando era poco più che un teenager non faceva altro che registrare demo e leggere tutte le riviste musicali che riusciva a reperire. Viveva la musica. Ho conservato ancora oggi quelle riviste, e le ho messe da parte per poterle donare un giorno ai suoi nipoti. Il giorno in cui si innamorò della musica fu veramente meraviglioso, perché era profondamente legato a suo fratello, e la musica lo aiutò a riempire quello spazio rimasto vuoto nella sua vita”.
E come vi siete comportati, voi genitori, nel momento in cui vi disse che il suo futuro sarebbe stato nella musica?
“Io e suo padre lo abbiamo supportato sempre al 100%, cercando di aiutarlo con tutti i mezzi a nostra disposizione”.
Non ti è mai capitato di sperare, per tuo figlio, un lavoro “regolare”?
“Mai. Chuck, comunque, per un breve periodo di tempo ha avuto anche un lavoro regolare, ma ha dovuto abbandonarlo perché, tra scuola e musica, era occupatissimo. Riguardo a noi, l’unico suggerimento rivoltogli è stato di concentrarsi con tutto se stesso su queste due cose”.
Come hai accolto, da madre, una proposta musicale così ostica ed estrema come quella dei Death?
“La musica di Chuck inizialmente non era il metal che tutti hanno conosciuto in seguito, però si è rapidamente evoluta in esso. Non ho comunque mai visto nulla di sbagliato nel metal, né allora, né oggi. Anzi, ho sempre apprezzato il fatto che il metal ha sempre indirizzato la sua vita in un senso positivo ed ha rappresentato per lui una certa forma di socializzazione”.
Il primo risultato concreto della carriera di Chuck è stato l’incisione del suo primo disco. Che cosa hai provato quando lo hai avuto tra le mani e lo hai ascoltato per la prima volta?
“Sono stata così orgogliosa! Mi ricordo che, per l’occasione, io e suo padre gli abbiamo fatto trovare una torta decorata come un disco e con il numero uno disegnato sopra. Il risultato era un po’ grezzo, però Chuck è stato estremamente indulgente con noi ed ha apprezzato molto il nostro entusiasmo e ciò che avevamo voluto fare per celebrare quel suo importante risultato”.
La musica di Chuck contiene in sé massicce dosi di rabbia. Era solito comporre quando era arrabbiato?
“Sì, qualche volta. Ma suonava anche quando era felice, giusto per il puro divertimento. Aveva realizzato il sogno di avere uno studio tutto per sé, e ci trascorreva tantissimo tempo dentro, spesso anche tutta la notte, suonando e componendo. Era orgoglioso di poter aiutare i ragazzi più giovani che iniziavano a muovere i primi passi nel mondo della musica, ospitandoli nella sua saletta…”
Ora la memoria di Chuck rimarrà impressa per sempre nelle menti e nei cuori di tutti gli amanti del metal…
“Ho avuto modo di imparare in questi anni, quanto gli amanti del metal fossero devoti alla sua musica; ragazzi pronti a stargli vicino e a supportarlo nei momenti di bisogno. Ho incontrato persone meravigliose, indimenticabili. Chuck stesso ripeteva spesso che, il mondo del metal, è come una grande famiglia, e negli ultimi anni ho avuto modo di constatare di persona come fosse vera questa cosa. L’amore dei metal fans di tutto il mondo per Chuck è enorme, molti di loro mi scrivono ancora oggi dicendomi quanto questa musica sia importante per loro e come vogliano far sì che anche i loro figli seguano questa strada”.
THE MEANING OF SUCCESS
Che significato dava Chuck alla parola “successo”?
“Successo per Chuck non era qualcosa legato ai soldi. Certo, desiderava poter vivere in maniera dignitosa con la musica, ma la sua idea reale di successo era quella che, alla fine, aveva raggiunto: vedere i suoi sforzi ripagati da quelle persone che hanno reso possibile tutto questo, i suoi fans. Veramente. Chuck era solito dire che se avesse potuto suonare ed esibirsi solo per loro, saltando tutte quelle persone che stavano tra lui ed il suo pubblico, sarebbe stato la persona più felice di questo mondo”.
Ma si rendeva conto di essere un esempio, un punto di riferimento, non solo per gli altri gruppi ma anche per molti fans che si rispecchiavano in ciò che cantava?
“Questo è stato sempre un grande riconoscimento per Chuck. Era sempre orgoglioso quando molte band e fans gli scrivevano dicendogli che era un esempio per tutti loro. E ancora di più lo era quando qualcuno gli scriveva che i messaggi contenuti nelle sue canzoni erano stati d’aiuto in alcuni momenti difficili. E spesso sono stati d’aiuto anche a me. Ricordo alcune canzoni che mi avevano toccato profondamente. L’essenza di una di esse era “rivers of sorrow, oceans deep with hope”. Era questa la vita di Chuck nel mondo della musica ed il suo modo di affrontare quelle tragedie personali che hanno segnato la sua esistenza. Fortunatamente le sue attenzioni sono sempre state rivolte più verso gli oceani di speranza”.
Lo hai mai sentito pronunciare le parole “Adesso sono realmente arrivato”?
“No, non gliele ho mai sentite pronunciare”
FACING THE DISEASE
Come avete reagito alla notizia del terribile male che lo aveva colpito?
“Troppe emozioni, troppi pensieri hanno popolato la mia mente: rifiuto della realtà, fatalità, dolore, paura…Credo che anche Chuck abbia provato le stesse emozioni, ma non lo ha fatto mai vedere, né a noi famigliari, né alle persone che gli sono state vicine in quei momenti. I suoi pensieri erano rivolti a ciò che noi avremmo potuto provare, e anche se era molto difficile per lui, me ne rendo conto, ha cercato in ogni modo di darmi la forza per controllare le mie emozioni per potermi unire a lui nella lotta contro questo male. Un oceano di speranza è stato ciò che tutti noi abbiamo posto alla base della sua guarigione”
Chuck, quindi, anche in quei momenti, è riuscito a tirare fuori il suo coraggio e la sua innata forza per fronteggiare l’infausta realtà…
“Sì, assolutamente. Tutti i dottori, le infermiere e quelle persone che sono entrate in contatto con lui in quei terribili momenti, si sono profondamente stupite della sua forza d’animo. Si era fatto molti nuovi ammiratori in quel periodo, in un modo molto differente dal solito. Molte persone hanno iniziato ad amarlo proprio per il suo coraggio. C’è stato moltissimo dolore, moltissime lacrime il giorno in cui Chuck ha perso la sua battaglia. Siamo ancora in contatto con la comunità medica che lo ha avuto in cura, e tutti loro lo ricordano con grande affetto”.
Quando succedono tragedie simili, generalmente una madre si chiede “perché a me?”, “Perché a mio figlio?”. Sei riuscita a dare una risposta a queste domande?
“No, non sono riuscita a darla allora, non sono riuscita oggi e penso che mai troverò una risposta a questi perché”.
Ti sei rassegnata alla perdita di Chuck?
“No”
Alla luce delle tragedie che ti hanno colpita, ti reputi una madre coraggio?
“No, io quello che faccio lo faccio per Chuck, ma questo non ha nulla a che vedere con il coraggio”.
Non c’è nulla o nessuno che ti ha aiutato a superare questo incredibile dolore?
“No, non c’è nulla al mondo che possa far superare ad una madre il dolore della perdita di un figlio”.
Non pensi, nella tragedia che ti accomuna a quelle madri che hanno perso i loro figli, di essere più fortunata, visto che Chuck continua a vivere nella sua voce, nella sua musica, nei suoi video e nel cuore dei fans che mantengono vivo il suo ricordo?
“Assolutamente sì, e sono grata per tutto questo. E’ stato di grande conforto per me potermi attaccare all’arte di Chuck per sentirlo più vicino. L’importanza di queste cose, in determinati momenti, è stata fondamentale”.
Grazie Jane, per aver voluto dividere con noi questi splendidi ricordi…
“Grazie a voi. La sorella di Chuck, un giorno mi ha chiesto: ‘Ci mancherebbe così tanto Chuck se non fosse stato la persona che era?’ Io posso soltanto dire che non è possibile che ci manchi più di così!”.
Un sentito ringraziamento a Jane Schuldiner, Yvonne, Vincenzo e tutto lo staff di www.emptywords.org
IL PENSIERO DI STEVE DI GIORGIO
Anche Steve Di Giorgio, bassista dei Testament ma principalmente grande amico di Chuck Schuldiner nonché suo compagno al tempo di ‘Human’ ha voluto ricordare così il “fratello” prematuramente scomparso.
“Sono felice di poter rendere tributo in questo momento a Chuck, ma trovare le parole per ricordarlo è veramente difficile. Mi viene in mente ciò che scrissi pochi giorni dopo la sua scomparsa, parole che rimangono ancora vive in me. Tutti noi abbiamo perso un’icona del metal, ma cosa più importante, io ho perso un ottimo amico. Era nato il mio stesso anno e avevamo molte cose in comune. Con lui riuscivo ad ottenere il meglio dal mio strumento, perché lui era sempre lì, a spingermi a dare di più, a pensare oltre, a muovermi verso qualcosa di assolutamente innovativo. Ho perso la mia personale ispirazione attraverso il mio percorso artistico; mi mancherà per sempre. Chuck era un ragazzo splendido, innamorato di quella famiglia che voleva sempre accanto a sé, di sua madre, suo padre, sua sorella e suo nipote. Amava gli animali e i suoi cuccioli facevano parte anch’essi della sua famiglia. Amava la vita all’aria aperta, il barbeque, la spiaggia, le escursioni e le gite in canoa…almeno quando non era occupato a suonare. E poi la musica, il suo grande amore, tanto grande da farlo diventare la sua vita, la nostra vita. Bisogna essere fieri in eterno di ciò che Chuck ha fatto; il suo cuore batterà per sempre in noi ogni volta che ascoltiamo le sue canzoni, perché in esse era solito riporre tutto se stesso. Mi manchi Metal Brother, mi manchi più di quanto le parole possano descrivere”.