Dio – Master Of Reality
Il 16/09/2004, di Fabio Magliano.
Dio cacciato dai Black Sabbath perché poco propenso al gioco di squadra. Dio primadonna. Dio irascibile e lunatico. Dio dittatore…No, non è una nuova serie di bestemmie coniate dal Vostro Affezionatissimo in un momento di “bassa”, bensì una lunga sfilza di voci, leggende metropolitane e dicerie, che mi hanno accompagnato tra timori e tentennamenti, al primo appuntamento con questa autentica icona dell’heavy metal. Maldicenze subito svanite quando dall’altra parte del telefono trovo ad accorgermi un vero e proprio gentleman di quelli vecchio stampo, capaci di fare i salti mortali pur di mettere a suo agio il proprio interlocutore e di ringraziarti più volte calorosamente per avergli dedicato 20 minuti del tuo tempo! Roba da pazzi… O forse ingenuo io, che per un istante ho scordato quell’adagio che vuole i musicisti “…tanto grandi quanto disponibili”. Che mi serva di lezione! Tanto meglio comunque, perché in questo modo ho potuto buttarmi a ruota libera nel nuovissimo ‘Master of the Moon’, ultima fatica discografica del “Folletto del metal”, lavoro che lo riporta ai livelli di eccellenza dopo la buona prova di ‘Killing the Dragon’ ma, soprattutto, dopo il mal digerito da molti ‘Magica’. Un album epico, melodico, tradizionalmente heavy ma allo stesso tempo non privo di spunti attuali…insomma, l’ideale per strappare un sorriso ad ogni amante del mitico singer italoamericano.
Dopo il controverso ‘Magica’ ed il più tradizionale ‘Killing The Dragon’, sei uscito oggi con questo ‘Master Of The Moon’, lavoro che a tratti porta alla luce il lato più rock della tua musica. A cosa è dovuta la mutazione attuata dal tuo sound negli ultimi anni?
“(Ronnie James Dio) Credo che quello che è accaduto sia da collegarsi direttamente a ciò che sentivamo in noi stessi al momento di iniziare a scrivere i brani. Prima di ‘Killing The Dragon’ avevo realizzato ‘Magica’, e la mia idea era quella di registrarne un seguito suddiviso in due parti. Il problema è che mi sono accorto che il tempo non era abbastanza per un progetto così complesso ed articolato, quindi ho preferito prendermi ancora un po’ di tempo e pubblicare oggi un “semplice” studio album. Visto però il mio intento iniziale, alcune song contenute in questo lavoro risentono ancora dell’influsso di ‘Magica’, tanto che sono presenti brani più heavy del solito e alcuni veramente molto oscuri. Una componente, questa, avvalorata dall’impronta che ho voluto dare a ‘Master Of The Moon’, soprattutto da un punto di vista tematico. Penso che questo disco abbia risentito profondamente da quanto sta accadendo oggi nel mondo (siamo nel periodo del massacro di Beslan e degli attentati di Madrid, NdA), dalle stragi dei terroristi, del panico che va diffondendosi giorno dopo giorno e di quello stato di paranoia nel quale costantemente viviamo…è un disco fortemente ancorato alla realtà, ed è per questo che la componente aggressiva è andata accentuandosi maggiormente rispetto ai miei ultimi lavori”.
La tua biografia ti definisce “un poeta della speranza”, termine quest’ultimo che stride non poco quanto da te cantato in ‘Master Of The Moon’…
“Eppure mi piace ancora considerarmi come tale. Mi rendo conto che, dopo quanto ti ho appena detto, può risultare più facile considerarmi un ‘poeta del pessimismo’, in effetti soprattutto con ‘Master Of The Moon’ parlo di tragedie, di stragi, descrivo un mondo che sta andando allo sfascio, però non mi reputo una persona che guarda alla realtà sotto l’ottica de ‘la fine del mondo è vicina‘ bensì de ‘la fine del mondo non è ancora arrivata’, e questa, credimi, è una differenza minima ma estremamente importante. Ed in questo senso credo sia necessario tentare di fare tutto il possibile affinchè le cose cambino per il verso giusto. So che non è facile, so che il mondo sembra essersi incanalato verso un punto di non ritorno, però dobbiamo provarci. In ‘Master Of The Moon’ vi è una canzone, ‘I Am’, nella quale si parla di come le cose dovrebbero essere piuttosto di come non dovrebbero mai essere, e questo è il mio modo di vedere la realtà”.
Alla fine, quindi, tra tanta negatività tu cerchi di individuare l’aspetto positivo di ogni cosa…
“Ci provo, o almeno, cerco di essere ottimista ma in modo intelligente. Sarebbe molto facile infarcire la canzoni di messaggi tipo ‘Hey, siate positivi, il mondo non è poi così male! Vedrete che le cose prima o poi cambieranno, abbiate fede!’ Ma l’ascoltatore non è stupido, e si accorgerebbe subito che lo sto prendendo in giro. Quello che voglio dire alla gente è che attorno a noi c’è del male, parlare di questo, ma spiegare anche che vi sono ancora valori positivi in cui credere. Dico alla gente la verità, racconto loro le cose come stanno, è questo l’elemento fondamentale della mia musica, e lo reputo qualcosa di positivo, perchè quando si è onesti con il prossimo, gli si può essere d’aiuto per diventare una persona migliore”.
Chi è il “signore della luna” al quale è dedicato il tuo ultimo lavoro?
“Ho preso ispirazione per scrivere questa canzone pensando al figlio di un mio carissimo amico. Quando aveva quattordici/quindici anni questo ragazzo si è trovato a dover decidere che strada intraprendere nella vita: tutti gli dicevano ‘devi fare questo…devi fare quello…’ ma lui, l’unica cosa che realmente voleva, era vivere la sua vita e percorrere la sua strada senza l’aiuto di nessuno. Ecco, io credo che questo sia l’obiettivo di tutti noi, realizzarci e far prendere alla vita la direzione che vogliamo, assumendoci le nostre responsabilità, imparando dai nostri sbagli e gioendo delle nostre conquiste. Sono queste persone i ‘signori della luna’, coloro che vanno alla ricerca della luce ma che, per far questo, devono avere il coraggio di affrontare l’oscurità”.
Come accennato più volte, trai spunto per le tue canzoni da fatti realmente accaduti, da situazioni reali, concrete, eppure l’immagine che ti avvolge , a partire dall’artwork dei tuoi lavori, è saldamente ancorata al mondo del fantasy. Come mai una divisione così netta tra tematiche ed immagine?
“Credo che l’idea che una persona ha di una band sia quella a prescindere da ciò che viene proposto in un determinato album, ma questo non significa che ad ogni costo si debba seguire un filone specifico per andare incontro alle convinzioni della gente. Mi piace usare il fantasy nella mia musica perchè, più di ogni altra cosa, lascia l’ascoltatore libero di viaggiare con la fantasia, domandandosi cosa mai stia cantando in quel determinato brano e fino a dove si possa spingere la mia fantasia. Ma quello fantasy è solo un aspetto della mia musica, legato ad un particolare momento della mia carriera. Essendo una persona come tutte, anche io soffro di quanto sta accadendo nel mondo, delle stragi, della guerra, dei bambini morti in Africa e in Russia…provo emozioni pensando a questo, ma la via del fantasy non è quella ideale per esprimere ciò che provo in questo momento, e quindi la mia musica prenderà in questo senso una strada differente”.
Tra Elf, Black Sabbath, Rainbow e Dio arrivi a sfiorare i trenta album realizzati, e ancora vai avanti…dove trovi la voglia, le idee e le giuste motivazioni per continuare su questa strada?
“Ci sono motivazioni legate al mio amore per la musica ed altre molto più terra terra in questo mio ‘perseverare’, però penso che lo stimolo più importante sia senza dubbio la possibilità che mi viene offerta di portare la mia musica sul palco. Quando io ho iniziato a suonare l’ho fatto perchè potevo esibirmi dal vivo, ed ancora oggi la cosa che più amo è suonare per la gente, non importa quanta, l’importante è che ci sia un contatto vivo, diretto con chi mi sta di fronte. Poi è vero, mi piace la vita nella band, mi piace condividere le emozioni con chi mi sta intorno, mi piace cantare, mi piace il successo, ma questo è nulla rispetto a ciò che si prova una volta saliti sul palco. Basta questo per darti una spinta enorme ad andare avanti con una carica sempre maggiore”.
Forse troverai stupida questa domanda ma…pensi che Ronnie James Dio come cantante abbia ancora qualcosa da imparare, o pensi di avere ormai raggiunto da tempo il top?
“Non è affatto una domanda stupida, anzi, a volte me lo chiedo anche io…ma la risposta giunge sempre da una serie di considerazioni che faccio tra me e me. Credo che, a questo punto della mia carriera, abbia già raggiunto il massimo, ovviamente rimanendo in una dimensione puramente personale, perchè non ho mai amato i paragoni con gli altri cantanti. Ora come ora la mia voce è perfetta, calda, potente, ‘grande’, matura…come cantante credo oggi di essere al top. Ma attento, perchè questo non vuol dire ‘essere arrivato’. Le sfide per un cantante sono sempre tante da affrontare, e quella che mi trovo oggi davanti è molto difficile. Dopo essere arrivato al top, infatti, è indispensabile mantenere lo status acquisito, io esigo la perfezione dalla mia voce e dalla mia band, ogni notte, ogni concerto….ed il problema è che, per la mia impostazione mentale, non riusciamo mai ad essere perfetti. Quindi anche se oggi sono al top, devo ancora lavorare parecchio”.
Ultimamente la scena metal ha sfornato una serie di cantanti decisamente validi e dotati di indubbio talento. Ti è capitato di sentirne qualcuno che ti ha impressionato e che pensi possa seguire le tue orme?
“In questo preciso momento no, per il semplice fatto che un musicista, per raggiungere livelli di eccellenza, necessita di una carriera più lunga…non basta incidere uno o due album per venire considerato un musicista affermato, ma bisogna macinare molta più strada, provare, provare, provare, sino allo sfinimento…Quindi ora come ora, non mi sento di dirti il nome di un cantante in particolare, e neppure ne ho sentito uno che mi ha fatto sobbalzare ed esclamare ‘Wow, che singer grandioso!’…ce ne sono di validi, questo è certo…l’ex Soundgarden Chris Cornell è brillante, ma non è neanche un cantante della nuova generazione…sono comunque pronto a ricredermi e a cambiare la mia opinione, sarei felice di sbagliare su questo argomento”.
La crescita artistica di un musicista , intesa così, pare allora cosa difficile, visto che sono in molti a considerare ridotte le possibilità offerte ai giovani di fare carriera nel mondo della musica. Tu che ne pensi?
“Che anche questo è vero! Effettivamente rispetto a quando ho iniziato a suonare io le cose si sono complicate parecchio, perchè oggi le possibilità di fare successo sono veramente minime. ..non viene dato tempo ai giovani: o tutto subito o nulla. Quando ho iniziato non eravamo in molti a suonare heavy metal classico, scommettere su di noi era un azzardo eppure i ragazzi della casa discografica, che prima di tutto erano nostri fans, hanno creduto in noi, hanno fatto uscire i nostri dischi e noi li abbiamo ripagati della loro fiducia. Oggi questo non avviene perchè c’è troppa concorrenza sul mercato, e se un gruppo fallisce al primo colpo ne ha cento alle spalle pronti a prendere il suo posto”.
Concludi questa intervista togliendoci una curiosità: quest’estate hai suonato un po’ ovunque tranne che in Italia. Come mai questa (triste) decisione?
“Non lo so! Davvero! Non ci sono state discriminazioni di Paese, credimi, ma onestamente non so come mai l’Italia sia stata esclusa dal tour. Ma ti dico di più: mi è dispiaciuto molto non poterci venire, perchè sono molto legato all’Italia. Come ben saprai le mie origini sono italiane ed è sempre una grande soddisfazione poterci tornare per riscoprire le mie radici o semplicemente per incontrare i numerosi amici che ho ancora nel tuo Paese, specialmente a Milano. Però non preoccupatevi, perchè il prossimo anno torneremo in Europa, parteciperemo al Bang Your Head e sono convinto che, per l’occasione, estenderemo il tour anche all’Italia. Lo spero proprio…”