Dimmu Borgir – Armageddon is Coming
Il 01/09/2003, di Fabio Magliano.
Più ci penso e più me ne convinco: ‘Death Cult Armageddon’ è una di quelle sorprese destinate a lasciare il segno violentemente marchiato a fuoco nei nostri poveri padiglioni auricolari. Ok, lo ammetto: il mio approccio a questo album non era stato dei più puri, un po’ di prevenzione, almeno nella mia testa, era presente. Dopo tutto alla luce del grado di successo raggiunto dalla band di Shagrath negli ultimi anni (assieme a Manowar e Stratovarius sono il gruppo di punta nel rooster del colosso Nuclear Blast) e con nelle orecchie quanto fatto dai “cuginetti” Cradle Of Filth al tempo dello splendido ‘Midian’, era facile pensare ad un certo alleggerimento di sound, ed invece il combo norvegese se n’è uscito con un album il cui titolo riflette fedelmente quanto contenuto al suo interno. Tra sfuriate black ed aperture orchestrali tanto suggestive quanto inquietanti, l’album presentato alla stampa nell’anteprima di Stoccarda alla quale Metal Hammer ha avuto il piacere di presenziare in esclusiva italiana, si preannuncia infatti come uno dei piatti forti in uno scenario estremo che, nel 2003, tra Immortal, Marduk, Destruction e compagnia bella, si preannuncia quanto mai ricco ed agguerrito. Terminato il preascolto abbiamo avuto la possibilità di chiacchierare a lungo con i due “volti noti” della band scandinava, il leader storico Shagrath ed il bassista/cantante Ics Vortex, due delle sei, forti personalità che compongono una line-up che, dopo svariati terremoti, pare aver finalmente trovato una convincente stabilità. E va forse ricercato proprio nel carisma e nella “diversità caratteriale” di questi musicisti il segreto della ritrovata armonia interna, una diversità che emerge anche nella chiacchierata che segue. Il cantante si propone infatti in tutta la sua pacata gentilezza, un’immagine da bravo ragazzo che va a cozzare violentemente con quella da indemoniato satanista che normalmente ci viene proposta, mentre l’imponente bassista, una sorta di vichingo travestito da blacksters, solo con fulminee battute riesce a mitigare quella fiera supponenza tipicamente nordica.
Mentre ascoltavamo in anteprima l’album, era impossibile non leggere la fierezza nei vostri sguardi ed un orgoglio per quanto realizzato che vi era realmente difficile tenere a bada…
“(Ics Vortex) E’ assolutamente vero, anche perché la soddisfazione è tanta. Siamo consapevoli di aver svolto un gran lavoro, come mai prima d’ora era stato fatto per i Dimmu Borgir. Ci trovavamo in un periodo di incredibile vena creativa, per questo abbiamo deciso di chiuderci per un lungo periodo nella sala d’incisione personale di Shagrath e lavorare alla pre-produzione del disco, cosa assolutamente anomala per la band. Questo ci è stato utilissimo per focalizzare al meglio l’attenzione su quello che sarebbe dovuto essere il sound dell’album e elaborare quell’oceano di idee che avevamo per la testa! Non è stato un lavoraccio come si potrebbe credere, ci siamo sentiti subito tutti coinvolti dal primo istante in quello che stavamo facendo, eravamo motivatissimi e questa fase ha anche aiutato i rapporti interpersonali ad affinarsi”.
Eppure mi risulta che ve ne siete stati chiusi in studio per quasi tre mesi, il che fa pensare a tutto tranne che ad una passeggiata!
“(Ics Vortex) Sì, in studio siamo stati tre mesi, ma non per problemi nostri o per moli di lavoro troppo grandi da sbrigare. Vedi, il nostro produttore, che poi è anche il proprietario degli studi di registrazione, ha anche dei figli ai quali stare dietro, quindi abbiamo finito di lavorare a singhiozzo, in lassi di tempo relativamente brevi nel corso della giornata. Solitamente si iniziava alle otto del mattino e si chiudeva in mattinata e, salvo al momento di registrare le parti vocali, abbiamo sempre fatto levatacce per incidere! Non è stata una full immersion di tre mesi nel lavoro come si potrebbe credere!”
Se doveste tracciare quelli che sono i tratti salienti che differenziano ‘Death Cult Armageddon’ da ’Puritanical Euphoric Misanthropia’, su quali posereste l’accento?
“(Shagrath) Abbiamo deciso di seguire, con ‘Death Cult Armageddon’ una strada più estrema, cercando di ottenere suoni aggressivi ma allo stesso tempo groovy e maestosi come in passato. Credo che questo disco sia da vedere come la naturale progressione rispetto all’album che lo ha preceduto, con un livello di ‘malvagità’ se possibile ancora maggiore”.
“(Ics Vortex) Mai come in questo caso si è trattato di un lavoro globale. Partendo da Nick, passando per Mustis ed arrivando alle chitarre, tutti abbiamo messo del nostro per la costruzione del sound di questo disco. In passato tutto partiva da un singolo riff proposto agli altri, sul quale poi sviluppare il lavoro. In questo caso, quando un riff nasceva tutta la band era lì, pronta a correggerlo, ad arricchirlo, a dargli un seguito, a dire la sua in proposito. E’ stato senza dubbio un lavoro molto complicato, perché si è trattato di far convivere le idee di sei personalità differenti, però alla fine ci siamo riusciti, e il fatto che questo album suoni così vario, ne è una buona conferma”.
L’impressione, in alcuni frangenti, è che il vostro sound vada ad assumere i tratti di una maestosa colonna sonora di qualche film epico. Un’atmosfera ricercata o una soluzione casuale?
“(Shagrath) Magari ‘Il Signore degli Anelli’! E’ una cosa assolutamente vera ma non voluta. Se ci fai caso da sempre il nostro sound si rifà ad atmosfere maestose, orchestrali, di derivazione classica. In questo caso, in alcune parti, abbiamo cercato di calcare maggiormente la mano su questi aspetti, ed il risultato è quel sound cinematografico al quale hai fatto riferimento tu!”.
“(Ics Vortex) A me invece fa venire alla mente ‘Nightmare Before Christmas’. E’ strano, ma tutte le volte che ascolto questo disco mi viene in mente questo film. Un horror un po’ anomalo ma dai forti contenuti atmosferici. La base, comunque, sono certi film horror degli anni Settanta. Le parti orchestrali sono state registrate a Praga, e anche questo ha influito sull’atmosfera dell’album. C’è qualcosa dell’Est in questo disco, qualcosa di decadente. Non abbiamo voluto dargli l’impatto maestoso, supremo che avrebbe avuto con il coinvolgimento di un’orchestra sinfonica inglese, preferendogli il fascino misterioso e sofferto di una realtà come quella cèca. E poi l’Orchestra di Praga era più economica e ci ha consentito di scritturare più musicisti in grado di ricreare nei minimi dettagli quella precisa atmosfera da horror movie”.
Ma personalmente vi sentite coinvolti da quello spirito da film horror che emerge dalla vostra musica?
“(Ics Vortex) Quello che più di tutti avverte queste influenze è Mustis. Lui è un vero patito degli horror movie settantiani e delle loro colonne sonore. A noi piace vederli ma non ci siamo mai addentrati profondamente in questo universo. Credo che le atmosfere decadenti che si possono sentire siano nate principalmente nella sua testa, quindi tutti assieme abbiamo cercato di riprenderle ed elaborarle con un senso logico”.
Per la prima volta siete riusciti a registrare due album con la stessa line-up. Ma come mai è così difficile per una band ormai affermata come i Dimmu Borgir trovare musicisti disposti ad impegnarsi stabilmente in questo progetto?
“ (Shagrath) Non è del tutto esatto. A dire il vero è la seconda volta in dieci anni di carriera, comunque una buona media! In passato abbiamo avuto grandissimi problemi a trovare gente motivata ma, soprattutto, tanto seria da poter suonare con i Dimmu Borgir. Credimi, bisogna sacrificare veramente tantissimo tempo a questo progetto, e non tutti sono disposti a farlo. In passato abbiamo incontrato tanti ottimi musicisti che, però, si tiravano indietro appena la band passava ad un livello di impegno superiore. Oggi siamo sei persone differenti, con sei modi di pensare differenti, che però si muovono in una medesima direzione, e questo è sicuramente un buon punto di partenza. Per il futuro…speriamo in bene!”.
“(Ics Vortex) I grandi problemi di line-up hanno avuto fondamentalmente una ragione comune: siamo tutte persone differenti, ma soprattutto personalità molto forti. In passato molti musicisti non hanno retto al peso della situazione e hanno mollato, più per un motivo caratteriale che non di motivazione. Oggi, però, penso la band abbia trovato la giusta quadratura, abbiamo la formazione più forte di sempre, perché abbiamo personalità forti, ci sentiamo forti ma allo stesso tempo riconosciamo la forza degli altri, e questo porta ad un rispetto reciproco che non può far altro che bene alla band”.
Quindi questa potrebbe essere finalmente la line-up definitiva della band?
“(Ics Vortex) Io non mi sento di affermarlo, proprio perché alla luce dei fatti continuiamo ad essere delle personalità incredibilmente forti, e quindi la guerra potrebbe essere costantemente dietro l’angolo. Quello che è certo è che abbiamo una line-up molto solida, ma siamo consapevoli che non la si può definire eterna…”.
Ma pensi che essere approdati ad una band così grande dopo aver militato in gruppi comunque prestigiosi come Borknagar, Cradle Of Filth o Old Man’s Child abbia agevolato il vostro approccio con una simile realtà?
“(Ics Vortex) Senza dubbio ci ha aiutato, più che altro perché abbiamo imparato come comportarci dopo aver commesso diversi errori con le nostre band originarie. Non che Borknagar o Old Man’s Child siano state esperienze fallimentari, tutt’altro, però stare a lungo on the road con queste band ci ha fatto aprire gli occhi sul mondo, ci ha resi più smaliziati, ci ha insegnato a stare in mezzo alla gente e a lavorare con altre persone. Non voglio usare questo termine, però penso che stiamo invecchiando, abbiamo accumulato esperienza, e questo ci è stato d’aiuto per calarci in una nuova realtà come quella dei Dimmu Borgir”.
Addentrandoci profondamente nel disco. Pensate che ‘Death Cult Armageddon’ possa rappresentare per tutti i vostri fans una sorpresa?
“(Shagrath) Spero che possa essere una bella sorpresa! Poi siamo consapevoli che qualcuno lo accoglierà alla grande, altri storceranno il naso davanti a certe soluzioni sonore: la liberà di gusti ed opinioni è sacrosanta. Personalmente mi ritengo tranquillo, anche perché sono consapevole di aver pubblicato un lavoro nel quale credo molto e quindi, a prescindere dalle reazioni della gente, trovo conforto nel fatto di aver realizzato un disco che principalmente soddisfa me stesso”.
Ho chiesto questo per il fatto che, per me, è stata una grande sorpresa. Onestamente, visto le dimensioni che hanno assunto i Dimmu Borgir, mi aspettavo ad un album più “easy”, un po’ come fecero i Cradle Of Filth con ‘Midian’, non certo una furia così dirompente…
“(Shagrath) Ho capito cosa intendi, e sono convinto che sono in molti a pensarla come te. Dopo tutto è facile pensare che, una band che ha venduto molto con il suo ultimo album, si rammollisca con quello dopo per tentare di vendere ancora di più. Questo è sbagliato, però, se riferito a questa band. ‘Death Cult Armageddon’ penso sia l’album più aggressivo, malvagio e musicalmente complesso mai composto dai Dimmu Borgir. Forse è più sofisticato che in passato, abbiamo utilizzato una vera orchestra al suo interno, abbiamo inserito passaggi più moderni ma tutt’altro che commerciali!”.
Quindi si può dire che il successo ha “cambiato” i Dimmu Borgir, ma non nella direzione in cui tutti potrebbero credere…
“(Shagrath) Esattamente, e ‘Death Cult Armageddon’ ne è un ottimo esempio. In questo disco abbiamo fatto esattamente quello che volevamo, non abbiamo ascoltato ciò che la gente ci diceva e abbiamo seguito a pieno il nostro spirito creativo. E per questo dobbiamo dire assolutamente grazie alla Nuclear Blast che non ha interferito con quello che stavamo facendo e ha lasciato che il nostro sound si sviluppasse nel modo più naturale possibile”.
In ‘Progenies Of The Great Apocalypse’ e ‘Heavenly Perverse’ trova spazio un autentico mostro sacro del black come Abbath degli Immortal. Come è nata questa collaborazione?
“(Ics Vortex) Tutti noi siamo da sempre grandi fans degli Immortal e sapevamo che anche Abbath apprezzava quello che facevamo, così abbiamo buttato lì l’idea di una collaborazione. Quando ci ha detto che si poteva fare ‘Aaaaaaaaaarrrrrrrggggghhhhh!’ (No, non il nostro “corrispondente”: un urlo disumano apparentemente primitivo! N.d.F) ci siamo sballati! Una grande soddisfazione. La prima volta che abbiamo sentito il nastro con la sua traccia vocale, senza musica né altro, l’abbiamo fatto andare avanti e indietro un po’ di volte, e ogni volta ci guardavamo e dicevamo: “Yes, it’s fuckin’Abbath!’. E’ stato un onore averlo con noi in questo disco, nutriamo per lui un grandissimo rispetto e gli Immortal sono senza dubbio la nostra ‘old school metal band’ favorita. E lui ha dimostrato di avere un grande rispetto per noi, perché ha preso parte al disco di una band per alcuni versi ‘scomoda’. Ci sono dei fans degli Immortal che storcono il naso davanti a noi, per la solita fottuta storia del ‘true black metal’. Lui ha dimostrato di voler andare oltre a queste stronzate e di voler lanciare un forte segnale a tutta la scena metal”.
“(Shagrath) Ho iniziato a seguire gli Immortal sin dal 1992, quando hanno registrato il loro primo 7” per la Osmose, e mi sono sempre sentito profondamente coinvolto nella loro musica. Abbath è da sempre stato un punto di riferimento per me, e quando ci è stata offerta la possibilità di collaborare con lui, l’abbiamo presa al volo!”.
Al lavoro ha anche preso parte un’orchestra sinfonica di circa cinquanta elementi. Non avete mai pensato, ora che i budget che vi riguardano vanno ad aumentare, di organizzare show che vi vedano protagonisti sul palco assieme all’orchestra, un po’ come fatto in passato da Rage o Therion?
“(Ics Vortex) O come i Metallica…cazzo, non puoi immaginare quanto li ho odiati quando lo hanno fatto! No, potrebbe essere figo, ma non credo lo faremo mai. Ok, siamo una band di un certo spessore, ma mi piace l’idea di avere ancora dei solidi appigli con la dimensione underground, e penso che un lavoro simile stravolgerebbe abbastanza questa realtà. Abbiamo la fortuna di avere un ottimo tastierista come Mustis in grado di riprodurre bene questi suoni orchestrali, e con un budget maggiore a nostra disposizione, ci piacerebbe investirlo in effetti speciali, strumentazioni che ci consentano di avere un sound migliore e maggiore sicurezza per il pubblico, piuttosto che un’orchestra di cinquanta elementi sul palco”.
‘Lepers Among Us’ è forse una delle canzoni più strane tra quelle contenute in questo album. Per alcuni versi potrebbe richiamare alla mente dei The Kovenant più grezzi ed arrabbiati…
“(Shagrath) Questo è senza dubbio un brano un po’ anomalo. La ragione di questo è il fatto che, al suo interno, convivono numerosi riff differenti e stati d’animo molto contrastanti. Dentro ci puoi trovare passaggi tipicamente ‘Slayer’ e break più maestosi, comunque combinati con grande naturalezza. Penso che sia un ottimo esperimento per noi, perché è molto importante provare nuove soluzioni sonore e cercare di proporre qualcosa di differente che, però, non snaturi il nostro modo di essere”.
‘Unorthodox Manifesto’ è invece uno dei punti forti del disco. L’inizio è assolutamente marziale, tanto da far pensare ad un rimando a quanto successo nei mesi passati in Medio Oriente…
“(Shagrath) No, credimi, non è assolutamente così! Quella che puoi sentire è un tipo di guerra molto diverso! Mi fa piacere che hai fatto questa domanda, perché mi dai la possibilità di chiarire un po’ di cose che potrebbero essere facilmente male interpretate. I Dimmu Borgir non hanno mai preso posizioni politiche né hanno parlato di politica nelle loro canzoni. Quelle marce militari che senti, i mitragliatori e le sirene aeree, sono da collegare ad una moderna guerra contro il cristianesimo, contro una fede fasulla, che ben poco ha a che vedere con quanto accaduto dopo l’11 settembre”.
E’ strano sentirti parlare così. Se non ti offendi: vederti nella tua versione “nature” spiazza non poco il tuo interlocutore. Onestamente, visto così sembri tutt’altro che il malvagio satanista che tutti conoscono…
“(Shagrath) Io sono la stessa persona, semplicemente quando salgo sul palco emerge la parte più oscura e malvagia di me. Penso che sia umano. In ognuno di noi vi è un che di malvagio, sta solo a noi decidere in che modo manifestarlo. Come in tutti noi vi è l’amore per il divertimento, per una bevuta al pub, per una serata tra amici… sono due cose che convivono tranquillamente. Penso che dentro di me viva uno spirito ‘black’, ma questo non mi impedisce di essere una persona assolutamente normale!”.
‘Entrhrone Darkness Triumphant’…’Spiritual Black Dimensions’…’Puritanical Euphoric Misanthropia’…’Death Cult Armageddon’… I titoli dei vostri ultimi album sono composti tutti da tre parole, spesso senza un solido legame logico. E’ un caso o c’è un preciso ‘disegno oscuro’ dietro ad essi?
“(Shagrath) La ragione è semplice: l’utilizzo di tre parole ci consente di trasmettere all’ascoltatore un messaggio più forte. Mi piace vedere questo tipo di titoli un po’ come un preciso marchio di fabbrica per quanto riguarda gli album dei Dimmu Borgir. In relazione al ‘disegno oscuro’ alla loro base, no, non c’è nulla di così misterioso come si potrebbe credere, e neppure un unico concept che unisce questi album”.
La chiacchierata viene a questo punto bruscamente interrotta da un esuberante Nick Barker, lesto a mettere in mano ai miei due interlocutori due cocktail di dubbia composizione. Fine dell’intervista? Mi sa… ma inizio di quello che si rivelerà un autentico armageddon alcolico! Prosit!