Overkill – Death Comes Out To Play
Il 19/03/2003, di Fabio Magliano.
‘Killbox 13’, ovvero l’album che, sfidando ogni sorta di cabala, segna il ritorno sulle scene degli Overkill di Bobby “Blitz” che, superati i suoi problemi di salute, è tornato a tagliare con la sua ugola confermando la sua band tra le più valide e longeve realtà nella scena power-thrash mondiale. E proprio l’esplosiva risata del cantante statunitense è tornata a tuonare per introdurci nei meandri di questa nuova macchina da guerra.
‘I Rise’ canta, anzi, lacera Bobby “Blitz” Elssworth nella traccia conclusiva del nuovissimo ‘Killbox 13’, un brano ed un album che molti significati vanno ad assumere dopo la tragedia sfiorata nel giugno scorso quando, nel corso di un concerto tedesco, l’ “esplosivo” cantante statunitense era stato colpito da un principio di infarto. Una rinascita il cui compimento è stato totale, vista l’energia che il buon Bobby è tornato a sprigionare, la vitalità che traspare da ogni sua singola frase e la sua deflagrante risata ormai divenuta autentico marchio di fabbrica (nonché sciagura per i timpani dei suoi interlocutori!). Un Bobby in piena forma, quindi, che con entusiasmo si presta a parlare del nuovissimo disco che conferma il combo del Jersey tra i massimi interpreti di quel thrash a stelle e strisce, album dopo album divenuto “new” ma sempre in possesso della rabbia e dell’aggressività primordiale. Ed è significativo come, a tenere ancora alta la fiamma di determinate sonorità, con lo stesso entusiasmo ed una coerenza ammirevole, siano ancora quelle band che, di quel genere, sono state vent’anni addietro coraggiose iniziatrici.
Bobby, prima di iniziare a parlare di musica, parliamo di cose serie: lo scorso giugno sei stato vittima di un serio malore durante uno show in Germania. Come stai ora?
“Bene, benissimo, ma a dire il vero mi sentivo bene già il giorno dopo l’’incidente’. E se devo dirla tutta, non mi sento neppure di parlarti di una brutta esperienza quella che mi è capitata, perché mi sono trovato già allora circondato dall’amore della mia famiglia, di mio figlio, di mia moglie, e questo ha fatto sì che due settimane dopo l’accaduto fossi di nuovo in sella alla mia moto! Mi reputo una persona fortunata, che oggi può dire di avere capito un po’ di più l’importanza ed il valore della vita”.
Credi che quanto accaduto sia andato in qualche modo ad influenzare la tua vita non solo da un lato puramente umano, ma trovi riscontro anche su un lato musicale?
“Senza dubbio ogni evento mi è accaduto nel corso della mia vita mi ha in qualche modo cambiato, ma non necessariamente in modo negativo. In questo caso in particolare, si è trattato di un lieve infarto che mi ha colpito durante un concerto in Germania ed è stata una cosa assolutamente accidentale: è successa a me come poteva accadere a chiunque alto, non legata ad una mia particolare predisposizione alle malattie o al mio stile di vita. Ora, una volta accadutomi, mi sono trovato davanti ad un bivio: fare finta di niente e ignorare il problema, o affrontarlo. Io ho deciso di affrontarlo e questo, inevitabilmente, ha significato cambiare la mia esistenza, perché ha voluto dire vivere con la consapevolezza del rischio. Anche musicalmente questo cambiamento si è fatto sentire, perché mi ha dato nuovi spunti su cui costruire la mia musica e mi ha fatto aprire gli occhi sulla fortuna che mi è stata data nell’essere oggi qui con i ragazzi a parlare di un nuovo disco appena realizzato”.
Il disco si conclude con un brano dal titolo esplicito, ‘I Rise’. Credi sia ispirato a questa tua esperienza ed alla tua nuova rinascita?
“No, assolutamente, anzi, in tutto il disco non c’è una canzone ispirata a quanto accaduto in Germania. Quando ho iniziato a scrivere i testi di ‘Killbox 13’ ho deciso di prendere come riferimento i sette peccati capitali: gola, ira, avarizia, accidia, superbia, lussuria ed invidia, ed ho parlato di essi in relazione alla loro influenza sulla mia vita. E senza dubbio è stato dell’ ‘ira’ che ho parlato per primo! ‘I Rise’ è una delle prospettive sotto le quali ho voluto vedere l’ ira, una componente che per lungo tempo ha dominato la mia vita e dalla quale un giorno mi sono dovuto distaccare, arrivando in qualche modo a rinascere”.
‘Killbox 13’, un titolo senza dubbio coraggioso…
“Well, ’Killbox’ è un termine utilizzato dai pilota di guerra americani, mentre il numero ‘13’ sta a segnalare che questo è il nostro tredicesimo album. Abbiamo unito questi due termini unicamente perché ci piaceva come legavano ed il suono che aveva questo titolo, quindi non vi è nessun significato nascosto o ragioni politiche nella scelta di questo titolo per il disco. Dopo tutto la situazione che si vive oggi nel mondo è già abbastanza pesante e non ci sembrava proprio il caso di calcare la mano andando a toccare tasti delicati che nulla hanno a che vedere con la sfera musicale”.
A dire il vero ti ho fatto questa domanda perché il numero ‘13’ è il numero sfortunato per eccellenza in America, ed inserirlo nel titolo di un disco potrebbe essere un azzardo…
“Oh, ma noi non siamo affatto persone superstiziose! (E lascia partire una scarica di risate che infligge un duro colpo ai miei timpani, N.d.F). Mi sembra ovvio! La storia degli Overkill è iniziata nel 1981 quando D.D. Verni si è unito a noi e la nostra prima registrazione risale al 1984… da allora sono trascorsi diciannove anni: diciannove anni di concerti, diciannove anni di dischi, diciannove anni su e giù dal palco… dimmi tu se questi sono dati da band sfortunata! Se mi guardo indietro mi rendo conto di essere una persona veramente fortunata!”.
In un certo senso hai anticipato la mia domanda: sono più di vent’anni che sei sulle scene: dove trovi gli stimoli per andare avanti e sfornare dischi con una coerenza ormai rara nel campo dell’heavy metal?
“Gli Overkill sono un’heavy metal band, e le idee e gli stimoli li troviamo nel cuore del metal stesso. In tutti questi anni i nostri dischi hanno fatto segnare sempre una sorta di evoluzione, una progressione mai azzardata ma sempre ben identificabile nel genere. Ogni disco è differente, però ha sempre ben impresso il marchio di fabbrica degli Overkill, ed è questa evoluzione a spingerci ad andare avanti e a stimolarci, perché una volta concluso un album fa nascere in noi automaticamente la domanda: ‘Fino a dove vogliamo spingerci, ora?’. E questo si concretizza nell’inserimento, passo dopo passo, di musicisti nuovi e motivati come Dave Linsk, o nella mia curiosità nel vedere cosa posso ancora fare con la mia voce o con la mia mente a livello di songwriting. Siamo consapevoli che non possiamo incidere ‘Feel The Fire’ in eterno, e allora ci rimbocchiamo le maniche e andiamo avanti, sino ad arrivare ad essere una band con vent’anni di carriera alle spalle ma che, se inserita nel panorama metal odierno, non figura affatto come corpo estraneo o elemento ‘sorpassato’. Credo che gli Overkill siano ancora una band attualissima in grado di dire la loro nel presente, così come fatto negli anni passati”.
Hai accennato alla progressiva evoluzione che ha interessato la tua musica dagli esordi a questo ‘Killbox 13’. Vista dal “di dentro”, che aspetti assume questa “mutazione di sound”?
“Vivendola al 100% posso dirti che è stata una mutazione quasi radicale, magari non evidentissima alle orecchie degli ascoltatori ma estremamente marcata per noi che l’abbiamo vissuta da protagonisti. Quando abbiamo inciso ‘Feel The Fire’, ad esempio, eravamo solamente una giovane band piena di rabbia in corpo che cercava in tutti i modi di sfogare ciò che aveva dentro attraverso la musica, senza seguire uno schema preciso e, spesso, senza sapere cosa voler fare esattamente. Anni dopo, con la pubblicazione di diversi album e dell’ultimo ‘Killbox 13’, posso dirti che gli Overkill sanno cosa vogliono fare e dove vogliono arrivare. ‘Feel The Fire’ era il caos, ‘Killbox 13’ è un ‘caos controllato’: diciamo che oggi, come ieri, siamo al volante della nostra macchina, solo che ora abbiamo imparato a guidare!”.
Questa mutazione pensi vi abbia riguardato anche da un punto di vista umano? Pensi di essere, oggi, arrabbiato come lo eri vent’anni fa?
“Well, non mi reputo una persona particolarmente arrabbiata, certamente la rabbia fa parte della mia personalità, ma questa è una cosa comune a molte persone. Sicuramente la rabbia non è la mia condizione predominante, però quando mi siedo al tavolo a scrivere le canzoni per il nuovo album, ho alle spalle tanti mesi di rabbia accumulata quanti sono i mesi che separano il nuovo album da quello precedente, e soli cinquanta minuti di disco per sfogarla. A volte è un’impresa veramente difficile! Senza dubbio le mie canzoni nascono da questo, dalla mia aggressività, dalle domande che mi sono posto o dalle cose che non ho compreso della vita… e mi piace vedere tutto questo come una sorta di terapia contro la rabbia contenuta in corpo. Almeno, è meglio sfogare le mie frustrazioni così, piuttosto che fare qualche gesto clamoroso di cui possa pentirmi! (Altra fragorosa risata! Nnaggia i timpani!)”.
A giudicare dal successo che continuate a riscuotere in giro per il mondo, verrebbe da pensare che abbiate scoperto il segreto dell’eterna giovinezza. E’ così?
“In un certo senso…Io credo che il vero segreto sia conoscere ciò che siamo e provare soddisfazione nell’esserlo. Quello che conta non è il numero degli anni che arrivi a vivere nel corso della tua vita, ma il numero di vite che riesci a vivere nel corso dei tuoi anni! E’ una filosofia molto semplice, però trovo che sia molto utile. Se provo gioia in quello che faccio, se coltivo in me la convinzione di vivere nel posto dei miei sogni e di fare ciò che ho sempre voluto, lo spirito rimarrà sempre giovane. E’ questa la base sulla quale si fonda il mondo degli Overkill, e se dopo vent’anni siamo ancora qui, è perché tutto questo in fondo cela un briciolo di verità”.
Quindi soddisfazione totale di quanto sei, e nessun rimpianto per il passato?
“Guarda, negli anni Ottanta abbiamo visto band che avevano iniziato a suonare con noi divenire sempre più grandi e più popolari di noi, e un po’ questo ci poteva pesare; di quelle band, però, oggi non vi è più l’ombra, mentre noi siamo ancora qui a suonare e a fare dischi, quindi no, assolutamente nessun rimpianto! Se in passato ho compiuto errori, non me ne pento, perché se guardo a quello che sono oggi, a come è la mia vita oggi, mi rendo conto che tutto questo è stato ottenuto anche grazie a quanto appreso dai miei errori, quindi nessun rimpianto circa gli sbagli del passato, se questi si sono poi rivelati costruttivi per il futuro”.
Per concludere, te la sentiresti di consigliare ai nostri lettori un gruppo emergente che apprezzi e che pensi possa seguire le vostre orme in futuro?
“La mia band emergente preferita sono i Motorhead! (attacco finale ai timpani, N.d.F). Ti rendi conto che sarebbero dovuti morire quando noi abbiamo iniziato a suonare, ed invece sono ancora qui a insegnare la lezione a tutti? Cazzo, vent’anni fa ho ascoltato per la prima volta ‘No Sleep ‘Til Hammersmith’, due anni fa ho messo su ‘We Are Motorhead’ e…lo stesso fottuto spirito! Non hanno perso una goccia della loro energia originaria, e questo è fantastico! Loro si che hanno capito il segreto della musica…”.