Lacuna Coil – Heaven’s a Lie
Il 14/09/2002, di Fabio Magliano.
Presente, passato e futuro della più celebre metal band italiana nelle parole di Cristina Scabbia. L’esperienza dell’OzzFest, la ristampa dei vecchi lavori, l’atteso successore di ‘Comalies’…di carne al fuoco per il combo meneghino ce n’è veramente tanta e la bella cantante non si è certo tirata indietro al momento di parlarci della sua creatura, in un’intervista esclusiva…
‘Comalies’, anno 2002, ha rappresentato per il panorama musicale italiano una sorta di album “della svolta”. Perché ha consacrato una band tricolore ai vertici della scena metal mondiale, perché ha consentito ai Lacuna Coil di sfondare in un mercato difficile come quello americano, perché ha proiettato Cristina e soci sul palco dell’OzzFest, il festival metal più prestigioso al mondo, ma soprattutto perché ha dettato il passo per quello che sarebbe diventato un autentico fenomeno di massa (si dica cosa si vuole ma gli Evanescence con il loro eccellente ‘Fallen’ hanno fatto capolino in cima alle classifiche solo un anno più tardi). Oggi, però, la “fame del nuovo” è tanta, il successore di ‘Comalies’ inizia ad essere invocato a gran voce dai fans della band meneghina ed il nuovo lavoro, nei primi mesi del 2006, vedrà la luce. Prima, però, i Lacuna Coil dovranno concentrarsi su quell’aspetto live che da sempre ne è stato l’autentico motore, esibendosi a cavallo tra giugno e agosto sui palchi dei principali festival continentali, presentando in anteprima brani nuovi e, perché no, vecchi cavalli di battaglia pescati qua e là dai vecchi dischi. Quegli album che oggi la Century Media ha deciso di gettare nuovamente sul mercato impreziositi da una nuova veste grafica e a prezzi ridotti, consentendo così a chi aveva scoperto i Lacuna Coil con ‘Comalies’ di ripercorrerne l’intera carriera discografica. E’ però dal nuovo studio album della band che parte una lunga chiacchierata in esclusiva con Cristina Scabbia…
Sono ormai passati tre, intensi anni dalla pubblicazione di ‘Comalies’. I vostri fans aspettano impazienti il suo successore…
“(Cristina Scabbia) E infatti presto arriverà anche lui! Attualmente stiamo componendo i pezzi nuovi, sette canzoni sono ormai completamente definite, quindi ci mancano solo pochi brani per completare l’album. Stiamo pensando se inserire o meno una cover nel nuovo disco, intanto proseguiamo nel songwriting senza perdere di vista l’attività live che ci sta molto a cuore. Ci stiamo preparando per la stagione estiva, perché siamo stati chiamati a suonare nei principali festival in giro per l’Europa, dal Download al Fury Fest, dal Gods Of Metal al Rock Im Park…dopo tutto anche questa è una buona occasione di esposizione”.
Questa è una decisione che può sorprendere. Di solito i reduci da un album fortunato decidono di prendersi una lunga pausa per studiare come bissare al meglio il successo del disco precedente, voi invece continuate con l’attività live incuranti delle possibili “distrazioni” che essa comporta…
“Noi pensiamo che comunque la realtà live sia di fondamentale importanza, perché ci permette di testare le emozioni della gente direttamente, ci permette di vedere se siamo migliorati sul palco, se la gente apprezza le nostre canzoni… e poi comunque è sempre bello proporre dal vivo i nostri pezzi. Davanti alla possibilità che ci viene offerta di prendere parte ad eventi come il Download o il Gods Of Metal l’idea di chiuderci in saletta può essere accantonata anche per un istante. Come si fa a dire di no a festival simili? Sono occasioni da non perdere proprio a livello di soddisfazione personale. Non si può rifiutare!”.
Con che spirito siete tornati in sala di incisione, dopo il clamore suscitato con ‘Comalies’?
“Siamo super eccitati, anche perché pur essendo innamorati di ogni singolo pezzo dei Lacuna Coil, non vedevamo l’ora di incominciare a comporre qualcosa di nuovo. I pezzi nuovi, poi, sono molto belli, i ragazzi della Century Media li hanno amati da subito; hanno un tiro pazzesco, sono molto potenti, hanno una spiccata attitudine live tanto che uno lo proporremo già quest’estate…suonare dal vivo nei Festival è anche una buona occasione per presentare qualcosa di nuovo e vedere direttamente le impressioni della gente”.
Non avvertite il peso di dover ripetere a tutti i costi il successo del disco precedente?
“Ma no, anche perché alla fine per noi non cambia nulla: il giudizio finale sarà dato dal pubblico, quindi l’unica cosa che possiamo fare è comporre pezzi che piacciono a noi e dei quali siamo soddisfatti, cercando sempre di essere coerenti con noi stessi: ci piace fare questo tipo di musica? La suoniamo e la registriamo. Poi se la gente apprezzerà tanto meglio, altrimenti non ci possiamo fare nulla, dopo tutto non esiste una ricetta per incidere un album vincente con delle canzoni fantastiche. Mi è capitato di ascoltare tantissimi dischi con brani definibili ‘commerciali’ che però non hanno venduto niente. E poi comunque è un discorso complesso, perché una volta che hai presentato l’album può succedere che ci voglia parecchio tempo per assimilarlo, quindi dovrai fare delle date in giro, la gente dovrà ascoltarlo, vederlo, recepirlo… è una cosa che cambia da persona a persona; qualcuno lo amerà subito, altri magari lo apprezzeranno tra due anni…”
Negli ultimi anni avete suonato praticamente sempre e ovunque. Quando avete trovato il tempo di comporre le nuove canzoni?
“Il disco lo abbiamo registrato in questi ultimi mesi. Siamo tornati a casa dall’OzzFest a settembre, quindi abbiamo cancellato tutte le date restanti e abbiamo incominciato a scrivere i brani. Per sei mesi abbiamo composto, abbiamo registrato, ed ora stiamo cercando diverse persone per il missaggio perché, visto che le canzoni sono belle, vogliamo avere dei mix appropriati che facciano risaltare al massimo ogni singolo brano.”
Il tutto immagino lo abbiate fatto ai classici Woodhouse Studios in Germania, dove ormai siete di casa…
“No, in realtà per le canzoni che abbiamo già pronte solo la batteria è stata registrata in Germania, mentre le voci e le chitarre sono state incise a Milano. Si può però affermare che siamo ancora in una fase di pre-produzione, quindi non è detto che magari domani stravolgeremo tutte le canzoni e le registreremo nuovamente. Posso dirti che per il momento siamo molto soddisfatti del risultato sin qui ottenuto, però per il futuro non si sa mai…”
Come possono essere rapportate le nuove canzoni rispetto ai vostri vecchi lavori?
“Mi riesce difficile spiegarlo perché, al di là di dirti che i pezzi hanno un grande tiro, che ci sono delle parti nelle quali è veramente impossibile stare fermi e che lo stile dei Lacuna Coil è ben riconoscibile anche grazie all’uso delle due voci, è difficile classificare quello che va nascendo. Sicuramente non è un album techno o un disco dance; è un lavoro molto più potente degli altri a livello di suoni. In esso vi sono molti cantanti belli in grado di stamparsi in testa subito perché in possesso di un ottimo appeal musicale”
L’esposizione della quale avete goduto nell’ultimo periodo pensi vi abbia in qualche modo influenzato al momento di comporre i nuovi brani?
“L’esposizione no, assolutamente! Quella non ci ha influenzato minimamente, però il fatto di aver suonato in tantissimi Paesi differenti forse in qualche modo un po’ ci ha condizionato. La musica che ascoltavamo in America, ad esempio, può aver influito sulle nostre composizioni. Diciamo che abbiamo ascoltato diversi generi musicali ma ci abbiamo messo parecchio di nostro.”
In attesa del nuovo disco, intanto, la Century Media ha deciso di ristampare tutti i vostri vecchi dischi…
“Sì, quella è stata una decisione della nostra etichetta perché la gente continuava a richiederli, perciò abbiamo deciso di fare una cosa intelligente: chi non aveva i primi due album ora li può avere a prezzo speciale e con un artwork rinnovato, quindi non è una grossa operazione di marketing per fregare soldi alla gente. Era più che altro un’occasione per chi ci ha conosciuto con ‘Comalies’ di accaparrarsi anche gli altri vecchi lavori. A livello di bonus-track non credo verranno inserite, perché comunque sono dischi ‘vecchi’ e così vogliamo tenerli”.
Ma è un’operazione rivolta anche all’Europa o principalmente agli States dove vi conoscono quasi esclusivamente per ‘Comalies’?
“Assolutamente! Addirittura penso usciranno prima in Europa che in America. Sicuramente negli States avranno una promozione massiccia, verranno distribuiti capillarmente perché lì è ancora più difficile trovare i vecchi lavori. Come hai detto tu ‘Comalies’ sta andando benissimo e l’interesse per i Lacuna Coil è in costante crescita, però trovare i nostri vecchi dischi è veramente una cosa ardua”.
Ti sei mai chiesta come mai i Lacuna Coil, pur essendo una band europea, abbiano il loro principale mercato proprio negli States?
“Il fatto è questo: quello europeo e quello americano sono due mercati totalmente differenti. In America devi suonare tantissimo dal vivo, loro vengono ad ascoltarti, se gli piaci passano la parola agli amici ed al concerto successivo il pubblico sarà raddoppiato. Si affezionano di più, credono molto di più in te, invece in Europa, vuoi per la quantità di gruppi, vuoi per la varietà, seguono di più quello che gli viene proposto, se scompari per un po’ è difficile che continuino a starti dietro per mesi e mesi. Noi non possiamo lamentarci perché anche i fans europei ci sono stati molto vicini, però guardando la situazione in generale in America mi sembra che si curino di più dei gruppi a livello maniacale, si innamorano della band e se la coccolano in una maniera tremenda”.
Un amore che già si era palesato in passato ma che è letteralmente esploso la scorsa estate con la vostra partecipazione al leggendario OzzFest…
“Prima di quel festival vorrei segnare come tappa fondamentale per noi anche il tour con i P.O.D: quel tour ci ha dato una grande botta perché ci ha consentito di farci conoscere da un pubblico non propriamente nostro, sia a livello musicale che di importanza, visto che i P.O.D sono molto più mainstream di noi. Poi comunque è stato bello perché abbiamo suonato con loro e con altri due gruppi molto diversi da noi, quindi era una sorta di mini festival itinerante ed è stata una esperienza positiva. L’OzzFest, al di là dell’importanza del festival, è stata la botta definitiva: c’era tantissima gente, quindi è stata un’occasione incredibile per noi sia come esposizione, sia come conoscenze, sia come esperienza, perché suonare tutti i giorni davanti a migliaia di persone, esibirti cambiando orario ogni volta ci ha insegnato veramente tanto”.
Qual è il ricordo che porterai sempre con te di questa esperienza?
“Probabilmente la quantità di gente di fronte a noi e il fatto che ci hanno accolto veramente bene. C’era un record store all’interno dell’arena che comprendeva tutti i gruppi dell’OzzFest e noi siamo stati, a livello di vendite globali, il secondo gruppo a vendere di più dopo gli Slipknot che comunque avevano un album appena uscito. C’era quindi un sacco di gente che ci ha scoperti lì per la prima volta, c’erano file immense di persone alle tende dove firmavamo autografi, un affetto pazzesco da parte del pubblico… c’è stata un’attenzione grandissima nei nostri confronti. Posso dire che ci siamo costruiti una buona base di fans in America proprio grazie all’OzzFest”.
Possiamo vedere nell’OzzFest il punto d’arrivo per una band giovane ed ambiziosa come la vostra?
“Diciamo che è uno dei punti d’arrivo. Noi non ce ne poniamo uno solo, questa è un’altra esperienza che abbiamo acquisito. Adesso possiamo dire di aver fatto l’OzzFest, di essere uno dei pochi gruppi europei ad esserci stati, e questo già ci rende orgogliosi e felici. E’ indubbiamente un bel traguardo, soprattutto per dei ragazzi che fino a due anni prima lo guardavano da Milano in televisione o leggendo i giornali e sognando. L’OzzFest è uno dei tanti sogni realizzati, però ci rendiamo conto che di strada da fare ce n’è ancora tantissima”.
Ma tutto questo successo pensi ti abbia in qualche modo cambiata?
“Devo essere totalmente sincera: quando è incominciato tutto questo non dico che mi sono montata la testa, ma ero galvanizzata da ciò che stavo vivendo. Poi è diventato un lavoro che amo alla follia, una grandissima passione, ma ho imparato che alla fine le cose importanti sono altre, quindi cerco di prendere il tutto come un gioco che mi diverte molto. Se devo fare la foto in posa sexy mi diverto perché penso che magari tra dieci anni non sarò più così e riguardarla mi farà uno strano effetto… ma con la gente mi pongo se non nella stessa maniera, ancora più umilmente di prima, perché avendo conosciuto tanta gente dell’ambiente mi rendo conto che ci sono in giro tanti coglioni che solo per il fatto di aver messo fuori un album si credono chissà chi, ed io non voglio assolutamente diventare così. Sono consapevole delle mie potenzialità, conosco i miei limiti, conosco le mie qualità, quindi quello che so dare lo do senza problemi e senza invidia nei confronti degli altri. Mi voglio molto più bene che in passato: se prima avevo bisogno di più conferme in altri campi perché iniziavo ad espormi, adesso non me ne frega più nulla, perché ho preso coscienza di quello che sono”.
A giugno tornerete ad esibirvi, a sei anni di distanza dalla vostra prima volta, sul palco del Gods Of Metal. Come vivrete questa esperienza da un punto di vista emotivo, soprattutto se confrontata con quella del 1999?
“Sarà indubbiamente un po’ diverso. Certo, ci sarà un po’ di tensione ma quella è normale e vi è prima di ogni concerto, anzi, la tensione è fondamentale perchè ti spinge a dare sempre di più. Il primo festival me lo ricordo vagamente, mi ricordo che eravamo emozionati, un po’ impacciati, non avevamo idea di cosa fare, adesso di esperienza ne abbiamo di più, sarà bello incontrare ancora i Maiden dopo averci suonato all’Heineken, delle persone fantastiche, modeste all’inverosimile… come sarà un onore esibirci prima degli Slayer, e questa è una cosa che spero tutti i metallari, anche quelli della vecchia guardia, capiscono. Spero che la gente apprezzi il concerto e veda che daremo il massimo, orgogliosi di rappresentare l’Italia in un festival italiano così importante. Come spero che quest’anno il pubblico non si distingua per i lanci di bottiglie come in passato ma che trasformi il festival in una grandissima, divertente festa collettiva come è giusto che sia.”
In passato citasti l’incontro con Dimebag Darrel e gli ex Pantera come uno dei momenti più emozionanti della vostra esperienza americana. Come hai vissuto la tragedia che ce lo ha portato via?
“L’ho presa malissimo. Ho ricevuto la notizia nel cuore della notte direttamente dall’America un’ora e mezza dopo che era successo il fatto. Sono rimasta shockata, perché un conto è perdere uno dei tuoi miti lontani, inarrivabili, un conto è perdere un mito che avevi conosciuto di persona: con Dime siamo usciti assieme, siamo stati nel suo locale, ci ha messo a disposizione la limousine del gruppo… è vero che eravamo con i Type O Negative, però lui e gli altri ragazzi della band ci hanno trattato come se fossimo anche noi della famiglia. Quindi dopo questo episodio sapere della sua morte gratuita, inutile, priva di spiegazione, ti lascia di merda; per quello che è successo, perché ti chiedi a cosa servano i controlli all’ingresso del locale, per la storia che in America le armi circolano troppo facilmente, e soprattutto perché ti chiedi ‘ma se succedesse a me?’ Qual è il motivo? Qualcuno può arrivare ad ammazzarti per niente, senza un motivo personale, perchè tu non hai fatto niente a nessuno! Sono cose che ti fanno pensare…”
Credi che questo, sul palco, ti condizionerà d’ora in avanti?
“Guarda, a dire la verità ciò che è successo mi ha dato ancora più forza. Io sono dispiaciuta, ma non posso essere giù di morale come può esserlo suo fratello; ho visto Vinnie ultimamente suonare con i Black Label Society con il sorriso sulle labbra, ho visto come si sta riprendendo e alla fine ho pensato: ‘comunque Dime sapeva di dover morire, è morto in un momento in cui stava dando tutto se stesso sul palco, in un momento in cui aveva un entusiasmo pazzesco, e lui non vorrebbe che tutto si fermasse’. Mi sono fatta spiegare com’è stato il funerale ed è stata quasi una festa, quello che, se vogliamo, fosse anche il mio. Non voglio che chi rimane stia a piangermi per sempre, voglio che portino avanti il mio ricordo ma che continuino a vivere. Poi comunque per lui la musica era fondamentale, era il più grande amore della vita.”