Iron Maiden – Sign Of The Wicker
Il 29/05/2000, di Fabio Magliano.
Conto alla rovescia per quello che sarà uno degli avvenimenti topici della stagione heavy metal italiana. Il 10 giugno, a Monza, quando le luci si abbasseranno e gli Iron Maiden saliranno sul palco, l’attesa dei fans sarà saziata e la “vergine di ferro” potrà presentare quello che si preannuncia come “disco caldo” dell’anno, quel ‘Brave New World’ che, con Bruce alla voce, dovrebbe riportare in auge il nome della band britannica. Intanto, per ingannare l’attesa, abbiamo scambiato due chiacchiere proprio con il mitico singer. Meno 5…4…3…
Eccoci finalmente giunti al momento della verità. C’è curiosità su quello che sarà il nuovo lavoro in studio dei Metallica, c’è grande attesa per il secondo album dei Judas Priest con “Ripper” Owens alla voce, però nulla è paragonabile con l’attesa che è venuta a crearsi attorno al primo album in studio degli Iron Maiden dopo la sospirata e a lungo invocata reunion con il mitico Bruce Dickinson. Adesso, però, viene il bello. Il ‘reunion’ tour è stato un successone, si sono registrati sold-out un po’ ovunque e Bruce ha dimostrato di essere in grado di tenere il palco come ai bei tempi, però manca ancora la prova del nove, la conferma totale su disco. La prova del nove si chiama ‘Brave New World’ e sicuramente rischierà di essere, per la band britannica, una sorta di arma a doppio taglio. Se è vero che la grande attesa ha fatto crescere attorno a questo lavoro e agli Iron Maiden stessi un interesse enorme, paragonabile a quello che veniva registrato negli anni Ottanta nel momento d’oro della band di Steve Harris, è anche vero che con questo disco, le prove d’appello finiscono. ‘X Factor’ prima e ‘Virtual XI’, poi, avevano di gran lunga tradito le attese e la colpa, inevitabilmente, era caduta sull’ultimo arrivato in casa Maiden, quel Blaze Bailey mai in grado di reggere il confronto dietro al microfono, con i suoi predecessori, e spinto giù dal palco a furor di popolo dai fans che, a gran voce, invocavano il ritorno dell’ “Air raid” Dickinson. Ora Bruce è tornato e dagli Iron Maiden ci si aspetta il capolavoro. Un altro passo falso potrebbe significare il fallimento, sintomo del fatto che, forse, Blaze era il male minore e la vera piaga degli Iron Maiden era l’inaridimento della vena ispiratrice dopo vent’anni di strepitosi successi. Bruce di questo è consapevole ma pare altrettanto consapevole del fatto che ‘Brave New World’ non sarà un flop e che tutta questa attesa verrà ripagata a pieno.
Allora Bruce, che cosa hai provato a tornare a lavorare in studio insieme agli Iron Maiden dopo così tanto tempo?
“Le mie emozioni? Well, quelle le ho riservate per il songwriting! Vedi, ho suonato per quattordici anni assieme agli Iron Maiden, così quando mi sono trovato ancora una volta con loro in studio, l’unica cosa a cui abbiamo pensato è stato di registrare un nuovo album che fosse il migliore mai realizzato dalla band, composto dalle migliori song mai scritte dai Maiden. Non mi sono certo messo a pensare ‘Wow, suono negli Iron Maiden!’, perché ho fatto parte della band sin dagli anni Ottanta e questa parte della mia vita non è certo stata cancellata! Quando sono tornato in studio a lavorare con gli altri ragazzi, tutto è stato normalissimo e, quello che all’esterno potrebbe sembrare un evento, per me è stata la cosa più naturale possibile. A emozionarmi ci hanno pensato le canzoni, sicuramente la cosa più eccitante mai successa dalla reunion ad oggi!”
Ma credi che qualcosa sia cambiato dal momento che hai smesso di suonare con gli Iron Maiden o, al tuo ritorno, la situazione che hai trovato davanti era la stessa di quando te ne sei andato dalla band?
“Ad essere sincero la cosa che più mi ha stupito è stato lo spirito battagliero che alberga nell’animo di ogni membro della band. Sia chiaro, già prima c’era questa grinta e questa determinazione, però adesso c’è molta più speranza di allora, c’è molta più attesa attorno al nome degli Iron Maiden. Quando me ne sono andato il nome degli Iron Maiden è andato perdendo lentamente il suo ‘potere’ originario, mentre ora tutti i riflettori sono tornati ad essere puntati su di noi, l’attesa per il nuovo album è alle stelle, i nostri concerti sono stati sold out…si è tornati a parlare degli Iron Maiden così come si parlava a metà degli anni Ottanta e questo è fantastico! Tutta questa attenzione ha fatto si che anche noi ci caricassimo e sfogassimo tutto il nostro entusiasmo nel nuovo album, forse più che in qualsiasi altro lavoro degli Iron Maiden. La produzione di ‘Brave New World’ è stata vissuta fino in fondo, c’è un sound, un’attitudine in questo album che non esiste in nessun altro nostro disco. Questo è il nostro primo lavoro registrato interamente dal vivo in studio e quando ho ascoltato i provini sono stato investito da una carica di energia mostruosa che mi ha stordito. E sono certo che la stessa carica sarà sprigionata in maniera altrettanto fedele e genuina dal vivo in quello che, ti assicuro, sarà il miglior tour mai intrapreso dai Maiden! È difficile spiegarti le emozioni provate durante la realizzazione di questo lavoro, ed è difficile fare paragoni con il passato per il semplice fatto che non esiste un nostro album precedente che suoni come questo, perché ‘Brave New World’ è un album atipico, è uno studio album che suona come una nostra esibizione live!”
Per il momento ho avuto modo di ascoltare solamente le prime quattro canzoni di ‘Brave New World’ e le mie sensazioni sono contrastanti. Se ‘The Wicker Man’ e ‘Ghost Of The Navigator’ sono due song veramente molto valide ed energiche, le altre due paiono essere un po’ troppo elaborate e ‘Blood Brothers’ pare addirittura provenire dall’ ‘era Blaze’…
“L’album, nella sua totalità, è il perfetto mix tra questi due tipi di canzoni, alcune più potenti ed immediate, altre più elaborate. Diciamo pure che il cinquanta per cento dell’album sarà composto da song come ‘The Wicker Man’, mentre il restante cinquanta per cento sarà occupato da canzoni più complesse e di lunga durata. La ragione per questo tipo di songwriting è molto semplice. ‘Brave New World’ offre all’ascoltatore esattamente quello che lui vuole ascoltare dagli Iron Maiden, vale a dire song poderose, cavalcate epiche e riff pesanti, ma allo stesso tempo mostra una faccia della band che nessuno si aspetta, perché brani come la title track o come ‘Blood Brothers’, cavalcate di otto, nove minuti, sono song destinate a spiazzare chi si aspetta determinate cose dai Maiden. Personalmente non credo sia una cosa negativa. Tutti noi pensiamo che dare in pasto ai fans un album scontato, prevedibile, alla lunga finisca per risultare noioso, quindi cerchiamo di dare quel tocco di imprevedibilità al lavoro che non guasta mai. Riguardo alle tue osservazioni, io amo ‘Blood Brothers’, la trovo una song molto coinvolgente e, certamente, una delle migliori song scritte da Steve. Sicuramente, però, sarà tra i brani che maggiormente divideranno l’opinione dei fans, perché è forse una delle song più strane mai scritte dagli Iron Maiden”.
Nei titoli delle vostre song, vengono citati personaggi ben precisi, come l’ ‘uomo di vimini’, il ‘navigatore’, il ‘mercenario’, l’ ‘angelo’, il ‘nomade’…c’è un filo logico che unisce queste figure, o tutto è lasciato al caso?
“No, sinceramente non c’è una ragione precisa per spiegare la presenza di questi personaggi all’interno delle nostre song. Ogni nostra canzone ha una vita propria, nasce indipendentemente dalle altre e racchiude in sé particolari emozioni. ‘The Wicker Man’, ad esempio, ha questo titolo perché era appropriato con il testo della canzone, interamente basato sul concetto di rinascita, di lotta per affermarsi, per affermare quello in cui si crede, che può essere l’heavy metal o un mondo migliore. Qualsiasi cosa. Il fantasma del navigatore, invece, non è altro che una metafora della vita, di quel percorso, di quella missione che ognuno di noi deve compiere dalla nascita sino alla morte. Mi è piaciuta l’immagine del navigatore per raffigurare questo percorso che dobbiamo compiere e che, in realtà, è la nostra vita; il navigatore che guida la sua nave attraverso le bufere, attraverso le tempeste, senza sapere dove si trova ma con in testa il suo obiettivo, il luogo dove vuole arrivare. La vita è un po’ così, è navigare nelle tenebre, senza sapere dove si sta andando ma con in testa ben chiaro quello che è stato fatto e quello che si vuole fare. Ho preso come riferimento questi due personaggi e, come vedi, alla base hanno storie e origini ben definite e differenti, però posso assicurarti che la stessa cosa vale per le altre figure che fanno capolino in questo album”.
Domanda a bruciapelo: la canzone nella quale ti rispecchi maggiormente in questo lavoro?
“Oh shit! Stai chiedendo ad un padre a quale dei due figli vuole più bene! Probabilmente ‘The Wicker Man’ e ‘Blood Brothers’, le song che rappresentano meglio i due volti di questo album”.
Hai accennato a ‘Blood Brothers’, la canzone più strana dell’intero lavoro ma, con impresso a fuoco, il marchio di fabbrica di Steve Harris…
“E non potrebbe essere altrimenti, perché è una song decisamente profonda e piena di significati interamente scritta da Steve. E’ stata dedicata da Steve a suo padre qualche tempo dopo la sua morte. Steve ha da sempre sostenuto di avvertire ancora la presenza del padre, di sentirlo vicino, e intanto lo fa rivivere attraverso la sua memoria, attraverso i ricordi belli e quelli meno belli che li hanno legati durante la vita e di questo ha voluto parlare in questa canzone”.
Scusami se ti interrompo, però mi sembra che questa song riservi qualche contraddizione. Lo spirito che l’ha fatta nascere è decisamente triste, come può essere la morte di un padre, però il sound è altamente epico, quasi voglia trasmettere sentimenti di riscatto. Non ti sembra strano tutto questo?
“No, perché la morte del padre di Steve è stato solo uno spunto per parlare di qualcosa di molto più grande. Il cuore di una persona è fatto di tanti scomparti destinati a racchiudere emozioni differenti quali la gioia, l’amore, la speranza, ma anche la sofferenza, l’odio, la paura…questa canzone vuole essere un po’ come il cuore, vuole contenere in se sensazioni diverse, emozioni diverse che, inevitabilmente, saranno contrastanti. Il fatto che tu abbia riscontrato questa contraddizione, è segno che la canzone ha raggiunto il suo fine, che ha svolto a pieno il suo compito e per questo deve essere considerata una buona canzone. L’emozione che predomina in me durante l’ascolto di questo brano, è la malinconia, un’emozione che può essere direttamente collegata alla tristezza ma che, per altri versi, può contribuire a farti sentire meglio”.
Gli Iron Maiden sono da sempre famosi per i loro modi bizzarri di promuovere i loro album. Per ‘Virtual XI’ avevate addirittura organizzato delle partite di calcio itineranti con il vostro ‘Virtual Team’. Che cosa dobbiamo aspettarci per questo ‘Brave New World’ visto che si preannuncia come un album destinato a fare storia?
“Ci abbiamo pensato e abbiamo convenuto sul fatto che una partita di calcio è il metodo migliore per fare divertire Steve, ma per promuovere la nostra musica non c’è niente di meglio da fare che suonarla! Quindi Monza sarà il modo migliore per promuovere ‘Brave New World’, e dopo Monza tutti gli altri palchi in giro per il mondo che ci ospiteranno!”
A proposito del Gods Of Metal. Tornate in Italia a qualche mese di distanza dalla data sold-out di Milano, data che vi ha visti portati in trionfo dai fans italiani anche se, nel corso della serata, sei stato preso di mira da qualche lanciatore folle di bottiglie e dei laser del pubblico…
“Si, me lo ricordo, anche perché questi gentlemen hanno rischiato veramente di essere oggetti della mia violenza! Anche il lanciatore di bottigliette ha dimostrato tutta la sua stupidità, però fino a quando le bottiglie non raggiungono il bersaglio, il danno rimane minimo. Sia chiaro, comunque, che questi episodi non hanno scalfito l’amore che provo per l’Italia, anche perché se è vero che tra il pubblico c’erano quattro o cinque idioti, è vero anche che c’erano quindicimila persone che hanno cantato con me dalla prima all’ultima canzone e che ci hanno dimostrato tutto il loro attaccamento alla band. Tutte le volte che sono venuto a suonare da voi, sia con gli Iron Maiden che con il mio progetto solista, ho sempre trascorso momenti bellissimi che non saranno certo cancellati dalla stupidità di qualcuno!”.
Brave New World’s Track by track
A cura di Dario Beretta
‘The Wicker Man’
L’opener del disco sembra fatta apposta per mettere in chiaro che i veri Maiden sono finalmente tornati! E’ infatti un pezzo ultra-classico, figlio diretto degli anni ’80 del gruppo, con un riff trascinante ed un bellissimo bridge, molto melodico. In effetti il bridge è forse migliore del chorus, che risulta un filino ripetitivo, ma solo se volete proprio cercare il pelo nell’uovo. Il finale si inserisce anch’esso nella tradizione, con uno di quei cori «oh oh ooh» fatti apposta per far cantare il pubblico.
‘Ghost Of The Navigator’
L’inizio lento e pulito, alla ‘Halloweed Be Thy Name’ per intenderci, prelude ad un brano molto potente e melodico, che viaggia prevalentemente su tempi medi. L’atmosfera è quella di ‘7th Son Of A 7th Son’, soprattutto per il sapore epico che appare per la prima volta in questo brano, ma che sarà una costante in tutto l’album. Le chitarre viaggiano alla grande, e si producono nei consueti assoli melodici armonizzati. Veramente un grandissimo pezzo, a mio parere all’altezza dei classici della band, che dimostra che l’alchimia del gruppo è stata ritrovata abbastanza facilmente.
‘Brave New World’
La titletrack è il primo pezzo a presentare qualche pur limitata novità stilistica. Infatti, l’inizio del brano è abbastanza inusuale per lo stile del gruppo, e pian piano fanno capolino orchestrazioni molto più consistenti e presenti che in passato. Invece di limitarsi ai soliti pad, questa volta i Maiden hanno deciso di utilizzare in modo più creativo le tastiere. Comunque, la cavalcata di ‘Brave New World’ è davvero convincente, soprattutto grazie ad un’interpretazione eccezionale da parte di Bruce, che canta in maniera semplicemente divina, come solo lui sa fare.
‘Blood Brothers’
L’unico brano del lotto che non convince assolutamente. E’ il più in linea con i due album registrati con Blaze, può infatti ricordare ‘Blood On The World’s Hands’. Anche qui l’orchestra svolge una funzione importantissima, comunque il pezzo è parecchio noioso e sembra non finire mai. Bocciata.
‘The Mercenary’
Per fortuna ‘The Mercenary’ irrompe con un attacco veramente potente, e fa presto dimenticare lo scialbo brano che la precede. Una classica song scritta e pensata in funzione live, breve e senza fronzoli, in stile ‘2 Minutes To Midnight’, con tanto di chorus rallentato. Da notare la grande prestazione di Nicko, veramente devastante!
‘Dream Of Mirrors’
Altro pezzo interessante, che ci riporta ai tempi d’oro dei Maiden. Potremmo quasi considerarla una versione 2000 di ‘Children Of The Damned’ per il suo alternare parti melodiche e cavalcate metalliche. Bruce è sempre più grande, e ci ricorda cosa vuol dire davvero cantare heavy metal, quando scandisce con potenza e passione il chorus «I only dream in black and white»… Emozionante.
‘The Fallen Angel’
Ecco un altro pezzo pronto per trasformarsi in qualcosa di devastante dal vivo! ‘The Fallen Angel’ ci riporta alle sonorità di ‘Where Eagles Dare’, e più in generale di quel grandissimo album che fu ‘Piece Of Mind’, anche se in chiave più aggressiva. Molto bello il gioco delle tre chitarre, mai potenti come in quest’album, ed anche il solo quasi hendrixiano con il wha wha colpisce nel segno. Uno dei nostri brani preferiti.
‘The Nomad’
Si cambia decisamente registro con questa ‘The Nomad’, lenta, cadenzata e dalle atmosfere epiche, i cui suoni a dire il vero sembrano più vicini all’ultimo album solista di Dickinson che ai classici degli Iron. Tutto il brano gira intorno a melodie tipicamente arabe, che creano un alone mistico che può ricordare i Rainbow di ‘Gates Of Babylon’, ma soprattutto di ‘Stargazer’. Il finale del pezzo vede ancora l’orchestra grande protagonista, ma anche qui la band si dilunga un po’ troppo, finendo sulla distanza per annoiare un po’.
‘Out Of The Silent Planet’
Chitarre acustiche a dodici corde ci introducono in un’atmosfera sognante e lontana, poi una micidiale rullata di Nicko dà il via ad una cavalcata possente in pieno Maiden-style. ‘Out Of The Silent Planet’ è sicuramente uno dei brani più epici mai concepiti dalla band inglese, sensazione incrementata dall’uso di molti cori e di melodie maestose. I numerosi cambi di tempo fanno risaltare ancora di più l’impressionante lavoro svolto da Nicko dietro i tamburi, fino allo stacco quasi jazzato in corrispondenza dei soli di chitarra. Altro bellissimo pezzo, che pur rimanendo legato alla tradizione del sound della band non risulta troppo scontato.
‘The Thin Line Between Love And Hate’
L’ultimo pezzo conclude in maniera ottimale un bellissimo disco. ‘The Thin…’ è infatti convincente nella sua diversità, essendo caratterizzato quasi sempre da un inusuale doppio cantato, efficace nel far risaltare le belle melodie che ne sono il punto di forza. Può ricordare ‘Judgment Of Heaven’, brano tra i più melodici dei Maiden, in una versione più complessa e (ovviamente) meglio interpretata da un Bruce Dickinson in gran forma. Il finale, tra arpeggi e soli molto orecchiabili alla ‘Afraid To Shoot Strangers’, chiude lasciandoci la certezza di aver finalmente ritrovato il gruppo che tutti amiamo… Ancora una volta, Up the Irons!