Death – Una storia da raccontare
Il 15/09/1998, di Fabio Magliano.
La storia della band americana, gli album, i sogni, le delusioni, i momenti bui e quelli più entusiasmanti nelle parole di Chuck Shuldiner, leader indiscusso dei Death, band culto per gli amanti del metal estremo. L’uscita di ‘The Sound Of Perseverance’ era solo il pretesto per poter entrare assieme a lui nel mondo-Death.
Che strana cosa intervistare Chuck Schuldiner: da un lato si ha la consapevolezza di parlare con un simbolo dell’heavy metal estremo, con un musicista che in quattordici anni di carriera ha scritto pagine importanti per la storia di questo genere musicale, dall’altra si ha la sensazione di conversare con un ragazzo esattamente come te, modesto all’inverosimile, un kids come tanti altri per il quale tutto il bello è ‘killer!’ e tutto il negativo è ‘sgonfio’. Non ho potuto guardarlo in faccia (visto che l’intervista era telefonica) però giurerei che mentre raccontava della sua carriera e del nuovo disco, gli occhi si illuminavano, tanta era la soddisfazione per aver realizzato un album che pareva non dovere uscire mai, visti i contrattempi nei quali si erano imbattuti i Death, primo su tutti l’abbandono della vecchia casa discografica, la Roadrunner e l’approdo alla Nuclear Blast, approdo travagliato e avvenuto solamente dopo tre anni dall’uscita dell’album precedente. Noi di Metal Hammer abbiamo voluto approfittare della pubblicazione di questo ‘The Sound Of Perseverance’ per contattare quello che da più di un decennio è il leader indiscusso del combo proveniente dalla Florida e rivivere con lui le fasi salienti della storia di un gruppo che ha dettato il passo, un vero pioniere del death-metal che ora, dopo una lunga e faticosa mutazione, ha fatto sfociare il proprio sound in una miscela esplosiva che unisce brutalità e melodia in una chimica perfezione. Lasciamoci allora condurre dalle parole di Chuck nel fantastico mondo-Death, immaginiamolo mentre parla della sua vita, dei suoi ricordi, dei suoi sogni, condendo la conversazione con colorite espressioni intercalari, quasi a voler sottolineare la fondamentale importanza di alcuni passaggi. Siete pronti? Ok, allora allacciatevi le cinture che il viaggio ha inizio!
Allora Chuck, la storia dei Death è già stata scritta e riscritta, però mi piacerebbe ripercorrere con te, passo dopo passo, le tappe salienti della tua folgorante carriera.
“Oh che cosa difficile mi chiedi, non basta un’ ora di intervista per raccontarti tutta la storia dei Death, comunque vediamo di farlo in maniera più schematica possibile: Era il 1983 quando ho formato i Mantas. Allora avevo sedici anni ed ero solamente un ragazzo affascinato dalle sonorità di band come i Metallica, gli Slayer, gli Iron Maiden , i Mercyful Fate, gli Exciter, i Raven, tutte quelle band che, insomma, hanno segnato la scena metal degli anni ottanta. Poco per volta, con l’ heavy metal nelle orecchie, ho iniziato ad avvicinarmi attivamente al mondo della musica, inizialmente con una mia prima band, i Mantas, appunto, con la quale abbiamo registrato qualche demo e suonato per circa tre anni. Nel frattempo il nome adottato dalla band era diventato Death, nome con il quale siamo approdati all’agoniato contratto discografico con la Combat Records che ci ha permesso di registrare il primo album ‘Scream Bloody Gore’. Io suonavo anche la chitarra e, sebbene fossimo alla nostra prima fatica discografica, il lavoro ci ha lasciati pienamente soddisfatti perchè eravamo riusciti a pubblicare un album che sopperiva alla mancanza di esperienza con l’istintività. L’album seguente, ‘Leprosy’ pubblicato nel 1988 era un ulteriore passo avanti rispetto al lavoro fatto per ‘Scream Bloody Gore’,era un lavoro più heavy-metal oriented e per alcuni versi era più melodico rispetto al debutto, questo anche grazie al nostro nuovo produttore, Dan Johnson, che già aveva avuto modo di collaborare con band come i Savatage e i Crymson Glory. Il successo del nuovo album ci ha portati a suonare anche in Europa ed il nostro ritorno è coinciso con l’allontanamento del chitarrista Riki Rozz e con l’ingresso nella band di James Murphy. Con la line-up rivoluzionata abbiamo iniziato così a lavorare per il nostro terzo lavoro, quello ‘Spiritual Healing’ che, uscito nel 1990, presentava una line up veramente formidabile, con, oltre a me e a James Murphy, Terry Butler al basso e Bill Enrews dietro le pelli. La produzione estremamente pulita di quell’album e alcune tracce melodiche lo rendono un album del quale io vado veramente fiero ma che creò non pochi problemi ai fans dei primi Death che faticavano a ritrovarci tra quelle canzoni, e dire che la rabbia primordiale era rimasta invariata…Il quarto lavoro, ‘Human’, si presentava come il nostro lavoro più tecnico, più sperimentale, più aggressivo, più tutto, insomma, e penso che sia anche stato il più apprezzato dai nostri fans. Il 1993 segna l’uscita di ‘Individual Though Patterns’, album dalla line-up a dir poco fenomenale: Gene Hogland (dei Dark Angel) alla batteria, Andy La Roque, chitarrista di King Diamond alla sei corde e Steve Di Giorgio al basso. Quello che ne esce è veramente un grande lavoro, un lavoro speciale, un album che ha significato la crescita della band, pieno di sperimentazioni, in poche parole un album veramente pazzo! Si arriva poi a ‘Symbolic’ album che segna il nostro passaggio alla Roadrunner. L’album in questione ripropone le cose buone già fatte vedere dal precedente, una notevole linea melodica, una certa componente progressiva e una linea che si incunea sempre più nel metal classico. Sfortunatamente ‘Symbolic’ è stato pubblicato in un periodo nel quale il metal sembrava morto, almeno in America e nonostante il tour di supporto sia stato semplicemente fantastico, mi è risultato veramente difficile promuovere questo album negli States perchè le label sembravano bloccarsi, erano incredibilmente scettiche davanti a quello che era l’heavy metal. Sfortunatamente per noi e per i nostri fans, ben s’intende, perchè è veramente difficile essere fans dei Death in un Paese come l’America dove si tende a eliminare quello che è metal e ‘Symbolic’ era troppo ‘sovversivo’ per essere promosso Dopo ‘Symbolic’ mi sono concesso una piccola pausa di riflessione, mi sono messo a scrivere il nuovo materiale per il nuovo album dei Death e nello stesso tempo, mi sono messo a cercare una nuova casa discografica. La scelta è ricaduta sulla Nuclear Blast, l’ideale per pubblicare quello che penso sia un album fondamentale per la mia carriera.”
Appunto, la tua carriera. c’è un periodo della tua carriera che ricordi con piacere?
“Sicuramente in quattordici anni di carriera ci sono molti momenti piacevoli e ricordarli tutti è cosa veramente ardua. Forse il periodo più bello ed entusiasmante della mia carriera è stato quello della pubblicazione di ‘’Individual Though Patterns’ quando mi sono trovato a lavorare con musicisti veramente fantastici, alcuni dei veri miti per me. In più si era venuto a creare un clima di amicizia all’interno della band, forse un clima che non è mai regnato nei Death. Steve, Gene erano dei musicisti decisamente validi e poi c’era Andy, forse il mio chitarrista preferito. Era una band di veri killer e assieme abbiamo passato momenti veramente speciali.”
E un periodo che invece vorresti cancellare dalla tua vita?
“Anche qui ce ne sono veramente tanti, però non voglio cancellarli, voglio portarli sempre con me, perchè la vita è fatta di momenti belli e di altri peggiori, ed è giusto portarsi tutto appresso, perchè anche le cose peggiori alla fine aiutano, aiutano a capire meglio la vita e insegnano come affrontarla. Io credo fortemente in quello che faccio, amo la musica e so esattamente quello che voglio fare, quindi continuo per la mia strada facendo quello che mi piace, superando i momenti difficili e cercando di trovare sempre il positivo in tutte le situazioni che mi si fanno incontro.”
Prima di pubblicare questo nuovo album per la Nuclear Blast hai offerto il demo a diverse label ricevendo sempre risposte negative. Come ti spieghi tutte le difficoltà incontrate per pubblicare ‘The Sound Of Perseverance’?
“Forse perchè non mi sono mai rivolto alle persone giuste! Ho contattato veramente molte etichette, ho spedito il mio demo a molte label e spesso mi è stato rispedito in dietro, allora ho deciso di fermarmi ad aspettare che il mio lavoro di ricerca desse i suoi frutti e quello che è uscito fuori è stata una risposta positiva della Nuclear Blast. L’etichetta mi ha contattato, si è detta interessata al mio nuovo lavoro e abbiamo iniziato a sentirci con regolarità; abbiamo avuto numerosi incontri durante i quali sono stato assicurato della serietà delle intenzioni della label e degli sforzi per promuovere il disco. Solo allora ho firmato il contratto con quella che penso una delle migliori etichette in campo metal e questo per me è estremamente importante perchè da molta sicurezza avere alle spalle una label specializzata che sappia esattamente come trattare con gli artisti.”
Perciò sei convinto che la tua sia stata la scelta più giusta…
“Si, sicuramente. Sono veramente contento di quello che è stato fatto. Come ti ripeto, penso che attualmente la Nuclear Blast sia la migliore etichetta in fatto di metal, quindi per il lavoro che avevo intenzione di fare non c’era etichetta che potesse darmi, alla fine, quello che mi ha dato la Nuclear Blast.”
Che ne dici, allora, di soffermarci su questo nuovo ‘The Sound Of Perseverance’?
“Well, questo album è leggermente più tecnico rispetto ai lavori precedenti, però penso che al suo interno siano individuabili alcuni elementi classici di ‘Individual Though Patterns’. E’ un album nel quale melodia e aggressività si fondono. Certo, ci sono spunti di metal estremo classici dei Death, però ci sono alcune parti che sono la prova lampante che i Death sono una band con le radici nell’ heavy metal ma che vogliono proporre, in fin dei conti, sempre qualche cosa di nuovo, di fresco.”
Cosa mi dici della produzione di questo album?
“Della produzione se n’è occupato Jim Morris che già si era occupato della produzione di ‘Symbolic’ e quindi che ci conosceva già alla perfezione e sapeva benissimo con chi aveva a che fare. Quello che ne è scaturito è stato un lavoro ottimo, penso che Jim Morris sia uno dei migliori produttori metal in circolazione, una persona fantastica e un vero professionista in studio, in poche parole la persona ideale per collaborare con noi al nuovo lavoro.”
Come spieghi il progressivo ammorbidimento del vostro sound, l’abbandono del death metal degli esordi a favore di un suono sempre più classical-metal oriented?
“Non posso spiegarlo, penso faccia parte della naturale evoluzione del suono dei Death. Quando inizio un lavoro voglio che sia sempre il migliore possibile, quando avvio un’attività voglio che si evolva sempre per il meglio e questo penso che avvenga anche quando si intraprende una carriera musicale: dal momento del primo album si penserà a fare sempre meglio, a far uscire album sempre migliori e questo penso sia quello che hanno fatto i Death sino ad ora.”
Dovessi sintetizzare l’essenza dell’album in una sola canzone, quale sceglieresti?
“ Senza dubbio ‘Flesh And The Power It Holds’, una grande canzone in grado di dimostrare a pieno quello che è la band in questo momento.”
In fatto di liriche, dove hai trovato spunto per scrivere le nuove song?
“Sin da quando ho iniziato a comporre, ho sempre guardato con occhio attento alla realtà che mi circondava e ho sempre cercato di parlarne e di riportare con esattezza quello che vedevo. Pensaci bene, le canzoni sono come una grande bocca in grado di parlare a moltissima gente e di raccontare i fatti a chi ascolta la musica, quindi è giusto dipingere il più esattamente possibile quella che è la realtà, al fine di riproporla con esattezza a chi ti ascolta.”
Quest’estate hai preso parte al Dynamo. Che cosa ti è rimasto di quell’esperienza?
“E’ stata un’esperienza fantastica, una cosa indescrivibile, in grado di infonderti un entusiasmo veramente enorme. Sono stati dei momenti indescrivibili, non abbiamo avuto molto tempo per suonare ma tutto è andato alla perfezione, l’organizzazione è stata impeccabile e i tecnici semplicemente fantastici. Il pubblico, poi, incredibile, ci ha accolti alla grande, ci ha trascinati per tutto il concerto dandoci una carica enorme.E’ stato fantastico, fantastico suonarci, fantastico esserci, sì, un’esperienza speciale!”
Ma qual’è la realtà che preferisci, quella nei piccoli spazi o quella nei grandi festival come il Dynamo, appunto?
“Beh, il feeling è diverso dai due luoghi. Nei grandi festival la crew è fantastica, tu devi solo pensare di attaccare la spina e suonare senza preoccuparti perchè sai che tutto andrà bene, però allo stesso tempo cambia molto suonare per mille persone o per trentamila. Se suoni davanti a un grande pubblico avrai anche gente che non ama la tua musica e la comunicazione sarà limitata, mentre nei piccoli spazi quelli che vengono, vengono per te, il feeling che si crea è qualcosa di unico, una sorta di comunicazione reciproca tra band e pubblico.”
Mi è capitato di leggere una dichiarazione di Steve Di Giorgio che ipotizzava una reunion dei Death versione ‘Individual Though Patterns’. Pensi sia ipotizzabile una soluzione del genere?
“Una reunion? No, non è assolutamente ipotizzabile! Dopo quell’esperienza ognuno ha intrapreso una diversa carriera musicale, ognuno è entrato in un gruppo differente con il quale ha una propria vita musicale, quindi non penso sia il caso di mandare all’aria tutti questi progetti per una reunion che, seppur ambiziosa, difficilmente potrebbe dare i frutti sperati.”
Ma quali sono le ragioni per tutti questi continui cambi di line up? Ormai è innegabile che TU sei i Death!
“Perchè è classico di un artista! (e scoppia a ridere, N.d.A.). Ozzy Osbourne cambia sempre musicisti, allora perchè non posso farlo io! A parte gli scherzi, ci sono molte ragioni per questo continuo cambio di line up. C’è gente che vive in diversi posti del globo, membri con i quali risulta impossibile lavorare in continuazione, altri che hanno idee differenti dalle mie in fatto di musica, quindi se voglio fare una cosa che sento veramente mia sono costretto a cambiare sempre partner, cercando di volta in volta chi intende la musica come la intendo io in quel momento.”
In che rapporti sei con chi ti lavora assieme? Non è che finisci per apparire un po’ tiranno facendo così?
“No, non credo. La line-up attuale è veramente affiatata, sono tutti dei veri killer e poi gioca a nostro favore il fatto che tutti viviamo in Florida e questa è la situazione ideale per far si che si stabilisca un determinato feeling e che il rapporto vada oltre al semplice rapporto di lavoro.”
Tempo fa dichiarasti che il tuo sogno era di suonare un giorno in una band di classico heavy metal con un cantante come RJ Dio alla voce. E’ ancora il tuo sogno?
“Si, fondamentalmente si. Penso che cantanti come Dio, Halford e Bruce Dickinson siano il prototipo perfetto del cantante heavy metal. Come ti ho detto, io sono cresciuto con il classico heavy metal, quindi mi piacerebbe molto suonare in una simile band. Però, come puoi ben capire e sentire, come impostazione vocale sono lontano anni luce da un Bruce Dickinson, quindi non sarei in grado di coprire le parti vocali in un simile progetto. Comunque, a parte il fattore voce, penso che gli attuali membri dei Death ricalchino quella che è la classica line-up di una band heavy metal, come attitudine e come formazione.”
E’noto a tutti il tuo amore per i Kiss (Chuck custodisce gelosamente vere rarità dei Kiss, come il famoso flipper e il gioco da tavolo, veri cimeli degli anni ‘70). Cosa ne pensi della loro rèunion?
“Oh, is a dream come true! E’ un sogno, una cosa che ho sognato per tantissimo tempo ed ora sono veramente eccitato all’idea di rivederli assieme ancora una volta. Non vedo l’ora che esca il loro nuovo album, gli anni sono passati ma sono certo che sarà ancora una volta qualcosa di speciale.”
Ascolta, i Death sono stati i pionieri di un determinato genere musicale e un punto di riferimento per tante band emergenti. Ora, guardandoti in dietro, pensi ci sia stata una band in grado di seguire il vostro esempio?
“Non saprei, ma sinceramente se ci fosse una band intenzionata a seguire le orme dei Death, beh, onestamente vorrei che fosse una band di classico heavy metal. Dopo tutto alla mia formazione hanno contribuito gruppi come i Kiss o Ozzy Osbourne, la cui musica era abbastanza lontana dalla nostra, quindi vorrei che fosse una band in grado di captare il nostro spirito heavy e di farlo suo, magari traendone spunto per fare qualcosa di veramente nuovo e entusiasmante.”
Che idea sei fatto uno come te, in giro ormai da quattordici anni, dell’attuale scena musicale mondiale?
“Penso che in Europa non sia niente male, decisamente meglio che negli States. In America, comunque, si sta superando il momento di crisi che durava ormai da tre anni, ci sono band in grado di esplodere e di riportare a galla l’heavy metal Non si può uccidere l’heavy metal, tanto che il metal sta per fare il suo ritorno alla grande negli States e noi cercheremo di dargli una mano.”
Tanto per divagare un po’. Tra i tuoi gruppi-mito hai citato gli Iron Maiden . Che ne pensi del loro nuovo album e soprattutto del loro nuovo cantante?
“Del nuovo lavoro degli Iron Maiden e del nuovo singer? Vedi, sfortunatamente non credo che il nuovo cantante valga gli Iron, il nuovo singer è FSSSSSSSSS (Facendo il sibilo di qualcosa che si sgonfia N.d.A.) assolutamente non in grado di riaccendere la fiamma nei cuori di quelli che, come me, amano i veri Iron Maiden. Bruce Dickinson è uno dei più grandi cantanti di sempre, una persona con un carisma unico, un vero killer, difficile da sostituire. Ho capito la situazione in cui si è trovato Steve Harris al momento del cambio di singer ma sinceramente non ho compreso la sua scelta. Comunque penso che Blaze non duri a lungo e che prima o poi Bruce torni all’ovile, o almeno spero!”
Hai programmato un tour per promuovere ‘The Sound Of Perseverance’?
“Si, saremo in tour in Europa a ottobre e verremo anche in Italia a suonare, penso a Milano, poi torneremo in America per il tour americano che occuperà i mesi di novembre e dicembre. Dopo la pausa natalizia riprenderemo a gennaio per un tour che toccherà Giappone, Australia, Sud America e poi torneremo a casa per iniziare a pensare alle nuove canzoni.”
Per uno come te che ha viaggiato molto ed è entrato in contatto con differenti tipi di pubblico, quali pensi che siano le maggiori differenze tra i fans americani e quelli europei?
“Sono molto simili, i metal fans sono uniti da un’unica passione, non c’è distanza che li separi. La musica unisce tutti, non importa che lingua parli o da dove vieni. Se ascolti musica che ti piace ti trovi accomunato a tantissime altre persone, la musica affratella tutti. Magari cambia l’organizzazione tra Europa e America ma fondamentalmente i due tipi di pubblico sono molto simili.”
Per concludere…
“Grazie a tutti i fans per il supporto che da sempre ci danno e che spero continuino a darci anche dopo l’uscita di ‘The Sound Of Perseverance’. Io rispetto molto i fans, perchè in un certo senso sono anch’io uno di loro, perciò vorrei chiedere loro una cosa: fate come me, continuate a supportare l’heavy metal, non limitatevi alle mode, guardatevi in dietro, perchè la buona musica e le emozioni non hanno prezzo!”