Davide Ronfetto, ci parla del nuovo “Enlightening nights, darkening days”
Il 17/02/2023, di Andrea Lami.
‘Enlightening nights, darkening days’ è il primo album solista di Davide Ronfetto, un disco di rock progressivo, incentrato sull’atmosfera, cupo ma colorato, dal sapore romantico e malinconico. Musicista professionista, bassista e chitarrista, session man con 15 anni di esperienza sui palchi di mezzo mondo, Davide ha collaborato con Marco Minnemann, John Macaluso (con i Rustfield – Kingdom of Rust), Docker’s Guild (sessioni live al posto di Guthrie Govan e ospite dell’album The Mystic Technocracy, Lion Music, 2012), Anna Portalupi (session player per Tarja Turunen, Steve Lukather e altri), e molti artisti italiani della scena rock progressiva, folk, cantautori, metal.
Davide ci parla dell’album:
“Enlightening nights, darkening days rappresenta per me un punto di svolta. Volevo creare qualcosa di mio, che mi rappresentasse meglio, che fosse più intimo e personale, nell’atmosfera e nei testi. Nel corso degli anni, per varie ragioni, mi sono allontanato dai generi più muscolari e aggressivi, cercando di trovare uno spazio dove poter raccontare qualcosa, anche di me stesso. I colori delle chitarre, dei mellotron, degli organi e del pianoforte, le armonie vocali, sono tutti linguaggi che erano già parzialmente presenti in altri progetti precedenti, ma sempre un po’ secondari. Ora, per questo album, sono l’intreccio narrativo che lega tutte le canzoni. Avere la collaborazione di Heather Findlay e Colin Edwin è stato un piacere umano prima che musicale. Sono due persone fantastiche, amichevoli e con una loro precisa identità musicale. Sono felice della loro partecipazione”.
Davide prosegue:
“Elisa Montaldo ha fatto un lavoro fantastico ed è presente nel progetto fin dalle prime bozze dei brani. Lavorando sempre a distanza. Ha sempre tradotto perfettamente quello che volevo raccontare. Siamo al secondo progetto insieme a Edmondo Romano, il primo è stato la sua partecipazione a un pezzo strumentale di un album solista che ho fatto qualche anno fa, e lui sa esattamente come tradurre in musica quello che ho in mente. Sono musicisti fantastici, così come Gabriele Tiezzi e Omar Maiorano, con i quali lavoro e collaboro da anni e che ho la fortuna di poter chiamare amici.
La mia scelta di suonare quasi esclusivamente il basso è dettata da diverse ragioni. Maturando nel corso degli anni, mi sono reso conto che la chitarra non mi apparteneva più, se non marginalmente. Mi sono anche reso conto che il linguaggio strumentale che avevo acquisito non era quello che volevo per questo progetto. D’altra parte, ho avuto un problema a una mano, che mi ha costretto a rivedere tutta la mia tecnica e le mie posizioni e a trovare soluzioni alternative. Anche dal cambiamento di tecnica e di approccio è nato questo album.
L’altro salto nel buio è stato il canto. Ho sempre cantato, fin da bambino, ho fatto parte di vari cori, gruppi a cappella, ho anche diretto cori, ma mai da solista. Ma ho pensato che se devo raccontare quello che ho dentro non posso non dirlo con la mia voce”.